29.05.2008 - urbanistica

LEGGE 12/2005 – ANALISI E COMMENTO DELLE ULTIME MODIFICHE ALLA LEGGE REGIONALE PER IL GOVERNO DEL TERRITORIO

LEGGE 12/2005 – ANALISI E COMMENTO DELLE ULTIME MODIFICHE ALLA LEGGE REGIONALE PER IL GOVERNO DEL TERRITORIO
    
Sul 1° Supplemento Straordinario del Bollettino Ufficiale della Regione Lombardia n. 12 del 17 marzo 2008 è stata pubblicata la Legge Regionale 14 marzo 2008, n. 4 recante “Ulteriori modifiche ed integrazioni alla L.R .11 marzo 2005, n. 12 – Legge per il governo del territorio”.
Si riporta di seguito una analisi predisposta da Ance Lombardia relativa alle modifiche apportate alla disciplina urbanistica lombarda e che risultano di particolare interesse per  il settore delle costruzioni. Il commento viene proposto in carattere corsivo.
Si ricorda che sul sito internet del Collegio (www.ancebrescia.it) nella sezione “Urbanistica”  è già disponibile il testo coordinato della legge regionale n.12/2005, come pubblicata sul Burl.

Legge 12/2005 – Analisi e commento

Articolo 1 – Oggetto e criteri ispiratori
L’articolo 1 viene integrato del comma 3bis, rispetto al quale la Regione, in collaborazione con le Province e gli altri enti locali promuove, attraverso gli strumenti di pianificazione, il recupero e la riqualificazione delle aree dismesse.
Il nuovo comma persegue l’obiettivo di dare maggior forza alle istanze del recupero e della riqualificazione delle aree degradate e dismesse, istanze che la Regione Lombardia sta fortemente portando avanti anche attraverso il piano territoriale regionale, recentemente adottato dalla Giunta regionale. Il comma specifica che, per il raggiungimento dell’obiettivo, è necessaria anche la collaborazione delle province e degli enti locali.

Articolo 2 – Correlazione tra gli strumenti di pianificazione territoriale
Con un’integrazione al comma 4 dell’articolo 2, viene esplicitata la natura di strumenti di coordinamento, oltre a quelle di orientamento e di indirizzo già previste dalla lettera della norma, del Piano territoriale regionale e del Piano territoriale di coordinamento provinciale.
L’integrazione di questo comma risponde alla volontà di maggiore specificazione che nasce dall’esigenza di riconoscere tali piani non solo come strumenti d’inquadramento delle politiche di sviluppo territoriale, ma anche come elementi di raccordo, ai fini attuativi, delle strategie di governo del territorio degli enti interessati.
Articolo 3 – Strumenti per il coordinamento e l’integrazione delle informazioni
Nell’ottica della ricerca di una sempre maggiore trasparenza e accessibilità alla documentazione della Pubblica Amministrazione, nel nuovo comma 4 dell’articolo 3 si precisa, rispetto alla formulazione originale, che i dati raccolti dal sistema informativo territoriale di Regione Lombardia saranno messi liberamente a disposizione del pubblico e saranno consultabili tramite apposito sito web a cura della Giunta.

Articolo 5 – Osservatorio permanente della programmazione territoriale
In base al nuovo testo dell’articolo 5, l’Osservatorio permanente della programmazione territoriale, preposto al monitoraggio delle dinamiche territoriali e degli effetti determinati dall’implementazione delle strategie di pianificazione e governo del territorio, sostituisce la precedente Autorità per la programmazione territoriale. L’Osservatorio, al quale partecipano anche rappresentanti degli enti locali, viene costituito dal Consiglio regionale, su proposta della Giunta, presso la Direzione generale competente.
L’attività dell’Osservatorio si esplica nella redazione di una relazione annuale, trasmessa al Consiglio e alla Giunta regionale, sull’applicazione delle norme in materia di governo del territorio. Rispetto ai compiti assegnati in precedenza all’Autorità per la programmazione territoriale, all’Osservatorio non spetta più la determinazione dei criteri, dei modi e dei tempi per la redazione dei Pgt per i comuni con meno di 15mila abitanti (rimettendola integralmente alla Giunta regionale, ai sensi dell’articolo 7), né l’esercizio del ruolo di composizione di eventuali conflitti tra i diversi livelli di pianificazione.
La modifica apportata comporta, in buona sostanza, la perdita di due importanti funzioni quali la determinazione dei criteri, dei modi e dei tempi per la redazione dei Pgt per i comuni con meno di 15mila abitanti e l’esercizio del ruolo di composizione di eventuali conflitti tra i diversi livelli di pianificazione di competenza dell’Autorità secondo la previgente l.r. 12/2005. L’abbandono di un organo di supporto più strutturato, ma meno agile, in favore di uno più operativo, ma con funzioni meno cogenti è l’assunto alla base del passaggio da Autorità ad Osservatorio.

Articolo 7 – Piano di governo del territorio
All’articolo 7 è stato sostituito il comma 3, in base al quale i comuni con popolazione compresa tra i 2.001 e i 15.000 abitanti potranno usufruire, con riferimento ai diversi contesti territoriali e socioeconomici, di una versione semplificata, in termini di contenuti, dei Pgt.
A seguito dell’introduzione del nuovo articolo 10bis, recante misure di semplificazione per la redazione dei Piani di governo del territorio a favore dei comuni con popolazione inferiore a 2.000 abitanti, la nuova versione del comma 3 prevede che la Giunta regionale, acquisito il parere della Commissione consiliare competente, deliberi successivamente sui contenuti del Piano di governo del territorio per i soli comuni con popolazione compresa tra 2.001 e 15.000 abitanti (si tratta di circa 800 comuni in Lombardia). In altri termini: definiti i contenuti standard per i comuni al di sopra dei 15.000 abitanti e quelli semplificati per i piccoli comuni (quelli, cioè, con popolazione al di sotto dei 2.000 abitanti), si rimanda ad un successivo provvedimento regionale la definizione di eventuali misure di semplificazione per i comuni compresi tra 2.001 e 15.000 abitanti, fatta salva la loro facoltà di avvalersi della disciplina ordinaria prevista per i comuni più grandi. È opportuno che la redazione di tale provvedimento, da parte della Giunta, non determini un potenziale snaturamento del Pgt.

Articolo 8 – Documento di piano
Al comma 1 dell’articolo 8, è prevista un’integrazione di marginale rilevanza: accanto ai grandi sistemi territoriali, alle reti infrastrutturali, agli elementi invarianti dal punto di vista insediativo, storico-culturale e naturalistico-paesaggistico, vengono inseriti, nell’ambito del quadro conoscitivo del territorio comunale, i tracciati e le fasce di rispetto degli elettrodotti.
Una seconda aggiunta – non sostanziale – si evince dalla modificata lettera b) del comma 2, dove si dice che, in relazione alla definizione degli obiettivi quantitativi di sviluppo complessivo del Pgt, il Documento di piano tiene conto, oltre che degli aspetti della riqualificazione del territorio, della minimizzazione del consumo del suolo in coerenza con l’utilizzazione ottimale delle risorse territoriali, della definizione dell’assetto viabilistico e della mobilità, nonché della possibilità di utilizzazione e miglioramento dei servizi pubblici e di interesse pubblico o generale, anche a livello sovracomunale, anche (dell’utilizzazione ottimale) delle risorse ambientali ed energetiche.
La modifica alla lettera e) del comma 2 affida al Documento di piano la definizione degli indici urbanistici “in linea di massima”, le vocazioni funzionali (le destinazioni d’uso compatibili con gli obiettivi di cui sopra) e i criteri di negoziazione degli ambiti di trasformazione (realizzazione di standard qualitativi, reperimento di spazi da destinare ad uso pubblico…).
La nuova disposizione di cui alla lettera e-bis del comma 2 assegna al Documento di piano il compito di individuare le aree degradate o dismesse, determinando le finalità del recupero e le modalità d’intervento, in coerenza con gli obiettivi di riqualificazione urbana ed ambientale.
La lettera e-ter del comma 2 stabilisce che il Documento di piano, d’intesa con i comuni limitrofi, possa individuare le aree nelle quali il Piano dei servizi prevede la localizzazione dei campi di sosta o di transito dei nomadi.
La lettera e-quater, infine, prevede che il Documento di piano individui i principali elementi caratterizzanti il paesaggio ed il territorio, definendo altresì specifici requisiti degli interventi incidenti sul carattere del paesaggio e sui modi in cui questo viene percepito al fine di contenere al minimo le ricadute sull’integrità delle preesistenze.
Le modifiche apportate all’articolo 8 paiono andare nella direzione di uno snaturamento della funzione strategica del Documento di piano che, in base al nuovo testo, sembra ora potere conformare taluni suoli. La previsione che esso definisca gli indici urbanistico-edilizi (a tal proposito, non è chiaro che valore abbia l’inciso “in linea di massima” e a che cosa si riferisca), le vocazioni funzionali e i criteri di negoziazione, ad esempio, pare in contrasto con il terzo comma dello stesso articolo 8, che recita: “Il Documento di piano non contiene previsioni che producano effetti diretti sul regime giuridico dei suoli”.
Come pure la disposizione in base alla quale il Documento di piano individua puntualmente, anche dal punto di vista grafico, gli ambiti caratterizzati da fenomeni di degrado e dismissione e le modalità di intervento a cui assoggettarli.
Infine, va nella stessa direzione la modifica in base alla quale il Documento di piano “individua i principali elementi caratterizzanti il paesaggio ed il territorio, definendo altresì specifici requisiti degli interventi incidenti sul carattere del paesaggio e sui modi in cui questo viene percepito”: si noti che solo gli interventi eseguiti su beni soggetti a vincolo paesaggistico possono essere sottoposti a specifiche discipline di trasformazione. Per le opere ricadenti al di fuori delle aree vincolate i piani possono solo prevedere indirizzi e criteri d’uso facoltativi per i relativi proprietari. In realtà tali funzioni spettano necessariamente al Piano paesaggistico regionale, ai sensi del D.Lgs. 42/2004 (Codice dei beni culturali e del paesaggio), e tenuto conto dell’indicazione dei contenuti minimi del Piano paesaggistico, il Documento di piano dovrebbe avere esclusivo valore strategico. Con tale natura strategica, pertanto, le modifiche introdotte all’articolo 8, non sono del tutto coerenti: il Documento di piano non può assumere una funzione localizzativa, mentre le novità apportante paiono, al contrario, enfatizzare una dimensione attuativa di questo atto.

