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25.02.2022 - lavori pubblici

LEGGE SULLA CONCORRENZA – ANCE IN AUDIZIONE AL SENATO – ASPETTI DI INTERESSE PER I CONTRATTI PUBBLICI

Ance Brescia informa che si è svolta il 22 febbraio c.m. l’audizione informale di Ance presso la Commissione Industria del Senato nell’ambito dell’esame, in prima lettura, in sede referente, del disegno di legge “Legge annuale per il mercato e la concorrenza 2021” (DDL 2469/S).

Il disegno di legge rappresenta una delle riforme chiave del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), richiesta dalla Commissione Europea, per alleggerire i vincoli e favorire le attività economiche. Proprio al fine di garantire la concorrenza e una sana competizione tra operatori occorre mettere rapidamente fine ad alcune prassi anticoncorrenziali che stanno fortemente danneggiando il settore delle costruzioni.

Di seguito, le principali richieste di Ance in tema di contratti pubblici relative alla legge sulla concorrenza.

Pubblicità e trasparenza nelle procedure negoziate del PNRR

Ance sottolinea che è necessario ripristinare la piena pubblicità nelle procedure negoziate di cui al comma 3 dell’articolo 48 del DL 77/2021 come convertito (Decreto “Semplificazioni bis”), utilizzabili per le opere del PNRR o del PNC (e gli altri programmi cofinanziati dai fondi strutturali dell’Unione Europea).

L’articolo in questione, al comma 3, prevede che le stazioni appaltanti possano ricorrere alla procedura negoziata senza previa pubblicazione del bando di gara quando ciò è necessario per la realizzazione degli obiettivi o il rispetto dei tempi di attuazione del PNRR o del PNC (e gli altri programmi cofinanziati dai fondi strutturali dell’Unione Europea). Sul punto, l’articolo 16-ter del D.L. n. 121/2021 aveva introdotto l’obbligo per le stazioni appaltanti di dare evidenza dell’avvio di dette procedure mediante apposito avviso sui rispettivi siti web istituzionali, precisando tuttavia che “La predetta pubblicazione non costituisce ricorso a invito, avviso o bando di gara a seguito del quale qualsiasi operatore economico può presentare un’offerta”. Successivamente, l’art. 6-ter della l. 29-12-2021 n. 233, di conversione del d. l. 152/2021, ha chiarito che tali avvisi, pur non potendo costituire, com’è naturale, un invito agli operatori a presentare offerta, possono avere la funzione di sollecitare il mercato, consentendo agli operatori adeguatamente qualificati di poter manifestare il proprio interesse a partecipare alla gara. Tale modifica, tuttavia, non è ancora sufficiente a sanare il vulnus ai principi di pubblicità e concorrenza che presidiano la normativa sui contratti pubblici.

Gli avvisi attraverso cui le stazioni appaltanti devono dare evidenza dell’avvio di dette procedure, infatti, continuano ad avere una finalità di mera trasparenza, e non di piena pubblicità – come auspicato da ANCE. Questo rischia di determinare un grave danno al mercato, nel quale, peraltro, già si registra un forte incremento delle procedure a concorrenza ridotta (come emerge dal Rapporto quadrimestrale ANAC sul mercato dei contratti pubblici relativo al 2° quadrimestre 2021).

Infine, l’assenza di una piena pubblicità rende assai difficile – se non impossibile – la partecipazione in raggruppamenti temporanei d’impresa, ossia di uno strumento chiave per la crescita delle MPMI. Per assicurare infatti l’effettiva possibilità di manifestare il proprio interesse alla partecipazione da parte delle imprese, la pubblicazione degli avvisi dell’avvio di procedure negoziate dovrebbe avvenire sempre in un momento antecedente rispetto all’effettiva indizione della gara. Solo così, difatti, tale pubblicazione consentirebbe agli operatori di manifestare il loro interesse ad essere presi in considerazione, ovvero di organizzarsi in raggruppamenti temporanei (in ossequio al principio di pubblicità degli affidamenti pubblici).

