L’AUTORITA’ CHIARISCE I DUBBI INTERPRETATIVI SULLA NUOVA DISCIPLINA DELL’ARBITRATO NEI CONTRATTI PUBBLICI
L’Autorità di Vigilanza sui contratti Pubblici (AVCP) ha pubblicato, sul proprio sito istituzionale, la Determinazione n. 6 del 18 dicembre 2013, che contiene le indicazioni concernenti le modifiche apportate alla disciplina dell’arbitrato nei contratti pubblici dalla legge 6 novembre 2012, n. 190, recante disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione.
Tali indicazioni si sono rese necessarie alla luce dei dubbi interpretativi ed ai problemi di coordinamento con la normativa vigente prevista dagli artt. 241-243 del D.lgs. 163/2006.
In particolare, l’intervento dell’Autorità ha chiarito i seguenti profili relativi alla nuova disciplina :
– ambito di estensione del divieto di cui al comma 18 dell’art. 1, l. n.190/2012;
– modalità di nomina dell’arbitro di elezione pubblica, ai sensi dell’art. 1, comma 23, l. 190/2012;
– ambito di applicazione dell’obbligo di previa autorizzazione motivata dell’organo di governo previsto dal comma 19 dell’art. 1 succitato;
– rapporto tra la nuova disciplina dettata dal Codice dei Contratti e l’art. 810 c.p.c..
In ordine al primo dei profili indicati, va fatto presente che il comma 18 succitato prevede che “ Ai magistrati ordinari, amministrativi, contabili e militari, agli avvocati e procuratori dello Stato e ai componenti delle commissioni tributarie e’ vietata, pena la decadenza dagli incarichi e la nullita’ degli atti compiuti, la partecipazione a collegi arbitrali o l’assunzione di incarico di arbitro unico.”
L’ AVCP ha ritenuto tale divieto non comprendere le categorie degli avvocati dello Stato e dei magistrati a riposo, ciò in quanto, attesa l’espressa dizione della norma, la medesima deve correttamente essere riferita solo ai magistrati (ordinari, amministrativi, militari e contabili), agli avvocati e procuratori dello Stato ed ai componenti delle commissioni tributarie in servizio.
Quanto ai profili di diritto intertemporale dell’applicazione del citato comma 18, è stato rilevato come il suddetto divieto non abbia efficacia retroattiva con riguardo agli incarichi relativi a procedimenti arbitrali in corso od a collegi arbitrali già costituiti alla data del 28 novembre 2012 (data di entrata in vigore della norma).
Relativamente al secondo dei dubbi interpretativi segnalati, ossia in merito alle modalità di nomina dell’arbitro di elezione pubblica, l’art. 1, comma 23, della legge n. 190/2012 dispone che
“Qualora la controversia abbia luogo tra una pubblica amministrazione e un privato, l’arbitro individuato dalla pubblica amministrazione e’ scelto preferibilmente tra i dirigenti pubblici. Qualora non risulti possibile alla pubblica amministrazione nominare un arbitro scelto tra i dirigenti pubblici, la nomina e’ disposta, con provvedimento motivato, nel rispetto delle disposizioni del codice di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n.163 .”
A tal riguardo, l’Autorità ha escluso, nel caso di arbitrato tra p.a. e soggetti privati, l’applicabilità dell’art. 815 comma 1, n. 5, c.p.c., il quale ammette la ricusazione dell’arbitro “se è legato ad una delle parti, a una società da questa controllata, al soggetto che la controlla, o a società sottoposta a comune controllo, da un rapporto di lavoro subordinato o da un rapporto continuativo di consulenza o di prestazione d’opera retribuita, ovvero da altri rapporti di natura patrimoniale o associativa che ne compromettono l’indipendenza; inoltre, se è tutore o curatore di una delle parti”.
