Servizio Sindacale – dott. Francesco Zanelli - dott.ssa Sara Zoni
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01.09.2023 - lavoro

INPS – RIEPILOGO DISCIPLINA INTERVENTO DEL FONDO DI GARANZIA TFR – CIRCOLARE 27 LUGLIO 2023, N. 70

L’INPS, con circolare 27 luglio 2023, n. 70, ha riepilogato le disposizioni vigenti in materia di intervento del Fondo di garanzia per il TFR, istituito dall’art. 2 della legge n. 297/1982, aggiornate con la nuova disciplina introdotta dal Codice della crisi di impresa e dell’insolvenza (CCII).

La predetta circolare sostituisce integralmente le precedenti circolari dell’Istituto n. 74 del 15 luglio 2008 e n. 32 del 2 marzo 2010.

ANCE ha riassunto i punti più significativi della circolare, che si riportano di seguito, rimandando, per quanto non riportato alla circolare Inps in commento, allegata in calce.

Il fondo di garanzia

Con la direttiva 80/987/CEE del Consiglio (successivamente modificata dalla direttiva 2002/74/CE del 23 settembre 2002, con la quale sono state disciplinate le cc.dd. situazioni transnazionali, e, da ultimo, dalla direttiva 2008/94/CE del 22 ottobre 2008, che coordina le disposizioni delle direttive precedenti), si è voluto garantire ai lavoratori subordinati una tutela minima in caso di insolvenza del datore di lavoro. A tale scopo, la direttiva ha delineato un meccanismo di tutela basato sulla creazione di specifici “organismi di garanzia”, che si sostituiscono al datore di lavoro insolvente per il pagamento dei crediti retributivi ai lavoratori subordinati.

In attuazione della normativa comunitaria, lo Stato italiano ha adottato:

– la legge n. 297/1982, che ha istituito il Fondo di garanzia per il trattamento di fine rapporto (art. 2);

– il decreto legislativo n. 80/1992, che ha esteso la garanzia alle ultime retribuzioni (artt. 1 e 2);

– il decreto legislativo n. 186/2005, che ha introdotto la disciplina delle situazioni transnazionali.

Inoltre, a tutela della posizione pensionistica complementare, l’art. 5 del citato decreto legislativo n. 80/1992 ha istituito uno specifico Fondo di garanzia, che, ai sensi dell’art. 16 co. 2 del decreto legislativo n. 252/2005, è alimentato da una quota pari all’1% del contributo di solidarietà dovuto sulle contribuzioni o somme a carico del datore di lavoro destinate alla previdenza pensionistica complementare, diverse dalla quota TFR. Per la disciplina di quest’ultimo Fondo, l’Inps rinvia alla circolare n. 23/2008.

Tornando al Fondo di garanzia per il TFR di cui all’art. 2 della legge n. 297/1982, lo stesso afferisce alla Gestione delle prestazioni temporanee ai lavoratori dipendenti, nel cui ambito ha una contabilità separata, ed è alimentato con un contributo a carico dei soli datori di lavoro pari allo 0,20% della retribuzione imponibile (elevato allo 0,40% per i dirigenti di aziende industriali titolari di posizione assicurativa presso l’INPDAI alla data della sua soppressione). Per tale contribuzione non trova applicazione il massimale di legge.

Ai sensi dell’art. 10 co. 2 del decreto legislativo n. 252/2005, è previsto l’esonero dal versamento del contributo al suddetto Fondo di garanzia nella stessa percentuale del TFR maturando versato alle forme pensionistiche complementari o al Fondo di Tesoreria.

I soggetti tutelati

Possono richiedere l’intervento del Fondo di garanzia per il TFR tutti i lavoratori dipendenti da datori di lavoro tenuti al versamento all’INPS del contributo che alimenta la relativa gestione, compresi quelli aventi la qualifica di apprendista o di dirigente. Peraltro, per i lavoratori assunti con contratto di apprendistato, il predetto contributo non è versato dal datore di lavoro, ma è a carico della Gestione degli interventi assistenziali e di sostegno alle gestioni previdenziali.

Sono tenuti al versamento del contributo di finanziamento del Fondo di garanzia tutti i datori di lavoro che abbiano alle proprie dipendenze lavoratori che maturano il TFR ai sensi dell’articolo 2120 c.c.

L’intervento del Fondo di garanzia può essere richiesto anche dagli “aventi diritto” del lavoratore.

