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08.04.2022 - lavori pubblici

DL UCRAINA, PER ANCE NESSUNA SOLUZIONE EFFICACE PER IL SETTORE. BENE PERÒ L’IMPEGNO DEL GOVERNO NEL DEF.

 

Si è svolta il 7 c.m. l’audizione informale dell’Ance in videoconferenza, presso le Commissioni riunite Finanze e Industria del Senato sul DL 21/2022 recante “misure urgenti per contrastare gli effetti economici e umanitari della crisi ucraina” (DDL 2564/S).

Il Presidente Buia ha evidenziato, in premessa, che le misure del provvedimento d’urgenza dovrebbero rappresentare una prima ancora di salvataggio per le imprese, offrendo soluzioni efficaci al forte aumento dei prezzi delle materie prime e dell’energia registrato nelle ultime settimane. Al momento, però, il decreto-legge non offre soluzioni efficaci alle gravissime difficoltà che sta affrontando il settore delle costruzioni.

Ciò nonostante, ha rilevato positivamente l’impegno del Governo, assunto ieri nel Documento di Economia e Finanza 2022, a varare in tempi brevi nuove misure, che vadano ben oltre le soluzioni finora adottate, per fare fronte all’incremento dei prezzi nelle opere pubbliche.

 

Le osservazioni presentate da Ance in tema di opere pubbliche

Nelle ultime settimane vi è stato un rapido peggioramento delle condizioni del mercato delle costruzioni dovuto all’incontrollato aumento delle materie prime e alla difficoltà di reperimento delle stesse; una situazione resa già estremamente critica dagli aumenti registratisi a partire da fine 2020. Ne sono la prova:

il fatto che già nel secondo semestre 2021, 54 dei 56 materiali monitorati dal Ministero delle Infrastrutture avevano superato la soglia di allarme quando negli ultimi 20 anni era successo al massimo per 4 o 5 materiali;

il recente studio della Corte dei Conti sugli ostacoli che limitano il settore delle costruzioni -ed in particolare l’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR)- dove al primo posto figura il costo e la scarsità dei materiali con livelli di criticità mai toccati negli ultimi 40 anni.

La situazione ha ormai raggiunto un tale livello di allarme da mettere in serio pericolo la realizzazione delle opere pubbliche in Italia ed in particolare quelle previste dal Piano nazionale di ripresa e resilienza: l’acciaio è quasi irreperibile, la produzione dell’asfalto si sta fermando, l’alluminio scarseggia e tutte le altre materie prime stanno registrando aumenti insostenibili per le imprese.

A fronte di questo scenario che peggiora di giorno in giorno, le imprese di costruzioni sono in forte apprensione.

Le misure sin qui adottate sono molto limitate e hanno tempi di attuazione lunghissimi, incompatibili con l’emergenza del momento.

Anche la norma contenuta nell’articolo 23 del decreto -legge e relativa alla revisione dei prezzi non appare né efficace né risolutiva per le imprese.

Infatti, l’anticipazione delle risorse prevista non è a favore di queste ultime, ma delle sole committenti, per le quali, peraltro, la norma non stabilisce nemmeno un termine massimo entro il quale procedere ai pagamenti delle compensazioni. L’assenza di tale indicazione vanifica il senso stesso dell’anticipazione, che dovrebbe, in ultima analisi, sostenere le imprese che, dopo molti mesi, ancora non hanno ottenuto i riconoscimenti dovuti per gli extracosti subiti.

Inoltre, non può tacersi la delusione per l’improvviso stralcio dal testo della previsione più importante per le imprese che avrebbe consentito di sospendere o prorogare i cantieri in corso, concedendo la causa di forza maggiore per gli insostenibili rincari in atto.

La soluzione prescelta appare inadeguata a fronteggiare in modo efficace gli effetti devastanti degli aumenti in corso.

 

Le ulteriori osservazioni presentate da Ance

Il forte rincaro dei materiali da costruzione incide negativamente anche sul settore privato dove sono necessarie alcune misure immediate che peraltro non comportano aggravi per la finanza dello Stato.

A tal fine, in parallelo al settore pubblico e nell’ottica di offrire una tutela e una salvaguardia ai contratti di appalto tra privati, per i quali il caro materiali e le difficoltà di approvvigionamento hanno fortemente alterato il sinallagma contrattuale, sarebbe opportuno riconoscere espressamente l’esimente della forza maggiore, e soprattutto il principio della rinegoziazione delle condizioni contrattuali divenute eccessivamente onerose.