Con riferimento, invece, all’ipotesi di impossibilità di individuare un dirigente pubblico cui affidare l’incarico di arbitro, il rinvio al Codice, disposto nel comma 23 dell’art. 1 succitato, è stato interpretato dall’Autorità nel senso della sua riferibilità, in considerazione della genericità della sua formulazione, al complesso delle disposizioni del Codice, ivi comprese quelle relative alle modalità di nomina degli arbitri di cui all’art. 241 del Codice dei Contratti. La stessa genericità ha portato, però, il medesimo organismo ad escludere la sussistenza in capo alla Camera Arbitrale di un potere di nomina dell’arbitro della p.a..
In relazione, poi, all’applicazione dell’obbligo di previa autorizzazione motivata dell’organo di governo, ai fini del valido inserimento della clausola compromissoria nel bando, si evidenzia che, a tenore del comma 19 in esame “«Le controversie su diritti soggettivi, derivanti dall’esecuzione dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi, forniture, concorsi di progettazione e di idee, comprese quelle conseguenti al mancato raggiungimento dell’accordo bonario previsto dall’articolo 240, possono essere deferite ad arbitri previa autorizzazione motivata da parte dell’organo di governo dell’amministrazione. L’inclusione della clausola compromissoria, senza preventiva autorizzazione, nel bando o nell’avviso con cui e’ indetta la gara ovvero, per le procedure senza bando, nell’invito, o il ricorso all’arbitrato, senza preventiva autorizzazione, sono nulli».
L ’Autorità ha ritenuto che tale disposizione debba essere interpretata come una nuova norma imperativa condizionante l’autonomia contrattuale delle parti, essendo assente una norma transitoria che preveda l’ultrattività della previgente disciplina normativa, sicché la clausola compromissoria contrattualmente prevista risulta sostanzialmente privata della relativa operatività.
Ciò anche in considerazione del fatto che il comma 25 dell’art. 1 della legge in esame esclude espressamente l’applicazione del comma 19 succitato agli arbitri conferiti o autorizzati prima dell’entrata in vigore della legge stessa.
Ne consegue, pertanto, che l’assenza di previa autorizzazione dell’organo di governo determina la sopravvenuta nullità delle clausole compromissorie contenute nei bandi di gara antecedenti l’entrata in vigore della norma, con salvezza del soli arbitrati già conferiti o autorizzati prima di detta data.
L’Autorità, tuttavia, ritiene ammissibile, in tali casi, il rilascio di una autorizzazione a posteriori delle clausole compromissorie.
Per quanto concerne, infine, il rapporto tra la novella normativa in esame e l’art. 810 c.p.c., applicabile anche agli arbitrati nel settore dei contratti pubblici, per quanto non disciplinato dal Codice, l’Autorità ha ritenuto che la sua applicabilità derivi dalla stessa formulazione, laddove implicitamente afferma che la nomina effettuata dal Tribunale è equiparabile al conferimento ad opera delle parti.
Il comma 2 dell’art. 810 succitato, infatti, prescrive che “ In mancanza – della designazione di parte dell’arbitro – , la parte che ha fatto l’invito può chiedere, mediante ricorso, che la nomina sia fatta dal presidente del tribunale nella cui circoscrizione è la sede dell’arbitrato. Se le parti non hanno ancora determinato tale sede, il ricorso è presentato al presidente del tribunale del luogo in cui è stato stipulato il compromesso o il contratto al quale si riferisce la clausola compromissoria oppure, se tale luogo è all’estero, al presidente del tribunale di Roma. Il presidente, sentita, quando occorre, l’altra parte, provvede con ordinanza non impugnabile.”
In ultimo, l’Autorità ha specificato che, in analogia con quanto accade per le clausole arbitrali già inserite nei bandi, anche per gli arbitrati non ricadenti nell’ipotesi di cui all’art. 1, comma 25 (arbitrati non conferiti o non autorizzati alla data di entrata in vigore della legge), sia, in ogni caso, necessaria l’autorizzazione a posteriori.
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