La Corte di Cassazione ha chiarito che per “aventi diritto” devono intendersi non soltanto gli eredi e le persone indicate dal comma 1 dell’articolo 2122 c.c. (ossia il coniuge, i figli e i parenti entro il terzo grado e gli affini entro il secondo se vivevano a carico del lavoratore), ma anche soggetti che abbiano acquisito a titolo derivativo il diritto al pagamento del TFR. Possono, quindi, presentare domanda di intervento del Fondo di garanzia anche le aziende operanti nel settore del credito al consumo alle quali il lavoratore abbia ceduto il proprio TFR a garanzia di un prestito, le imprese di assicurazione e quelle che abbiano prestato fideiussione a garanzia del rischio impiego a esse subentrate con diritto di rivalsa, nonché le società di recupero stragiudiziale dei crediti e le società di cartolarizzazione dei crediti, eventualmente succedute nella titolarità del credito. Qualora la cessione non riguardi l’intero TFR, il lavoratore dovrà presentare una distinta domanda per la parte residua.

Non è un avente diritto del lavoratore, e quindi non ha titolo per chiedere l’intervento del Fondo di garanzia, il committente che, ai sensi dell’art. 29 co. 2 del decreto legislativo n. 276/2003, abbia corrisposto le retribuzioni e il TFR ai dipendenti del proprio appaltatore/subappaltatore.

La giurisprudenza della Corte di Cassazione ha riconosciuto che, stante la natura previdenziale delle prestazioni del Fondo di garanzia, è applicabile il principio di automaticità previsto dall’art. 2116 c.c.: pertanto, le prestazioni del Fondo di garanzia sono dovute anche quando il datore di lavoro non abbia versato il relativo contributo e l’obbligazione contributiva sia prescritta.

In proposito, tuttavia, l’Inps fornisce alcune precisazioni in merito all’accertamento giudiziario dell’esistenza di rapporti di lavoro subordinati non regolarizzati.

Recentemente la Corte di Cassazione ha chiarito che, stante l’autonomia esistente tra il rapporto di lavoro (lavoratore/datore di lavoro), il rapporto contributivo (datore di lavoro/ente previdenziale) e quello previdenziale (lavoratore/ente previdenziale), il giudicato formatosi riguardo a uno di tali rapporti non produce effetti sugli altri.

La Corte ha precisato che la sentenza passata in giudicato tra le parti del rapporto di lavoro può avere efficacia indiretta di prova documentale rispetto all’Istituto (soggetto terzo rispetto al giudizio) e può essere invocata da chi vi abbia interesse, “spettando però al giudice del merito di esaminare la sentenza prodotta a tale scopo e sottoporla alla sua libera valutazione, anche in relazione ad altri elementi di giudizio negli atti di causa”.

Pertanto, le domande di intervento del Fondo di garanzia presentate da lavoratori non regolarizzati, il cui rapporto risulti accertato in sede giudiziaria senza che l’INPS sia stato chiamato in causa, devono essere respinte qualora il ricorso sia stato presentato decorsi cinque anni dalla cessazione del rapporto di lavoro senza che il datore di lavoro abbia opposto la prescrizione del credito per il TFR oppure, nel periodo di lavoro accertato, il lavoratore abbia percepito prestazioni dall’Istituto fondate sullo stato di disoccupazione o sul reddito.

L’Inps evidenzia che l’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato può essere accertata anche in sede di verifica dello stato passivo. A tale fine, l’Istituto segnala che non è sufficiente la semplice ammissione allo stato passivo del credito a titolo di TFR, ma è necessario un accertamento specifico che solitamente viene effettuato in occasione del giudizio di opposizione (art. 98 del Regio Decreto n. 267/1942 e art. 206 CCII).

L’art. 24 del Regio Decreto n. 267/1942 e l’art. 13 del decreto legislativo n. 270/1999, prevedono, infatti, che il Tribunale che ha dichiarato il fallimento sia competente a conoscere di tutte le azioni che incidono sul patrimonio del fallito, comprese le azioni di accertamento, se costituiscono la premessa di una pretesa nei confronti della massa. Questo principio è stato richiamato anche all’articolo 32 del CCII.

I crediti protetti: il TFR e le ultime tre retribuzioni

I crediti di lavoro che possono essere corrisposti dal Fondo di garanzia sono:

– il trattamento di fine rapporto (TFR);

– le retribuzioni relative agli ultimi tre mesi del rapporto.

L’art. 2 co. 9 della legge n. 297/1982 prevede l’obbligo per i datori di lavoro di inserire i dati concernenti l’accantonamento del trattamento di fine rapporto nelle denunce annuali dei dipendenti. Detta informazione è presente nella Certificazione Unica (CU) che i datori di lavoro sono tenuti a consegnare con cadenza annuale ai propri dipendenti.

