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21.03.2014 - tributi

IMPIANTI FOTOVOLTAICI – TRATTAMENTO AI FINI FISCALE E CATASTALE

(Agenzia delle Entrate – C.M. 36/E/2013)

Gli impianti fotovoltaici, quando destinati alla produzione di energia elettrica per la vendita, sono beni immobili e devono essere qualificati sulla base della loro rilevanza catastale, mentre quando sono di modesta entità, ossia destinati al consumo “domestico”, devono essere considerati beni mobili.
Questo uno dei principali chiarimenti, fornititi dall’Agenzia delle Entrate nella C.M. 36/E del 19 dicembre 2013 che fa il punto sul regime fiscale degli impianti fotovoltaici, fissandone i criteri per una corretta qualificazione, quali beni mobili o immobili, e sul conseguente trattamento in termini di imposte dirette, IVA e registro.

1. Impianti fotovoltaici – Beni immobili
Con la C.M. 36/E/2013, l’Agenzia delle Entrate ha modificato il proprio orientamento circa la corretta qualificazione fiscale degli impianti fotovoltaici quali beni immobili, vincolando tale classificazione alla loro rilevanza catastale.
A tal riguardo, l’Agenzia delle Entrate, in linea generale, era orientata a considerare l’impianto fotovoltaico bene immobile solo quando non era possibile separare il bene mobile dall’immobile (terreno o fabbricato) “senza alterare la funzionalità dello stesso” o quando, per riutilizzare il bene mobile in un altro contesto si sarebbero dovuti effettuare “antieconomici interventi di adattamento”[1].
In merito, con la presente C.M. 36/E/2013, l’Agenzia ha superato tale impostazione a favore di un principio di qualificazione fiscale dell’impianto fotovoltaico, quale bene immobile, incentrato sull’esclusiva rilevanza catastale del medesimo.
In particolare, nella medesima Circolare, viene chiarito che gli impianti fotovoltaici si considerano beni immobili quando devono essere dichiarati in catasto, indipendentemente dalla categoria attribuita alle unità immobiliari di cui fanno parte.
Sul punto, si ricorda che, secondo i principi generali della normativa di riferimento, l’obbligo di accatastamento sussiste tutte le volte in cui “l’unità immobiliare” ha una autonoma suscettibilità reddituale, ossia quando tali beni hanno “la capacità ordinaria di produrre un reddito temporalmente rilevante”[2].
A tal riguardo, l’Agenzia delle Entrate chiarisce che i suddetti criteri trovano applicazione anche con riferimento agli impianti fotovoltaici, in quanto ciò che rileva è il fatto che il montaggio di un impianto determina una costante capacità reddituale e quindi si viene a creare un’entità che ben rientra nel concetto di “unità immobiliare” catastalmente rilevante.
Pertanto, secondo la C.M. 36/E/2013, gli impianti fotovoltaici (cd. “impianti a terra”) si considerano immobili e vanno accatastati come unità immobiliare a sé:
■ quando costituiscono una centrale di produzione di energia elettrica, ossia nella categoria catastale D/1 (“opifici”);
■ quando si tratta di un impianto realizzato su fondi agricoli, che abbia i requisiti di ruralità[3], va accatastato nella categoria catastale D/10.
Inoltre, l’Agenzia chiarisce che si considerano beni immobili anche gli impianti posizionati sulle pareti o sul tetto di un fabbricato, oppure realizzati su aree di pertinenza dello stesso, quando sussiste l’obbligo della dichiarazione catastale, ossia tutte le volte in cui gli impianti incrementano il valore capitale dell’immobile (o la redditività ordinaria), in misura pari o superiore al 15%.
In sostanza, tutte le volte in cui gli impianti sono “collegati” ad un immobile (ossia quando sono installati su pertinenze o su tetti e pareti) non sussiste l’obbligo di accatastarli autonomamente, ma viene aumentata la rendita catastale dell’immobile principale, senza mutarne la classificazione.

1.1 Operazioni relative agli impianti
fotovoltaici – beni immobili
L’Agenzia delle Entrate, con la C.M. 36/E del 19 dicembre 2013, fa il punto, altresì, sul trattamento delle imposte indirette da applicare ai trasferimenti e alle realizzazioni di impianti fotovoltaici considerati beni immobili.

1.1.1 Cessione di impianti – regime IVA e registro
Con riferimento alle cessioni di impianti fotovoltaici (classificati nella categoria catastale D/1 o D/10), la Circolare precisa che, trattandosi di immobili strumentali per natura, il regime da applicare sarà quello dell’art. 10, co. 1, n. 8-ter) del D.P.R. 633/1972[4], ossia un generale regime di esenzione da IVA[5], ad eccezione delle specifiche ipotesi, di seguito indicate, per le quali la cessione è assoggettata ad IVA in via obbligatoria, oppure su specifica opzione del cedente, da manifestare nell’atto di vendita.

