PRESUNZIONE DI CESSIONE E DI ACQUISTO DEI BENI – PRECISAZIONI
PRESUNZIONE DI CESSIONE E DI ACQUISTO DEI BENI – PRECISAZIONI PRESUNZIONE DI CESSIONE E DI ACQUISTO DEI BENI – PRECISAZIONI
Il Ministero delle finanze con la Circolare n.193/98 ha fornito importanti chiarimenti in merito alla numerazione dei documenti di trasporto (DDT) in arrivo, alla documentazione relativa al trasporto dei beni effettuato su mezzi del ricevente e alla procedura per la distruzione dei beni.
Si riporta di seguito il testo della Circolare in oggetto.
Dipartimento Eentrate
Circolare n.193 del 23/7/98
Premessa
Il D.P.R. 10 novembre 1997, n. 441 (pubblicato nel supplemento ordinario n. 298 alla Gazzetta Ufficiale n. 298 del 23 dicembre 1997) ha dato attuazione alla delega conferita al Governo con l’articolo 3, comma 137, lett.a), della legge 23 dicembre 1996, n. 662, concernente la revisione della disciplina delle presunzioni di cessione e di acquisto di cui all’art. 53 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, con l’obiettivo di razionalizzare gli adempimenti dei contribuenti, facendo salve le esigenze di tutela dell’attività di controllo dell’Amministrazione finanziaria.
A tal proposito, il D.P.R. 10 novembre 1997, n. 441, onde pervenire ad una trattazione organica della materia, ha provveduto alla completa riformulazione della disciplina con la conseguente sostituzione delle regole contenute nel citato articolo 53 del D.P.R. n. 633 del 1972.
In particolare il menzionato D.P.R. n. 441 del 1997 si compone di cinque articoli:
– gli articoli 1 e 2 disciplinano la presunzione di cessione;
– l’art. 3 si occupa della presunzione d’acquisto;
– l’art. 4 regola l’operatività delle presunzioni;
– l’art. 5 stabilisce le norme di coordinamento e la soppressione di disposizioni superate con la nuova disciplina.
Al fine di realizzare la necessaria uniformità di indirizzo in ordine all’interpretazione delle nuove disposizioni, si forniscono qui di seguito le relative istruzioni.
1. Presunzioni di cessioni
L’art. 1, comma 1, del D.P.R. n. 441 del 1997 in esame, stabilisce che si presumono ceduti i beni acquistati, importati o prodotti che non si trovano nei luoghi in cui il contribuente svolge le proprie operazioni, né in quelli dei suoi rappresentanti. Tra questi luoghi rientrano le sedi secondarie, filiali, succursali, dipendenze, stabilimenti, negozi, depositi ed i mezzi di trasporto nella disponibilità dell’impresa.
Il successivo comma 2 del medesimo articolo 1, stabilisce inoltre che la presunzione di cui al comma 1 non opera se viene dimostrato che i beni stessi:
– sono stati impiegati per la produzione;
– sono stati perduti o distrutti;
– sono stati consegnati a terzi in lavorazione, deposito, comodato o in dipendenza di contratti estimatori, di contratti d’opera, appalto, trasporto, mandato, commissione o di altro titolo non traslativo della proprietà. L’elencazione fatta dalla norma al riguardo è puramente esemplificativa: quello che rileva infatti è unicamente l’assenza di qualsivoglia titolo traslativo della proprietà.
Si evidenzia che fra i luoghi ove il contribuente svolge le proprie operazioni sono stati previsti espressamente anche i mezzi di trasporto che si trovano nella disponibilità dell’impresa; viene, inoltre, usato il termine “operazioni” in luogo di “attività” allo scopo di comprendere anche quelle cessioni che, pur non costituendo oggetto della normale attività del contribuente, vengono, comunque, svolte nell’esercizio dell’impresa.
La presunzione di cui al comma 1 dell’art. 1 si applica nei confronti di tutti i soggetti d’imposta e riguarda sia i beni alla cui produzione o al cui scambio è diretta l’attività dell’impresa sia i beni strumentali.
Nei confronti degli operatori esercenti solo operazioni di prestazioni di servizi la presunzione può riguardare esclusivamente i beni strumentali e non gli altri beni consegnati dal committente ai fini della prestazione richiesta.
Si osserva che la presunzione di che trattasi opera solo quando i fatti indizianti siano acclarati nella loro esistenza.
La presunzione di cessione scaturisce, infatti, dal raffronto tra: l’entità dei beni acquistati, importati o prodotti (al netto dei beni utilizzati per la produzione perduti o distrutti, nonchè, come si dirà appresso, dei beni consegnati a terzi in lavorazione, deposito o comodato, ecc.) e l’entità dei beni effettivamente giacenti nei luoghi ove il contribuente svolge le proprie operazioni, comprese le dipendenze, ecc.
