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08.05.2018 - urbanistica

L’IMPRESA DEVE ESSERE RISARCITA PER GLI ATTI ILLEGITTIMI DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

Va ripagato il tempo che un’impresa ha perso per il mancato avvio di un’attività a causa di provvedimenti illegittimi da parte della pubblica amministrazione. Il danno deve essere quantificato sui mancati utili dell’impresa come risultanti dai bilanci depositati dall’inizio dell’attività.
È quanto ha stabilito il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 1457 del 6 marzo del 2018, sulla richiesta di risarcimento dei danni avanzata da un’impresa la cui attività era rimasta illegittimamente bloccata dalla Soprintendenza dei beni archeologici.
Nel caso di specie si trattava di un’impresa turistica che non era riuscita ad avviare l’attività balneare in quanto paralizzata da due provvedimenti emanati dalla Soprintendenza, dichiarati entrambi illegittimi e annullati dal giudice amministrativo.
Un vero e proprio “accanimento” nei confronti dell’iniziativa imprenditoriale – si legge nella sentenza -posto in essere senza alcuna giustificazione e “in totale spregio del fatto che, pochi anni prima, la stessa Soprintendenza aveva autorizzato la medesima iniziativa con ciò trascurando completamente l’affidamento ingenerato sul privato sulla fattibilità dell’opera”.
I fatti esaminati nella sentenza possono così brevemente riassumersi:
– l’impresa aveva ottenuto tutte le autorizzazioni necessarie per l’insediamento di uno stabilimento balneare (autorizzazione da parte della Soprintendenza archeologica; nulla osta paesaggistico; permesso di costruire);
– i lavori venivano sospesi dalla Soprintendenza per i beni architettonici e il paesaggio per asserite difformità tra le previsioni del progetto e i lavori in corso;
– seguiva un procedimento penale poi archiviato;
– successivamente interveniva la revoca dell’autorizzazione archeologica precedentemente rilasciata;
– seguivano due decreti di occupazione dell’area per effettuare dei saggi archeologici (di cui il secondo emanato nonostante l’annullamento giurisdizionale del primo e poi anch’esso annullato).
Di fronte a tale comportamento l’impresa ha chiesto il ristoro del pregiudizio subito a seguito dei provvedimenti illegittimi e definitivamente annullati in via giurisdizionale.
Per il Consiglio di Stato la quantificazione del danno è desumibile dai bilanci dell’impresa ossia dagli utili perduti senza necessità di ricorrere a consulenze esterne.
Rispetto ai precedenti orientamenti della giurisprudenza finalizzati a quantificare il danno in somme forfettarie, il Consiglio di Stato ha riconosciuto che lo stesso è desumibile attraverso l’esame di “cosa poteva succedere” se l’amministrazione non avesse impedito per due anni l’inizio dell’attività dell’impresa. A tal fine il danno è stato liquidato sulla base dei bilanci prodotti dalla società interessata con il riconoscimento di due anni di utili perduti detratte le imposte.


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