Inoltre, a seguito della mensilizzazione della trasmissione dei dati retributivi e contributivi all’INPS, i dati relativi all’accantonamento del TFR sono contenuti nella denuncia del mese di febbraio dell’anno successivo.

Nel par. 4 della circolare in esame, l’Inps riepiloga anche la normativa, in vigore dal 1° gennaio 2007, in materia rispettivamente di scelta del lavoratore in ordine alla destinazione del TFR maturando (mod. TFR2) e di versamento del TFR non destinato alla previdenza complementare al Fondo di Tesoreria, gestito dall’Inps per conto dello Stato, da parte dei datori di lavoro con almeno 50 dipendenti.

Il diritto al TFR matura anno per anno, ma è esigibile solo al termine del rapporto di lavoro.

In via generale, il diritto al TFR è assoggettato al termine di prescrizione quinquennale (art. 2948 c.c.), che decorre dalla data di cessazione del rapporto di lavoro; quando è riconosciuto da provvedimento giurisdizionale passato in giudicato, invece, si prescrive in dieci anni (art. 2953 c.c.). Quanto ai crediti di lavoro, l’individuazione delle retribuzioni che possono essere corrisposte dal Fondo di garanzia è illustrata nel prosieguo.

Presupposti per l’intervento del fondo di garanzia

I requisiti per accedere alle prestazioni del Fondo di garanzia sono diversi a seconda che il datore di lavoro sia soggetto o meno alle disposizioni della legge fallimentare. In

proposito, la Corte di Cassazione ha chiarito che la valutazione dell’assoggettabilità a procedura concorsuale del datore di lavoro deve essere fatta in concreto e, pertanto, deve essere considerato “non soggetto alle disposizioni del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267”, ai sensi dell’art. 2 co. 5 della legge n. 297/1982, sia il datore di lavoro che non sia assoggettato a fallimento per ragioni di carattere soggettivo (ad esempio, imprenditore “sottosoglia”), sia il datore di lavoro che non sia assoggettato a procedura concorsuale per ragioni di carattere oggettivo (ad esempio, imprenditore cancellato da oltre un anno dal registro delle imprese).

Il criterio distintivo, pertanto, è l’assoggettabilità o meno del datore di lavoro alle procedure di fallimento/liquidazione giudiziale, concordato preventivo, liquidazione coatta amministrativa (procedure per le quali l’intervento del Fondo di garanzia è esplicitamente disciplinato dall’art. 2 commi 2, 3 e 4 della legge n. 297/1982 e dall’art. 1 co. 1 del decreto legislativo n. 80/1992).

L’Inps evidenzia che l’ambito di applicazione del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (CCII) è più ampio di quello della legge fallimentare, dal momento che, ai sensi dell’art. 1, il Codice disciplina “le situazioni di crisi o insolvenza del debitore, sia esso consumatore o professionista, ovvero imprenditore che eserciti, anche non a fini di lucro, un’attività commerciale, artigiana o agricola, operando quale persona fisica, persona giuridica o altro ente collettivo, gruppo di imprese o società pubblica, con esclusione dello Stato e degli enti pubblici”.

L’articolo 390 CCII ha previsto che i ricorsi per la dichiarazione di fallimento, per l’apertura del concordato preventivo e per l’accertamento dello stato di insolvenza delle imprese soggette a liquidazione coatta amministrativa presentati prima del 15 luglio 2022 siano definiti secondo le disposizioni della legge fallimentare.

  • Datore di lavoro assoggettabile a procedura concorsuale

Quando il datore di lavoro è soggetto alle procedure concorsuali, i requisiti dell’intervento del Fondo di garanzia sono:

  1. la cessazione del rapporto di lavoro subordinato;
  2. l’apertura di una procedura concorsuale;
  3. l’esistenza del credito per TFR/retribuzioni rimasto insoluto.

Ciascuno di questi requisiti viene esaminato nel dettaglio dall’Istituto nel paragrafo 5.1 della circolare in esame, al quale si rinvia.

  • Datore di lavoro non assoggettabile a procedura concorsuale

Nel caso in cui il datore di lavoro non sia assoggettabile a procedura concorsuale, i requisiti per l’accesso al Fondo di garanzia sono:

  1. la cessazione del rapporto di lavoro subordinato;
  2. l’inapplicabilità al datore di lavoro delle procedure concorsuali;
  3. la prova dell’esistenza di un credito per TFR/retribuzioni;
  4. l’insufficienza delle garanzie patrimoniali del datore di lavoro a seguito dell’esperimento dell’esecuzione forzata.

Ciascuno dei suddetti requisiti viene illustrato nel dettaglio dall’Inps nel paragrafo 5.2 della circolare in esame, al quale si rinvia.