Articolo 9 – Piano dei servizi
Le modifiche apportate al comma 1 dell’articolo 9 introducono un esplicito riferimento all’obbligo, per i comuni che verranno indicati dalla Giunta regionale sulla base dei fabbisogni insediativi rilevati dal Programma regionale per l’edilizia residenziale pubblica (Prerp), di individuare nel Piano dei servizi aree da assoggettare all’attuazione di interventi di edilizia residenziale pubblica.
Per gli stessi comuni è previsto che tutti gli strumenti attuativi della programmazione negoziata (tra cui certamente i Programmi integrati di intervento) che prevedano destinazioni residenziali, assicurino la realizzazione di quote di edilizia in regime di social housing.
Per quanto riguarda il comma 6, la possibilità di realizzare piani dei servizi di carattere sovracomunale non è più circoscritta ai soli comuni con meno di 20.000 abitanti, ma a tutti i comuni della Lombardia.
Infine, la modifica al comma 15 prevede che la realizzazione di attrezzature pubbliche e di interesse pubblico o generale non contenute in maniera esplicita nel Piano dei servizi non comporti più, come avveniva in precedenza, l’applicazione della procedura di variante allo stesso; è tuttavia richiesta l’autorizzazione da parte del Consiglio comunale.
Il nuovo comma 1bis dell’articolo 9 precisa che l’individuazione di campi di sosta e transito dei nomadi è da prevedersi, nell’ambito del Piano dei servizi, esclusivamente all’interno delle aree già indicate con tale scopo dal Documento di piano.
Le modifiche apportate all’articolo 9 introducono un importante riferimento per quanto riguarda il settore dell’edilizia pubblica. Il concetto di edilizia residenziale pubblica, con riferimento alla previsione del comma 1, viene infatti esplicitamente allargato anche all’ambito dell’edilizia convenzionata: si viene progressivamente affermando un’interpretazione estensiva del concetto di social housing, comprendente, assieme all’edilizia sociale in senso stretto, anche tipologie di intervento come l’edilizia agevolata e quella convenzionata, sia per la vendita che per l’affitto.
Si ricorda che il più recente Prerp (quello relativo al triennio 2007-2009) prevedeva sei gruppi di fabbisogno: basso (872 comuni), in media (561 comuni), in aumento (99 comuni), elevato (6 comuni), critico (7 comuni) e acuto (Milano). La definizione di quelle che saranno le classi di fabbisogno i cui comuni saranno assoggettati alle previsioni di cui al comma 1 dell’articolo 9 è demandata a successiva deliberazione da parte della Giunta.
Per quanto riguarda la disciplina dei campi di sosta e transito dei nomadi, si segnala il riferimento alla nuova lettera e ter) del precedente articolo 8, comma 2, la quale prevede la possibilità che gli ambiti per la localizzazione degli stessi, previo accordo con i comuni limitrofi, siano individuati nel Documento di piano. Si ricorda, a questo proposito, che su questo tema la l.r. 4/2008 ha provveduto ad abrogare l’articolo 3 della l.r. 77/1989 per la tutela delle etnie nomadi e seminomadi (articolo 104, comma 1, nuova lettera q bis).
Articolo 10 – Piano delle regole
Il comma 2 dell’articolo 10 prevede che il Piano delle regole individui, nell’ambito del tessuto urbano consolidato, i “nuclei di antica formazione” e i beni sottoposti a tutela ai sensi del Codice dei beni culturali e del paesaggio (D.Lgs. 42/2004): per tali ambiti si indica, in aggiunta ai parametri da rispettare in caso di nuova edificazione o sostituzione già previsti nella formulazione previgente del comma 3, la “mitigazione delle infrastrutture della viabilità con elementi vegetali tipici locali”.
Questa disposizione risponde all’esigenza di un inserimento più compatibile con il contesto insediativo consolidato, di nuove infrastrutture per la mobilità, sfruttando le proprietà fonoassorbenti, estetiche e di schermo dall’inquinamento delle essenze arboree piantumate.

Articolo 10bis – Disposizioni speciali per i comuni con popolazione inferiore o pari a 2.000 abitanti
Il nuovo articolo 10bis delinea per i comuni fino a 2.000 abitanti (che si compone di 9 commi) un nuovo apparato pianificatorio, che dovrebbe introdurre misure di semplificazione dello strumento di governo del territorio per i piccoli comuni della Lombardia (circa 650).
I tre atti del Piano di governo del territorio (Documento di piano, Piano dei servizi e Piano delle regole), vengono raggruppati in un unico documento le cui previsioni hanno validità a tempo indeterminato: al comma 2 è previsto un aggiornamento con cadenza quinquennale, per l’adeguamento della programmazione attuativa. I commi 3, 4, 5, 7 ed 8 descrivono i contenuti che il Pgt semplificato deve sviluppare.
Un elemento di novità riguarda la possibilità di redigere il Piano dei servizi in forma congiunta con altri comuni e condiviso a livello operativo e gestionale. In tal caso, in sede di prima approvazione del Pgt, il Piano dei servizi può fare riferimento ai soli aspetti comunali, rinviando a eventuale successiva variante gli adeguamenti derivanti dal piano sovracomunale.
Dalla lettura del nuovo articolo emerge una non sostanziale differenza con quanto previsto per il Pgt in forma ordinaria, in quanto gli elementi che devono essere contenuti nel documento sono numerosi e comunque suddivisi secondo i tre capitoli; per certi aspetti sembra venga riproposto lo strumento del Prg.

Articolo 11 – Compensazione, perequazione ed incentivazione urbanistica
La disposizione inserita nel nuovo comma 2bis dell’articolo 11 introduce la possibilità di utilizzare l’istituto della perequazione urbanistica su scala sovracomunale, sulla base di criteri uniformi applicati ad aree di trasformazione preventivamente individuate a tal fine dal Documento di piano dei comuni interessati. Le aree che i comuni recupereranno mediante le procedure di trasferimento dei diritti edificatori, dovranno essere utilizzate per la realizzazione di servizi pubblici o di interesse pubblico o generale di carattere sovracomunale (inclusi i parchi di interesse sovracomunale), sulla base di quanto previsto all’interno dei Piani dei servizi dei comuni coinvolti nella procedura.
A seguito delle modifiche introdotte al comma 4, la cessione dei diritti edificatori viene regolata mediante un registro pubblico dei trasferimenti, istituito presso ciascun comune.
La modifica del comma 5 introduce un’importante estensione, facoltativa, della disciplina di incentivazione urbanistica; questa consiste in un bonus volumetrico, nella misura non superiore al 15% della volumetria ammessa, a vantaggio delle iniziative di recupero delle aree degradate o dimesse, nonché ai fini della conservazione degli immobili di interesse storico-artistico.
La legge lombarda per il governo del territorio è stata la prima norma regionale a sviluppare ampiamente i concetti di perequazione e compensazione e la l.r. 4/2008 ha proseguito su questa strada, estendendo l’applicazione di tali istituti.
Qualche dubbio nasce, però, da alcune modifiche apportate: nel testo attuale, i diritti edificatori sono solo genericamente “commerciabili”, e non “liberamente commerciabili” come nella versione precedente della norma: sebbene il significato, di fatto, non cambi, ci si chiede il motivo di una tale modifica e se questa possa avere qualche conseguenza nell’autonomia privatistica del trasferimento dei diritti.
Inoltre, la novità del registro dei diritti edificatori e la sua crucialità per il funzionamento della perequazione e della compensazione urbanistica attraverso la commercializzazione delle volumetrie, renderebbero necessario prevedere un coordinamento delle modalità e dei criteri di realizzazione di tali registri ai quali i comuni possano riferirsi (magari con la previsione di criteri di indirizzo generali ed omogenei a livello regionale).
Le prime apprensioni nascono, anzitutto, dalla natura giuridica dei diritti edificatori stessi che, ad oggi, risulta piuttosto controversa.
Tra le varie teorie al riguardo, se ne evidenziano due in particolare. Secondo parte della dottrina, si tratterebbe di “diritti di credito” e l’amministrazione sarebbe il debitore; secondo altra parte della dottrina si tratterebbe di “facoltà di godimento” (diverse dai diritti) legate al diritto di proprietà, che non hanno un’autonomia giuridica e, dunque, non trattandosi di diritti, non potrebbero essere iscritti in un registro.
In ogni caso, senza entrare nel merito della disciplina di questi istituti, che non è stata modificata in maniera sostanziale dalla l.r. 4/2008, va sottolineato il fatto che, secondo la legge lombarda, tanto la perequazione che la compensazione sono istituti facoltativi, rimessi, pertanto, alla discrezionalità delle amministrazioni locali; il che significa che il Piano di governo del territorio potrebbe essere attuato anche senza far ricorso ad essi.

