ILLEGITTIMITÀ COSTITUZIONALE DI UNA NORMA REGIONALE LIMITATIVA DELLA PARTECIPAZIONE
(Corte Costituzionale, Sentenza n. 98 del 27 maggio 2020)
Con sentenza n. 98 del 27 maggio 2020, a seguito di impugnativa governativa, la Corte Costituzionale ha dichiarato costituzionalmente illegittimo il comma 4 dell’art. 10 della Legge regionale della Toscana n. 18/2019, il quale disponeva che “[i]n considerazione dell’interesse meramente locale degli interventi, le stazioni appaltanti possono prevedere di riservare la partecipazione alle micro, piccole e medie imprese con sede legale e operativa nel territorio regionale per una quota non superiore al 50 per cento e in tal caso la procedura informatizzata assicura la presenza delle suddette imprese fra gli operatori economici da consultare”.
In particolare, tale norma è stata ritenuta contrastante con l’art. 117, comma 2, lett. e) Cost., nonché con i principi interposti di libera concorrenza e non discriminazione previsti dal Codice degli appalti.
La Corte ha osservato che, in virtù della disposizione censurata, la stazione appaltante poteva prevedere, nell’ambito delle procedure negoziate per l’affidamento di lavori di cui all’articolo 36 del Codice dei contratti, che un certo numero di offerte (non più del 50 per cento) provenisse da micro, piccole e medie imprese toscane, svincolandosi in tal modo dal rispetto dei criteri generali previsti dalla normativa statale per la selezione delle imprese da invitare (in particolare, proprio dall’art. 36 del Codice e dalle linee guida ANAC approvate con delibera 26 ottobre 2016, n. 1097). Ne derivava la possibilità di invitare alla procedura negoziata imprese toscane che altrimenti sarebbero dovute essere escluse a favore di imprese non toscane, in quanto – in ipotesi – maggiormente qualificate, in violazione della disciplina concorrenziale.
Precisata la portata della disposizione impugnata, essa è stata giudicata costituzionalmente illegittima per violazione della ripartizione di competenze delineata dal comma 2, lett. e) dell’art. 117 della Costituzione, la quale attribuisce potestà legislativa esclusiva statale in materia di tutela della concorrenza, a cui naturalmente ineriscono le procedure ad evidenza pubblica.
Peraltro, la Corte ha aggiunto che la norma censurata, oltre ad invadere la competenza statale, si pone in contrasto con i principi di non discriminazione e parità di trattamento previsti dalla disciplina sugli appalti, prevedendo la possibilità di riservare un trattamento di favore per le micro, piccole e medie imprese radicate nel territorio toscano.
Segnatamente, è risultata antinomica rispetto ai parametri interposti costituiti dall’art. 30, comma 1 del Codice, in quanto violativa dei principi di libera concorrenza e non discriminazione in esso sanciti, e dall’art. 36, comma 2, dello stesso Codice, poiché introduceva una possibile riserva di partecipazione (a favore delle micro, piccole e medie imprese locali) non consentita dalla legge statale.
Infatti, come detto, le disposizioni del Codice che regolano le procedure di gara sono riconducibili alla materia della tutela della concorrenza, e in tale ambito le Regioni (anche ad autonomia speciale) non possono dettare una disciplina da esse difforme. Ciò vale anche, secondo la giurisprudenza della Corte, per le disposizioni relative ai contratti sotto-soglia (Corte cost. n. 263 del 2016, n. 184 del 2011, n. 283 e n. 160 del 2009, n. 401 del 2007) senza che rilevi la distinzione tra procedura aperta o negoziata (Corte cost. n. 39 del 2020; n. 322 del 2008).
Ciò premesso, in virtù della declaratoria di incostituzionalità, stante l’efficacia erga omnes ed ex tunc delle pronunce di accoglimento della Corte Costituzionale, devono ritenersi caducate le procedure negoziate avviate dalla Regione Toscana sulla base di tale disposizione e ancora pendenti, fermo restando il limite rappresentato dai c.d. rapporti esauriti.
Allegati: Corte Costituzionale, Sentenza n. 98 del 27 maggio 2020
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