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01.06.2018 - tributi

PAGAMENTI DELLE PA E VERIFICHE FISCALI – NUOVI CHIARIMENTI DALLA RAGIONERIA DELLO STATO

Blocco dei pagamenti da parte della PA in caso di irregolarità fiscale del destinatario: se opera lo split payment la verifica di morosità, sopra la nuova soglia dei 5000 euro, va fatta al netto dell’IVA. Sono inclusi tra i soggetti tenuti alla verifica anche gli enti pubblici economici, mentre sono escluse le fondazioni e le associazioni di enti pubblici.
Con la Circolare n.13 del 21 marzo scorso, la Ragioneria Generale dello Stato ha fornito alcuni chiarimenti in ordine alla disciplina dei pagamenti da parte della Pubblica Amministrazione, a seguito delle modifiche introdotte dalla legge di Bilancio 2018.
Come noto, infatti, con effetto dal 1° marzo 2018, la legge n. 205/2017[1] è intervenuta sulla norma che impone alla Pubblica Amministrazione, prima di procedere al pagamento di somme a qualsiasi titolo, di verificare la regolarità fiscale del destinatario delle stesse e di sospenderne il pagamento in caso di accertata morosità rispetto a una o più cartelle fiscali (art.48bis del DPR n.602/1973[2]).
Da un lato è stata ridotta, da 10.000 a 5.000 euro, la soglia oltre la quale le pubbliche amministrazioni (e le società a prevalente partecipazione pubblica) possono sospendere i pagamenti, nell’ipotesi in cui il beneficiario degli stessi risulti inadempiente rispetto all’obbligo di versamento derivante dalla notifica di una o più cartelle esattoriali, per un ammontare complessivo pari almeno a tale importo (art. 48bis del DPR 602/1973) [3].
Specularmente è stato modificato il D.M. 40/2008, attuativo del citato art. 48bis, che stabilisce sia le modalità di verifica della posizione debitoria dell’interessato da parte dell’agente della riscossione, sia la procedura di riscossione delle somme dovute dall’interessato all’Erario.
In particolare, è stato esteso da 30 a 60 giorni il periodo nel quale il soggetto pubblico non procede al pagamento delle somme dovute al beneficiario, risultato inadempiente, fino alla concorrenza dell’ammontare del debito comunicato dall’agente della riscossione.
Come già evidenziato durante l’iter parlamentare di approvazione della legge di Bilancio, tali modifiche sono fortemente negative per il settore sotto vari punti di vista.
Anzitutto, incidono in maniera rilevante sulla disciplina delle cause di esclusione degli operatori economici dalle procedure di gara, di cui all’art. 80 del codice dei contratti – D.Lgs. 50/2016, che stabilisce che “Costituiscono gravi violazioni quelle che comportano un omesso pagamento di imposte e tasse superiore all’importo di cui all’articolo 48bis, commi 1 e 2-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602. […]”.
Pertanto, il dimezzamento della soglia di cui all’art. 48bis a 5.000 euro si ripercuote negativamente sulla partecipazione alle procedure di gara, amplificando il concetto di gravità delle violazioni in materia fiscale e comportando la potenziale esclusione dalle procedure di gara di imprese che abbiano commesso violazioni di importo scarsamente rilevante.
Sotto altro aspetto, l’abbassamento della soglia in questione ed il contestuale raddoppio a 60 giorni del periodo di sospensione dei pagamenti da parte delle amministrazioni ai beneficiari-a qualunque titolo-di somme pubbliche, necessario a consentire l’effettuazione di pignoramenti, si ripercuotono negativamente sulla disciplina del pagamento del corrispettivo d’appalto agli operatori economici.
Le imprese che, infatti, dovrebbero ricevere il pagamento del corrispettivo d’appalto da parte dell’ente appaltante, potrebbero, a fronte dell’omesso pagamento di imposte o tasse per un importo pari o superiore a 5.000 euro, subire una paralisi dei pagamenti per un intero bimestre, in attesa dell’avvio della procedura di riscossione.
Per queste ragioni, l’ANCE continuerà ad agire nelle opportune sedi per ottenere l’abrogazione delle citate disposizioni.
Ciò premesso, la Circolare in commento, articolata in 13 paragrafi, fa il punto sull’aggiornamento della normativa di settore ed esamina alcuni profili critici emersi nel corso del tempo, afferenti, tra l’altro, all’ambito soggettivo, alla scissione dei pagamenti, all’inadempienza contributiva, alla cessione del credito.

