18.10.2005 - tributi

ICI – IMMOBILI PRIVI DI RENDITA CATASTALE – DETERMINAZIONE DELLA BASE IMPONIBILE

ICI – IMMOBILI PRIVI DI RENDITA CATASTALE – DETERMINAZIONE DELLA BASE IMPONIBILE ICI – IMMOBILI PRIVI DI RENDITA CATASTALE – DETERMINAZIONE DELLA BASE IMPONIBILE
(Cass. Trib. Sentenza 16/8/05, n. 16916)
La normativa che disciplina la determinazione della base imponibile ICI, per i fabbricati classificabili nel gruppo catastale D, prevede che la stessa sia costituita dal valore riportato nelle scritture contabili, a condizione che il fabbricato stesso risulti distintamente contabilizzato, dovendosi altrimenti applicare il criterio fondato sul valore dei fabbricati similari, già iscritti in catasto con attribuzione di rendita definitiva.
La Cassazione ha affermato che l’illegittima liquidazione dell’imposta ICI, conseguente all’applicazione di un criterio di determinazione della base imponibile diverso da quello prescritto dalla legge, può essere fatta valere dal contribuente in sede di ricorso avverso l’avviso di liquidazione, ancorché indotta da un precedente errore commesso dallo stesso contribuente, in sede di dichiarazione.
Negare al contribuente la possibilità di ottenere l’applicazione dell’imposta negli esatti termini previsti dal legislatore come conseguenza ineludibile di un errore inizialmente commesso, contrasta non solo con il principio della capacità contributiva, ma anche con l’ampia giurisprudenza di legittimità in tema di ammissibilità di correzione e ritrattazione della dichiarazione dei redditi che risulti per qualsiasi motivo frutto di un errore del dichiarante.

I criteri di determinazione della base imponibile
Per gli immobili non iscritti in catasto, così come per gli immobili che risultano comunque privi di rendita catastale, il criterio generale di determinazione della base imponibile ai fini ICI (moltiplicazione della rendita catastale per un coefficiente che varia a seconda della categoria cui l’immobile appartiene, a norma dell’art. 5, comma 2) non può operare, e si applicano pertanto due criteri sussidiari:
– uno è il c.d. criterio contabile, specifico e particolare per i fabbricati classificabili nella categoria D, interamente posseduti da imprese e “distintamente contabilizzati” nelle scritture delle medesime fissato dall’art. art. 5, comma 3;
– l’altro è il criterio della rendita similare, applicabile sempre e comunque ai fabbricati privi di rendita catastale (art. 5, comma IV).
Per la Corte di Cassazione quest’ultimo criterio ha indubbiamente portata generale, ed è quindi applicabile anche ai fabbricati di categoria D: basti considerare come, seguendo l’opposta tesi (che vorrebbe per gli immobili in questione, sin dall’origine privi di rendita catastale, necessariamente applicabile il criterio contabile) non si comprenderebbe come sarebbe da tassarsi, ai fini ICI, il cespite posseduto dall’impresa e, in ipotesi, illegittimamente non riportato nelle scritture contabili, quanto meno in maniera autonoma.


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