Art. 12 – Piani attuativi comunali
L’integrazione al comma 4 dell’articolo 12 introduce, con riferimento alla presentazione di piani attuativi da parte dei proprietari (riuniti in consorzio) rappresentanti la maggioranza assoluta del valore degli immobili oggetto del piano stesso, una precisazione dei termini (10 giorni) entro i quali il sindaco è tenuto ad attivare la procedura di cui all’articolo 27, comma 5, della Legge 1° agosto 2002, n.166 (Disposizioni in materia di infrastrutture e trasporti). In base a tale norma, il sindaco “diffida i proprietari che non abbiano aderito alla formazione del consorzio ad attuare le indicazioni del predetto piano attuativo sottoscrivendo la convenzione presentata. Decorso infruttuosamente il termine assegnato, il consorzio consegue la piena disponibilità degli immobili ed è abilitato a promuovere l’avvio della procedura espropriativa a proprio favore delle aree e delle costruzioni dei proprietari non aderenti”. Segue l’avvio delle procedure di adozione e di approvazione del piano attuativo, ai sensi dell’articolo 14 della l.r. 12/2005: si precisa, inoltre, che il termine di 90 giorni previsto per l’adozione da parte del Consiglio comunale scatta all’atto della conclusione della procedura di cui alla Legge 166/2002 sopra citata.

Articolo 13 – Approvazione degli atti costituenti il piano di governo del territorio
Il comma 1 dell’articolo 13 è stato integrato della previsione secondo cui i comuni con popolazione superiore a 2.000 abitanti approvano, “in fase di prima approvazione”, i tre atti del Pgt mediante un unico procedimento.
Le modifiche apportate al comma 5 richiedono che il comune, in fase di deposito degli atti presso la segreteria comunale per la raccolta delle osservazioni, trasmetta alla Provincia (o, secondo il comma 5 bis, alla Regione nel caso la Provincia di appartenenza sia sprovvista di Ptcp vigente) non solo il Documento di piano, ma anche il Piano dei servizi e il Piano delle regole.
Il comma 11 viene integrato della parte riguardante la costituzione del sistema informativo territoriale. A tal riguardo tutti i comuni sono tenuti ad inviare in forma telematica e digitale gli atti di Pgt alla Regione per la redazione del Sit.
Secondo il nuovo comma 14bis, i comuni, con deliberazione motivata del Consiglio comunale, possono procedere alla correzione di errori materiali e a rettifiche degli atti di Pgt, non costituenti variante agli stessi.
Posto che la valutazione di compatibilità del Pgt, espressa dalla Provincia (o dalla Regione), rispetto alle previsioni del Ptcp (o del Ptr), rimane circoscritta al solo Documento di piano, preoccupa la prescrizione secondo cui è necessario l’invio anche degli altri due atti, sui quali è probabile che la Provincia vorrà comunque esprimere il proprio parere. Il rischio è che si determini un allungamento dei tempi di approvazione dei Piani e che la provincia esprima valutazioni anche dove queste non le vengano richieste.

Articolo 14 – Approvazione dei piani attuativi e loro varianti. Interventi sostitutivi
Secondo il nuovo comma 4bis, il Piano di governo del territorio può stabilire i casi in cui i piani attuativi e le loro varianti, conformi alle previsioni degli atti di Pgt, sono adottati dalla Giunta comunale e approvati dal Consiglio comunale.
La versione originaria della l.r. 12 per il governo del territorio, approvata nel marzo del 2005, prevedeva che i piani attuativi conformi al piano fossero adottati ed approvati (entro 30 giorni dalla scadenza del termine di presentazione delle osservazioni) da parte della Giunta comunale; successivamente, con la l.r. 12 del luglio 2006, la competenza per l’adozione e l’approvazione (con termini dilatati a 60 giorni dalla scadenza del termine per la presentazione delle osservazioni) è passata al Consiglio comunale. Il nuovo comma 4 bis conferma quest’ultima impostazione, precisando però che il Piano di governo del territorio può prevedere (facoltativamente) i casi in cui piani attuativi conformi al piano possano essere adottati dalla Giunta comunale ed approvati dal Consiglio comunale.
Tale condizione pare, però, sorprendente in quanto lo strumento urbanistico viene ora investito di un ruolo che non riguarda esclusivamente la programmazione del territorio, ma anche la definizione delle ripartizioni dei compiti di Giunta e Consiglio comunale, dando luogo a differenze sostanziali di carattere amministrativo, tra un comune e l’altro, sulle modalità di approvazione dei piani attuativi. Si ritiene invece più corretto dal punto di vista procedurale adottare e approvare i piani attuativi conformi allo strumento urbanistico in Giunta senza il passaggio in Consiglio Comunale; non bisogna dimenticare, infatti, che il Consiglio è l’organo di indirizzo e di controllo politico-amministrativo, mentre è la Giunta ad avere una competenza esecutiva.
Articolo 15 – Contenuti del piano territoriale di coordinamento provinciale
Alle lettere d) ed f) del comma 2 dell’articolo 15 vengono aggiunti – tra i contenuti di carattere programmatorio del Ptcp – riferimenti espliciti agli interventi di inserimento ambientale e paesaggistico delle infrastrutture di trasporto (indicando che devono essere previste adeguate opere di rinverdimento e piantagione) e agli interventi di riqualificazione del sistema del verde locale lungo i corridoi tecnologici di interesse sovracomunale.
La modifica al comma 4 stabilisce che spetta alla Provincia individuare gli ambiti destinati all’attività agricola di interesse strategico. Tale operazione deve avvenire in conformità ai criteri che la Giunta regionale dovrà emanare e con l’obbligo per la Provincia di acquisire le proposte dei Comuni.
Secondo l’integrazione apportata al comma 6, finché non verrà approvato il Ptr, la parte dei Ptcp inerente la tutela del paesaggio dovrà essere approvata o adeguata in coerenza con le previsioni del Piano territoriale paesistico regionale (recentemente integrato e aggiornato con d.g.r. 8/6447del 16 gennaio 2008) e nel rispetto degli specifici criteri deliberati dalla Giunta regionale (d.g.r. 8/6421 del 27 dicembre 2007).
Il nuovo comma 7bis conferisce la possibilità ai Ptcp di prevedere e disciplinare azioni di coordinamento per l’attuazione del Ptcp stesso (anche finalizzate all’attuazione della perequazione territoriale intercomunale); azioni da definire d’intesa con i comuni interessati e che potranno prevedere anche forme di compartecipazione ai proventi derivanti dai contributi di costruzione.
Particolare attenzione merita la modifica occorsa al comma 4 secondo la quale alla Provincia non spetta più l’individuazione delle aree agricole tout court, ma, bensì, l’individuazione degli ambiti destinati all’attività agricola “di interesse strategico”. In attesa del futuro provvedimento della Giunta regionale nel quale verranno fissati i criteri per la loro individuazione, sorgono dubbi in merito alla definizione di attività agricole di interesse strategico. Permane, inoltre, la criticità inerente all’individuazione, a livello provinciale, di aree che, a livello comunale, dovranno essere escluse, ai sensi della disciplina della l.r. 12/2005, dagli ambiti di trasformazione.

Articolo 16 – Conferenza dei comuni, delle comunità montane e degli gestori delle aree regionali protette
Il comma 1 dell’articolo 16 integra con ulteriori dettagli l’ambito di competenza della “conferenza dei comuni, delle comunità montane e degli enti parco”, istituita presso ciascuna provincia: spetta infatti a questo organismo, alla luce della sua funzione consultiva e propositiva per quanto concerne le materie del governo del territorio delegate alle province, definire le modalità operative per la redazione di piani dei servizi intercomunali (si vedano le modifiche all’articolo 9), per il conferimento in forma digitale degli elaborati di piano (articolo 13, comma 11) e per l’ottimizzazione organizzativa per l’acquisizione e la gestione del sistema delle conoscenze e degli indicatori di monitoraggio.

Articolo 17 – Approvazione del piano territoriale di coordinamento provinciale
Il comma 9 dell’articolo 17, così modificato, prevede che il Consiglio provinciale possa approvare il Piano territoriale di coordinamento provinciale solo dopo aver esaminato e deciso in merito alle proposte di controdeduzioni e modifiche pervenute dalla Giunta. Con la modifica apportata, viene meno la richiesta di esaminare anche il parere espresso dalla conferenza dei comuni, delle comunità montane e degli enti parco. La motivazione sta nella volontà politica di volere conferire maggiore autorità all’ente provinciale in fase di approvazione del proprio Ptcp.
La modifica al comma 10 stabilisce che, ai fini della realizzazione del sistema informativo territoriale anche la provincia, così come previsto per i comuni all’articolo 3, è tenuta a trasmettere in formato digitale, alla Regione, gli elaborati del Ptcp, già pubblicati sul Bollettino ufficiale della Regione.

