INPS – VARIAZIONE DELLA CLASSIFICAZIONE DEI DATORI DI LAVORO AI FINI PREVIDENZIALI – DECORRENZA – NUOVO ORIENTAMENTO GIURISPRUDENZIALE – INDICAZIONI AMMINISTRATIVE – CIRCOLARE 28 LUGLIO 2021, N. 113
L’articolo 3, comma 8, della legge 8 agosto 1995, n. 335, è intervenuto in materia di decorrenza degli effetti dei provvedimenti di variazione della classificazione dei datori di lavoro ai fini previdenziali, stabilendo che:
- i provvedimenti di variazione della classificazione dei datori di lavoro ai fini previdenziali adottati d’ufficio dall’INPS producono effetti dal periodo di paga in corso alla data di notifica del provvedimento di variazione, con esclusione dei casi in cui l’inquadramento iniziale sia stato determinato da inesatte dichiarazioni del datore di lavoro;
- in caso di variazione disposta a seguito di richiesta dell’azienda, gli effetti del provvedimento decorrono dal periodo di paga in corso alla data della richiesta stessa;
- infine, le variazioni di inquadramento adottate con provvedimenti aventi efficacia generale, ossia quelli concernenti intere categorie di datori di lavoro, producono effetti, nel rispetto del principio della non retroattività, dalla data fissata dall’INPS.
L’INPS, con circolare 19 ottobre 1995 n. 263, ha fornito indicazioni in attuazione della suddetta norma, precisando – in tema di retroattività – che il provvedimento di variazione produce effetti sin dalla data dell’inquadramento iniziale nell’ipotesi in cui tale inquadramento sia stato determinato da inesatte dichiarazioni del datore di lavoro. A titolo esemplificativo, l’Istituto fa rientrare in tali dichiarazioni le notizie, relative all’effettiva attività svolta, fornite dal datore di lavoro all’atto della domanda di iscrizione e sulla cui base l’Istituto emana il provvedimento di classificazione.
Va evidenziato come la norma in esame è stata oggetto di un’evoluzione interpretativa non univoca da parte della giurisprudenza.
In particolare, con alcune sentenze, la Corte di Cassazione ha parificato alle dichiarazioni inesatte anche l’ipotesi di omessa comunicazione dei mutamenti intervenuti nell’attività svolta dall’azienda, tali da comportare una diversa classificazione ai fini previdenziali.
Con due pronunce da ultimo intervenute, però, la Corte ha rivisto la propria posizione, evidenziando come, da un esame approfondito della normativa vigente, l’eventuale inadempimento, da parte del datore, dell’obbligo di comunicare agli enti previdenziali le variazioni relative all’attività imprenditoriale svolta non può comportare alcuna conseguenza sotto il profilo della decorrenza della variazione di inquadramento.
A seguito del mutato orientamento giurisprudenziale, pertanto, l’Istituto ha rivisto la propria posizione con la circolare 28 luglio 2021, n. 113, precisando che la variazione di classificazione dei datori di lavoro, con il conseguente trasferimento nel settore economico corrispondente all’effettiva attività svolta, potrà avvenire con effetto retroattivo soltanto in caso di inesatte dichiarazioni del datore di lavoro rese al momento dell’iniziale inquadramento.
Di conseguenza, INPS ha fornito indicazioni affinché i provvedimenti dell’Istituto successivi alla data del 24 maggio 2019, in ragione del consolidarsi del nuovo orientamento giurisprudenziale, poggino sul presupposto secondo cui l’omessa comunicazione del datore di lavoro circa i mutamenti dell’attività svolta non potrà essere più equiparata all’inesatta dichiarazione.
Tale omessa dichiarazione, quindi, non potrà più rilevare ai fini dell’adozione di un provvedimento di variazione di classificazione con efficacia retroattiva.
Per contro, la retroattività degli effetti della variazione di classificazione si verificherà soltanto in caso di inesatte dichiarazioni del datore di lavoro rese, come sopra riportato, esclusivamente in fase di iniziale inquadramento.
Allegato: Circolare_numero_113_del_28-07-2021
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