La differenza tra le due entità evidenzia la quantità dei beni che, in via presuntiva, sono da considerare ceduti con la conseguenza che ove le effettive consistenze finali risultino inferiori a quelle contabilizzate, i beni costituenti la differenza si considerano ceduti senza il pagamento dell’imposta.
Trattasi di una presunzione legale “iuris tantum” con la quale la legge dà per avvenuto un certo fatto fino alla dimostrazione del contrario, da fornirsi da parte del contribuente.
A tal fine l’art. 1 del citato D.P.R. n. 441 del 1997 stabilisce una serie di adempimenti a carico del contribuente, la cui concreta attuazione impedisce il sorgere delle suddette presunzioni nei suoi confronti.
1.1 Luoghi di svolgimento delle operazioni
La disposizione in esame stabilisce la non operatività della presunzione legale di cessione per quei beni acquistati, importati o prodotti che si trovano nei luoghi ove il contribuente svolge le proprie operazioni.
Al fine di ricondurre con certezza in capo al contribuente i luoghi delle operazioni, viene precisato, al comma 3 del citato articolo 1, che la disponibilità delle sedi secondarie, filiali o succursali, nonchè delle dipendenze, degli stabilimenti, dei negozi, dei depositi, degli altri locali e dei mezzi di trasporto può risultare indifferentemente:
– dall’iscrizione nel registro delle imprese, alla Camera di Commercio o ad altro pubblico registro;
– dalla dichiarazione di cui all’art. 35 del D.P.R. n. 633 del 1972, se effettuata anteriormente al passaggio dei beni;
– da altro documento dal quale risulti il luogo di destinazione dei beni, annotato in uno dei registri in uso al contribuente e tenuto ai sensi dell’art. 39 del D.P.R. n. 633 del ’72.
Per quanto concerne in particolare i mezzi di trasporto è da ritenersi che la disponibilità degli stessi possa risultare alternativamente:
– da annotazione presso il Pubblico Registro Automobilistico;
– da contratto di leasing, di noleggio di comodato ecc. annotati nelle scritture contabili del contribuente.
Appaiono opportune le seguenti ulteriori precisazioni:
1) il rapporto intercorrente tra i mezzi probatori previsti nella prima parte del comma 3 dell’art. 1 più innanzi illustrati è di pura alternatività con quelli indicati nella seconda parte dello stesso articolo. Ciò si ricava dal corretto significato dell’espressione “può”, presente nella disposizione, che collega le due parti della disposizione stessa;
2) l’elencazione degli stessi mezzi di prova ha carattere tassativo, talchè sono escluse modalità di prova diverse da quelle espressamente contemplate.
Va, inoltre chiarito che il particolare mezzo di prova consistente nell’esibizione di documentazione di data anteriore a quella della verifica, regolarmente annotata in uno dei registri in uso ai fini I.V.A., per essere idoneo allo scopo, deve dimostrare due fatti essenziali, diversi fra loro:
1) che il soggetto dispone di una determinata sede secondaria, filiale, altri locali, ecc.;
2) che in tale luogo sono stati destinati i beni esattamente individuati e che costituiscono oggetto delle presunzioni di cui è questione.
Necessita, pertanto, ad esempio l’esistenza di un contratto d’affitto regolarmente registrato, da cui risulti la destinazione degli specifici beni, in relazione ai quali potrebbe rendersi operante la presunzione, presso i luoghi suindicati.
1.2 Il rapporto di rappresentanza
La norma in esame ricomprende tra i luoghi di svolgimento delle operazioni anche i luoghi ove il rappresentante del contribuente svolge le proprie operazioni. Pertanto per quanto concerne i beni depositati presso rappresentanti viene stabilito, al comma 4 del citato articolo 1, che il rapporto di rappresentanza con deposito deve risultare alternativamente da:
– atto pubblico; – scrittura privata registrata;
– lettera annotata, in data anteriore a quella in cui è avvenuto il passaggio di beni, in apposito registro presso l’Ufficio I.V.A., competente in relazione al domicilio fiscale del rappresentante o del rappresentato;
– comunicazione effettuata all’ufficio I.V.A. con le modalità previste dall’articolo 35 del D.P.R. n. 633 del 1972, sempre che sia di data anteriore al passaggio dei beni.
È il caso pure di precisare che la prova del rapporto di rappresentanza, come quella del rapporto di dipendenza di cui si è detto nel paragrafo precedente, può essere offerta solo con gli specifici mezzi di prova tassativamente menzionati nella norma.