IVA obbligatoria
– per le cessioni di impianti effettuate da imprese costruttrici[6], entro 5 anni dall’ultimazione dei lavori.
IVA su opzione(da manifestare al momento del rogito)
– per le cessioni poste in essere da qualunque soggetto IVA diverso dall’impresa costruttrice;
– per le cessioni effettuate da imprese costruttrici, dopo 5 anni dall’ultimazione dei lavori di costruzione o ristrutturazione.
A tal riguardo, nell’ipotesi in cui il cedente, alla stipula dell’atto di trasferimento, eserciti l’opzione per l’imponibilità ad IVA si applica il meccanismo del “reverse charge” (ai sensi dell’art. 17, co. 6, lett. a-bis del D.P.R. 633/1972).
Per quanto riguarda, invece, l’aliquota IVA applicabile alle cessioni di impianti fotovoltaici, l’Agenzia ha chiarito che si applica l’aliquota ridotta del 10% ai sensi del n. 127-quinquies) della Tabella A, Parte Terza, allegata al D.P.R. 633/1972.
In particolare, viene specificato che l’aliquota ridotta al 10% si applica all’acquisto o alla realizzazione di impianti di produzione di energia elettrica da fonte solare-fotovoltaica, ossia “gli impianti in grado di produrre e fornire elettricità di potenza tale da poter essere utilizzata o immessa nella rete di distribuzione e che, a questo scopo, contengano quei componenti necessari individuati nella norma CEI 82-25”.
La C.M. 36/E/2013 chiarisce che, alle suddette cessioni di impianti “strumentali” si applicano, oltre all’IVA al 10% anche l’imposta di Registro, ipotecaria e catastale.
In particolare, viene chiarito che:
■ se la cessione è soggetta a IVA (sia in regime di imponibilità che di esenzione), l’imposta di registro si applica nella misura fissa[7] pari a 200 euro, mentre le imposte ipotecaria e catastale sono dovute, rispettivamente, nella misura del 3% e 1%;
■ se l’operazione non è soggetta ad IVA (come nel caso in cui il cedente sia un privato), l’imposta di registro si applica in misura proporzionale, con la nuova aliquota del 9% (con un minimo di 1.000 euro), mentre le imposte ipocatecaria e catastale si applicano nella misura fissa di 50 euro ciascuna.
Inoltre, la C.M. 36/E/2013 precisa, altresì, che per le cessioni di impianti che costituiscono pertinenza di unità immobiliari (ai sensi dell’art. 817 del c.c.), il regime IVA da applicare sarà quello dettato per le cessioni dei fabbricati cui accedono (abitazione o immobile strumentale).

1.1.2 Costruzione di impianti
L’Agenzia delle Entrate, nella C.M. 36/E, chiarisce il regime IVA applicabile alle prestazioni di servizi dipendenti da contratto di appalto per la costruzione degli impianti fotovoltaici.
In particolare, viene confermata l’applicabilità dell’aliquota IVA ridotta del 10%, ai sensi del n. 127-septies, della Tabella A, Parte Terza, allegata al D.P.R. 633/1972.
Con riferimento alle ipotesi in cui le prestazioni di servizi, relative all’installazione dell’impianto fotovoltaico, sono rese nell’ambito del subappalto, la C.M. 36/E/2013 precisa che per queste si applica il meccanismo dell’inversione contabile, a condizione che:
■ esistano un appaltatore e un subappaltatore;
■ entrambi i soggetti svolgano un’attività edile[8];
■ oggetto del contratto sia una prestazione di servizi, ossia l’installazione presso il cliente dell’impianto fotovoltaico richiesto.

