01.03.2001 - ambiente

RIFIUTI – MATERIALI DA SCAVO – CHIARIMENTI

RIFIUTI – MATERIALI DA SCAVO – CHIARIMENTI RIFIUTI – MATERIALI DA SCAVO – CHIARIMENTI
La sentenza n. 2419 del 24 agosto 2000 in merito alla gestione dei materiali da scavo, anche se ha avuto grande risonanza in alcuni organi di stampa, non incide sul regime delle terre da scavo attualmente in vigore.
1. I materiali che provengono dallo scavo preordinato alla realizzazione delle costruzioni ha sollevato un ampio dibattito fin dall’entrata in vigore del Decreto legislativo 22/97 e ha subìto le vicende del regime transitorio dei mercuriali ossia dei residui della lavorazione individuati nelle Borse merci.
Conclusosi il regime transitorio, rimane l’attuale quadro normativo il quale prevede all’articolo 7, comma 3, del Decreto legislativo 22/97 che i materiali pericolosi provenienti dallo scavo sono rifiuti e sono, pertanto, da ritenersi esclusi dal regime dei rifiuti i materiali da scavo non pericolosi.
I materiali che provengono dallo scavo preordinato alla costruzione hanno, infatti, le stesse caratteristiche dei materiali che vengono estratti dalle cave, come si evince dalla norma UNI 10006 che regolamenta la tecnica di impiego delle terre ai fini della costruzione e manutenzione delle strade.
Pertanto, considerato il quadro normativo, si è reso necessario trovare a monte un meccanismo per distinguere i materiali provenienti dallo scavo pericolosi da quelli non pericolosi.
Il parere del Ministero dell’ambiente, emanato lo scorso mese di settembre, è intervenuto proprio allo scopo di ribadire l’interpretazione dell’art. 7, comma 3, D.L.vo 22/97 e di fornire indicazioni per distinguere le terre da scavo pericolose da quelle non pericolose.
L’Ufficio Legislativo ritiene che debbano essere considerati rifiuti le terre da scavo che abbiano concentrazioni di inquinamento superiori ai limiti di accettabilita’ stabiliti dal D.M. 471/99 contenente il regolamento per la bonifica dei siti inquinati, con particolare riferimento alla Tabella 1 ed alla destinazione d’uso dell’area a verde pubblico, privato e residenziale.
La nota sostiene che, invece, non sono regolati dal regime dei rifiuti quelle terre che presentano concentrazioni inquinanti inferiori ai limiti stabiliti dal D.M. 471/99 semprechè non vengano conferiti in discarica.
L’Ufficio Legislativo afferma altresì che le terre da scavo possono sempre essere riutilizzate direttamente nel sito dove sono state prodotte, poiche’ in questa ipotesi non si determina alcun rischio di trasferimento di sostanze inquinanti in altri siti e, quindi, non si ravvedono le esigenze del controllo ai fini ambientali.
Nell’ipotesi che siano superati i limiti di concentrazione, permane l’obbligo di provvedere alla bonifica del terreno quando ricorrano le condizioni previste dalla stessa normativa sulla bonifica dei siti inquinati (D.L.vo 22/97 e D.M. 471/99).
Tali conclusioni derivano dalla convinzione che il legislatore abbia inteso affermare un “concetto sostanziale di pericolosita’” connesso alle concentrazioni inquinanti che rappresentino un rischio per la tutela della salute e dell’ambiente e determinino l’esigenza di controllo sulla destinazione finale di tali materiali.
2. E’ intervenuta poi la pubblicazione della sentenza della Corte di Cassazione penale pronunciata nel giugno scorso.
Dalla sentenza emergono tre aspetti diversi: il primo consistente nella affermazione che tutti i materiali da scavo sono rifiuti perché provengono da un’attività preordinata alla costruzione ossia: lo scavo non è avvenuto per svolgere un’operazione di estrazione di materiale, ma per realizzare la costruzione.
La definizione di rifiuto, peraltro, non può essere dibattuta su questo piano, ma partendo dall’assunto dell’art. 6 del D.Lgs. 22/97: è rifiuto qualsiasi sostanza di cui il detentore si disfi o abbia deciso o abbia l’obbligo di disfarsi che trova un concreto riscontro nell’introduzione al catalogo europeo dei rifiuti: “un materiale figurante nel catalogo non è in tutte le circostanze un rifiuto, ma solo quando soddisfa la definizione di rifiuto”.
Quali sono le circostanze nelle quali una sostanza è un rifiuto? Quando un detentore ha l’obbligo di disfarsene perché contiene sostanze pericolose (rifiuti pericolosi che derivano da attività di scavo) oppure quando se ne disfa o abbia deciso di disfarsene.
Se ne disfa quando lo porta in discarica o quando lo porta all’impianto di trattamento perché non può utilizzarlo senza che avvenga una qualsiasi forma di trattamento.
Perciò ogni volta che non sussista l’obbligo di disfarsi del residuo e questo venga riutilizzato tale e quale si concretizza la prova che il suo detentore non lo considera un rifiuto.
Il secondo aspetto, strettamente collegato al primo, che emerge dalla sentenza è che il criterio soggettivo che dà la connotazione di rifiuto dipende dall’atteggiamento del produttore che manifesta la sua volontà di abbandonare o meno il rifiuto. Nel caso di specie, afferma la sentenza, il materiale non è stato riutilizzato ed è stato abbandonato perché conferito in una cava dismessa che veniva considerata discarica anche se non autorizzata.
Santoloci nel suo commento alla sentenza della Corte pubblicato sul Bollettino di informazione normativa n. 70, ribadisce questo principio: il concetto di abbandono è geneticamente propedeutico per la definizione di rifiuto.
Il terzo aspetto è quello che la discarica è abusiva: infatti come la sentenza della Corte ribadisce per effetto di una condotta ripetuta i rifiuti venivano scaricati in un’area che risultava essere un deposito di rifiuti non autorizzato in quanto tale operazione non poteva essere configurata come un ripristino morfologico perché non vi erano i presupposti del ripristino consistenti nell’autorizzazione idonea per questo tipo di intervento.
Pertanto la sentenza della Corte ha ribadito che si definisce rifiuto quel materiale che il produttore vuole abbandonare (discarica anche se in questo caso abusiva), mentre non si definisce rifiuto quando viene utilizzato per il ripristino di una cava autorizzata semprechè non vi siano tracce di rifiuti che non possono essere riutilizzati senza un precedente trattamento.
Peraltro per superare definitivamente qualsiasi dubbio interpretativo l’Associazione ha promosso, in occasione dell’esame del disegno di legge sulle norme in campo ambientale, un emendamento tendente a chiarire definitivamente il regime dei materiali da scavo provenienti dai siti non inquinati.
riori ai limiti stabiliti dal D.M. 471/99 semprechè non vengano conferiti in discarica.


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