Vale la pena altresì sottolineare che entrambe le prove testè richiamate determinano la presunzione che i beni non sono stati ceduti, salvo prova contraria da parte dell’Ufficio.
1.3 Beni non rinvenuti nei luoghi di svolgimento delle operazioni
Per i beni che non si trovano in uno dei luoghi in cui il contribuente o il proprio rappresentante svolge le proprie operazioni, il regolamento in esame stabilisce che la presunzione di cessione non opera qualora il contribuente stesso dimostri che i beni:
– sono stati impiegati per la produzione;
– sono perduti;
– sono stati distrutti;
– sono stati consegnati a terzi in lavorazione, deposito, comodato o in dipendenza di contratti estimatori, di contratti d’opera, di appalto, di trasporto, di mandato, di commissione o di altro titolo non traslativo della proprietà.
1.3.1 Impiego di beni nella produzione
Quanto ai beni utilizzati nella produzione, la norma non prescrive alcun adempimento specifico dalla cui inosservanza possa derivare l’insorgere della presunzione legale di cessione, per cui l’utilizzazione dei beni stessi nel ciclo economico aziendale può essere dimostrata dal contribuente secondo le regole e con tutti i mezzi offerti dagli articoli 2697 e seguenti del codice civile. In concreto, quindi, l’utilizzazione per la produzione si può evincere dalle ordinarie scritture contabili, laddove richieste e, in caso contrario, da coefficienti tecnici o da riscontri diretti.
1.3.2 Perdita di beni
Con riguardo alla perdita dei beni dovuta ad eventi fortuiti, accidentali o comunque indipendenti dalla volontà del soggetto, viene stabilito, al comma 3 dell’articolo 2 del menzionato D.P.R. n. 441 del 1997, che la presunzione di cessione non opera a condizione che la perdita dei beni stessi sia comprovata:
a) da idonea documentazione di un organo della pubblica amministrazione o, in mancanza, da dichiarazione sostitutiva di atto notorio ai sensi della legge 4 gennaio 1968, n. 15, da cui risulti il verificarsi dell’evento, natura, qualità e quantità dei beni perduti e l’indicazione, sulla base del prezzo d’acquisto, del relativo ammontare complessivo;.
b) da comunicazione redatta sull’apposito modello ministeriale da inviarsi, entro trenta giorni dal verificarsi dell’evento o dalla scoperta o notizia, agli Uffici delle Entrate o, in mancanza, agli Uffici delle Imposte Dirette e ai Comandi della Guardia di Finanza (competenti in relazione al domicilio fiscale del contribuente). Detta comunicazione deve contenere i dati di cui al punto precedente; in attesa del decreto ministeriale di approvazione dello specifico modello è consentita, ovviamente, la comunicazione in carta libera.
1.3.3 La distruzione dei beni o la trasformazione in beni di altro tipo e di più modesto valore economico
Nel caso di distruzione di beni o di loro trasformazione in prodotti di modesto valore economico (ipotesi in passato disciplinata dalla circolare ministeriale 20 settembre 1988, n. 23, emanata dalle soppresse Direzioni Generali delle Imposte Dirette e delle Tasse), il comma 4 dell’art. 2 del D.P.R. n. 441 del 1997 stabilisce, ai fini della prova, una particolare procedura così articolata:
a) redazione di una comunicazione sull’apposito modello ministeriale che deve essere inviato agli Uffici delle Entrate o, in mancanza, agli Uffici delle Imposte Dirette e ai Comandi della Guardia di Finanza (competenti in relazione al luogo ove avviene la distruzione o trasformazione). I suddetti Uffici, nel caso in cui il contribuente abbia il domicilio fiscale in un comune diverso da quello in cui avviene la distruzione o trasformazione dei beni, devono trasmettere, anche a mezzo telefax, il verbale di constatazione all’Ufficio delle Entrate competente in relazione al domicilio fiscale del contribuente che pone in essere la suddetta operazione.
Tale comunicazione deve pervenire almeno cinque giorni prima dell’operazione di distruzione o di trasformazione. Tuttavia, al fine di consentire ai suddetti uffici di assicurare l’effettiva presenza dei funzionari alle cennate operazioni, è opportuno che il contribuente provveda ad inviare con un congruo anticipo, rispetto al termine dei cennati cinque giorni, il modello di comunicazione.
La comunicazione stessa, da redigersi in attesa del modello ministeriale su carta libera, deve contenere: il luogo, la data e l’ora in cui verranno poste in essere le operazioni, le modalità di distruzione o di trasformazione; la natura, qualità e quantità dei beni; l’ammontare complessivo, sulla base del prezzo di acquisto, dei beni da distruggere o trasformare nonchè il valore ottenibile dalla distruzione o trasformazione.
