SULL’IMMEDIATA IMPUGNAZIONE DELLE CLAUSOLE DEL BANDO DI GARA
(Tar Lazio, sez. II, sentenza 21 agosto 2024, n. 15900)
Se, di regola, il bando di gara diventa lesivo solo a partire dall’adozione dell’atto applicativo sfavorevole, nondimeno è necessaria (in via di eccezione) l’impugnazione immediata ove si intenda contestare l’avvio in sé della gara, la portata escludente delle clausole illegittime (preclusive, cioè, dell’ammissione alla procedura concorsuale), ovvero l’impossibilità di formulare un’offerta seria e remunerativa.
Il TAR Lazio, nella sentenza qui in esame, si sofferma sull’immediata impugnazione delle clausole di un bando di gara e, così, sul profilo dell’effettività della tutela giurisdizionale dell’operatore economico che voglia partecipare alla competizione.
Preliminarmente, è opportuno richiamare il principio di diritto secondo cui l’operatore economico che abbia presentato un’offerta, e sia stato escluso dalla gara, è legittimato ad impugnare gli atti successivi alla sua esclusione, ivi compresa l’aggiudicazione, fino a quando il provvedimento di esclusione non sia divenuto definitivo (cfr. Tar Salerno, sez. I, 16 marzo 2021, n. 697; Cons. Stato, sez. V, 14 agosto 2020, n. 5036; Cons. Stato, III, 29 maggio 2020, n. 3401; Cons. Stato, sez. V, 9 luglio 2019, n. 4787).
Non solo. Se da un lato è vero che l’esito di una procedura di gara è impugnabile solamente da colui il quale vi abbia partecipato, dall’altro lato, è anche vero che vi sono talune importanti deroghe a tale principio (Tar Sicilia, Palermo, sez. I, 16 aprile 2024, n. 1300; Cons. Stato, sez. III, 5 febbraio 2024, n. 1146; Tar Veneto, Venezia, sez. I, 24 gennaio 2024, n. 109).
Il riferimento è – in particolare e salve le altre ipotesi di deroga – all’onere di impugnazione immediata delle clausole del bando che deve ritenersi circoscritto a quelle impeditive della partecipazione alla gara, o impositive di oneri del tutto incomprensibili o manifestamente sproporzionati (Tar Lombardia, Milano, sez. I, 6 maggio 2024, n. 1347; Tar Lombardia, Milano, sez. I, 15 febbraio 2024, n. 376; Cons. Stato, sez. III, 5 febbraio 2024, n. 1146; Tar Sicilia, Catania, sez. V, 31 gennaio 2024, n. 389; Tar Veneto, Venezia, sez. III, 29 gennaio 2024, n. 155).
La giurisprudenza, in particolare, è granitica nell’affermare che l’art. 120 D.Lgs. n. 104/2010 nel prevedere l’onere di immediata impugnazione del bando o avviso di gara solo se autonomamente lesivi riconosce un interesse a ricorrere contro la lex specialis solamente nell’ipotesi in cui la stessa presenti clausole immediatamente escludenti (vd. da ultimo Tar Lombardia, Milano, sez. I, 28 febbraio 2024, n. 535).
Più precisamente, la giurisprudenza (Tar Campania, Salerno, sez. I, 26 febbraio 2024, n. 537): ha chiarito che:
- la legittimazione al ricorso presuppone il riconoscimento dell’esistenza di una situazione giuridica attiva, protetta dall’ordinamento, riferita ad un bene della vita oggetto della funzione svolta dall’amministrazione. Deve trattarsi di una posizione qualificata e differenziata rispetto al provvedimento, idonea a distinguere, di fronte al potere esercitato, la situazione di colui che agisce da quella della generalità dei soggetti dell’ordinamento, da riscontrarsi sulla base della disciplina normativa avente ad oggetto la situazione giuridica soggettiva di cui il ricorrente deduce di essere titolare;
- l’interesse a ricorrere, quale species dell’interesse ad agire ex 100 c.p.c., deve avere le caratteristiche della concretezza e dell’attualità e deve consistere in un’utilità pratica, diretta ed immediata, che l’interessato può ottenere con il provvedimento richiesto al Giudice, sicché il provvedimento giudiziale a cui si aspira mediante la proposizione del ricorso amministrativo deve essere idoneo ad assicurare, direttamente ed immediatamente, l’utilità che parte ricorrente assume esserle sottratta o negata o disconosciuta.
