MUTAMENTI DI DESTINAZIONE D’USO, AREE PER ATTREZZATURE PUBBLICHE E DI USO PUBBLICO – CIRCOLARE REGIONALE SULLA LEGGE 1/2001
MUTAMENTI DI DESTINAZIONE D’USO, AREE PER ATTREZZATURE PUBBLICHE E DI USO PUBBLICO – CIRCOLARE REGIONALE SULLA LEGGE 1/2001 MUTAMENTI DI DESTINAZIONE D’USO, AREE PER ATTREZZATURE PUBBLICHE E DI USO PUBBLICO – CIRCOLARE REGIONALE SULLA LEGGE 1/2001
Si fa seguito a quanto pubblicato sul Notiziario 8/9 del 2001 per fornire alcune indicazioni di lettura delle novità introdotte dalla normativa finalizzate ad assicurare una uniformità di applicazione.
1) DISCIPLINA DEI MUTAMENTI DELLE DESTINAZIONI D’USO DI IMMOBILI
Mutamenti di destinazione d’uso e strumentazione urbanistica (art. 1)
Viene ribadito il principio secondo il quale tutte le destinazioni d’uso sono consentite, salvo quelle espressamente dichiarate incompatibili dal P.R.G. con quella principale della zona; si sottolinea che la novità della norma consiste nel superamento del metodo tradizionale di elencazione casistica delle funzioni ammissibili, che non permette un adeguamento alla realtà economico-sociale, e si invitano le Amministrazioni comunali ad apprestare definizioni delle funzioni di tipo sintetico.
Il mutamento delle destinazioni d’uso accessorie viene dichiarato sempre ammissibile anche nell’ambito di piani attuativi in corso di esecuzione, eventualmente adeguando gli standard, qualora non siano già stati rapportati alla destinazione principale.
Con riferimento all’individuazione da parte dei Comuni in sede di P.R.G. dei casi di variazioni della destinazione d’uso comportanti una conseguenza sul fabbisogno di standard, si esorta l’Amministrazione a prestare attenzione da un lato ai riscontri quantitativi e quindi al saldo di tali operazioni relativamente al fabbisogno di standard, dall’altro ai profili qualitativi derivanti, al fine di coniugare le variazioni di destinazione funzionale a coerenti e compatibili dotazioni di aree a servizi.
In sede di rilascio del provvedimento abilitativo, al fine di verificare la sufficienza della dotazione di standard in essere, le Amministrazioni comunali sono tenute a ricostruire tutte le trasformazioni d’uso avvenute in precedenza; si aggiunge che l’onere di tale verifica, in caso di utilizzo di D.I.A., incombe sul dichiarante, a cui spetta, altresì, proporre le modalità di conferimento degli standard.
Si chiarisce che il ricorso alla procedura semplificata ex L.R. 23/97, art. 3 per l’adeguamento dei P.R.G. alla nuova disciplina dei mutamenti di destinazione d’uso attiene ai soli profili procedurali, senza che sussista l’obbligo del rispetto dei presupposti e limiti di cui all’art. 2.
Mutamenti di destinazione urbanistica con e senza opere edilizie (art. 2)
Si chiarisce che le disposizioni dell’art. 2 sono immediatamente operative dall’entrata in vigore della legge.
Con riferimento al mutamento con opere si ribadisce, al fine di evitare interpretazioni difformi da parte delle Amministrazioni, il principio in base al quale il titolo che abilita tale operazione è riconducibile a quello necessario per l’intervento (concessione edilizia, autorizzazione o D.I.A.). Per i mutamenti di destinazione senza opere è necessaria solo una comunicazione.
La ragione di tale disposizione è rinvenuta nell’impedire che disgiungendo gli interventi edilizi da quelli diretti alla modificazione delle destinazioni d’uso, risulti alterata la qualificazione complessiva dell’intervento.
Tale principio va tenuto presente dalle Amministrazioni anche in sede di determinazione degli adeguamenti di standard legati ai mutamenti di destinazione d’uso con opere edilizie.
Il presupposto per l’utilizzo delle procedure per realizzare le modifiche di destinazione d’uso con e senza opere è la conformità alle previsioni urbanistiche; sul punto si specifica che tale requisito è da intendersi riferito al vigente P.R.G., sia esso già adeguato alla L.R. 1/2001 o non ancora adeguato.
Sanzioni amministrative (art. 3)
Per l’ipotesi di avvenuto mutamento di destinazione d’uso senza opere, in difformità dalle prescrizioni urbanistiche, viene data facoltà agli Uffici tecnici comunali di accertare l’entità della sanzione amministrativa, che è pari all’aumento del valore venale dell’immobile o sua parte.