Si evidenzia che tale comunicazione non è necessaria (e, quindi, non deve essere inviata), quando la distruzione è disposta da un organo della pubblica amministrazione;
b) redazione di apposito verbale compilato dai funzionari dell’amministrazione finanziaria, da ufficiali di polizia tributaria o da notai che hanno presenziato alle operazioni ovvero da dichiarazione sostitutiva di atto notorio ai sensi della legge 4 gennaio 1968, n. 15, se l’ammontare dei beni distrutti o trasformati non sia superiore a lire dieci milioni. Da tale verbale o dichiarazione di atto notorio devono risultare: data, ora e luogo in cui avvengono le operazioni, nonchè natura, quantità, qualità e ammontare del costo dei beni distrutti o trasformati.
È appena il caso di precisare che la partecipazione alle operazioni di distruzione o trasformazione del personale dell’amministrazione finanziaria (o dei militari della Guardia di Finanza) deve essere ordinariamente assicurata.
Peraltro, allo scopo di evitare la contemporanea presenza dei funzionari degli uffici e dei militari della Guardia di Finanza, le Direzioni Regionali delle Entrate assicureranno il necessario coordinamento dell’attività d’intesa con i competenti Comandi di Zona del Corpo.
Al riguardo considerata la natura e la tipologia dell’attività di controllo afferente le suddette operazioni, alla stessa può essere destinato anche personale degli uffici finanziari non addetto ordinariamente all’attività di accertamento e controllo, tenuto anche conto della disposizione recata dall’articolo 56 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, come modificato dal decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 80.
L’attività di assistenza alle operazioni di distruzione o trasformazione effettuata dai suddetti uffici finanziari sarà consuntivata nell’ambito del processo “E11035 – Controlli sostanziali imposte dirette” secondo le seguenti modalità: – le ore lavorative effettivamente utilizzate andranno sommate a quelle dedicate ai controlli sostanziali; – le stesse ore lavorative, tramutate in giorni-uomo vanno indicate nell’ambito della procedura informatizzata “Consuntivo delle verifiche e degli accessi eseguiti per conto di altri uffici”.
In tal modo il sistema informativo assicurerà la consuntivazione dell’attività espletata anche in termini di controlli sostanziali equivalenti.
A tal fine la predetta procedura informatizzata sarà opportunamente integrata per individuare anche statisticamente l’attività svolta.
Al riguardo si richiama l’attenzione degli Uffici che alle cennate operazioni deve assistere (ove, beninteso, non sia stato concordato l’intervento dei militari della Guardia di Finanza):
1) il personale degli Uffici delle Entrate;
2) in mancanza, il personale degli Uffici delle Imposte Dirette;
3) in via residuale, nel caso di impossibilità a provvedere da parte dei suddetti uffici, il personale degli Uffici I.V.A.;
c) compilazione obbligatoria del documento di trasporto di cui al D.P.R. 14 agosto 1996, n. 472, progressivamente numerato dall’emittente, quando si provveda alla movimentazione dei beni che si ottengono dalla distruzione o dalla trasformazione.
La procedura formale sopradescritta si rende applicabile tutte le volte che l’imprenditore provvede volontariamente alla distruzione di un bene, strumentale o di magazzino, in dipendenza di un fatto eccezionale.
Rimangono, pertanto, sottratte alla procedura in rassegna tutte quelle distruzioni non dipendenti dalla volontà dell’imprenditore e dall’eccezionalità dell’operazione, ma normalmente connesse a situazioni ricorrenti, quali sfridi, cali naturali, alterazione o superamento del prodotto per le quali permangono le specifiche procedure autorizzate con la prassi precedente.
La procedura in argomento non si applica, inoltre, nell’ipotesi di trasformazione delle merci in beni residuali che rientri nell’attività propria dell’impresa.
Inoltre, i contribuenti che necessitano di avviare a distruzione i beni propri, possono procedere all’operazione mediante consegna dei beni stessi a soggetti autorizzati, ai sensi delle vigenti leggi sullo smaltimento dei rifiuti, all’esercizio di tali operazioni in conto terzi, dimostrando, in tal caso, la distruzione dei beni mediante il formulario di identificazione di cui all’art. 15 del decreto legislativo del 5 febbraio 1997, n. 22 (Supplemento ordinario n. 33 alla G.U. n. 38 del 15 febbraio 1997).
Resta inteso che non opera la presunzione nei casi di cessione dei beni con fatturazione nei confronti di altro imprenditore.