Articolo 19 – Oggetto e contenuti del piano territoriale regionale
L’integrazione apportata al comma 2, lettera a), punto 2 dell’articolo 19 precisa che il Piano territoriale regionale, nell’indicazione del quadro delle iniziative inerenti alla realizzazione delle infrastrutture e delle opere pubbliche di interesse regionale e nazionale, pone attenzione al loro inserimento nel paesaggio e nel territorio rurale e forestale.
Diversamente, l’integrazione di cui al comma 2, lettera c), punto 1 attiene all’individuazione, tra gli strumenti del Ptr, di forme di “compensazione energetica”, contestualmente alle modalità di compensazione ambientale per interventi che determinino impatti rilevanti sul territorio (queste ultime erano già presenti nel testo previgente).

Articolo 25 – Norma transitoria
Il nuovo comma 8sexies dell’articolo 25 introduce specifiche previsioni in materia di edilizia sociale per i 14 comuni della Lombardia classificati nell’ambito del Prerp “a fabbisogno acuto, critico ed elevato” (Milano; Bresso, Cesano Boscone, Cinisello Balsamo, Cologno Monzese, Corsico, Cusano Milanino, Sesto San Giovanni; Bergamo, Brescia, Campione d’Italia, Como, Monza e Sirmione), aventi validità fino all’approvazione del Piano di governo del territorio. La norma transitoria, con l’obiettivo di ridurre l’emergenza della casa nei comuni a maggior pressione insediativa attraverso l’aumento dell’offerta di alloggi con finalità sociali (è compresa anche l’edilizia convenzionata), prevede la possibilità di attuare, anche in deroga al piano vigente, alcune tipologie di intervento, come il recupero di edifici esistenti, nel rispetto della volumetria preesistente (fino a un massimo, per gli edifici a destinazione produttiva, di 5.000 mq): sono ammessi però anche interventi di nuova costruzione, nei limiti dell’indice medio di zona per la destinazione residenziale, su aree destinate a servizi. Tale previsione è estesa anche alle aree a servizi localizzate all’interno di piani attuativi e Programmi integrati di intervento previsti dal piano vigente; in ogni caso, dalle aree a servizi sono esplicitamente escluse le aree a verde e parcheggi.
Gli interventi di cui sopra sono subordinati al rilascio del permesso di costruire, una volta verificata, da parte del comune, la compatibilità della destinazione con la specifica localizzazione.
I nuovi commi 8 septies ed 8 octies introducono importanti misure volte a favorire l’inserimento delle infrastrutture di rilevanza regionale e nazionale nei contesti locali: in particolare, il comma 8octies specifica che spetta al consiglio comunale l’individuazione degli edifici le cui destinazioni d’uso siano rese incompatibili a seguito della realizzazione di infrastrutture di trasporto di rilevanza nazionale e regionale (si pensi agli effetti determinati, in un contesto locale, dall’inquinamento acustico legato al passaggio di una ferrovia). Per tali immobili, la deliberazione comunale conterrà la determinazione degli usi ammissibili alla luce delle mutate condizioni di contesto, nonché la previsione di idonee modifiche alla strumentazione urbanistica necessarie per garantirne la funzionalità.
Il comma 8septies della norma transitoria introduce, inoltre, la possibilità che edifici non agricoli, demoliti o non più funzionali all’utilizzo, per motivi di incompatibilità della destinazione d’uso, possano essere ricostruiti, previa deliberazione del consiglio comunale, anche in deroga agli strumenti di pianificazione di livello comunale e senza necessità di preventivo nulla-osta regionale.
La l.r. 4/2008 riconosce nel problema della casa una delle criticità più evidenti a livello regionale, ed individua nella normativa in materia di governo del territorio una delle leve utilizzabili per arginare la cronica carenza di alloggi, soprattutto nelle aree a maggior pressione insediativa, come il capoluogo regionale e il suo hinterland. In una fase storica in cui, a seguito dell’esaurimento del canale di finanziamento ex Gescal, si assiste all’assottigliamento delle risorse pubbliche per il sistema dell’edilizia residenziale pubblica, e nella quale si manifesta una diversificazione del problema abitativo (che si estende oggi a categorie di utenti non in possesso dei requisiti per accedere all’edilizia sociale in senso stretto, ma nel contempo in seria difficoltà sul libero mercato), l’urbanistica può contribuire a rendere praticabile per altre categorie di soggetti attuatori, diverse dagli enti pubblici e dalle Aler, un settore complesso come quello dell’housing sociale.
Al “social housing”, ovvero ad un concetto esteso di edilizia pubblica – comprendente tutto ciò che non è edilizia libera in senso stretto, incluse quindi anche l’agevolata e la convenzionata per la vendita e l’affitto – sembra fare riferimento la l.r. 4/2008, che introduce nella l.r. 12/2005 importanti leve di carattere urbanistico a vantaggio di questo tipo di interventi (si vedano anche i commenti agli articoli 9, 43 e 44). La norma transitoria, in particolare, configura una “procedura accelerata” per l’attuazione di interventi volti a contenere l’emergenza casa proprio in quei comuni caratterizzati dal massimo fabbisogno in termini abitativi a livello regionale, ammettendovi la possibilità di realizzare interventi di social housing su aree a standard e servizi, anche in deroga agli strumenti urbanistici vigenti (fino all’approvazione del nuovo Pgt), subordinati al solo rilascio del permesso di costruire. È comunque opportuno precisare che si tratta di una facoltà posta in capo alle amministrazioni comunali, che è lecito attendersi andrà puntualmente a scontrarsi – a livello politico – con la delicatezza di un tema come quello dell’utilizzo delle aree a standard e servizi a fini edificatori: ciò nonostante siano esplicitamente escluse, per i fini indicati nel presente articolo, le aree adibite a verde e parcheggi.

Articolo 26 – Adeguamento dei piani
Il comma 2 dell’articolo 26 è stato rivisitato eliminando la possibilità, per i comuni con popolazione inferiore a 15.000 abitanti, di deliberare l’avvio di procedimento di adeguamento dei loro Prg a decorrere dall’entrata in vigore della deliberazione di Giunta regionale di cui al modificato comma 3 dell’articolo 7 (inerente la semplificazione dei contenuti del Pgt per i comuni fino a 2.000 abitanti, di cui al nuovo articolo 10bis). Alla luce della modifica in oggetto, tutti i comuni devono avviare il procedimento di redazione dei Pgt entro un anno dalla data di entrata in vigore della l.r.12/2005 (ovvero dal 31 marzo 2005) e procedere alla sua completa approvazione nei tempi stabiliti, ovvero, salvo rimandi, entro il mese di marzo 2009 a pena di sanzioni di carattere amministrativo.
Articolo 28 – Regolamento edilizio
In base alla nuova lettera i ter) del comma 1, il Regolamento edilizio comunale dovrà disciplinare, oltre a quanto già previsto, anche le modalità per il conseguimento della certificazione energetica degli edifici. Altri aspetti di nuova introduzione che il Regolamento edilizio comunale dovrà disciplinare sono, al comma 1, lettera i bis), le modalità di compilazione dei progetti delle opere viabilistiche (e annesse aree verdi e aree di rispetto e sicurezza) e, al comma 1, lettera e), in materia di sicurezza sul lavoro, la vigilanza riguardo all’obbligo di installazione di sistemi fissi di ancoraggio al fine di prevenire le cadute dall’alto.
Le modifiche al primo comma dell’articolo 28 intervengono su molteplici aspetti legati alla disciplina dell’attività edificatoria contenuta nei regolamenti edilizi comunali: risparmio
energetico, progetto della viabilità, sicurezza sul lavoro. La disposizione di cui alla lettera i ter), in particolare, mette in risalto uno degli aspetti più critici rappresentati dalla recente normativa regionale in materia di efficienza energetica degli edifici (d.g.r. 8/5018 del 26 giugno 2007 e successive modifiche): ogni comune potrebbe, infatti, prevedere per il territorio di sua competenza misure dettate da una interpretazione più restrittiva della normativa regionale sopra richiamata.
Per quanto concerne la lettera i bis), si tratta di un intervento del legislatore regionale dettato dalla necessità di dotare ogni comune dei requisiti minimi per i progetti presentati, al fine di addivenire ad un miglioramento qualitativo degli elementi che compongono un’infrastruttura viaria quali aree verdi, svincoli, rotatorie o banchine laterali. Infine, l’integrazione della lettera e) è dettata dalla volontà di prevedere, anche a livello comunale e nell’ambito della vigilanza sull’esecuzione dei lavori, misure in materia di sicurezza.

Articolo 29 – Procedura di approvazione del regolamento edilizio
A differenza della versione previgente, viene qui palesato che, in fase di approvazione del Regolamento edilizio comunale, l’autorità preposta all’espressione del parere sulle norme di carattere igienico-sanitario contenute nel Regolamento è individuata nell’Asl.

