AGENZIA DELLE ENTRATE – PIANO WELFARE – PRECISAZIONI SUL TRATTAMENTO FISCALE DEI BENEFIT OFFERTI AI DIPENDENTI – RISOLUZIONE 25 SETTEMBRE 2020, N. 55/E
L’Agenzia delle Entrate ha emanato la risoluzione n. 55/E del 25 settembre 2020, con la quale ha fornito alcuni chiarimenti in merito alla possibilità di adottare un piano welfare a carattere premiale e incentivante per l’accrescimento della motivazione dei propri dipendenti ed il relativo trattamento fiscale dei benefit offerti a categorie di dipendenti nell’ambito di detto piano.
In primo luogo, l’Agenzia ricorda che, in base al c.d. principio di onnicomprensività, sia gli emolumenti in denaro, sia i valori corrispondenti ai beni e/o ai servizi percepiti dal dipendente in relazione al rapporto di lavoro costituiscono, in linea generale, redditi imponibili e concorrono alla determinazione del reddito di lavoro dipendente.
L’art. 51, comma 2 e comma 3 ultimo periodo del Tuir, individua specifiche deroghe, elencando in maniera tassativa le opere, i servizi, le prestazioni e i rimborsi spesa che non concorrono a formare la base imponibile o vi concorrono solo in parte, sempreché l’erogazione in natura non si traduca in un aggiramento degli ordinari criteri di determinazione del reddito da lavoro dipendente in violazione dei principi di capacità contributiva e di progressività dell’imposizione.
L’Agenzia, in particolare, specifica che qualora i benefit rispondano a finalità retributive (ad esempio, per incentivare la performance del lavoratore o di ben individuati gruppi di lavoratori), il regime di totale o parziale esenzione non può trovare applicazione. Al contrario, la norma è applicabile qualora i beni e servizi siano erogati a titolo premiale, ovvero per gratificare i lavoratori del raggiungimento di un obiettivo aziendale, anche nell’ipotesi di una graduazione dell’erogazione, purché essa non trovi giustificazione nella valutazione dell’attività lavorativa del dipendente, sia singolarmente considerato che in gruppo, ovvero su valutazioni strettamente connesse alla prestazione lavorativa.
Nello specifico, l’Agenzia ritiene coerente con la portata dei commi 2 e 3 dell’articolo 51 in esame, un piano welfare che premi i lavoratori dell’azienda che abbia incrementato il proprio fatturato, con una graduazione dell’erogazione dei benefit in base alla Retribuzione Annuale Lorda, mentre non considera in linea con le medesime disposizioni, una ripartizione effettuata in base alle presenze/assenze dei lavoratori in azienda oppure una erogazione in sostituzione di somme costituenti retribuzione fissa o variabile dei lavoratori. Allo stesso modo l’Agenzia ritiene che assumano rilevanza reddituale i benefit erogati in esecuzione di un regolamento aziendale, attuativo di un piano welfare rivolto ai soli lavoratori che abbiano deciso di non percepire un premio in denaro.
L’Agenzia ricorda, inoltre, che, affinché possa trovare applicazione il regime di favore previsto dalle disposizioni contenute nei commi 2 e 3 dell’articolo 51 del Tuir, occorre che i benefit siano messi a disposizione della generalità dei dipendenti o di categorie di dipendenti. Di conseguenza, rimangono escluse le somme o i servizi rivolti ad personam, ovvero che costituiscano vantaggi solo per alcuni e ben individuati lavoratori. Al riguardo, peraltro, l’Agenzia rammenta come l’espressione “categorie di dipendenti” non faccia riferimento solo alle categorie previste nel codice civile (dirigenti, operai, impiegati…), bensì a tutti i dipendenti di un certo ”tipo” o di un certo “livello” o “qualifica” (ad esempio tutti gli operai del turno di notte), ovvero ad un gruppo omogeneo di dipendenti, anche se alcuni di essi non fruiscano di fatto delle utilità previste.
Nella risoluzione, l’Agenzia procede poi ad una disamina delle singole opere, servizi, prestazioni e rimborsi individuati dall’art. 51 commi 2 e 3, di cui si sottolineano, di seguito, gli aspetti di maggior interesse, rimandando, per un’analisi completa, al testo della risoluzione allegato alla presente.