Casi particolari

L’Istituto si sofferma poi sulla seguente casistica (esaminata nel dettaglio al paragrafo 6 della circolare in esame, cui si rinvia): – chiusura del fallimento senza accertamento del passivo; – procedure di sovraindebitamento; – assoggettamento del datore di lavoro alle misure di prevenzione di cui al d. lgs. n. 159/2011.

Le procedure di composizione negoziata della crisi

Non danno titolo all’intervento del Fondo di garanzia gli accordi che concludono la procedura di composizione negoziata della crisi di cui all’art. 23 del CCII, in quanto non possono interessare i diritti di credito dei lavoratori, che restano liberi di esercitare le azioni esecutive volte a recuperare i loro crediti.

Infatti, le misure protettive del patrimonio di cui all’art. 18 del CCII non si applicano ai diritti di credito dei lavoratori e, in caso di trasferimento di azienda, si applica l’art. 2112 c.c., senza possibilità di deroga (art. 22 co. 1 lett. d) CCII).

Rapporti tra fondo di tesoreria e fondo di garanzia

La Corte di Cassazione ritiene che il datore di lavoro tenuto al versamento del contributo al Fondo di Tesoreria non perda la titolarità passiva dell’obbligazione di corrispondere il TFR e, conseguentemente, il lavoratore è legittimato a chiedere l’ammissione allo stato passivo del datore di lavoro insolvente delle quote di TFR maturate e non versate al Fondo di Tesoreria.

L’Inps ricorda che, con il messaggio n. 2057/2012 sono state impartite le istruzioni per l’intervento del Fondo di garanzia nel caso in cui il datore di lavoro insolvente abbia recuperato a conguaglio le quote di TFR versate al Fondo di Tesoreria senza corrisponderle effettivamente al lavoratore, il quale, di conseguenza, ottiene l’ammissione del proprio TFR nello stato passivo. In tal caso, in presenza di tutti i requisiti, la domanda di intervento del Fondo di garanzia è accoglibile.

Peraltro, il curatore dovrà essere informato del recupero a conguaglio di prestazioni non corrisposte, per la valutazione della condotta del datore di lavoro ai fini della concessione del beneficio dell’esdebitazione.

Qualora il datore di lavoro tenuto all’obbligo contributivo al Fondo di Tesoreria non abbia esposto, in tutto o in parte, nel flusso Uniemens le relative quote e, pertanto, l’ammontare del TFR presente nel conto del Fondo di Tesoreria del dipendente risulti inferiore a quello accertato nello stato passivo esecutivo, la domanda di intervento del Fondo di garanzia può essere accolta per la parte di TFR non esposta nel conto del Fondo di Tesoreria.

La stessa soluzione si applica nell’ipotesi di flussi totalmente assenti sul conto del Fondo di Tesoreria. È tuttavia necessario verificare che il lavoratore non abbia destinato il proprio TFR al finanziamento della previdenza complementare (ipotesi che esclude l’accantonamento al Fondo di Tesoreria e l’intervento del Fondo di garanzia).

Nell’ipotesi di datore di lavoro per il quale è stato omologato il concordato preventivo, diversamente da quanto sopra previsto per il caso di datore di lavoro in fallimento, liquidazione giudiziale, amministrazione straordinaria, il Fondo di garanzia non può intervenire per le quote non esposte nel conto del Fondo di Tesoreria e si dovrà procedere secondo le istruzioni fornite con il citato messaggio n. 2057/2012.

I crediti di lavoro

Il decreto legislativo n. 80/1992 ha disciplinato l’intervento del Fondo di garanzia con riferimento ai crediti di lavoro, diversi dal TFR, maturati nell’ultimo trimestre e aventi natura di retribuzione.

Pertanto, sono compresi i ratei di tredicesima e di altre mensilità aggiuntive relativi agli ultimi tre mesi del rapporto e le somme contrattualmente dovute dal datore di lavoro a titolo di prestazioni di malattia e maternità.

Sono, invece, escluse l’indennità di mancato preavviso e l’indennità di malattia a carico dell’INPS che il datore di lavoro avrebbe dovuto anticipare.

Riguardo all’indennità per ferie non godute, la Corte di Cassazione ha recentemente chiarito che, considerata la natura mista di tale indennità, rientra tra le retribuzioni tutelate dal Fondo di garanzia l’indennità relativa ai giorni di ferie maturati nel trimestre di riferimento. Al fine di individuare l’importo spettante, è necessario che il lavoratore fornisca gli elementi sulla base dei quali è stata calcolata l’intera indennità (importo giornaliero dell’indennità, giorni di ferie annuali previsti dal contratto di lavoro).

