A FRONTE DI UN RITARDO NELL’EMISSIONE DI ATTO AMMINISTRATIVO PUBBLICO E’ POSSIBILE RICHIEDERE UN’INDENNIZO DI 30 EURO GIORNALIERE FINO A 2 MILA EURO
È stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n.144 del 21 giugno 2013, supplemento ordinario n.50/L, il Decreto Legge n. 69 del 2013 (c.d. decreto “del Fare”) recante “Disposizioni urgenti per il rilancio dell’economia”.
Quanto disposto dal provvedimento è in vigore dal giorno successivo a quello di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, e perciò dal 22 giugno 2013, e dovrà essere convertito in legge dal Parlamento entro il 22 agosto 2013.
Interessante è quanto previsto in merito ai ritardi della Pubblica Amministrazione nel rilasciare documenti o atti amministrativi dovuti. Questo è il contenuto innovativo dell’articolo 28 del decreto legge, in tema di indennizzi nella conclusione del procedimento.
Tutti coloro i quali entrano in contatto con una pubblica amministrazione, attivando un procedimento, possono contare su un indennizzo in caso di ritardo. Si tratta di una sorta di ticket quantificato in modo forfetario (30 euro per ogni giorno di ritardo fino a 2mila euro per procedimento), che non esclude il risarcimento di altri tipi di danni (patrimoniali, biologici e morali).
Gli interessati
A prima lettura sembra che l’indennizzo spetti a tutti coloro i quali colloquiano con uffici pubblici in veste imprenditoriale. Per tutti gli altri cittadini, dagli studenti alle casalinghe, l’indennizzo è rinviato di almeno 18 mesi. Le amministrazioni cui si può chiedere l’indennizzo da ritardo sono quelle centrali e locali, compresi i soggetti privati preposti all’esercizio di attività amministrative (concessionari, società pubbliche), e inclusi gli “organismi di diritto pubblico” e quelli che l’Istat ha codificato come soggetti pubblici.
I casi di esclusione
Nulla spetta nei casi in cui l’inerzia dell’amministrazione ha già di per se un significato, attribuitogli dalla legge. Ad esempio, in materia di accesso ai documenti, il 31° giorno dall’istanza di rilascio di una copia già esprime un diniego all’interessato. Non generano indennizzo i comportamenti taciti qualificati (dalla legge) come “diniego”, cioè quelli che l’interessato può immediatamente percepire come un ostacolo alla propria richiesta. Se, infatti, l’interessato può desumere già dal silenzio la volontà dell’amministrazione a lui sfavorevole, non vi è motivo per accordare un indennizzo.
L’indennizzo percò spetta per l’incertezza che confonde l’imprenditore interessato, il quale non sa se otterrà il provvedimento. Ad esempio, se l’imprenditore edile chiede un permesso di costruire in area vincolata sotto l’aspetto ambientale (adiacente a un corso d’acqua) già il 30° giorno passato senza notizie mette in grado di capire che l’autorità competente è ostile al progetto (articolo 20, comma 9, Dpr 380/2001, modificato dal decreto del fare del giugno 2013). Oppure si pensi a tutti gli atti che per legge sono legati alla gestione di un appalto pubblico.
Silenzio rigetto e silenzio rifiuto
Il silenzio diniego è simile a un negativo fotografico, perché con un’adeguata lettura se ne può dedurre il contenuto. Il silenzio rifiuto è invece privo di qualsiasi contenuto interpretabile e quindi paralizza l’attività del privato (e perciò genera un indennizzo).
Chi ottiene un silenzio rigetto (che esprime una specifica volontà negativa della Pa) può contestare l’opinione dell’ente pubblico, dimostrando di avere tutti i presupposti per ottenere il provvedimento favorevole. Chi è destinatario di un silenzio rifiuto (privo di significato) ha meno spazi e può solo chiedere al giudice amministrativo (entro un anno) l’accertamento dell’obbligo di provvedere e la verifica della fondatezza della sua pretesa (articoli 31 e 117 Dlgs 104/2010). Pochi mesi fa, la legge anticorruzione (articolo 38, legge 190/2012) sembrava aver obbligato la Paad esprimersi sempre in modo chiaro, non trincerandosi dietro un silenzio, con la minaccia di un potere sostitutivo del superiore gerarchico. Evidentemente, questo passo in avanti è stato ritenuto eccessivo, e con il pagamento di 30 euro al giorno l’amministrazione riconquista il potere di non esprimersi nei tempi di legge. Il paradosso è ancor più evidente in quanto è la stessa amministrazione ad essersi data i tempi del procedimento, attraverso un’analisi delle strutture organizzative (Dpcm 21 marzo 2013 n. 58).