Con riferimento al comma 2, lettera f) dell’art. 51 Tuir, che riconosce il regime di non concorrenza al reddito di lavoro dipendente delle opere e dei servizi aventi finalità di educazione, istruzione, ricreazione, assistenza sociale e sanitaria o culto offerti dal datore di lavoro ai dipendenti e ai familiari indicati nell’articolo 12, l’Agenzia precisa che non beneficiano della non imponibilità le somme di denaro erogate ai dipendenti a titolo di rimborso spese, anche se documentate e impiegate per opere e servizi aventi le predette finalità.
Inoltre, le opere ed i servizi contemplati dalla norma possono essere messi a disposizione direttamente dal datore o da parte di strutture esterne all’azienda, ma a condizione che il dipendente resti estraneo al rapporto economico che intercorre tra l’azienda e il terzo erogatore del servizio. Conseguentemente, secondo l’Agenzia, si configura la fattispecie disciplinata dalla disposizione in esame nella sola ipotesi in cui al dipendente venga riconosciuta la possibilità di aderire o non all’offerta proposta dal datore di lavoro, senza pertanto poter pattuire altri aspetti relativi alla fruizione dell’opera e/o del servizio, fatto salvo il momento di utilizzo del benefit che potrà essere concordato con il datore di lavoro o con la struttura erogante la prestazione.
Laddove, al contrario, l’opera e/o il servizio fossero predisposti dal datore di lavoro o dal terzo erogatore in ragione di specifiche esigenze del singolo lavoratore o dei suoi familiari e con le modalità da questi ultimi rappresentate si configurerebbe un aggiramento del divieto di erogare la prestazione in denaro.
Con riguardo alla previsione di cui al comma 3 dell’art. 51 citato, che prevede la non concorrenza alla formazione del reddito di lavoro dipendente del valore dei beni ceduti e dei servizi prestati se complessivamente di importo non superiore nel periodo d’imposta a 258,23 euro, l’Agenzia ribadisce che, come già chiarito con circolare 22 ottobre 2008, n. 59/E, rientrano nell’ambito di applicazione di tale norma anche le erogazioni in natura sotto forma di beni o servizi o di buoni rappresentativi degli stessi (ad es. buoni carburante) di importo non superiore al citato limite.
In relazione alle modalità di erogazione dei beni, prestazioni, opere e servizi previsti dai commi 2 e 3, il successivo comma 3-bis prevede che questa può avvenire anche mediante documenti di legittimazione, in formato cartaceo o elettronico, riportanti un valore nominale. In merito, l’articolo 6, comma 2, del Decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali del 25 marzo 2016, statuisce che i beni e servizi rientranti nel campo di applicazione dell’articolo 51, comma 3, del Tuir possono essere cumulativamente indicati in un unico documento di legittimazione purché il valore complessivo degli stessi non ecceda il limite di importo di 258,23 euro.
Con riferimento a tale fattispecie, l’Agenzia ricorda che il voucher cumulativo può rappresentare una pluralità di beni, determinabili anche attraverso il rinvio, ad esempio, ad una elencazione contenuta su una piattaforma elettronica, che il dipendente può combinare a sua scelta nel “carrello della spesa”, per un valore non eccedente 258,23 euro.
Si ribadisce, peraltro, che qualora il valore dei fringe benefit complessivamente erogati nel periodo di imposta superi il citato limite di 258,36 euro, l’intero importo concorre a formare il reddito del dipendente.
Infine, con riguardo alla deducibilità integrale ai fini IRES dei costi sostenuti dalla società per l’attuazione di un piano welfare, l’Agenzia ricorda che l’erogazione dei benefit deve avvenire in conformità a disposizioni di contratto, di accordo o di regolamento che configuri l’adempimento di un obbligo negoziale. A tal fine, il regolamento deve essere non revocabile né modificabile autonomamente da parte del datore di lavoro.
Allegato:
Agenzia delle entrate – risoluzione n. 55E 25-09-2020
ANCE Brescia - Riproduzione e utilizzazione riservata ai sensi dell’art. 65 della Legge n. 633/1941