Articolo 32 – Sportello unico per l’edilizia
Allo sportello unico per l’edilizia, laddove costituito, è riconosciuta competenza al rilascio dell’attestato relativo alla certificazione energetica.
Nell’ambito della procedura per la certificazione energetica degli edifici questa introduzione, tale modifica è una precisazione in merito alle competenze e agli adempimenti delle amministrazioni comunali.
Articolo 33 – Trasformazioni soggette a permesso di costruire
Ai sensi del nuovo comma 3bis dell’articolo 33, non sono subordinati a permesso di costruire, oltre ai casi già citati nella formulazione previgente della l.r. 12/2005 (commi 2 e 3, articolo 33), gli interventi di realizzazione di bacini idrici per la pesca sportiva, la piscicoltura, l’irrigazione e degli altri bacini idrici assimilabili per morfologia e modalità d’esecuzione. L’autorizzazione per la realizzazione dei bacini idrici di cui sopra – rilasciata dalla Regione ai sensi del comma 3 dell’art. 36 della l.r. 14/1998 (recante “Nuove norme per la disciplina della coltivazione di sostanze minerali di cava”) – è estesa anche all’esecuzione dei relativi scavi.
Le modifiche introdotte, da un lato, puntano ad incentivare la realizzazione di bacini idrici con specifiche finalità, dall’altro, anticipano il momento in cui richiedere l’autorizzazione.

Art. 38 – Procedimento per il rilascio del permesso di costruire
Il nuovo comma 7bis dell’articolo 38 introduce un’importante modifica relativa al procedimento per il rilascio del permesso di costruire quanto alla determinazione degli oneri dovuti. La disposizione prevede che l’ammontare degli oneri sia definito con riferimento alla data di presentazione della richiesta del permesso di costruire, ovvero, nel caso di piani attuativi o di atti di programmazione negoziata con valenza territoriale, al momento della loro approvazione (a condizione che la richiesta del permesso di costruire, ovvero la denuncia di inizio attività siano presentate entro e non oltre trentasei mesi dalla data della approvazione medesima).
La determinazione temporale relativa al calcolo degli oneri chiarisce, dunque, alcuni dubbi interpretativi che anche la prassi giurisprudenziale aveva contribuito ad ingenerare: fino a questa novella, infatti, tale determinazione veniva spesso effettuata con riferimento al momento del rilascio del titolo abilitativo e non, come prevede ora la norma, con riferimento alla presentazione della richiesta del titolo stesso.
L’emendamento risponde, pertanto, ad un’esigenza di certezza: all’atto della presentazione del progetto per la richiesta del titolo abilitativo e nel momento dell’approvazione da parte del Consiglio comunale dello strumento urbanistico (attraverso la dichiarazione irrevocabile di assenso resa dal proponente rispetto alla proposta progettuale, nonché ai contenuti della convenzione di attuazione di tale strumento) si stabiliscono gli aspetti economico-finanziari dell’intervento edilizio, che diventano da quel momento impegnativi per l’operatore privato. Considerato che, generalmente, in Lombardia dalla data di approvazione dello strumento urbanistico trascorrono 6/8 mesi prima della stipula della relativa convenzione e altri 6/8 mesi prima del rilascio del titolo abilitativo, la modifica fissa in termini più equi il rapporto tra pubblico e privato conferendo, in questo modo, maggiore certezza all’investitore. Parte della dottrina ritiene che la disposizione, ispirata da un evidente favor per il privato investitore, sia applicabile non solo dall’entrata in vigore della l.r. 4/2008 (1° aprile 2008), ma anche, trattandosi di norma che incide sul procedimento e onde evitare casi di evidente ingiustizia sostanziale, a tutti i procedimenti attualmente in corso.

Articolo 42 – Disciplina della denuncia di inizio attività
Il nuovo comma 6 dell’articolo 42 introduce una specificazione relativa alla validità del titolo abilitativo disciplinato in questo articolo. A differenza dell’impostazione previgente, i lavori oggetto della Denuncia di inizio attività devono iniziare entro il termine massimo di un anno dalla data di efficacia della denuncia stessa. Rimane invariato il termine di tre anni dall’inizio dei lavori entro cui ultimare l’intervento. Inoltre, l’interessato è tenuto a comunicare immediatamente al comune la data di inizio e di ultimazione dei lavori, secondo le modalità indicate nel Regolamento edilizio.
La determinazione temporale relativa alla disciplina della denuncia di inizio attività contribuisce a fornire chiarezza sui tempi di realizzazione all’Amministrazione pubblica. Un unico dubbio potrebbe nascere dall’utilizzo dell’avverbio “immediatamente” (non tipico nell’articolazione di una norma di legge) di nuova introduzione: potrebbe essere causa di controversie nel caso in cui il comune contesti un’eventuale scarsa solerzia da parte dell’interessato.

Articolo 43 – Contributo di costruzione
Il nuovo comma 2bis dell’articolo 43 introduce l’obbligo, per i comuni, di prevedere una maggiorazione in termini percentuali, oscillante tra l’1,5% e il 5%, dei contributi di costruzione dovuti per gli interventi di nuova costruzione che sottraggano superfici agricole: i proventi di tale maggiorazione saranno da destinare ad interventi di carattere forestale e di recupero della naturalità dei luoghi (quali ad esempio quelli aderenti al programma “10.000 ettari di nuovi boschi e sistemi verdi multifunzionali” promosso dalla Direzione generale Agricoltura della Regione Lombardia). Le modalità per l’applicazione di tale norma saranno definite dalla Giunta con apposito provvedimento.
Il nuovo comma 2ter riguarda, invece, la disciplina dell’housing sociale, rispetto alla quale viene introdotto un importantissimo principio: con riferimento ai servizi abitativi a canone convenzionato (ai sensi della l.r. 14/2007), interventi legati alla locazione per un periodo di almeno trent’anni, a vantaggio di soggetti incapaci di accedere al libero mercato e al sistema dell’edilizia residenziale pubblica, ovvero titolari di esigenze abitative di carattere temporaneo, si prevede infatti l’azzeramento totale del contributo di costruzione, ad esclusione della quota di oneri legata alla realizzazione delle opere di urbanizzazione richieste. Rimane comunque ferma, anche per ciò che concerne quest’ultima quota, la facoltà in capo ai comuni di ridurre al 50% l’ammontare degli oneri di urbanizzazione primaria e secondaria (si veda il commento all’articolo 44, comma 15).
Il comma 2bis introduce per la prima volta, a livello lombardo, un principio di “risarcimento” rispetto ai danni ambientali legate al consumo di suolo, a supporto delle politiche regionali e comunitarie degli ultimi anni che volgono sempre più alla tutela e salvaguardia delle aree agricole in quanto patrimonio paesistico-ambientale da preservare e risorsa economica del territorio. In attesa di indicazioni da parte della Giunta, rimane da chiarire se la previsione, direttamente nell’ambito dell’intervento su suolo agricolo, di misure volte alla riduzione dell’impatto ambientale dello stesso (ad esempio, la realizzazione di un impianto di fitodepurazione, il recupero ecologico di un ambito degradato o la bonifica di un suolo inquinato) possa costituire una voce scomputabile dal costo aggiuntivo dovuto ai sensi di suddetta norma (ovvero se gli “interventi forestali a rilevanza ecologica e di incremento della naturalità” possano essere integrati direttamente nel progetto e scomputati dal contributo dovuto).
Per quanto concerne la seconda modifica, questa va certamente nella direzione di un significativo impegno per le politiche regionali per l’housing sociale, attraverso incentivi di carattere urbanistico come la riduzione degli oneri connessi all’attuazione degli interventi destinati alla realizzazione di alloggi a vantaggio di categorie “deboli” di utenti, unitamente ad altre misure (alcune delle quali costituenti importanti novità della l.r. 4/2008), come aumenti di volumetria e la facoltà di attuare iniziative di questa natura su aree a servizi (si veda, a questo proposito, il commento all’articolo 25).

Articolo 44 – Oneri di urbanizzazione
Al comma 15 dell’articolo 44 viene introdotta la facoltà, per i comuni, di ridurre del 50% il contributo per le opere di urbanizzazione primarie o secondarie per quanto riguarda gli interventi di housing sociale (si citano, infatti, in maniera esplicita l’edilizia residenziale pubblica in senso stretto, ma anche quella agevolata e la convenzionata, evidentemente sia in vendita che in affitto). Tale possibilità di riduzione degli oneri di urbanizzazione, in precedenza, era ammessa esclusivamente con riferimento alla realizzazione di edifici compresi in piani di zona ai sensi della Legge 167/62.

Art. 50 – Poteri regionali di annullamento ed inibizione
La modifica apportata al comma 11 elimina il riferimento all’articolo 40 del Testo unico per l’edilizia (d.P.R. 380/2001) relativo alla “sospensione o demolizione di interventi abusivi da parte della regione”. La disciplina dei poteri regionali di annullamento ed inibizione si applica dal momento in cui il Piano di governo del territorio diviene efficace; fino ad allora trovano applicazione gli articoli 38 (Interventi eseguiti in base a permesso annullato) e 39 (Annullamento del permesso di costruire da parte della regione) del d.P.R. 380/2001, e non più l’articolo 40.