P.A. che devono effettuare la verifica
In particolare con riguardo alla precisa individuazione degli enti che sono tenuti a effettuare le verifiche ai sensi dell’art. 48bis, viene chiarito che rientrano nel novero delle amministrazioni pubbliche tenute a effettuare tali controlli:
► le società a totale partecipazione pubblica diretta
► gli enti pubblici anche economici, le aziende speciali anche consortili e, in generale, le aziende pubbliche a prescindere dalla loro qualificazione come enti pubblici economici;
► e gestioni commissariali.
Risultano, invece, escluse dall’ambito di applicabilità della disciplina le fondazioni e le associazioni di enti pubblici, poiché tale inclusione segnerebbe una dilatazione eccessiva dell’ambito soggettivo.

Split payment
La Circolare si sofferma, inoltre, sull’applicazione della disciplina di cui all’art.48bis per quelle amministrazioni e quegli enti interessati dallo split payment, confermando quanto già chiarito dall’Agenzia delle Entrate nel 2015[4].
Si ricorda, che il meccanismo del cd. split payment, introdotto dal 1 gennaio 2015, pone in capo alle Pubbliche Amministrazioni e ad alcune tipologie di società ed enti [5], il versamento dell’IVA relativa alle cessioni di beni e prestazioni di servizi effettuate nei confronti delle stesse. Tali amministrazioni procedono, in sostanza, a effettuare due pagamenti: il corrispettivo al netto dell’IVA a favore del proprio fornitore, e il versamento dell’IVA a favore dell’Erario.
In questi casi, la Circolare precisa che ai fini dell’individuazione della soglia dei 5000 euro di cui all’articolo 48bis, al di sopra della quale vengono sospesi i pagamenti, le amministrazioni non dovranno considerare l’IVA, ma tener conto, soltanto di quanto effettivamente spettante in via diretta al proprio fornitore, cioè dell’importo al netto dell’IVA.

Art.48bis e inadempienza contributiva
La Circolare prende in esame, inoltre, l’ipotesi in cui in sede di pagamento del beneficiario sia riscontrata sia un’inadempienza di natura contributiva che di natura “fiscale”, al fine di chiarire se vada prioritariamente applicata la disciplina che consente l’intervento sostitutivo della stazione appaltante nel versamento dei contributi ai sensi dell’art. 30 del D.Lgs 50/2016 oppure la disciplina di cui all’art.48bis del DPR 602/1973.
Si ricorda che l’art. 30 del D.Lgs 50/2016[6], prevede che, qualora il DURC (documento unico di regolarità contributiva) relativo a personale dipendente dell’affidatario o del subappaltatore o di titolari di subappalti e cottimi non risulti regolare, la stazione appaltante sia tenuta a trattenere l’importo corrispondente all’inadempienza, per il successivo versamento diretto agli enti previdenziali e assicurativi, compresa la Cassa Edile.
Come evidenziato nella Circolare si tratta di un obbligo a carico della stazione appaltante, per cui deve ritenersi che l’intervento sostitutivo in materia contributiva sia prioritario rispetto alla verifica della morosità fiscale.
Pertanto, in caso di DURC irregolare la PA deve prioritariamente trattenere l’importo dei contributi non assolti dall’appaltatore o subappaltatore, e versarli agli Enti previdenziali e assistenziali, e sull’importo residuo del pagamento, se superiore alla soglia dei 5000 euro, effettuare la verifica della regolarità fiscale.

