APPALTI PUBBLICI – DIFFERENZA TRA PROPOSTE MIGLIORATIVE E VARIANTI NELL’OEPV – APPROFONDIMENTO
(Consiglio di. Stato, Sez. V, sentenza del 14 maggio 2018, n. 2853 e Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana, sez. 1 Sent. 24 gennaio 2019, n. 54)
Le offerte migliorative, che comportano soluzioni che non alterano struttura, funzione e tipologia del progetto a base di gara, devono essere distinte dalle varianti progettuali.
Queste ultime si sostanziano in modifiche del progetto dal punto di vista tipologico, strutturale e funzionale, per la cui ammissibilità è necessaria una previa manifestazione di volontà della stazione appaltante.
E’ quanto emerge da un consolidato orientamento giurisprudenziale, secondo cui le soluzioni migliorative possono esplicarsi in modo libero ovvero incidere su tutti gli aspetti tecnici lasciati aperti a diverse soluzioni sulla base del progetto posto a fondamento della gara (cfr. Cons. Stato, Sez. V, sent. 14 maggio 2018, n. 2853 e 10 gennaio 2017, n. 42 nonché, in ultimo, Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana, sez. 1 Sent. 24 gennaio 2019, n. 54).
1) L’idoneità tecnica-economica dell’offerta
Il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa è un criterio complesso che misura l’idoneità tecnica-economica dell’offerta.
Con questo criterio l’offerta deve essere rapportata alla natura ed all’importo delle prestazioni oggetto della gara, per cui la scelta non è affidata al mero ribasso del prezzo, ma coinvolge la valutazione comparativa di altri elementi della prestazione attinenti al termine di esecuzione, al merito tecnico, alla qualità, alle caratteristiche estetiche e funzionali, ecc.
Nel quadro normativo italiano, tale criterio ha trovato collocazione nell’art. 95 del nuovo codice dei contratti pubblici (di recepimento all’art. 67 delle Direttiva 2014/24/EU), che al comma 6, espressamente prevede: “l’offerta economicamente più vantaggiosa individuata sulla base del miglior rapporto qualità/prezzo, è valutata sulla base di criteri oggettivi, quali gli aspetti qualitativi, ambientali o sociali, connessi all’oggetto dell’appalto” (D.lgs. 50/2016).
Così come già il D.lgs. 163/2006, nella vigente disciplina del Codice dei Contratti non è presente un elenco tassativo di elementi di valutazione; tra quelli citati, vi sono le caratteristiche della prestazione da fornire, le modalità della sua esecuzione ed eventuali costi di manutenzione o utilizzazione dell’opera nonché le varianti progettuali, che la stazione appaltante non deve limitarsi a prevedere, ma deve definirne, altresì, i requisiti minimi e le modalità per la loro presentazione (vedi anche linee guida n. 2/2016 ANAC).
Gli elementi di valutazione possono essere liberamente fissati dalla stazione appaltante, laddove garantiscano un riferimento all’elemento qualità, in rapporto all’esecuzione di lavori.
A tale riguardo, la giurisprudenza si è concentrata soprattutto sulle varianti migliorative in sede di offerta (ex plurimis, Cons. Stato n. 3481 del 2008 e n. 1925 del 2011).
2) Differenza tra variante e miglioria tecnica
Secondo il consolidato indirizzo giurisprudenziale sopracitato, devono tenersi distinte le varianti migliorative dalle soluzioni migliorative offerte dal concorrente.
In particolare, sono varianti migliorative le “modifiche del progetto dal punto di vista tipologico, strutturale e funzionale, per la cui ammissibilità è necessaria una previa manifestazione di volontà della stazione appaltante, mediante preventiva autorizzazione contenuta nel bando di gara e l’individuazione dei relativi requisiti minimi” (CGARS cit., che richiama Cons. Stato, sez. V, 20 febbraio 2014, n. 814; Id., sez. V, 24 ottobre 2013, n. 5160).
Tali requisiti segnano, al contempo, “i limiti entro i quali l’opera proposta dal concorrente costituisce un aliud rispetto a quella prefigurata dalla stazione appaltante”, distinguendosi in tal modo dalle precisazioni, integrazioni e migliorie presentate con l’offerta tecnica.
Di contro, le soluzioni migliorative (o migliorie o “varianti progettuali migliorative”) possono sempre e liberamente esplicarsi in tutti gli aspetti tecnici lasciati aperti a diverse soluzioni sulla base del progetto posto a base di gara e oggetto di valutazione dal punto di vista tecnico; ciò senza che sia necessaria alcuna predeterminazione dei requisiti minimi delle stesse, poiché possono essere sempre e comunque introdotte in sede di offerta.
