IL CONSIGLIO DI STATO DEFINISCE I CRITERI PER INDIVIDUARE I CASI DI ESCLUSIONE DALLA GARA
(Consiglio di Stato, Adunanza plenaria, 25 febbraio 2014, n. 9)
Il Consiglio di Stato ha sostanzialmente definito il criterio di applicazione dell’articolo 46, comma 1-bis, del Codice dei contratti, con un parziale ripensamento rispetto alle pronunce delle sezioni che interpretavano in modo scarsamente comprensibile il criterio di tassatività delle cause di esclusione di cui alla norma citata, amplia le cause di esclusione anche alla violazione degli adempimenti (che il bando preveda “a pena di esclusione”), «… anche se di carattere formale, purché conformi ai tassativi casi contemplati dal medesimo comma, nonché dalle altre disposizioni del codice dei contratti pubblici, del regolamento di esecuzione e delle leggi statali»; secondo il massimo organo della G.A. «La nuova disposizione deve essere intesa nel senso che l’esclusione dalla gara è disposta sia nel caso in cui il codice, la legge statale o il regolamento attuativo la comminino espressamente, sia nell’ipotesi in cui impongano “adempimenti doverosi” o introducano, comunque, “norme di divieto” pur senza prevedere espressamente l’esclusione ma sempre nella logica del numerus clausus». Nella motivazione sono individuate quattro ipotesi:
a) legge di gara che esplicitamente recepisce (o rinvia) (al)le disposizioni del codice dei contratti, del regolamento o di altre leggi statali, che prevedono adempimenti doverosi a pena di esclusione; in tal caso la violazione dell’obbligo conduce all’esclusione;
b) legge di gara silente sul punto; in tal caso la portata imperativa delle norme che prevedono tali adempimenti conduce, ai sensi dell’art. 1339 c.c., alla etero integrazione del bando e successivamente, in caso di violazione dell’obbligo, all’esclusione del concorrente;
c) legge di gara che, in violazione del principio di tassatività, introduce cause di esclusione non previste dal codice, dal regolamento attuativo o da altre leggi statali; in tal caso la clausola escludente è nulla, priva di efficacia e dunque disapplicabile da parte della stessa stazione appaltante ovvero da parte del giudice;
d) legge di gara che, in violazione dei precetti inderogabili stabiliti a pena di esclusione dal codice, dal regolamento attuativo o da altre leggi statali, espressamente si pone in contrasto con essi ovvero detta una disciplina incompatibile; in tal caso occorre una impugnativa diretta della clausola invalida per potere dedurre utilmente l’esclusione dell’impresa che non abbia effettuato il relativo adempimento.
Per l’interprete non è facilissimo cogliere la distinzione tra le ipotesi sub. c) e sub. d), che assume rilievo anche in ragione della diversa incidenza sul regime dei termini di impugnazione e sui meccanismi di rilievo di tale radicale forma di invalidità, atteso che la domanda di nullità si propone nel termine di decadenza di 180 giorni e la nullità può sempre essere eccepita dalla parte resistente ovvero rilevata dal giudice d’ufficio.
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