1.3.4 Consegna di beni a terzi a titolo non traslativo
Per quanto attiene alla consegna di beni a terzi a titolo non traslativo della proprietà, ai sensi dell’art. 1, comma 5, del decreto in esame, viene stabilito che la presunzione non opera qualora la suddetta consegna risulti alternativamente:
– dal libro giornale o da altro libro tenuto a norma del codice civile o da apposito registro (libro c/lavorazione, deposito, ecc.) tenuto in conformità all’articolo 39 del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972 o da atto registrato presso l’Ufficio del registro, dai quali risultino la natura, qualità, quantità dei beni medesimi e la causale della consegna;
– dal documento di trasporto previsto dall’art. 1, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica 14 agosto 1996, n. 472, progressivamente numerato dall’emittente e integrato con la relativa causale o, con altro valido documento di consegna;
– da apposita annotazione effettuata, al momento del passaggio dei beni, in uno dei registri previsti dagli articoli 23, 24 e 25 del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, contenente, oltre alla natura, qualità e quantità dei beni, i dati necessari per identificare il soggetto destinatario dei beni e la causale non traslativa dell’invio dei beni.
Per le annotazioni in argomento, non è previsto, trattandosi di un onere e non di un obbligo, alcune termine per l’esecuzione delle stesse; sarà, quindi, cura del soggetto interessato provvedere alle registrazioni al più presto, onde evitare la presunzione di vendita per i beni non ancora annotati.
1.4 Vendita dei beni in blocco
Nell’ipotesi di vendite in blocco o di altre operazioni similari, il comma 5 dell’art. 2 del D.P.R. n. 441 del 1997 stabilisce che, ai fini della prova, tali vendite devono essere documentate:
a) dalla fattura di cui all’art. 21 del D.P.R. n. 633 del 1972;
b) dal documento di trasporto di cui al D.P.R. n. 472 del 1996, progressivamente numerato, da cui risulti la natura e la quantità dei beni nonchè la sottoscrizione del cessionario che attesti la ricezione dei beni stessi.
Il cedente deve, inoltre, indicare, soltanto nell’esemplare del documento di trasporto in suo possesso, l’ammontare complessivo del costo sostenuto per l’acquisto dei beni ceduti, determinabile anche con i criteri del metodo al dettaglio o della media aritmetica ponderata.
Nell’ipotesi in considerazione, pertanto, è necessario, per il superamento della presunzione, provvedere all’emissione oltre che della fattura di vendita, anche del documento di trasporto di cui al D.P.R. n. 472 del 1996.
Ai fini della validità della prova delle vendite effettuate, la norma in esame richiede, infatti, entrambi i documenti sopraindicati. Ciò al fine di consentire all’amministrazione finanziaria un controllo più rapido ed efficace delle operazioni poste in essere e contenere, in tal modo, gli abusi che frequentemente in passato si sono verificati attraverso tali particolari forme di cessioni.
1.5 Cessioni gratuite di cui all’articolo 10, n. 12, del D.P.R. n. 633 del 1972
Una disposizione innovativa rispetto al passato è quella contenuta nel comma 2 dell’art. 2 del D.P.R. n. 441 del 1997; tale disposizione riguarda le cessioni gratuite di cui all’art. 10, n. 12, del D.P.R. n. 633 del 1972.
Trattasi di cessioni di beni che la citata norma include tra le operazioni esenti dall’imposta se effettuate gratuitamente nei confronti di associazioni riconosciute o fondazioni aventi esclusivamente finalità di assistenza, beneficenza, educazione, istruzione, studi o ricerca scientifica e alle ONLUS.
Per dette cessioni, l’art. 2, comma 2, del menzionato D.P.R. n. 441 del 1997 stabilisce che la presunzione non opera qualora la cessione stessa risulti provata dai seguenti documenti:
a) comunicazione scritta da parte del cedente agli Uffici delle Entrate o, in mancanza, agli Uffici delle Imposte Dirette e ai Comandi della Guardia di Finanza (competenti in relazione al domicilio fiscale del contribuente), con l’indicazione della data, ora e luogo di inizio del trasporto, della destinazione finale dei beni, nonchè dell’ammontare complessivo, sulla base del prezzo di acquisto, dei beni gratuitamente ceduti. La comunicazione deve pervenire ai suddetti uffici almeno cinque giorni prima della consegna e può non essere inviata qualora l’ammontare del costo dei beni stessi non sia superiore a lire dieci milioni. In attesa del decreto ministeriale di approvazione dello specifico modello per il sistema informativo dell’Anagrafe Tributaria di cui all’art. 5, comma 1, lett.a) del regolamento in rassegna, è consentita, ovviamente, la comunicazione in carta libera;
b) emissione del documento previsto dal decreto del Presidente della Repubblica 14 agosto 1996, n. 472, progressivamente numerato;
c) dichiarazione sostitutiva di atto notorio ai sensi della legge 4 gennaio 1968, n. 15, con la quale l’ente ricevente attesti natura, qualità e quantità dei beni ricevuti corrispondenti ai dati contenuti nel documento di cui alla lettera b).
