RISPOSTE FORNITE DALL’AGENZIA DELLE ENTRATE A QUESITI IN MATERIA DI FISCALITÀ IMMOBILIARE
(C.M. 27/E del 13 giugno 2016)
Confermate in via ufficiale, nella C.M. 27/E del 13 giugno 2016, le risposte fornite dall’Agenzia delle Entrate ai quesiti in materia di fiscalità immobiliare formulati dalla stampa specializzata, in occasione del convegno “130 anni di Catasto tra storia e tecnologia”, tenutosi lo scorso 20 aprile.
Tra i numerosi temi affrontati nella C.M. 27/E/2016, di particolare interesse per il settore, risultano i chiarimenti forniti dall’Agenzia delle Entrate in materia di:
► agevolazioni “prima casa”, alla luce delle novità introdotte dalla legge di Stabilità 2016.
Come noto, infatti, dal 1° gennaio 2016, con l’introduzione del nuovo co. 4-bis, alla Nota II-bis dell’art.1 della Tariffa, Parte I, allegata al DPR 131/1986, le agevolazioni “prima casa” spettano anche all’acquirente di un’abitazione che sia già proprietario di altro immobile acquistato nel passato con i suddetti benefici, a condizione però che la “prima casa” già posseduta sia venduta entro un anno dal nuovo acquisto.
A tal riguardo, con gli ultimi chiarimenti, l’Amministrazione finanziaria precisa quali siano le procedure operative per evitare le sanzioni pecuniarie in caso di decadenza dalle agevolazioni “prima casa”, nell’ipotesi in cui il contribuente non riesca entro l’anno (dal nuovo acquisto) a rivendere il vecchio immobile.
In particolare, viene precisato che:
a) prima della scadenza del termine annuale, il contribuente può presentare apposita istanza all’ufficio dell’Agenzia delle Entrate, presso il quale è stato registrato l’atto, con la quale revoca l’impegno assunto e richiede il versamento della sola differenza tra l’imposta ordinaria dovuta e l’imposta agevolata corrisposta al momento del nuovo acquisto (oltre agli interessi), evitando in tal modo di incorrere nelle sanzioni;
b) dopo la scadenza del termine annuale, il contribuente, al ricorrere di tutte le condizioni, può accedere all’istituto del ravvedimento operoso, di cui all’art.13 del D. Lgs. 472/1997, corrispondendo sempre la differenza tra imposta ordinaria e quella ridotta (oltre agli interessi) ma liquidando la sanzione con un importo corrispondentemente ridotto.
Inoltre, nella C.M. 27/E/2016, l’Agenzia delle Entrate ha fornito ulteriori precisazioni con riferimento al caso di un contribuente che acquista la “prima casa”, nel Comune nel quale è già proprietario di un’abitazione non acquistata con la suddetta agevolazione, ma che intende alienare entro 1 anno dal nuovo acquisto.
In tal caso, l’Amministrazione nega la spettanza dei benefici “prima casa”, stabilendo che l’acquirente può accedere ai citati benefici solo se aliena l’abitazione già posseduta prima dell’acquisto del nuovo immobile con le agevolazioni.
► incentivi all’acquisto di case da locare – cd. “agevolazione Scellier”.
Come noto l’agevolazione, operante dal 1° gennaio 2014 al 31 dicembre 2017, è riconosciuta per l’acquisto di abitazioni nuove o ristrutturate in classe energetica A o B, da destinare, nei successivi 6 mesi, alla locazione a canoni “agevolati” per almeno 8 anni.
La deduzione è commisurata al 20% del prezzo dell’immobile, da assumere entro il limite massimo di 300.000 euro e va ripartita in 8 anni.
E’, inoltre, prevista la deducibilità, in misura pari al 20%, degli interessi passivi relativi ai mutui accesi per l’acquisto della medesima abitazione.
A tal riguardo, l’Agenzia delle Entrate, nella C.M. 27/E/2016, precisa che l’agevolazione è riconosciuta, in conformità a quanto sostenuto dall’ANCE[1], a prescindere dalla qualifica ricoperta dal soggetto cedente, in quanto l’attuale formulazione normativa (art. 21 del DL 133/2014 convertito, con modificazioni, dalla legge 164/2014) non prevede alcun vincolo in tal senso.
Pertanto, viene chiarito che il beneficio deve riconoscersi, nel rispetto di tutte le altre condizioni, a prescindere dal soggetto cedente l’unità immobiliare (impresa costruttrice, impresa diversa o privato).
Inoltre,sempre con riferimento alle condizioni per accedere al beneficio, viene confermato che il contratto di locazione, da stipulare entro i 6 mesi successivi all’acquisto dell’abitazione agevolata, può essere di qualsiasi tipologia, purché sia rispettata la durata minima di 8 anni e l’importo massimo del canone, determinato ai sensi della norma agevolativa;
► agevolazioni fiscali per il leasing abitativo,
L’art.1, co.76-84, della legge 208/2015 (legge di Stabilità 2016) ha introdotto il nuovo regime del contratto di leasing abitativo e, al contempo, ha previsto, sino al 2020, detrazioni IRPEF per i giovani che lo utilizzano per l’acquisto dell’abitazione principale.