Articolo 51 – Disciplina urbanistica
In base alla nuova versione del comma 1 dell’articolo 51, costituisce destinazione d’uso di un edificio, oltre a quanto già indicato nel testo previgente (“la funzione o il complesso di funzioni ammesse dagli strumenti di pianificazione per l’area o l’edificio”), anche la funzione (o il complesso di funzioni), derivante da provvedimenti definitivi di condono edilizio, purché compatibili con la destinazione principale. È considerata, inoltre, destinazione d’uso complementare, accessoria o compatibile, assieme a quella che integra o rende possibile la destinazione d’uso principale, anche quella prevista dallo strumento urbanistico generale “a titolo di pertinenza o custodia”. È stato, inoltre, aggiunto nell’articolato dell’ultimo periodo del comma 1, l’avverbio “sempre” in riferimento all’ammissibilità del passaggio da una destinazione all’altra (siano esse destinazioni principali, complementari, accessorie o compatibili, come sopra definite): il cambio di destinazione, che risulta pertanto sempre possibile, è comunque tenuto al rispetto dei criteri dell’articolo 51 stesso, e deve confrontarsi con eventuali esclusioni esplicitate nel Piano di governo del territorio.
Il testo dell’articolo così come approvato, oltre a non presentare più la criticità contenuta nel testo originario del progetto di legge di modifica (che mirava a limitare i margini di manovra nelle procedure di cambio di destinazione d’uso), estende il novero delle destinazioni d’uso ammissibili e rafforza la possibilità di passare dall’una all’altra destinazione, subordinandole ad un unico principio: quello della “compatibilità”.

Articolo 52 – Mutamenti di destinazione d’uso con e senza opere edilizie
In base alla nuova versione del comma 2 dell’articolo 52, sono soggetti a preventiva comunicazione dell’interessato al comune anche i mutamenti di destinazione d’uso riguardanti unità immobiliari o parti di esse, la cui superficie lorda di pavimento non sia superiore a 150 metri quadrati, per i quali in precedenza suddetta comunicazione non era dovuta.
Questa modifica rappresenta un passo indietro rispetto al testo originario della l.r. 12/2005: infatti, in precedenza, le unità immobiliari non superiori ai 150 metri quadrati erano esentate dal dover presentare preventiva comunicazione al comune. La modifica in oggetto risponde alla volontà di monitorare, a livello locale, tutti i mutamenti di destinazione d’uso, a prescindere dal taglio dimensionale dell’intervento, con un appesantimento procedurale soprattutto a carico dei “microinterventi” di trasformazione dello spazio edificato.

Articolo 55 – Attività regionali per la prevenzione dei rischi geologici, idrogeologici e sismici
Il primo comma dell’articolo 55 attribuisce alla Giunta regionale – ai fini della prevenzione dei rischi geologici, idrogeologici e sismici – il compito di definire il quadro delle conoscenze delle caratteristiche fisiche del territorio, gli indirizzi per il riassetto del territorio, nonché le linee guida e gli standard metodologici e procedurali per l’aggiornamento e lo sviluppo delle conoscenze da parte degli enti locali.
Le modifiche introdotte dalla l.r. 4/2008 al comma 1, lettera b), si pongono tuttavia nell’ottica di chiarire che gli indirizzi per il riassetto del territorio, riguardanti la prevenzione dei rischi geologici, idrogeologici e sismici (ivi compresa la loro individuazione, mitigazione e formazione aggiornamento degli elenchi), si devono rigorosamente basare sui piani di bacino e sugli indirizzi emanati dalle competenti amministrazioni statali. Nella versione precedente veniva invece richiamato esplicitamente solo il piano di bacino, rimandando con il termine “anche” a strumenti ed atti di non specificata natura.
Attraverso il nuovo comma 3bis, inoltre, il legislatore esprime la necessità che gli strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica vengano redatti in modo coordinato con gli strumenti di protezione civile proposti dalla l.r. 16/2004 “Testo unico delle disposizioni regionali in materia di protezione civile”.

Articolo 59 – Interventi ammissibili
Le strutture edilizie necessarie per lo svolgimento delle attività agricole (stalle, silos, serre, magazzini, locali per la lavorazione e la conservazione e vendita di prodotti) non sono considerate nel computo dei volumi realizzabili nelle aree agricole dal Piano delle regole: l’unico vincolo per queste attrezzature, quello del rapporto di copertura – che, in base alla norma previgente, non può superare il 10% dell’intera superficie aziendale – viene elevato, nella nuova versione del comma 4, al 20% per le sole aziende orto-floro-vivaistiche. Viene comunque confermato il limite del 40% già utilizzato per le serre.
Il successivo comma 4bis introduce, con riferimento alle aziende agricole esistenti alla data di prima approvazione del Piano di governo del territorio, una maggiorazione del 20% del rapporto di copertura rispetto a suddetti parametri, nonché per gli indici di densità fondiaria legati alla componente residenziale (immobili eletti a residenza dell’imprenditore agricolo, di cui al comma 3 del medesimo articolo).
Il nuovo comma 7bis specifica, infine, che è possibile ricostruire, anche in deroga alla
strumentazione urbanistica vigente e in deroga ai limiti dell’articolo 59, edifici a destinazione agricola demoliti a seguito della realizzazione di infrastrutture per la mobilità di rilevanza regionale e nazionale, se funzionali allo svolgimento della medesima attività.

Articolo 60 – Presupposti soggettivi e oggettivi
L’integrazione alla lettera b) del comma 1 precisa che il permesso di costruire, nelle aree destinate all’attività agricola nell’ambito del Piano delle regole, può essere rilasciato (oltre che all’imprenditore agricolo professionale, a titolo gratuito, di cui alla lettera a) del medesimo comma) al titolare o al legale rappresentante di un’impresa agromeccanica, non più soltanto per la realizzazione di attrezzature di ricovero per i mezzi agricoli, bensì anche per interventi legati alla realizzazione di altri immobili strumentali. Da tale tipologia di intervento sono comunque escluse residenze ed uffici. In ogni caso si conferma la necessità di provvedere alla corresponsione dei contributi di costruzione, non previsti invece per l’imprenditore agricolo professionale.

Articolo 62 – Interventi regolati dal piano di governo del territorio
Il nuovo comma 1bis estende l’ambito di applicazione del primo comma dell’articolo 62 (che rimanda alle previsioni del Piano di governo del territorio la regolazione di alcuni interventi poco invasivi in territorio rurale) alla disciplina degli edifici di piccole dimensioni, qualora rientranti nell’ambito di interventi di manutenzione del territorio rurale-boschivo. L’intervento si attua previa presentazione al comune del relativo atto di impegno, da trascriversi a cura e spese del proponente, e i parametri cui esso deve attenersi (dimensione massima, caratteri dell’edificio, superficie minima dell’area di riferimento) sono normati nell’ambito del Piano delle regole del Pgt.
L’articolo 62, al comma 1, sottrae una serie di interventi (manutenzione straordinaria, restauro, risanamento conservativo, ristrutturazione, ampliamento, modifiche interne e realizzazione di volumi tecnici) alla disciplina del titolo III della l.r. 12/2005 “Norme in materia di edificazione nelle aree destinate all’agricoltura” (articolo 59 “Interventi ammissibili” e articolo 60 “Presupposti soggettivi e oggettivi”, immediatamente prevalenti sulle norme di Pgt, nonché sui regolamenti edilizi e di igiene comunali). La disciplina di tali interventi è attribuita al nuovo Piano di governo del territorio, e il loro svolgimento è subordinato alla procedura di denuncia di inizio attività.
La norma contenuta nel nuovo comma 1bis si pone nell’ottica di agevolare le iniziative volte al recupero del territorio rurale a partire dai piccoli manufatti a servizio delle attività agricole o silvicolturali, rimettendo la definizione dei caratteri ad una puntuale e specifica ricognizione operata a livello comunale nell’ambito della redazione del Piano dei servizi.

Articolo 62bis – Norma transitoria
Il nuovo comma 1bis dell’articolo 62bis prevede che il Piano delle regole, in coerenza con i criteri definiti dal Documento di piano, possa riconoscere un credito urbanistico da utilizzare in ambito comunale, volto ad incentivare la dismissione di edifici a destinazione zootecnica al fine di diminuire il rischio sanitario legato a malattie del bestiame soggette a lotta obbligatoria.
L’articolo è chiaramente orientato alla prevenzione rispetto al rischio di diffusione nella popolazione di infezioni legate alle attività zootecniche, mediante un incentivo di carattere urbanistico alla delocalizzazione.

Articolo 72 – Rapporti con la pianificazione comunale
Il nuovo comma 4bis viene introdotto con l’obiettivo di specificare che, fino all’approvazione del Piano dei servizi, la realizzazione di nuove attrezzature per servizi religiosi è ammessa unicamente su aree classificate a standard nei vigenti strumenti urbanistici generali e specificamente destinate ad attrezzature di interesse collettivo.

Articolo 76 – Contenuti paesaggistici del piano territoriale regionale
Nella nuova versione del comma 1 dell’articolo 76, con riferimento ai contenuti paesaggistici del Piano territoriale regionale, si fa ricorso ad una terminologia dal significato più ampio e più vicina a quella utilizzata nell’articolo 143 del Codice dei beni culturali e del paesaggio (D.Lgs. 42/2004). Le funzioni di indirizzo e prescrizione (entrambe comunque presenti nel successivo comma 2, non oggetto di modifiche) vengono sostituite da una più generale previsione di “obiettivi e misure generali di tutela paesaggistica”.
La cogenza delle prescrizioni attinenti alla tutela del paesaggio per gli strumenti di pianificazione dei comuni, delle città metropolitane, delle province e delle aree protette è ampiamente confermata nel comma seguente: il passaggio dal concetto di “indirizzo” a quello di “definizione di misure generali di tutela”, sancito da questa modifica all’articolo 76 (comunque ripreso anche al successivo articolo 77), può essere interpretato con la volontà di definire il Ptr come uno strumento guida di livello regionale, a cui dovranno relazionarsi gli strumenti di pianificazione di livello provinciale, locale, metropolitano e delle aree protette.
Importante è, inoltre, il richiamo, già in sede di definizione dello strumento, alla necessità di attivare rapporti di collaborazione pianificatoria tra gli enti, nel rispetto del principio di sussidiarietà amministrativa, con un riferimento implicito alla disciplina del primo comma del successivo articolo 77.