L’Inps segnala, inoltre, che recentemente si è affermato un orientamento della stessa Corte di Cassazione secondo cui “in caso di insolvenza del datore di lavoro, tra i crediti retributivi che il lavoratore ha diritto di ottenere dal Fondo di Garanzia costituito presso l’INPS, va inclusa l’indennità associata alla tutela reintegratoria ex art. 18 st. lav. novellato, stante la sua connotazione retributiva, alla luce dell’equivalenza del segmento temporale tra licenziamento e reintegrazione ad un periodo effettivamente lavorato”.

Al fine di stabilire un collegamento tra i crediti vantati dai lavoratori e l’insolvenza del datore di lavoro, il legislatore ha previsto che il Fondo di garanzia debba corrispondere i crediti retributivi maturati negli ultimi tre mesi del rapporto di lavoro purché rientrino nei dodici mesi che precedono i termini indicati dall’art. 2 co. 1 del decreto legislativo n. 80/1992, ossia:

  1. a) la data della domanda diretta all’apertura della procedura concorsuale a carico del datore di lavoro, se il lavoratore ha cessato il proprio rapporto prima dell’apertura della procedura stessa;
  2. b) la data di deposito in Tribunale del ricorso per la tutela dei crediti di lavoro, nel caso in cui l’intervento del Fondo di garanzia avvenga a seguito di esecuzione individuale;
  3. c) la data del provvedimento di messa in liquidazione, di cessazione dell’esercizio provvisorio, di revoca dell’autorizzazione alla continuazione all’esercizio di impresa, per i lavoratori che dopo l’apertura di una procedura concorsuale abbiano effettivamente continuato a prestare attività lavorativa.

Per ciascuno dei suddetti termini, si rinvia alle indicazioni fornite dall’Istituto nel paragrafo 9.1 della circolare in esame.

Come detto, possono essere corrisposti a carico del Fondo di garanzia i crediti retributivi maturati negli ultimi tre mesi del rapporto di lavoro, da intendersi come tre mesi di calendario o, più precisamente, come l’arco di tempo compreso tra la data di cessazione del rapporto di lavoro e la stessa data del terzo mese precedente.

Qualora gli ultimi tre mesi del rapporto di lavoro coincidano, in tutto o in parte, con un periodo di sospensione del rapporto durante il quale non è sorto alcun diritto retributivo (es. fruizione di permessi non retribuiti o di trattamenti previdenziali interamente sostituivi della retribuzione) la garanzia è riferibile ai tre mesi immediatamente precedenti, purché rientranti nei dodici mesi di cui sopra.

Inoltre, l’art. 2 co. 2 del decreto legislativo n. 80/1992 ha previsto che la garanzia prestata dal Fondo per i crediti diversi dal TFR sia limitata a una somma pari a tre volte la misura massima del trattamento straordinario di integrazione salariale mensile, al netto delle trattenute assistenziali e previdenziali.

Al riguardo, la Corte di Giustizia dell’Unione europea ha chiarito che dal massimale non devono essere sottratte le somme eventualmente corrisposte dal datore di lavoro negli ultimi tre mesi e che il massimale stesso, essendo un limite di pagamento, non deve essere rapportato al periodo per il quale si richiede l’intervento del Fondo di garanzia.

L’Inps segnala, infine, che deve ritenersi non più applicabile, alla luce della giurisprudenza comunitaria in materia, quanto previsto dall’art. 2 co. 4 del citato decreto legislativo n. 80/1992 in merito all’incumulabilità del pagamento, fino a concorrenza degli importi, con il trattamento straordinario di integrazione salariale percepito nell’arco dei dodici mesi e con l’indennità di mobilità riconosciuta ai sensi della legge n. 223/1991 nell’arco dei tre mesi successivi alla risoluzione del rapporto di lavoro.

Nel prosieguo della circolare in esame, l’Istituto fornisce dettagliate indicazioni operative su:

­ presentazione della domanda di intervento del Fondo di garanzia, con l’elenco dei documenti da allegare caso per caso, e tempi di definizione della stessa;

­ termini di prescrizione;

­ oneri accessori (interessi e rivalutazione monetaria) riconosciuti sulle prestazioni corrisposte dal Fondo di garanzia;

­ tassazione delle suddette prestazioni;

­ modalità di pagamento;

­ ricorsi amministrativi e giudiziali;

­ surroga di diritto del Fondo di garanzia, per gli importi pagati, nel privilegio spettante sul patrimonio del datore di lavoro.

Allegato: Circolare-numero-70-del-26-07-2023


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