GARANTE PROTEZIONE DATI PERSONALI – DIRITTO DI ACCESSO DEL LAVORATORE AI DATI CONSERVATI DAL DATORE DI LAVORO – PROVVEDIMENTO 7 MARZO 2024
Il Garante privacy, accogliendo il reclamo presentato da una donna che aveva chiesto, alla banca di cui era stata dipendente, di accedere al suo fascicolo personale per conoscere quali informazioni potevano aver dato origine ad una sanzione disciplinare nei suoi confronti ha ribadito che il lavoratore ha diritto di accedere ai propri dati conservati dal datore di lavoro, a prescindere dal motivo della richiesta.
In particolare, secondo il Garante, nel caso concreto, la banca non aveva dato un adeguato riscontro all’istanza della lavoratrice di esercizio dei diritti ex art. 15 del Regolamento, volta ad ottenere l’accesso ai propri dati personali per conoscere in maniera precisa e puntuale tutte le informazioni che la riguardavano, aventi ad oggetto i fatti e i comportamenti confluiti nella sanzione disciplinare irrogata dal datore di lavoro stesso, e aveva fornito solo un elenco incompleto della documentazione raccolta, omettendo alcune informazioni in base alle quali era stata irrogata la sanzione disciplinare.
Infatti, solo a seguito dell’avvio dell’istruttoria da parte dell’Autorità garante, l’istituto di credito aveva consegnato all’ex dipendente l’ulteriore documentazione contenuta nel fascicolo.
Si trattava, in particolare, della corrispondenza intrattenuta dalla banca con una terza persona, che lamentava l’illecita comunicazione di informazioni riservate del marito correntista alla reclamante, che le aveva utilizzate nell’ambito di un procedimento giudiziario.
La banca, nelle note di riscontro all’Autorità, ha sostenuto di non aver fornito all’ex dipendente tale documentazione per tutelare il diritto di difesa e la riservatezza dei terzi coinvolti, nonché per l’assenza di interesse all’accesso da parte della reclamante.
Il Garante ha osservato che, in via generale, il diritto di accesso ha lo scopo di consentire all’interessato di avere il controllo sui propri dati personali e di verificarne l’esattezza. Tale diritto, tuttavia, non può essere negato o limitato a secondo della finalità della richiesta. Infatti, in base alle disposizioni del Regolamento, non è chiesto agli interessati di indicare un motivo o una particolare esigenza per giustificare le proprie richieste di esercizio dei diritti, né il titolare del trattamento può verificare i motivi della richiesta. Tale interpretazione è stata chiarita anche dal Comitato europeo per la protezione dei dati (EDPB) mediante l’approvazione delle Linee guida sul diritto di accesso ed è frutto di un costante orientamento giurisprudenziale della Corte di Giustizia.
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