Questo il testo della norma
Decreto Legge n. 69 del 2013 (Gazzetta Ufficiale n.144 del 21 giugno 2013)
Art. 28. Indennizzo da ritardo nella conclusione dei procedimento
[1] La pubblica amministrazione procedente o quella responsabile del ritardo e i soggetti di cui all’art. 1, comma 1-ter, della legge 7-8-1990, n. 241 , in caso di inosservanza del termine di conclusione del procedimento amministrativo iniziato ad istanza di parte, per il quale sussiste l’obbligo di pronunziarsi, con esclusione delle ipotesi di silenzio qualificato e dei concorsi pubblici, corrispondono all’interessato, a titolo di indennizzo per il mero ritardo, una somma pari a 30 euro per ogni giorno di ritardo con decorrenza dalla data di scadenza del termine del procedimento, comunque complessivamente non superiore a 2.000 curo.
[2] Al fine di ottenere l’indennizzo, l’istante è tenuto ad azionare il potere sostitutivo previsto dall’art. 2, comma 9-bis, della legge n. 241 del 1990 nel termine decadenziale di sette giorni dalla scadenza del termine di conclusione del procedimento. I soggetti di cui all’art. 1, comma 1-ter, della medesima legge individuano a tal fine il responsabile del potere sostitutivo.
[3] Nel caso in cui anche il titolare del potere sostitutivo non emani il provvedimento nel termine o non liquidi l’indennizzo maturato a tale data, l’istante può proporre ricorso ai sensi dell’art. 117 del codice del processo amministrativo di cui all’Allegato l al decreto legislativo 2-7-2010, n. 104 , e successive modificazioni, oppure, ricorrendone i presupposti, dell’art. 118 stesso codice.
[4] Nel giudizio di cui all’art. 117, può proporsi, congiuntamente al ricorso avverso il silenzio, domanda per ottenere l’indennizzo. In tal caso, anche tale domanda è trattata con rito camerale e decisa con sentenza in forma semplificata.
[5] Nei ricorsi di cui al terzo comma, il contributo unificato è ridotto alla metà e confluisce nel capitolo di cui all’art. 37, decimo comma, secondo periodo del decreto legge 6-7-2011, n. 98 convertito dalla legge 15-7-2011, n. 111 .
[6] Se il ricorso è dichiarato inammissibile o è respinto in relazione all’inammissibilità o alla manifesta infondatezza dell’istanza che ha dato avvio al procedimento, il giudice, con pronuncia immediatamente esecutiva, condanna il ricorrente a pagare in favore del resistente una somma da due volte a quattro volte il contributo unificato.
[7] La pronuncia di condanna a carico dell’amministrazione è comunicata, a cura della Segreteria del giudice che l’ha pronunciata, alla Corte dei conti al fine del controllo di gestione sulla pubblica amministrazione, al Procuratore regionale della Corte dei Conti per le valutazioni di competenza, nonché al titolare dell’azione disciplinare verso i dipendenti pubblici interessati dal procedimento amministrativo.
[8] Nella comunicazione di avvio del procedimento e nelle informazioni sul procedimento pubblicate ai sensi dell’art. 35 del decreto legislativo 14-3-2013, n. 33 , è fatta menzione del diritto all’indennizzo, nonché delle modalità e dei termini per conseguirlo ed è altresì indicato il soggetto cui è attribuito il potere sostitutivo e i termini a questo assegnati per la conclusione del procedimento.
[9] All’art. 2-bis della legge 7-8-1990, n. 241 , dopo il primo comma è aggiunto il seguente:
“[2] Fatto salvo quanto previsto dal comma l e ad esclusione delle ipotesi di silenzio qualificato e dei concorsi pubblici, in caso di inosservanza del termine di conclusione del procedimento ad istanza di parte, per il quale sussiste l’obbligo di pronunziarsi, l’istante ha diritto di ottenere un indennizzo per il mero ritardo alle condizioni e con le modalità stabilite dalla legge o, sulla base della legge, da un regolamento emanato ai sensi dell’art. 17, secondo comma, della legge 23-8-1988, n. 400 . In tal caso le somme corrisposte o da corrispondere a titolo di indennizzo sono detratte dal risarcimento”.
[10] Le disposizioni del presente articolo si applicano, in via sperimentale e dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, ai procedimenti amministrativi relativi all’avvio e all’esercizio dell’attività di impresa iniziati successivamente al detta data di entrata in vigore.
[11] Gli oneri derivanti dall’applicazione del presente articolo restano a carico degli stanziamenti ordinari di bilancio di ciascuna amministrazione interessata.
[12] Decorsi diciotto mesi dall’entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto e sulla base del monitoraggio relativo alla sua applicazione, con regolamento emanato ai sensi dell’art. 17, secondo comma, della legge 23-8-1988, n. 400 , su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sentita la conferenza unificata, sono stabilite la conferma, la rimodulazione, anche con riguardo ai procedimenti amministrativi esclusi, o la cessazione delle disposizioni del presente articolo, nonché eventualmente il termine a decorrere dal quale le disposizioni ivi contenute sono applicate, anche gradualmente, ai procedimenti amministrativi diversi da quelli individuati al decimo comma.
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