Pertanto, con il DDL in commento si dovrebbe introdurre una modifica alla normativa citata, che stabilisca che gli avvisi di gara debbano essere tempestivamente e preventivamente pubblicati sui siti istituzionali delle stazioni appaltanti, in modo da consentire alle imprese interessate di poter manifestare preventivamente il loro interesse ad essere invitate, come operatore singolo o in raggruppamento.

 

Concessioni di lavori, servizi o forniture pubblici “senza gara”.

Strettamente attinente alla tutela della concorrenza sono le questioni conseguenti alla sentenza della Corte Costituzionale n. 218 del 23 novembre 2021, che ha abrogato l’art. 177 del Codice dei contratti, concernente la disciplina degli affidamenti dei titolari di concessioni di lavori, servizi o forniture pubblici “senza gara”.

Vale la pena ricordare che tale disposizione obbligava i predetti concessionari ad esternalizzare l’80% dei contratti di loro competenza, potendo realizzare in house (se pubblici) o attraverso imprese collegate e/o controllate (se privati) la restante quota.

Per i soli concessionari autostradali, la parte da esternalizzare è stata fissata al 60%.

Ciò posto, la pronuncia della Corte non disconosce affatto tale – corretta – finalità, né tantomeno viene disapprovata la scelta di recuperare “a valle” il deficit di concorrenza, attraverso un obbligo di esternalizzazione, che non rappresenta invero un caso di gold plating. Ciò che invece è stato censurato è che tale vincolo di esternalizzazione sia stato posto in modo radicale e indifferenziato. Tanto premesso, ne consegue che la Corte, lungi dal confermare la legittimità di una possibile deregulation a favore dei predetti concessionari, ha posto l’urgenza di adottare un nuovo – e meglio tarato– limite percentuale, che dovrà essere adottato “calibrando l’obbligo di affidamento all’esterno sulle varie e alquanto differenziate situazioni concrete, attenuandone la radicalità, se del caso attraverso una modulazione dei tempi, ovvero limitandolo ed escludendolo, ad esempio, laddove la posizione del destinatario apparisse particolarmente meritevole di protezione, e comunque in definitiva dando evidenza alle circostanze rilevanti in funzione di un adeguato bilanciamento dei due diversi aspetti della libertà di impresa, costituiti, come visto, dalla aspirazione a proseguire un’attività in atto, da un lato, e dall’esigenza di assicurare la piena concorrenza, dall’altro”

Pertanto, ad avviso di Ance, è opportuno, per non dire urgente, prevedere, all’interno del DDL di Legge annuale per il mercato e la concorrenza, una nuova disciplina volta a regolare gli affidamenti dei concessionari, titolari di concessioni aggiudicate senza le procedure ad evidenza pubblica, alla luce di quei criteri “oggettivi ed inequivoci” indicati dalla stessa Corte. Peraltro, occorre sottolineare che i vincoli di cui all’abrogato art. 177 erano stati imposti proprio al fine di riallineare la disciplina interna ai principi imposti in materia dal diritto UE; con la conseguenza che, una volta venuti meno, l’ordinamento italiano si trova nuovamente esposto al rischio di subire procedure di infrazione da parte della Commissione UE. Vale la pena infine sottolineare che, quanto sopra detto, è certamente riferibile ai concessionari soggetti all’obbligo dell’80/20.

Sussistono fortissimi dubbi, invece, in merito al fatto che la pronuncia demolitoria della Corte abbia riguardato anche i concessionari autostradali, che soggiacciono, come sopra ricordato, alla diversa quota del 60/40. Infatti, alcun riferimento è stato fatto, nella motivazione della sentenza, al diverso – e più contenuto – limite del 60 per cento, gravante su quest’ultimi. Di talché, il principio di necessaria corrispondenza tra il devoluto e il deciso può consentire di ritenere che, al di là della onnicomprensività del dispositivo, la sentenza non abbia riguardato il comparto dei concessionari autostradali, per il quale, pertanto, le prescrizioni dell’art. 177 dovrebbero considerarsi ancora in essere. Ad ogni modo, stante l’incertezza generata sotto tale profilo dalla pronuncia in questione, occorrerebbe chiarire al più presto anche tale equivoco, se del caso, con apposita disposizione

 

In allegato

ddl 2469

Documento Audizione ANCE Legge sulla concorrenza-18-02

 


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