In mancanza anche di uno solo di questi adempimenti, la cessione si considera non più esente ex art. 10, n. 12, del D.P.R n. 633 del 1972 ma imponibile al tributo.
2. Presunzione di acquisto
L’art. 3, comma 1, del D.P.R. n. 441 del 1997 stabilisce che i beni che si trovano in uno dei luoghi in cui il contribuente svolge le proprie operazioni si presumono acquistati ove lo stesso non dimostri di averli ricevuti in base ad un rapporto di rappresentanza o ad uno degli altri titoli di cui all’art. 1, nei modi ivi indicati.
Nonostante il tenore letterale della disposizione contenuta nell’art. 3, comma 1, del D.P.R. n. 441 del 1997, la presunzione deve intendersi riferita non solo ai beni merci ma anche alla movimentazione dei beni strumentali.
Permane, ovviamente, l’esonero per i soggetti esercenti solo prestazioni di servizi, per le ragioni già esposte al precedente par. 1.
Non appare superfluo sottolineare i caratteri differenziali delle presunzioni di acquisto rispetto a quelle di cessione. Va rilevato, a tal fine, che la diversità è data dal fatto che le regole, che presiedono alla presunzione d’acquisto, operano in virtù di rinvio ad una parte soltanto delle disposizioni che disciplinano la presunzione di cessione, e precisamente a quelle che configurano le cosiddette “presunzioni miste”; regole comuni, pertanto, ad entrambe le figure in parola.
Rimane, quindi, esclusa, dalla sfera applicativa della presunzione d’acquisto, quella parte della disciplina delle presunzioni di cessione che non è richiamata dal primo comma dell’articolo 3 in commento e che configura la possibilità di mezzo di prova sostanzialmente libero.
È il caso, ad esempio, della presunzione di cessione riconducibile all'”impiego dei beni nella produzione”, per la quale si rinvia a quanto già detto in precedenza.
2.1 Beni ricevuti in base ad un rapporto di rappresentanza o ad altro titolo non traslativo della proprietà
Per i beni ricevuti in base ad un rapporto di rappresentanza o ad altro titolo non traslativo della proprietà, la presunzione legale di acquisto può essere superata, a norma dell’articolo 3, comma 1 citato, e, analogamente a quanto accade per vincere la presunzione di vendita, con la dimostrazione da parte del contribuente che i beni stessi sono giacenti in base ad un rapporto di rappresentanza ovvero di comodato, deposito, mandato, opera ecc.
Tale dimostrazione deve essere fornita dal contribuente con uno dei mezzi di prova indicati nello stesso articolo 1 del D.P.R. n. 441 del 1997 e precedentemente illustrati rispettivamente ai paragrafi 1.2 e 1.3.4 della presente circolare.
Per quanto concerne in particolare il rapporto di rappresentanza si richiamano le istruzioni impartite dalla soppressa Direzione Generale delle Tasse con le risoluzioni n. 361245 del 20 novembre 1976 e n. 520128 del 6 novembre 1978.
2.2 Beni che formano oggetto dell’attività dell’impresa
Quanto ai beni che formano oggetto dell’attività dell’impresa, l’articolo 3, comma 2, del D.P.R. n. 441 del 1997, stabilisce che, per superare la presunzione di acquisto dei beni senza pagamento dell’imposta, occorre fornire il titolo di provenienza dei beni stessi attraverso i seguenti prescritti documenti fiscali:
– fattura; – scontrino o ricevuta fiscale aventi le caratteristiche previste dall’articolo 3 del D.P.R. 21 dicembre 1996, n. 696;
– documento di trasporto di cui al D.P.R. n. 472 del 1996, progressivamente numerato dal ricevente o da altro valido documento di trasporto.
In mancanza dei suddetti documenti la presunzione può essere superata:
– con l’annotazione nel libro giornale o in altro libro tenuto a norma del codice civile o in apposito registro tenuto e conservato ai sensi dell’articolo 39 del D.P.R. n. 633 del 1972 ovvero nel registro di cui all’articolo 25 del citato D.P.R. n. 633, con l’indicazione delle generalità del cedente nonchè della natura, qualità e quantità dei beni e della data di ricezione.