Articolo 77 – Coordinamento della pianificazione paesaggistica con altri strumenti di pianificazione
Con riferimento alle modifiche introdotte all’articolo 76, il comma 1 viene così modificato: il termine “indirizzi”, associato alla sfera delle competenze poste in capo al Ptr, viene sostituito con “obiettivi e misure generali”. A questi i comuni, le città metropolitane, le province e le aree protette devono conformarsi, adeguando i propri strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica entro due anni dalla sua approvazione.

Articolo 78 – Commissioni regionali
A seguito dell’entrata in vigore del D.Lgs. 157/2006 recante “Disposizioni correttive ed integrative al D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, in relazione al paesaggio”, le Commissioni provinciali previste in base alla precedente versione della l.r. 12/2005, sono state sostituite da Commissioni regionali, aventi il compito di formulare proposte per la dichiarazione di notevole interesse pubblico di alcune tipologie di beni da sottoporre a tutela ai sensi dello stesso D.Lgs. 42/2004. Il comma 1 dell’articolo in oggetto, così come modificato, precisa la composizione delle commissioni di cui sopra, presiedute dall’assessore competente ovvero, su delega di quest’ultimo, dal dirigente di struttura competente: il direttore della soprintendenza regionale, il soprintendente per i beni architettonici e per il paesaggio, il soprintendente per i beni archeologici, due dirigenti di altrettante unità/strutture organizzative competenti in tema di paesaggio ed ulteriori quattro esperti, nominati dalla Regione, anche su indicazione del mondo della ricerca, dell’università, delle fondazioni e delle associazioni portatrici di interessi diffusi (per citarne alcune: CAI, FAI, TCI, Italia Nostra, Legambiente, Greenpeace, WWF,…). Viene confermata la durata in carica delle Commissioni, pari a quattro anni.
Al comma 6bis si rimarca, inoltre, che, fino all’istituzione delle Commissioni regionali, le rispettive funzioni sono esercitate da quelle istituite in base alla normativa previgente (le Commissioni provinciali costituite in base alla precedente normativa).
Articolo 79 – Adempimenti della Giunta regionale
La modifica all’articolo 79 consiste in una poco rilevante correzione materiale, da leggersi in relazione a quella dell’articolo 78.

Articolo 80 – Ripartizione delle funzioni amministrative
L’articolo 80 fornisce una ripartizione del quadro delle competenze amministrative a livello locale in materia di disciplina del governo delle trasformazioni territoriali. La modifica introdotta con l’aggiunta del nuovo comma 3bis concerne la competenza amministrativa in materia di gestione degli ambiti boschivi, che viene parzialmente sottratta alla giurisdizione provinciale limitatamente agli interventi indicati all’articolo 4 della Legge 57/2001 (interventi legati alla trasformazione del bosco e di rimboschimento compensativo), e trasferita alla sfera di competenza amministrativa delle comunità montane.
In sostanza, la previsione del nuovo comma 3bis determina l’unificazione, in capo alle comunità montane, della competenza amministrativa in tema di autorizzazioni paesaggistiche ed autorizzazioni forestali.

Articolo 88 – Ambiti e obiettivi
La modifica apportata al comma 2 estende l’utilizzo dello strumento attuativo del Programma integrato di intervento (Pii) finalizzato alla riqualificazione urbana ed ambientale anche alle aree degradate o dismesse, ovvero a rischio di degrado o dismissione.
Il nuovo comma 2bis introduce una specificazione rispetto ad una particolare tipologia di ambiti di trasformazione, quelli legati alla dismissione di infrastrutture per la mobilità e servizi tecnologici.
Per tali ambiti urbanizzati, per quanto talora inedificati, viene introdotta la possibilità che i Programmi integrati di intervento prevedano indici edificatori equiparati a quelli previsti per gli ambiti industriali dismessi, alla luce degli obiettivi strategici di sviluppo indicati nel Documento di piano (o nel Documento di inquadramento) e fermo restando il perseguimento dell’interesse pubblico, da ottenersi anche mediante una dotazione globale di aree o attrezzature pubbliche e di interesse pubblico o generale, valutata in base all’analisi dei carichi di utenza che le nuove funzioni inducono sull’insieme delle attrezzature esistenti nel territorio comunale. Anche in questo caso viene contemplata la facoltà, in capo ai comuni, di concedere bonus volumetrici per interventi di edilizia bioclimatica.
Vengono definiti “di rilevanza regionale” i Programmi integrati di intervento attuati in questi ambiti: ne consegue che, ai sensi dell’articolo 92, comma 6 della l.r. 12/2005, l’approvazione degli accordi di programma, per tali tipologie di interventi, è a carico della Regione. Possono essere previsti, in tal senso, in sede di negoziazione, interventi di potenziamento della mobilità regionale a carico del soggetto attuatore.
L’estensione dello strumento urbanistico del Pii alle aree degradate o dimesse (o a rischio di degrado o dismissione) con il fine di riqualificazione urbana ed ambientale conferma l’attenzione che il legislatore regionale presta a questa tipologia di aree che, nell’ambito di tutta la l.r. 4/2008 vengono richiamate in più occasioni. In assenza di una definizione puntuale del concetto di area degradata, dovrebbero potersi ritenere tali anche aree intercluse o di frangia, non necessariamente edificate, caratterizzate da abbandono o tali da indurre effetti negativi sull’intorno sotto il profilo ambientale, sociale ed economico.
Si sottolinea l’importanza della previsione di bonus volumetrici a vantaggio di interventi
caratterizzati da elevati standard di qualità ambientale e risparmio energetico.
L’indicazione specifica, tra gli ambiti di trasformazione, delle aree destinate ad attrezzature connesse alla mobilità, ad impianti ferroviari, a servizi e impianti tecnologici, a servizi speciali, di cui sia dimostrata l’effettiva dismissione o la non attualità delle previsioni urbanistiche, risulta di particolare importanza se si fa riferimento agli scali ferroviari dismessi. Per questi ambiti, per quanto talora inedificati (si pensi, ad esempio, al caso degli scali merci) viene introdotta la possibilità che i Pii prevedano indici edificatori equiparati a quelli previsti per le aree industriali dismesse.

Articolo 89 – Interventi su aree destinate all’agricoltura
In deroga a quanto previsto negli articoli 59, 60, 61, 62 e 62bis (titolo III della parte seconda della l.r. 12/2005, recante “Norme in materia di edificazione nelle aree destinate all’agricoltura”), la modifica introdotta al comma 1 dell’articolo 89 è volta a specificare i casi in cui è ammesso l’avvio di Programmi integrati di intervento nei cui ambiti ricadano aree destinate all’agricoltura o aree non destinate a trasformazione urbanistica (quali definite dal Piano delle regole). In sintesi, la limitazione ad interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria, restauro e risanamento conservativo, di ristrutturazione edilizia, nel rispetto delle caratteristiche ambientali, paesaggistiche ed agricole preesistenti, prevista per i Pii ricadenti negli ambiti di cui sopra non è applicata alle aree intercluse in zone già edificate e non funzionali allo svolgimento dell’attività agricola e per le quali sia stato accertato il venir meno di tale attività da almeno un triennio.
Il nuovo comma 3bis del medesimo articolo specifica più precisamente le modalità attraverso le quali la dismissione o il ritiro dell’attività agricola devono essere certificati: tale attestazione è di competenza della Provincia sulla base delle comunicazioni d’interruzione. Tale dismissione può essere oggetto anche di autocertificazione.

Articolo 97 – Sportello unico per le attività produttive
Nel contesto della disciplina relativa allo sportello unico delle attività produttive, viene inserita, come nuovo comma 5bis, una disposizione di scoraggiamento dell’uso improprio dell’istituto, ai soli fini di ottenere la variante, specie nella fase transitoria. Si prevede, a questo scopo, che il proponente debba sottoscrivere un atto unilaterale d’obbligo, con il quale si impegna a realizzare l’intervento secondo i contenuti e gli obiettivi prefissati, nonché a iniziare i relativi lavori entro nove mesi dal perfezionamento della variante, decorsi i quali il sindaco dichiara l’intervenuta decadenza del progetto ad ogni effetto, compreso quello di variante urbanistica.

