ESCLUSIONE DEL CONCORRENTE PER INADEMPIENZE RELATIVE AD UN PRECEDENTE CONTRATTO
(Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 1 agosto 2024, n. 6908)
«I presupposti su cui la pubblica amministrazione deve fondare la propria decisione di escludere un operatore economico ai sensi dell’articolo 80 c. 5, lettera c-ter, D.lgs n. 50/16, sono il tempo trascorso dall’inadempimento e la gravità del medesimo inadempimento. Il pregresso errore professionale e le connesse circostanze di fatto devono essere valutati in termini di pertinenza e rilevanza rispetto all’oggetto e all’entità della gara in corso”.
Di recente, il Consiglio di Stato è intervenuto sull’interpretazione dell’art. 80, D.lgs. n.50/16 poiché sollecitato da parte di un privato che proponeva appello avverso la sentenza del Tar della Liguria, contro il Comune di Genova e il Ministero della Cultura e nei confronti di una ulteriore società partecipante.
Il ricorrente impugnava la sentenza di primo grado poiché aveva respinto il suo ricorso avverso la esclusione della società odierna appellante, attiva nel settore del recupero architettonico di edifici per l’ammodernamento e la riduzione dei consumi energetici. Nella gara l’appellante risultava prima graduata ma è stata poi esclusa dal Comune, il quale ha ritenuto insussistente in relazione allo specifico appalto il necessario rapporto fiduciario con la ditta. Il Comune esprimeva il timore che quest’ultima, in caso di aggiudicazione, non avrebbe rispettato la tempistica correlata alla fruizione dei finanziamenti del PNRR in virtù di quanto accaduto in precedente appalto analogo.
L’esclusione veniva disposta ai sensi dell’articolo 80, c. 5 lettera, c-ter del D.lgs 50/16 che sancisce l’esclusione per l’operatore economico, facendo riferimento anche al tempo trascorso dalla violazione e alla gravità della stessa, che abbia dimostrato significative o persistenti carenze nell’esecuzione di un precedente contratto di appalto che ne hanno causato la risoluzione per inadempimento ovvero la condanna al risarcimento del danno.
La vicenda muove dalla risoluzione ex articolo 108, c.3 D.lgs 50/16 disposta dal Comune in danno della odierna appellante del contratto di appalto concernente la progettazione esecutiva e i lavori di un immobile sito in Genova, vicenda che è oggetto di contenzioso pendente dinanzi al Tribunale civile di Genova. In particolare, la risoluzione era stata disposta per gravi inadempimenti e per il ritardo accumulato nella realizzazione dell’opera da parte del RTI affidatario da parte del Comune di Genova.
La società appellante chiedeva la riforma della sentenza di primo grado poiché precedentemente avrebbe rispettato tempi e adempimenti contrattuali per cui si era impegnata, piuttosto era stata l’Amministrazione Comunale ad avere svolto con notevole ritardo quanto pattiziamente convenuto; non vi sarebbe stato instaurato da parte dell’Amministrazione Comunale alcun contraddittorio procedimentale in vista della disposta esclusione dalla gara; per cui la sentenza di primo grado risultava illogica e contraddittoria e vi si riproponeva pertanto la riproposizione della domanda risarcitoria non scrutinata nel giudizio di primo grado. Si costituivano in giudizio il Comune e il Ministero della Cultura chiedendo il rigetto del gravame.
Parte appellante chiedeva la sospensione del processo ai sensi dell’articolo 295 c.p.c., stante la pendenza del giudizio civile sulla risoluzione per inadempimento già contestata.
La società esclusa evidenziava l’ingiustizia e illegittimità della risoluzione a monte che sarebbe imputabile a condotte dello stesso Comune ed in particolare per la mancata richiesta di talune autorizzazioni ai Vigili del Fuoco e per carenze progettuali della stessa progettazione esecutiva redatta dal Comune.
La difesa rammenta che dopo l’entrata in vigore del D.l. n. 135/18 ai fini della esclusione dalla gara di un operatore economico non è più richiesto che la risoluzione contrattuale per inadempimento, eventualmente disposta in occasione di pregresse commesse, abbia raggiunto il carattere della definitività. Anche la Corte di Giustizia UE, ha escluso che un siffatto potere discrezionale di esclusione possa essere paralizzato dalla mera proposizione di un ricorso da parte di un concorrente avverso la risoluzione contrattuale da quest’ultimo subita in relazione ad un precedente contratto pubblico. (vedi sentenza CGUE causa C-41/18 del 19/06/2019).