Con la disposizione in esame è stata ampliata da parte del legislatore la possibilità di superare la presunzione d’acquisto qualora il contribuente non sia in grado di esibire alternativamente la fattura, lo scontrino o la ricevuta fiscale aventi le caratteristiche previste dall’articolo 3 del D.P.R. n. 696 del 1996. Ciò, in relazione alla situazione venutasi a creare a seguito della soppressione della bolla di accompagnamento che non esclude, ora, l’ipotesi dell’esistenza di beni in attesa di fattura e privi di altro documento giustificativo. A tale scopo, pertanto, sono stati introdotti, quali ulteriori mezzi di prova a disposizione del contribuente, oltre al documento di trasporto di cui al D.P.R. n. 472 del 1996 o altro valido documento di trasporto, anche le annotazioni nei libri contabili previsti dall’articolo 3, comma 2, del D.P.R. n. 441 del 1997.
Per quanto riguarda in particolare l’obbligo di numerazione da parte del ricevente dei documenti di trasporto dei beni che formano oggetto dell’attività propria dell’impresa, stabilito dall’art. 3, comma 2, del D.P.R. n. 441 del 1997, si precisa che il relativo adempimento può considerarsi assolto qualora il contribuente provveda alla conservazione dei cennati documenti di trasporto. Infatti non appare coerente, come peraltro evidenziato dall’apposita Commissione parlamentare per l’attuazione delle deleghe in materia tributaria, imporre ai contribuenti un obbligo (quello cioè di numerare il documento di trasporto) non previsto dalla normativa istitutiva del documento stesso (cfr., D.P.R. n. 472 del 1996).
2.2.1 Beni acquistati e trasportati con mezzi propri
Come già accennato, l’articolo 1, comma 1, del D.P.R. n. 441 del 1997, ha incluso espressamente tra i luoghi ove il contribuente svolge le proprie operazioni anche i mezzi di trasporto nella disponibilità dell’impresa.
A tal proposito si fa presente che con la circolare ministeriale 16 settembre 1996, n. 225/E è stato precisato che, nell’ipotesi di fatturazione immediata, le merci possono viaggiare senza alcun documento, qualora la relativa fattura venga spedita o consegnata al cessionario entro le ore ventiquattro del giorno in cui è stata effettuata l’operazione.
Inoltre, la circolare ministeriale 15 ottobre 1996, n. 249/E ha chiarito che, nell’ipotesi di fatturazione differita, il documento di trasporto previsto dal D.P.R. n. 472 del 1996, può essere spedito nel giorno in cui è iniziato il trasporto oltre che tramite servizio postale, anche a mezzo corriere oppure tramite gli strumenti elettronici già indicati dalla precedente circolare n. 225/E.
Ne consegue che nell’ipotesi in cui l’imprenditore, con mezzi propri, trasporti, senza documenti giustificativi per le ragioni esposte nelle citate circolari emanate per disciplinare le disposizioni di cui al D.P.R. n. 472 del 1996, le merci acquistate dal proprio fornitore, non si può ragionevolmente presumere, nel caso di controllo in itinere, l’acquisto in evasione d’imposta se non dopo aver accertato, presso il destinatario, la mancanza dei prescritti documenti giustificativi dei beni movimentati e non scortati da alcun documento di trasporto.
2. Operatività delle presunzioni
L’articolo 4 del D.P.R. n. 441 del 1997 regola l’operatività delle presunzioni di cessione e di acquisto.
Al comma 1, del citato articolo 4 viene precisato che gli effetti delle presunzioni di cessione e di acquisto, conseguenti alla rilevazione fisica dei beni, operano esclusivamente al momento dell’inizio degli accessi, controlli e verifiche. La norma, quindi, presuppone implicitamente una verifica fiscale da parte degli organi accertatori al fine di rilevare, al momento dell’inizio delle operazioni di controllo, i beni esistenti nei luoghi di svolgimento delle operazioni del contribuente. Pertanto le presunzioni in argomento operano limitatamente al periodo d’imposta coincidente con l’anno solare nel corso del quale è effettuata la verifica.
Al comma 2 del medesimo articolo 4 viene previsto che le differenze quantitative derivanti dal raffronto tra le risultanze delle scritture di magazzino di cui al D.P.R. n. 600 del 1973 o della documentazione obbligatoria emessa e ricevuta e le consistenze delle rimanenze finali registrate dallo stesso contribuente, costituiscono presunzioni di cessione o di acquisto per il periodo d’imposta oggetto del controllo. In tal caso le presunzioni di cessioni e di acquisto operano anche per i periodi d’imposta precedenti all’anno in corso, ma comunque oggetto del controllo, qualora emergano in relazione a tali annualità le differenze quantitative sopradescritte.