Ristrutturazione edilizia degli edifici esistenti in zona agricola (art. 4)
Con riferimento all’obbligo che la ristrutturazione edilizia sia attuata senza compromissione dell’esercizio dell’attività agricola sul compendio non direttamente interessato, si precisa che spetta al Comune la verifica dell’effettiva tutela dell’attività agricola nonché del ripristino in sede di esame di D.I.A. o di rilascio di concessione edilizia. Infatti, la norma vuole favorire il riutilizzo del patrimonio edilizio esistente nelle zone agricole, senza che tali iniziative prefigurino un diverso assetto urbanistico delle zone né una diversa zonizzazione delle aree.
2) NORME PER L’INTERVENTO NEI CENTRI STORICI
Sostituzione dell’art. 17 della l.r. 15 aprile 1975, n. 51 (art. 5)
Viene sottolineata la portata innovativa della disposizione che elimina l’obbligo di subordinazione a pianificazione attuativa per gli interventi di ristrutturazione edilizia nei centri storici, mantenendolo solo per gli interventi di ristrutturazione urbanistica e di nuova edificazione. Ciò risponde all’esigenza di semplificare le possibilità operative nei centri storici.
Altrettanto innovativa è la possibilità per gli interventi di ristrutturazione urbanistica e nuova edificazione di essere subordinati a pianificazione attuativa o all’istituto più agile della
concessione convenzionata, strumento intermedio fra concessione e atti di pianificazione attuativa.
Si specifica che tale scelta dell’Amministrazione, da effettuarsi nel P.R.G. o nella variante di adeguamento ex art. 9, sarà legata alle caratteristiche di maggiore o minore complessità dell’intervento edilizio, fermi restando, in entrambi i casi, gli obblighi di concorso ai conseguenti fabbisogni urbanizzativi e di standard.
L’estensione del limite della densità edilizia degli interventi meramente conservativi è espressamente prevista per gli interventi di ristrutturazione, di demolizione-ricostruzione (che pertanto vengono assimilati alla ristrutturazione edilizia) e di ristrutturazione urbanistica.
Viene espressamente segnalato che l’Amministrazione comunale, ai fini della tutela e lettura dei centri e nuclei storici, dovrà anche far riferimento al Piano territoriale paesistico regionale.
3) CAPACITA’ INSEDIATIVA
Sostituzione dell’art. 19 della l.r 15 aprile 1975, n. 51 (art. 6)
Si precisa la differente disciplina nel caso di interventi di ristrutturazione edilizia ed urbanistica interessanti aree residenziali e interventi di recupero su aree a precedente destinazione non residenziale (aree dimesse).
Nel primo caso, la volumetria esistente non viene computata ma rilevano, in termini di abitanti insediabili, eventuali incrementi volumetrici; nel caso delle aree dismesse, invece, viene calcolata solo la volumetria oggetto di cambio di destinazione d’uso in senso residenziale, oltre beninteso all’eventuale volumetria aggiuntiva. Con ciò si viene ad annullare tutta la volumetria preesistente.
4) STANDARD
Sostituzione dell’art. 22 della l.r 15 aprile 1975, n. 51 (art. 7)
Viene sottolineato che l’obiettivo della nuova disciplina in materia di standard è quello di ridare certezza agli standard non solo in termini quantitativi, ma anche di realizzabilità e di gestione.
Da ciò si fa discendere il superamento in toto dei disposti del D.M. n. 1444 del 1968 in
materia di standard (artt. 3,4,5,6), in quanto la nuova disciplina regionale fa riferimento al citato decreto esclusivamente per quanto attiene alla definizione delle zone omogenee.
Si evidenzia che fino all’approvazione del Piano dei servizi non potranno essere esercitate le facoltà aggiuntive rispetto alla determinazione dei servizi essenziali (dimensionamento mirato degli standard, riduzione dotazione standard per residenza, ecc..), ferme restando le possibilità riconosciute dall’art. 6 L.R. 9/99 in riferimento ai programmi integrati di intervento.
Si precisa che qualora l’approvazione del Piano dei servizi comporti modificazioni alle previsioni urbanistiche vigenti, risulta necessaria l’approvazione contestuale di una variante parziale di adeguamento secondo la procedura semplificata di cui alla L.R. 23/97.
Il Piano dei servizi può essere utilizzato per aggiornare le previsioni dei P.R.G. divenute inapplicabili per la scadenza temporale dei vincoli da essi imposti. In tal caso sarà necessaria una variante generale o parziale di adeguamento.
Essendo il Piano dei servizi parte integrante del P.R.G. esso è naturalmente sottoposto alle variazioni introdotte a quest’ultimo da altri strumenti (es accordi di programma).
Per l’ipotesi in cui il ridimensionamento di piano comporti un minore fabbisogno di standard, si chiarisce che possono attribuirsi nuove destinazioni urbanistiche ad aree prima vincolate a standard, nel rispetto della sentenza della Corte costituzionale 179/99.
Per quanto concerne la facoltà dei comuni di procedere o meno all’adeguamento dei P.R.G. o sue eventuali varianti alla legge qualora siano in fase di adozione, si chiarisce che si versa in tale situazione qualora siano state avviate le procedure di pubblicizzazione previste dalla L.R. 1/2000.
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