Occorrerebbe, altresì, prevedere una proroga automatica dei termini di validità dei titoli edilizi, delle convenzioni urbanistiche, delle dichiarazioni e autorizzazioni ambientali nonché, coerentemente, anche dei termini di pagamento del contributo di costruzione.

Bisognerebbe, inoltre, considerare la facoltà per i privati di chiedere alle pubbliche amministrazioni la riattualizzazione degli impegni assunti nell’ambito degli strumenti di programmazione e pianificazione negoziata e, comunque, in genere, delle convenzioni urbanistiche.

Accanto a queste misure emergenziali sarebbe necessario offrire, nel contempo, una risposta concreta al bisogno di trasparenza, correttezza, affidabilità nell’ambito dei lavori di riqualificazione degli edifici che usufruiscono dei relativi incentivi fiscali.

Ciò implica la necessità di imporre che questo tipo di lavori, soprattutto se di un certo importo, siano affidati esclusivamente a operatori qualificati che rispettino, tutti, le stesse regole e che pongano al primo posto la salute e la sicurezza dei lavoratori analogamente peraltro a quanto avviene per i lavori privati di ricostruzione delle aree terremotate.

La necessità di imporre l’obbligo di qualificazione SOA per le imprese che eseguono questo tipo di lavori risiede nella natura pubblica delle risorse impiegate che rende necessario distinguere le imprese affidabili e organizzate da quelle improvvisate.

I fenomeni inflattivi in atto e le conseguenti difficoltà di approvvigionamento delle materie prime stanno anche impedendo il rispetto delle tempistiche dei cantieri Superbonus al 110%.

Si tratta per lo più di interventi di riqualificazione degli edifici esistenti in ottica strutturale e sostenibile, incentivati dalla possibilità di fruire dei bonus fiscali, i cui termini di applicazione, per talune fattispecie, mal si conciliano con l’attuale situazione di emergenza generata dal “caro materiali”.

Particolari difficoltà si registrano nello specifico per quelle ipotesi per cui l’agevolazione viene riconosciuta solo fino al 30 giugno 2022, quali l’acquisto di case integralmente demolite e ricostruite in chiave antisismica, nonché gli interventi su edifici unifamiliari, i cui termini di vigenza possono arrivare al 31 dicembre 2022, solo se, al 30 giugno, sia realizzato almeno il 30% dei lavori complessivi.

A queste fattispecie si affianca anche l’esigenza di prorogare i termini di applicabilità delle detrazioni per gli IACP, tenuto conto delle tempistiche connesse alle norme che disciplinano le modalità attraverso le quali tali soggetti possono affidare la realizzazione degli interventi e che ne hanno, di fatto, impedito la reale applicazione, rendendo le procedure pubbliche selettive di cui al D.Lgs 50/2016 incompatibili con gli attuali termini.

Per non vanificare del tutto l’applicazione del Superbonus, per tutte queste misure è necessario un adeguamento dei termini di scadenza.

Per rendere fattibili operazioni di rigenerazione urbana, bloccate dal costo fiscale di tali operazioni, è necessario prevedere una riapertura dei termini della disposizione che prevedeva, sino al 31 dicembre 2021, l’applicazione dell’imposta di registro e delle imposte ipotecaria e catastale in misura fissa per l’acquisto di fabbricati destinati alla demolizione e ricostruzione o alla ristrutturazione, da rivendere entro 10 anni.

Per quanto concerne le misure per fronteggiare le ricadute dell’attuale situazione economica sul piano del lavoro e dell’occupazione, il provvedimento introduce disposizioni in materia di integrazione salariale, nella consapevolezza che si stanno determinando nel sistema produttivo situazioni di sospensione dell’attività che rendono necessario supportare le imprese e i lavoratori coinvolti e che non possono essere affrontate con gli strumenti previsti dal regime ordinario.

Tuttavia, le predette disposizioni non riescono a centrare l’obiettivo, dal momento che, per quanto riguarda specificamente i datori di lavoro rientranti nel campo di applicazione della cassa integrazione ordinaria, incidono esclusivamente sulla durata dei trattamenti e non ampliano, come invece sarebbe stato necessario, le causali di accesso alla CIGO, ricomprendendovi espressamente il caro energia e il caro materiali.

Infine, occorre sottolineare nuovamente che la moratoria per le PMI istituita per affrontare le difficoltà delle imprese connesse alla pandemia è scaduta a fine 2021. È assolutamente necessario prevedere una ulteriore possibilità di sospensione nella restituzione dei finanziamenti in essere fino a fine 2022, anche in considerazione del peggioramento del contesto economico connesso alla crisi Ucraina.

 


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