L’applicazione della presunzione di cessione comporta in primo luogo l’irrogazione delle sanzioni previste dagli articoli 41-44 del D.P.R. n. 633 del 1972 (così come modificati a decorrere, dal 1 aprile u.s., dagli articoli 6, comma 1, e 13, comma 1, del D.Lgs. n. 471 del 1997) e consente, in secondo luogo, all’Ufficio di recuperare a tassazione il tributo dovuto della presunta cessione, nelle forme della rettifica o dell’accertamento induttivo ai sensi rispettivamente degli articoli 54, secondo comma e 55 del citato D.P.R. n. 633 del 1972, a seconda che ricorrano i presupposti dell’uno o dell’altro tipo di accertamento.
Quanto, invece, alle conseguenze della presunzione d’acquisto, l’art. 41, sesto comma, del D.P.R. n. 633 del 1972, così come modificato dall’art. 6, comma 8 del già citato D.Lgs. n. 471 del 1997, esplicitamente stabilisce la responsabilità del presunto cessionario per le violazioni in tema di fatturazione; pertanto, tale soggetto è tenuto comunque al pagamento delle sanzioni previste da detta disposizione.
Sempre sul piano degli effetti delle presunzioni in commento e, segnatamente ai poteri d’impulso e d’iniziativa degli uffici in ambito procedimentale, va altresì messo in particolare risalto che:
a) le fattispecie suscettive di applicazione delle presunzioni, sia di cessione che di acquisto, a carico del soggetto non esimono l’Ufficio – per ragioni connesse ad una esigenza di completezza dell’attività dell’accertamento posta in essere nei casi in questione – dal compiere, avvalendosi di tutti gli strumenti e poteri accordatigli dall’ordinamento, ulteriore attività di verifica e controllo, volta – ricorrendone ovviamente le condizioni – alla identificazione anche dell’altro soggetto, che figurerebbe come “controparte” delle operazioni oggetto delle presunzioni stesse (e, come tale, anch’egli “presunto evasore” nella circostanza) ed alla conseguente adozione delle misure previste, anche di natura sanzionatoria, a carico di quest’ultimo;
b) le presunzioni in argomento, specificamente preordinate all’esercizio dell’attività di controllo e di accertamento dell’imposta sul valore aggiunto, e più precisamente quelle di cessione, non possono non riflettersi, quanto ai loro effetti, anche nel campo dell’imposizione diretta, quantomeno nella forma di “presunzioni semplici”. Sussistendo, pertanto, i presupposti giuridici per l’applicazione, agli effetti dell’imposta sul valore aggiunto, delle surrichiamate presunzioni di legge, l’Ufficio I.V.A., laddove non risultino ancora attivati gli Uffici delle Entrate, avrà cura – nel mentre provvederà ad adottare i provvedimenti di propria spettanza e di cui innanzi è cenno – di effettuare, nel contempo, la dovuta segnalazione del caso all’Ufficio delle Imposte Dirette, territorialmente competente.
3. Disposizioni finali
Infine, l’articolo 5 del regolamento in rassegna ha previsto, al comma 1 l’emanazione di appositi decreti ministeriali e al comma 2 ha stabilito il necessario coordinamento legislativo al fine di evitare incertezze interpretative.
In particolare, il comma 1, lettera a) del citato articolo 5, con riguardo alle prove per superare le presunzioni relative ai cali e agli sfridi, ha demandato al Ministro delle Finanze l’emanazione di un apposito decreto che stabilisce, per specifici beni, la misura percentuale dei cali naturali e degli sfridi usuali. In considerazione del particolare tecnicismo necessario per il calcolo delle relative percentuali riferite alle diverse tipologie di beni, si fa presente che l’emanazione del suddetto decreto è subordinata all’acquisizione dei necessari elementi tecnici da parte delle competenti amministrazioni statali nonchè delle associazioni di categoria interessate.
Al comma 1, lettera b), del medesimo articolo 5, viene altresì prevista l’approvazione di un modello, in corso di elaborazione, per le comunicazioni previste dall’articolo 2 del regolamento anche al fine di consentire l’acquisizione dei dati al sistema informativo dell’Anagrafe Tributaria.
Da ultimo il comma 2, dell’articolo 5, del D.P.R. n. 441 del 1997 ha stabilito che, dalla data di entrata in vigore del regolamento (7 gennaio 1998), s’intendono sostituite le norme contenute nell’articolo 53 del D.P.R.
n. 633 del 1972 e i riferimenti a queste ultime norme contenuti in ogni altro testo normativo.
La scrivente si riserva di fornire ulteriori chiarimenti sull’argomento, allorquando saranno approvati i cennati decreti ministeriali di attuazione.
Gli Uffici e le Associazioni di categoria in indirizzo, sono pregate di assicurare la massima diffusione del contenuto della presente circolare.
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