Articolo 102bis – Norme speciali di salvaguardia
Il nuovo articolo 102bis introduce nella l.r. 12/2005 alcune norme speciali di salvaguardia, con riferimento alle ricadute territoriali di nuovi tracciati infrastrutturali. In particolare, il comma 1 prevede che i comuni individuino, nell’ambito dei nuovi strumenti di governo del territorio, le misure di salvaguardia dei corridoi infrastrutturali programmati a livello provinciale, regionale e nazionale: tali misure consistono nell’adeguato allontanamento delle previsioni insediative da tali tracciati (in base a quanto eventualmente previsto nel Ptr o nel piano d’area ove previsto), nel loro inserimento paesistico e ambientale e nel divieto della cartellonistica, ove non strettamente funzionale alla mobilità.
Il comma 2 prevede che i Pgt individuino azioni di carattere urbanistico per razionalizzare gli accessi, nonché idonee misure di inserimento paesistico ed ambientale attraverso la riqualificazione degli ambiti adiacenti all’infrastruttura e il contenimento dell’edificazione, delle attrezzature e della segnaletica non funzionale alle esigenze della mobilità.
A tal fine, il comma 3 specifica che gli enti competenti sono tenuti alla trasmissione a tutte le amministrazioni interessate dei progetti definitivi delle infrastrutture.
Spetta infine alla Giunta regionale, nell’ambito della definizione delle modalità per la pianificazione comunale ai sensi del comma 2 dell’articolo 7, determinare gli aspetti operativi connessi a suddette misure di salvaguardia nell’ambito dei Piani di governo del territorio (comma 4).
La l.r. 4/2008 introduce, nell’ambito del nuovo articolo 102bis, specifiche previsioni, a carico dei Piani di governo del territorio, in relazione ai tracciati delle infrastrutture per la mobilità previste dalla programmazione provinciale, regionale e sovraregionale: ciò al fine di garantire la disponibilità di opportuni ambiti di salvaguardia da preservare rispetto alle strategie insediative e alle politiche di pianificazione territoriale a livello locale in vista del passaggio dei nuovi tracciati.
Si tratta di una norma che scaturisce dalle numerose difficoltà che il fenomeno della dispersione insediativa ed un inadeguato raccordo tra i livelli di pianificazione possono determinare nel reperire corridoi idonei al passaggio di assi infrastrutturali: con lungimiranza, il legislatore assegna ai nuovi strumenti di governo del territorio il compito di tutelare le fasce di territorio interessate da tali interventi (a tal fine, in base al comma 3, gli enti competenti sono tenuti a trasmettere ai comuni interessati copia del progetto definitivo delle infrastrutture) attraverso un’adeguata riflessione attorno alle modalità di accesso e alla conformazione degli spazi adiacenti, mantenendo a distanza le nuove edificazioni e curando l’inserimento ambientale nel contesto urbanizzato, anche attraverso un’idonea progettazione di carattere paesaggistico e mediante l’opportuna valutazione della collocazione di manufatti e segnaletiche non funzionali alla mobilità.

Articolo 103 – Disapplicazione di norme statali
Ai fini dell’adeguamento alla nuova normativa lombarda sul governo del territorio, il nuovo comma 1bis dell’articolo 103 disapplica, a livello regionale, la quasi totalità delle prescrizioni contenute nel Decreto ministeriale 1444/1968 (il cosiddetto “decreto sugli standard” in attuazione della “legge ponte” del 1967) e, più in dettaglio: la classificazione delle zone omogenee nella pianificazione generale e attuativa, la dotazione minima di spazi pubblici e collettivi, di verde e parcheggi (“standard urbanistici”), i limiti di densità edilizia per zona omogenea, i limiti di altezza degli edifici e i limiti di distanza tra gli edifici. Relativamente a quest’ultimo aspetto, rimane in vigore un parametro minimo di distanza tra fabbricati pari a 10 metri, valore peraltro derogabile nell’ambito dei piani attuativi.
A fronte della competenza in materia di governo del territorio attribuita alle Regioni con la legge costituzionale 3/2001, la legge regionale 12/2005 prevedeva, già nella sua versione originaria, la disapplicazione di alcune norme statali, e più precisamente di alcuni articoli del Testo unico dell’edilizia (d.P.R. 380/2001) e del Testo unico in materia di espropriazione per pubblica utilità (d.P.R. 327/2001). Il nuovo comma 1bis, introdotto dalla legge regionale 4/2008, estende l’ambito di disapplicazione della normativa statale in materia urbanistica – entrata nella sfera di competenza della Regione – ai contenuti del Decreto ministeriale 2 aprile 1968, n.1444 recante “Limiti inderogabili di densità edilizia, di altezza, di distanza fra i fabbricati e rapporti massimi tra gli spazi destinati agli insediamenti residenziali e produttivi e spazi pubblici o riservati alle attività collettive, al verde pubblico o a parcheggi, da osservare ai fini della formazione dei nuovi strumenti urbanistici o della revisione di quelli esistenti, ai sensi dell’art. 17 della Legge n. 765 del 1967”.
Si tratta di un elemento di innovazione piuttosto significativo innanzitutto dal punto di vista concettuale, non soltanto perché suggerisce un superamento formale di una serie di parametri che, dalla “legge ponte” ad oggi, hanno contribuito ad orientare l’attività edilizia ed urbanistica nel nostro Paese, ma soprattutto perché si pone nell’ottica di un’archiviazione del concetto di “zoning”, ovvero della pianificazione del territorio per ambiti omogenei, elemento che ha accompagnato la storia dell’urbanistica italiana dalle origini. Il secondo articolo del D.M. 1444/1968, infatti, introduceva e definiva le cosiddette “zone territoriali omogenee” (A, B,C, D, E ed F), ovvero una sorta di legenda unificata delle modalità di lettura del territorio all’interno dei piani regolatori generali, dei regolamenti edilizi, dei piani particolareggiati e di lottizzazione. La disapplicazione di tale prescrizione comporta il venir meno di un “linguaggio codificato” ed ampiamente sedimentato nella disciplina urbanistica. Se da un punto di vista puramente teorico si tratta di uno spartiacque importante, le ricadute pratiche di tale innovazione nell’ambito dei piani delle regole dei nuovi Pgt dovranno necessariamente misurarsi con il forte radicamento della tecnica dello zoning nella forma mentis delle pubbliche amministrazioni: la cosiddetta “urbanistica per progetti”, infatti, non può farsi carico anche di un governo ordinario delle trasformazioni territoriali e alla scala edilizia, ed è lecito attendersi un’evoluzione dello strumento dello zoning, più che un suo radicale azzeramento, secondo le modalità confermate al comma 1 dell’articolo 10 sul Piano delle regole (tessuto urbano consolidato, ambiti di tutela, aree a rischio di compromissione e degrado, ambiti agricoli, di valore paesaggistico-ambientale ed ecologico, aree non soggette a trasformazione urbanistica).
Contestualmente alle zone omogenee consolidate, vengono abbandonati i rapporti massimi tra gli spazi destinati agli insediamenti residenziali e gli spazi pubblici o riservati alle attività collettive, a verde pubblico o a parcheggi, ovvero i cosiddetti “standard urbanistici” contenuti nell’articolo 3 del D.M. 1444/1968. Al comma 3 dell’articolo 9, la l.r. 12/2005 fa propria quella dotazione minima, quantificata in 18 mq per abitante, di aree per attrezzature pubbliche e di interesse pubblico o generale: con la disapplicazione dell’articolo 3 del Decreto ministeriale viene meno, tuttavia, la ripartizione di tale contingente in aree per l’istruzione (4,5 mq), aree per attrezzature di interesse comune (2 mq), aree per spazi pubblici a parco, per il gioco e lo sport (9 mq) ed aree a parcheggi (2,5 mq). Allo stesso modo perdono efficacia le prescrizioni relative alle quantità minime di spazi da reperire all’interno delle diverse zone omogenee (articolo 4) e quelle legate al rapporto tra insediamenti produttivi e spazi pubblici (articolo 5). La dimensione operativa, “per progetti”, che caratterizza la l.r. 12/2005, trova qui un ulteriore elemento caratterizzante: pur non rinunciando a definire una dotazione minima di servizi, si demanda al Piano dei servizi la definizione degli obiettivi di qualità che il comune intende perseguire, e alla negoziazione “caso per caso” il reperimento degli stessi nell’ambito degli strumenti della pianificazione attuativa. Il tema delle attrezzature e degli spazi posti a servizio degli insediamenti è affrontato secondo una diversa prospettiva, quella di fornire una risposta concreta ad un fabbisogno insorgente.
Significative sono le disapplicazioni relative a contenuti di carattere edilizio introdotti dal D.M. 1444, ovvero dei limiti di altezza e di distanza tra i fabbricati, che non avrebbe senso riesaminare in dettaglio in quanto legati a zone omogenee esse stesse divenute prive di significato nel nuovo quadro normativo regionale. Si tratta ad ogni modo di contenuti e prescrizioni che, assieme ad altri, la normativa regionale attribuisce al Piano delle regole, con riferimento agli interventi di nuova costruzione e sostituzione negli ambiti del tessuto urbano consolidato (comma 3, articolo 10 della l.r. 12/2005). Il nuovo comma 1bis conferma ed esplicita, dunque, l’attribuzione al Piano delle regole del compito di individuare quei parametri edilizi chiamati a prefigurare la “forma urbis”: tipologie, allineamenti, volumi, rapporti di copertura, altezze, destinazioni ammissibili ed eventuali requisiti qualitativi specifici.
Relativamente ai limiti di distanza tra i fabbricati, si introduce un nuovo parametro una tantum, valido per tutti gli ambiti del territorio comunale, determinato in 10 metri per gli interventi di nuova costruzione: tale limite, derogabile nei piani attuativi, corrispondente a quello fissato per le nuove costruzioni ubicate al di fuori della zona A (centri storici) nel D.M. 1444/1968.


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