In tal caso, resta “salva la immodificabilità delle caratteristiche progettuali già stabilite dall’Amministrazione”.
Conseguentemente, “possono essere considerate proposte migliorative tutte quelle precisazioni, integrazioni e migliorie che sono finalizzate a rendere il progetto prescelto meglio corrispondente alle esigenze della stazione appaltante, senza tuttavia alterare i caratteri essenziali delle prestazioni richieste” (CGARS cit., che richiama Cons. Stato, sez. V, 17 gennaio 2018, n. 270; id. 10 gennaio 2017, n. 42 e 16 aprile 2014, n. 1923).
In definitiva, quindi, la differenza tra soluzioni migliorative e varianti apportate dall’impresa al progetto posto a base di gara riposa sull’“intensità” e sul “grado” delle modifiche introdotte dal concorrente.
Pertanto, le prime “propongono soluzioni che non alterano struttura, funzione e tipologia del progetto a base di gara, le seconde sostanziano modifiche del progetto dal punto di vista tipologico, strutturale e funzionale, per la cui ammissibilità è necessaria una previa manifestazione di volontà della stazione appaltante” (CGARS cit., che richiama Cons. Stato, sez. VI, n. 2969/2018).
3) Modalità esecutive e caratteristiche dei materiali, autorizzazioni
Nell’ambito della gara da aggiudicarsi col criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, rispettata la suddetta distinzione tra variante e miglioria, è lasciato ampio margine di discrezionalità alla commissione giudicatrice, anche quanto alla valutazione delle ragioni che giustificano la soluzione migliorativa proposta e la sua efficienza nonché quanto alla rispondenza alle esigenze della stazione appaltante (cfr. Cons. Stato, V, 11 dicembre 2015, n. 5655).
La distinzione tra variante e miglioria emerge con chiarezza in alcune delle fattispecie concrete, in cui il giudice amministrativo è stato chiamato a valutare l’operato della stazione appaltante.
È il caso di un’offerta tecnica che ricadeva su una vasca in cemento armato, per la quale il disciplinare ammetteva espressamente e senza stabilire per essa alcun limite “proposte di miglioramento” (cfr. CGARS n. 54/2019 cit.).
In particolare, al fine di ridurre i tempi di esecuzione dell’intervento, l’offerente proponeva di sostituire la vasca di compensazione delle acque meteoriche (da realizzarsi in loco con una gettata di cemento) con sei moduli prefabbricati componenti un “tubo” di capacità analoga alla predetta vasca.
In tal caso, il giudice amministrativo ha concordato con la stazione appaltante nel ritenere che la proposta di utilizzare elementi prefabbricati non realizzasse alcuna sostanziale modifica dei caratteri essenziali del progetto esecutivo dell’Amministrazione, rientrando, di converso, nel genus delle proposte migliorative ammesse dalla disciplina di gara.
Infatti, “una peculiare modalità esecutiva dell’opera o del servizio, non affatto circoscritta al solo materiale, che non alteri struttura, funzione e tipologia del progetto, non integra affatto la variante sostanziale non ammessa, iscrivendosi piuttosto fra le migliorie consentite” (CGARS cit., che richiama Cons. Stato, VI, 19 giugno 2017, n. 2969).
Nella stessa occasione, il giudice amministrativo veniva chiamato a pronunciarsi sull’effettivo miglioramento offerto al tappetino di usura del manto stradale, per il quale il disciplinare ammetteva la presentabilità di “proposte di miglioramento della pavimentazione stradale con particolare riguardo all’impiego di materiali con caratteristiche innovative”.
In particolare, se il progetto dell’Amministrazione contemplava un tappetino d’usura unico, l’offerta migliorativa ne prevedeva, invece, uno a doppio strato di spessore maggiore, che, secondo l’assunto di parte ricorrente, non solo era inutile, ma addirittura peggiorativo (segnatamente, poiché avrebbe reso più difficoltoso il deflusso delle acque).
Al riguardo, il giudice amministrativo rilevava che tale affermazione non solo non risultava suffragata da un’adeguata dimostrazione, ma si sostanziava in un “inammissibile tentativo di ottenere un sindacato giudiziale di merito sostitutivo dell’apprezzamento del competente organo amministrativo”.
In allegato:
– CGARS, Sez. 1 Sent. 24 gennaio 2019, n. 54
– Cons. Stato, Sez. V, sent. 14 maggio 2018, n. 2853
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