Cessione del credito
La Circolare riprende anche la questione della verifica di inadempienza in caso di cessione del credito[7] da parte dell’impresa destinataria del pagamento stesso, confermando la procedura delineata nella Circolare n.29/2009[8].
In tale occasione, è stato precisato che la verifica in capo all’impresa va effettuata al momento della notifica della cessione del credito all’Amministrazione debitrice, che, accertata la “non inadempienza” della stessa, potrà fornire la propria accettazione espressa alla cessione, liberando così l’impresa da ogni ulteriore controllo, da effettuarsi al momento dell’effettivo pagamento delle somme spettanti. All’atto dell’erogazione degli importi dovuti dall’Amministrazione, infatti, la verifica sarà effettuata solo nei confronti della banca, o dell’intermediario, che ha acquistato il credito dall’impresa originaria.
Inoltre, contestualmente alla notifica relativa alla cessione del credito, il cedente deve:
– richiedere all’Amministrazione debitrice l’accettazione espressa alla cessione del credito, che contenga l’esplicito riferimento all’inesistenza di situazioni di inadempimento a proprio carico;
– allegare alla richiesta di accettazione del credito il consenso al trattamento dei propri dati personali (mediante il modulo allegato alla C.M. 29/2009), necessario per consentire alla P.A. di effettuare la predetta verifica di morosità prevista dall’art.48bis.
A tal riguardo, la Ragioneria Generale indica ora due diverse ipotesi:
– il cedente acconsente a far immediatamente effettuare la verifica di inadempienza a proprio carico da parte dell’Amministrazione ceduta (fornendo il consenso al trattamento dei dati personali), che in conseguenza, darà notizia dei relativi esiti al cessionario. Solo qualora l’esito risulti di “non inadempimento”, l’amministrazione provvederà ad effettuare, al momento del pagamento, una seconda verifica nei confronti del cessionario;
– il cedente non acconsente a far effettuare la predetta verifica (non fornendo l’autorizzazione al trattamento dei dati personali), con la conseguenza che, a prescindere dall’accettazione anche tacita dell’Amministrazione ceduta, quest’ultima dovrà effettuare la verifica solamente nei confronti del soggetto cedente (originario creditore), all’atto del pagamento a favore del cessionario, consapevole del rischio che il cedente possa risultare inadempiente rispetto agli obblighi di versamento di cartelle di pagamento.
In quest’ultimo caso, precisa la Circolare, è opportuno che l’Amministrazione ceduta si adoperi per non prestare il proprio consenso alla cessione del credito.

Note:
[1] Cfr. art.1, commi da 986 a 989, della legge 27 dicembre 2017, n. 205.
[2] Cfr. C.M. n.29 dell’8 ottobre 2009.
[3] Si ricorda che, ai sensi dell’art.1, co.4-bis, del DL 16/2012, convertito con modifiche dalla legge 44/2012, la PA deve comunque procedere al pagamento, in favore del beneficiario, delle somme eccedenti l’ammontare del debito. L’eventuale mancato pagamento costituisce violazione dei doveri d’ufficio.
[4] Cfr. CM 15/E/2015.
[5] Si tratta, in particolare di:
· tutte le pubbliche amministrazioni ai sensi dell’art.1, co.2, della legge 196/2009
· gli enti pubblici economici nazionali, regionali e locali, comprese le aziende speciali e le aziende pubbliche di servizi alla persona;
· le fondazioni partecipate da amministrazioni pubbliche per una percentuale complessiva del fondo di dotazione non inferiore al 70%;
· tutte le società controllate, in via diretta, dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri e dai Ministeri (e le società da queste stesse controllate);
· tutte le società controllate, in via diretta o indiretta, dalle amministrazioni pubbliche, dalle regioni, province, città metropolitane, comuni ed unioni di comuni o da enti pubblici economici nazionali, regionali e locali e da fondazioni partecipate da amministrazioni pubbliche (e le società da queste stesse controllate per una percentuale complessiva del capitale non inferiore al 70);
· le società quotate inserite nell’indice FTSE MIB della Borsa italiana identificate agli effetti dell’imposta sul valore aggiunto.
[6] Come modificato dall’art. 20 comma 1, lett. b) del D.Lgs 56/2017.
[7] Ai sensi dell’art.1260 e seguenti del codice civile e della legge 52/1991.
[8] Cfr. C.M. n.29 dell’8 ottobre 2009.

 


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