Tali coordinate ermeneutiche sono state a più riprese declinate dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato (Consiglio di Stato A.P., 26 aprile 2018, n. 4; Consiglio di Stato 25 febbraio 2014, n. 9; Consiglio di Stato 7 aprile 2011, n. 4; Consiglio di Stato 29 gennaio 2003, n. 1) per quanto attiene alle procedure ad evidenza pubblica, stabilendo che la legittimazione al ricorso “deve essere correlata ad una situazione differenziata e dunque meritevole di tutela, in modo certo, per effetto della partecipazione alla stessa procedura oggetto di contestazione” (A.P. n. 9/2014 cit.), con la conseguenza che “chi volontariamente e liberamente si è astenuto dal partecipare ad una selezione non è dunque legittimato a chiederne l’annullamento ancorché vanti un interesse di fatto a che la competizione – per lui res inter alios acta – venga nuovamente bandita” (ibidem).
È stato poi precisato che a tale regola generale può derogarsi, per esigenze di ampliamento della tutela della concorrenza solamente in tre tassative ipotesi e, cioè, quando:
- si contesti in radice l’indizione della gara;
- all’inverso, si contesti che una gara sia mancata, avendo l’amministrazione disposto l’affidamento in via diretta del contratto;
- si impugnino direttamente le clausole del bando assumendo che le stesse siano immediatamente escludenti.
A fronte di una clausola immediatamente escludente per l’operatore economico l’alternativa all’impugnazione sarebbe quella di non partecipare affatto alla procedura di gara proprio perché consapevole di non essere in grado di proporre un’offerta realmente remunerativa (Cons. Stato, sez. VII, 19 maggio 2023, n. 4984 resa in tema di concorsi pubblici).
Orbene, se l’operatore non impugna il bando di gara (e gli ulteriori atti), ove immediatamente escludente, e anzi presenta la sua offerta con ribasso rispetto al prezzo posto a base di gara, non può poi lamentarsi, divenuto aggiudicatario, di non essere in grado di eseguire l’opera perché il corrispettivo che egli stesso ha domandato non lo remunera a sufficienza dell’attività svolta, senza incorrere in palese contraddizione che toglie credito alla serietà della sua condotta sin dal tempo della presentazione dell’offerta (Cons. Stato, sez. V, 5 luglio 2021, n. 5107).
E così, nell’ipotesi in cui l’operatore economico abbia partecipato alla gara presentando un’offerta ammessa e vagliata dalla stazione appaltante, l’onere della prova della portata immediatamente escludente del bando è piuttosto gravoso (dovendo il ricorrente fornire adeguata dimostrazione che, pur non precludendo il bando la partecipazione alla gara né l’eventuale aggiudicazione, le condizioni dell’affidamento resterebbero comunque lesive dell’interesse effettivo all’aggiudicazione poiché non in grado di garantire un adeguato utile d’impresa) (Cons. Stato, sez. V, 20 ottobre 2021, n. 7053).
Con la precisazione che, ai fini della verifica dell’ammissibilità dell’impugnazione immediata del bando, non si tratta di valutare la maggiore o minore certezza degli elementi di prova offerti dalla parte ricorrente circa la non remuneratività dell’affidamento, quanto l’idoneità delle allegazioni e degli elementi addotti dalla parte ricorrente a riscontro della sussistenza di un proprio interesse ad agire, cioè a dimostrazione che la propria offerta, in quanto rispettosa delle condizioni di gara, finisce per essere in perdita o comunque priva di significativi margini di utile (Tar Palermo, sez. II, 14 aprile 2021, n. 1219).
E, il tutto, fermo restando che non sono immediatamente impugnabili le clausole che rendono difficile, ma non impossibile, presentare l’offerta (Tar Veneto, Venezia, sez. I, 24 gennaio 2024, n. 109; Cons. Stato, Sez. III, 6 ottobre 2023, n. 8706).
Invero la lesione lamentata deve conseguire in via immediata e diretta, e non soltanto potenziale e meramente eventuale, alle determinazioni dell’Amministrazione e all’assetto di interessi delineato dagli atti di gara, in relazione a profili del tutto indipendenti dalle vicende successive della procedura e dai correlati adempimenti (Cons. Stato, sez. V, 20 gennaio 2020, n. 441).
Si pubblica in allegato il testo della sentenza in commento.
Gli uffici di Ance Brescia sono a disposizione per eventuali chiarimenti.
ALLEGATO: Tar Lazio sentenza 21 agosto 2024 n.15900
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