Infatti, i presupposti su cui la PA deve adesso fondare ila propria decisione di escludere un concorrente ai sensi dell’articolo 80 comma 5 lettera c-ter sono il “tempo trascorso” dall’inadempimento e la “gravità” del medesimo inadempimento. Dunque, il pregresso errore professionale e le connesse circostanze di fatto debbono essere valutati in termini di pertinenza e di rilevanza rispetto all’oggetto e all’entità della gara in corso da cui si dovrebbe disporre l’esclusione dell’operatore attinto da risoluzione contrattuale. (cfr. Cons. Stato, sez. III, 7 dicembre 2020, n. 7730). Tale potere discrezionale è suscettivo di sindacato giurisdizionale sotto il profilo della manifesta illogicità e della palese erroneità. Il giudizio della stazione appaltante deve in ogni caso basarsi sulla documentata presenza di pregresse omissioni, mancanze o scorrettezze nell’adempimento dei doveri nascenti dagli impegni professionali assunti, le quali possono portare a qualificare l’operatore economico come non affidabile per onorare ulteriori contratti pubblici. Il giudice amministrativo deve accertare non già la sussistenza dell’illecito contrattuale, ma la ragionevolezza, la proporzionalità e non pretestuosità dell’esclusione della gara disposta dall’Amministrazione con finalità precauzionale. Pertanto, trattandosi anche di appalto PNRR che prevede procedure stringenti e tempestive si tratta di un giudizio di complessiva inaffidabilità.
Gli atti adottati dalla stazione appaltante si rivelano dunque congrui in relazione alla giurisprudenza secondo cui è da ritenere sufficiente, in tali ipotesi, “la documentata presenza di pregresse omissioni, mancanze o scorrettezze” (cfr. Cons.Stato Sez. V, 12 aprile 2021, n. 2922). La decisione di esclusione si rivela ragionevole e proporzionale dal momento che la commessa in questione è del tutto analoga a quella oggetto di risoluzione per inadempimento contrattuale, i problemi maggiormente evidenziati nella predetta risoluzione (cioè mancata tempestiva cantierizzazione) comporterebbero conseguenze ancor più gravi nella commessa in questione ove la tempistica trattandosi di appalto PNRR assume un ruolo decisivo, il tempo trascorso tra la precedente risoluzione (febbraio 2022) e la presente esclusione (dicembre 2022) è piuttosto breve tale da far presumere la persistenza di simili problematiche organizzative in seno alla appellante società.
L’Amministrazione Comunale non avrebbe potuto adottare una determinazione di segno diverso, ai sensi e per gli effetti dell’articolo 21 octies comma 2 legge n. 241/90 e pertanto non vi è alcuna violazione del contraddittorio procedimentale anche in virtù della pregressa risoluzione che aveva già formato oggetto di specifico gravame dinanzi al giudice ordinario.
Il provvedimento impugnato, nel fare ampio riferimento ad un atto di risoluzione adottato non molto tempo addietro, evidenziava in estrema sintesi che la commessa in questione è del tutto analoga a quella oggetto di risoluzione per inadempimento contrattuale, i problemi maggiormente evidenziati nella predetta risoluzione comporterebbero conseguenze ancora più gravi nella commessa in questione ove la tempistica, trattandosi di appalto PNRR, assume un ruolo pressochè decisivo.
Il Collegio, osserva come la circostanza che la stazione appaltante dovesse essere a conoscenza di tale pregressa risoluzione sin dall’avvio della procedura di gara non costituisce ragione valida per continuare a trascurare una simile circostanza. L’atto con cui si prende nota di una simile risoluzione per poi decidere di escludere l’odierna appellante risale soltanto al dicembre 2022. Neppure l’accordo quadro triennale per interventi di restauro e manutenzione di beni culturali ed ambientali di civica proprietà può trovare ingresso, poiché il contratto stipulato non era finanziato con fondi PNRR.
Anche la riproposizione della domanda risarcitoria non scrutinata nel giudizio di primo grado è inammissibile stante l’infondatezza nel merito dell’istanza annullatoria e dunque l’impossibilità di dimostrare il diritto all’anelato bene della vita.
Alla luce di tutto quanto detto sopra, l’appello veniva rigettato.
Nel caso che ci occupa, il Consiglio di Stato ribadisce che ai fini dell’esclusione della gara di un operatore economico non è più richiesto che la risoluzione contrattuale per inadempimento eventualmente disposta a suo carico in occasione di pregresse commesse abbia raggiunto il carattere della definitività; ritenendo superata la questione dell’eventuale impugnazione del provvedimento di risoluzione contrattuale quale ragione ostativa dell’esclusione. Infatti, la stazione appaltante esercita un potere ampiamente discrezionale che è suscettivo di sindacato sotto il profilo della illogicità e palese erroneità e che si basa sul “tempo trascorso” dall’inadempimento nonché sulla “gravità” dello stesso considerando che il pregresso errore professionale e le connesse circostanze di fatto devono essere valutate in termini di pertinenza e rilevanza rispetto all’oggetto e all’entità della gara in corso.
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ALLEGATO: Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 1 agosto 2024, n. 6908
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