2. impianti fotovoltaici – Beni mobili
L’Agenzia delle Entrate, nella C.M. 6/E/2013, chiarisce che si considerano beni mobili gli impianti fotovoltaici di “piccola entità” che non hanno una propria rilevanza reddituale, ossia quelli che non superano determinati livelli in termini di potenza e dimensioni (si tratta, generalmente, di impianti destinati ad uso domestico).
A tal riguardo, si registra un cambio di rotta da parte dell’Agenzia delle Entrate rispetto alle precedenti pronunce che, invece, tendevano a considerare gli impianti fotovoltaici beni mobili solo sulla base del requisito della “facile amovibilità”, ossia quando tali impianti potevano essere asportati e re-installati in un altro sito senza alterarne la loro natura o quando tale spostamento non fosse particolarmente oneroso.
Tuttavia, stante le numerose incertezze generate da tale approccio interpretativo, l’Agenzia ha deciso di superare il criterio dell’”amovibilità” dell’impianto, ancorando, invece, la qualifica di “bene mobile” di un impianto al rispetto di specifici requisiti.
In merito, la C.M. 36/E/2013 precisa che gli impianti fotovoltaici sono da considerare beni mobili quando soddisfano uno dei seguenti requisiti:
■ la potenza nominale dell’impianto fotovoltaico non è superiore a 3 chilowatt;
■ la potenza nominale complessiva espressa in chilowatt non è superiore a tre volte il numero delle unità immobiliari servite;
■ per installazioni poste a terra hanno un ingombro non superiore a 150 metri cubi (la superficie si considera anche quella degli spazi liberi e l’altezza si assume in base all’asse orizzontale medio).
In tale ipotesi, trattandosi di beni mobili che non hanno una propria autonoma rilevanza reddituale, non si rende necessaria né la dichiarazione di variazione catastale, né il singolo accatastamento.

2.1 Operazioni relative agli impianti
fotovoltaici – beni mobili
L’Agenzia delle Entrate, fa il punto anche sul regime delle imposte indirette da applicare alle operazioni relative agli impianti fotovoltaici qualificabili come beni mobili.
A tal riguardo, la cessione o la costruzione di impianti fotovoltaici, qualificabili come beni mobili, posta in essere da soggetti IVA, costituisce operazione imponibile da assoggettare all’imposta sul valore aggiunto.
In tale ipotesi, la C.M. 36/E/2013 chiarisce l’applicabilità dell’aliquota IVA ridotta del 10%, ai sensi del n. 127-quinquies e 127-septies.
Infine, con riferimento alle cessioni di impianti fotovoltaici qualificati come beni mobili, l’Agenzia chiarisce che, ai fini delle imposte indirette, si applica il seguente regime:
■ se la cessione è soggetta a IVA[9], l’imposta di registro si applica nella misura fissa pari a 200 euro;
■ se la cessione non è soggetta ad IVA (come nel caso in cui il cedente sia un soggetto privato), l’imposta di registro si applica in misura pari al 3%[10].
Note:
[1] In tal senso, si ricorda, da ultimo, la C.M. 23 giugno 2010 n. 38/E – Cfr. anche R.M. 3/2008 dell’Agenzia del Territorio.
[2] Ai sensi dell’art. 40 del D.P.R. n. 1142 del 1949, successivamente aggiornato dagli art. 2 e 3 del D.M. n. 28 del 1998.
[3] In estrema sintesi, i suddetti requisiti riguardano:
– l’esistenza dell’azienda agricola, ossia la presenza di terreni e fabbricati che congiuntamente siano, di fatto, correlati alla produzione agricola;
– la sussistenza dei requisiti oggettivi richiamati ai punti 1 e 2 del paragrafo 4 della C.M. 32/E/2009.
[4] In particolare, l’art. 10, co.1, nn. 8, 8bis e 8ter, del D.P.R. 633/1972 è stato modificato in primis dall’art.57, co.1, lett.a) del D.L. 1/2012 convertito, con modificazioni dalla legge 27/2012 e, da ultimo, definitivamente sostituito dall’art. 9, co.1, lett.a) del D.L 83/2012 convertito, con modificazioni dalla legge 134/2012.
[5] Cfr. C.M. 22/E del 28 giugno 2013”.
[6] Ai fini di un corretto inquadramento delle citate disposizioni, si ricorda la nozione di “impresa costruttrice”, così come ribadita dalla Circolare dell’Agenzia delle Entrate n.27/E del 4 agosto 2006. In particolare, sono considerate “imprese costruttrici”:
– le imprese che realizzano direttamente i fabbricati con organizzazione e mezzi propri;
– le imprese che si avvalgono di imprese terze per l’esecuzione dei lavori.
[7] La misura dell’imposta di registro in misura fissa è passata da 168 euro a 200 euro dal 1° gennaio 2014 (art.26 del D.L. 104/2013, convertito, con modificazioni, nella legge 2013, n.128.
[8] Tale attività deve essere riconducibile ad una delle attività elencate nella sezione “Costruzioni” della tabella ATECO 2007.
[9] In base al principio di alternatività IVA registro, di cui all’art. 40 del D.P.R. 131/1986 – T.U.R.
[10] A tal riguardo si ricorda che, quando non trova applicazione l’IVA, il contratto di cessione avente ad oggetto il trasferimento di beni mobili deve essere assoggettato a registrazione in termine fisso, con l’applicazione dell’imposta di registro del 3%, ai sensi dell’art. 2 della Tariffa, parte prima, allegata al TUR.

 


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