In particolare, a favore dei soggetti di età inferiore a 35 anni e con reddito complessivo non superiore a 55.000 euro[2], la detrazione IRPEF del 19% (art.15 del TUIR) viene estesa a:
– i canoni derivanti dal contratto di leasing, e relativi oneri accessori, per un importo non superiore a 8.000 euro l’anno;
– il prezzo di riscatto dell’abitazione, per un importo non superiore a 20.000 euro.
Tali agevolazioni sono efficaci relativamente ai contratti conclusi dal 1° gennaio 2016 al 31 dicembre 2020.
Sul punto, l’Agenzia delle Entrate, nella C.M. 27/E/2016, chiarisce, tra l’altro, che per fruire dei benefici fiscali relativi all’acquisto dell’abitazione in leasing i requisiti anagrafici (under 35 anni) e reddituali (reddito complessivo non superiore a 55.000 euro) devono sussistere esclusivamente al momento della stipula del contratto.
► accatastamento dei fabbricati.
Sul punto, l’Agenzia delle Entrate si è pronunciata in merito all’accatastamento dei:
– fabbricati collabenti
Al riguardo, la C.M. 27/E/2016 chiarisce che possono essere iscritti nella categoria catastale F/2, che individua le unità immobiliari collabenti [3], sia le abitazioni che abbiano i muri perimetrali ed interni integri, ma che siano prive delle tegole, sia fabbricati a destinazione produttiva con pilastri, travi e muri perimetrali integri, ma privi della copertura;
– fabbricati in corso di costruzione
Sotto tale profilo, viene rappresentata all’Agenzia delle Entrate la circostanza che, per i fabbricati non ultimati, l’accatastamento nelle categorie fittizie F/3 – Unità in corso di costruzione, ed F/4 – Unità in corso di definizione, ammesso per un arco temporale che va dai sei ai dodici mesi, con possibilità di proroga, si protrae di fatto ben oltre tali limiti, collegati alla fine dei lavori di costruzione.
L’Agenzia delle Entrate specifica che i Comuni possono sempre intervenire per informare l’Agenzia delle Entrate dell’improprio accatastamento, sia con una segnalazione generica (per immobili il cui classamento non sia stato aggiornato o non sia congruo rispetto a fabbricati similari)[4], sia in modo più puntuale, in presenza di accertate variazioni edilizie che rendano necessaria la variazione catastale[5];
– revisione delle categorie catastali
In tal ambito, vengono illustrate le modalità di revisione del classamento degli immobili (ossia della categoria e della classe) effettuata dagli uffici competenti dell’Agenzia delle Entrate, su istanza dei Comuni, tenuto conto delle modifiche che nel tempo intervengono sul contesto urbano, ed in particolare sulle porzioni di territorio aventi caratteristiche similari (cd. “microzone”);
– rendita catastale degli impianti fotovoltaici – cd. “imbullonati”
Come noto, dal 1° gennaio 2016, per i fabbricati a destinazione speciale e particolare (categorie D ed E) la rendita catastale (che costituisce la base imponibile IMU e TASI), si determina mediante stima diretta, escludendo da questa i macchinari, i congegni, le attrezzature e gli altri impianti (cd. “macchinari imbullonati”), funzionali allo specifico processo produttivo[6].
In particolare, l’Agenzia delle Entrate chiarisce che per gli immobili già censiti in catasto, l’eventuale variazione dalla stima catastale opera per le diverse tipologie di impianti fotovoltaici, quali:
– gli impianti autonomamente censiti nella categoria catastale D/1 Opifici;
– gli impianti che costituiscono pertinenza di unità immobiliari censite nelle categorie D ed E.
– unione di fatto ai fini fiscali
Nell’ipotesi di due unità immobiliari contigue, l’Amministrazione finanziaria, dopo aver ribadito che non è possibile procedere all’accatastamento unitario (perché dotate ciascuna di autonomia funzionale e reddituale), conferma che la richiesta di “unione di fatto ai fini fiscali”[7] può essere effettuata solo mediante una dichiarazione di variazione catastale per ciascuna unità, con le modalità stabilite dal D.M. 701/1994.
Note:
[1] Cfr. “D.L. Sblocca Italia convertito nella legge 164/2014: Benefici per l’acquisto di case da locare”.
[2] In merito, si ricorda che la medesima detrazione, seppur con limiti massimi dimezzati (4.000 euro per i canoni e 10.000 euro per il prezzo di riscatto), viene riconosciuta anche ai soggetti di età pari o superiore a 35 anni, sempre con reddito complessivo massimo di 55.000 euro.
[3] Come noto, si tratta dei fabbricati fortemente degradati dal punto di vista strutturale, ai quali non viene attribuita una rendita catastale e che, per le loro caratteristiche, non sono produttivi di reddito (cfr.art.3, co.2, Decreto del MEF 28/1998).
[4] Cfr. art.3, co.58, della legge 662/1996.
[5] Ai sensi dell’art.1, co.336, della legge 311/2004.
[6] Cfr. l’art.1, co.21-24, della legge 208/2015 – Stabilità 2016.
[7] Con tale definizione, si intende l’unione fisica tra più immobili, che mantengono diversi accatastamenti, es: mediante l’abbattimento di muro di abitazioni contigue.
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