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03.05.2019 - lavori pubblici

DECRETO LEGGE “SBLOCCA-CANTIERI” – PRECISAZIONE DI ALCUNE DISPOSIZIONI DI MODIFICA DEL CODICE DEGLI APPALTI

Come già comunicato, è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 92 del 18 aprile 2019 il Decreto-Legge 18 aprile 2019, n. 32 recante “Disposizioni urgenti per il rilancio del settore dei contratti pubblici, per l’accelerazione degli interventi infrastrutturali, di rigenerazione urbana e di ricostruzione a seguito di eventi sismici” – c.d. “Sblocca Cantieri”.
Il decreto è entrato in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione sulla G.U.R.I, ossia, a decorrere dal 19 aprile 2019.
Il provvedimento è stato già trasmesso al Senato per l’avvio dell’iter di conversione in legge, che andrà ultimato entro i prossimi 60 giorni (ossia entro il 17 giugno p.v.).
Nella formulazione pubblicata in gazzetta – che si compone di 30 articoli e 2 allegati – l’articolato è suddiviso nei seguenti 3 Capi:

  • Capo I (artt. 1- 5) – Norme in materia di contratti pubblici, di accelerazione degli interventi infrastrutturali, e di rigenerazione urbana
  • Capo II (artt. 6-20)– Disposizioni relative agli eventi sismici della regione Molise e dell’area Etnea
  • Capo III (artt. 21-30) – Disposizioni relative agli eventi sismici dell’Abruzzo nell’anno 2009, del centro Italia negli anni 2016 e 2017 e nei comuni di Casamicciola terme e Lacco ameno dell’isola di Ischia nel 2017

Di seguito, si riportano alcune delucidazioni in merito ad alcuni provvedimenti contenuti nello “Sblocca -Cantieri” che riguardano gli appalti pubblici, facendo riserva di ulteriore commento per gli aspetti qui non ripresi.

– Qualificazione Soa – Estensione del periodo documentabile
L’arco temporale di riferimento per la comprova dei requisiti di capacità economico-finanziaria e tecnico-organizzativa, funzionali al conseguimento dell’attestazione SOA è stato ampliato, a seguito della modifica dell’articolo 84, comma 4, lett. b) del Codice, introdotta dall’articolo 1, comma 1, lett. p), n. 3), del decreto Sblocca Cantieri. Si passa, infatti, dall’attuale decennio ai quindici anni antecedenti il contratto con la SOA.
Alla luce di questa innovazione, potrebbe essere di particolare interesse per le imprese impegnate negli appalti pubblici stipulare nuovi contratti di qualificazione con la Soa di riferimento, la cui sottoscrizione ricada nella “nuova epoca”, in modo da poter beneficiare di un maggiore ambito temporale ai fini della qualificazione Soa.
Tale innovazione normativa ha suscitato la perplessità di chi ritiene che una siffatta estensione del periodo temporale rischi di abbassare il livello reale di qualificazione delle imprese e di sminuire la valutazione delle Soa.
D’altra parte, deve considerarsi che l’industria italiana sta tentando di uscire, con molta fatica, da una crisi economica di durata quasi decennale, sicché tale estensione temporale pare consentire un po’ di respiro a quelle imprese che, proprio in ragione della crisi economica, hanno subito un fisiologico calo del volume d’affari, senza tuttavia perdere l’esperienza professionale che sta alla base del sistema di attestazione Soa.
In definitiva questa modifica normativa testimonia la centralità del ruolo che le Soa sono state capaci di acquisire nel corso degli anni, come di recente affermato dallo stesso presidente Cantone, che ha recentemente elogiato il sistema Soa, per essere cresciuto nel corso del tempo in termini di trasparenza e correttezza.

– Criteri di aggiudicazione
Attraverso l’inserimento del comma 9 – bis all’articolo 36 del D.lgs. 50/2016 viene stabilito che per i contratti di importo inferiore alla soglia comunitaria l’aggiudicazione debba avvenire ricorrendo di norma all’utilizzo del prezzo più basso. E’ stata quindi innalzata dagli attuali 2 milioni di euro fino alla soglia comunitaria pari ad euro 5.548.000 la possibilità per le amministrazioni di utilizzare nell’ambito di appalti di lavori il criterio del minor prezzo (o massimo ribasso), con obbligo di applicare l’esclusione automatica delle offerte anomale, laddove l’appalto non presenti carattere “transfrontaliero” ed il numero delle offerte ammesse non sia inferiore a 10.
Inoltre, è stato modificato il cd. sistema “antiturbativa”, finalizzato a determinare la soglia di anomalia delle offerte. In particolare, è stato eliminato l’attuale meccanismo di sorteggio tra 5 diversi possibili metodi matematici, prevedendo soltanto due metodi alternativi, scelti in base al fatto che il numero delle offerte ammesse sia inferiore o superiore a 15.
L’utilizzo del criterio di aggiudicazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa è consentito solo previa adeguata motivazione da parte dell’ente appaltante. Tale criterio rimane come riferimento principale solo per gli appalti sopra soglia comunitaria. Infine è stato eliminata la previsione di un tetto massimo del 30 per cento al punteggio attribuibile all’elemento prezzo.
Per coerenza, vengono abrogate le lettere a) e c) del comma 4 dell’articolo 95 del D.lgs. 50/2016. Si tratta delle norme che consentivano il ricorso al criterio di aggiudicazione del prezzo più basso per l’affidamento dei lavori fino a 2 milioni di euro (lettera a) ovvero per i servizi e le forniture di importo fino a 40.000 euro ovvero sino alla soglia comunitaria ma solo se caratterizzati da elevata ripetitività (lettera c). È evidente che queste due disposizioni, che disciplinavo ipotesi particolari in cui era consentito il ricorso al prezzo più basso, avevano un senso fino a quando costituivano una deroga alla regola generale che imponeva l’utilizzo dell’offerta economicamente più vantaggiosa, ma perdono di ogni significato – e vengono quindi coerentemente abrogate – nel momento in cui è proprio il prezzo più basso il criterio da utilizzare in via ordinaria.
Va sottolineato che la norma introdotta attraverso l’inserimento del comma 9 – bis all’articolo 36 non lascia alcuno spazio di discrezionalità in capo agli enti appaltanti. La formulazione utilizzata configura infatti un vero e proprio obbligo di ricorso al criterio del prezzo più basso e non una semplice facoltà. In sostanza, a meno che gli enti appaltanti non forniscano adegua motivazione che giustifichi l’utilizzo del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, gli stessi sono tenuti a utilizzare per i contratti sotto soglia il criterio di aggiudicazione del prezzo più basso.
Le uniche deroghe a tale obbligo sono indicate dallo stesso legislatore, che sempre al comma 9 – bis stabilisce che resta salvo quanto previsto al comma 3 dell’articolo 95. Di conseguenza, vanno affidati necessariamente con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa:
a) i servizi sociali e di ristorazione ospedaliera;
b) i servizi ad alta intensità di manodopera ;
c) i servizi di ingegneria e architettura e i servizi di natura tecnica e intellettuale, ma solo se di importo pari o superiore a 40.000 euro;
d) i servizi e le forniture di importo pari o superiore a 40.000 euro caratterizzati da notevole contenuto tecnologico o che hanno carattere innovativo (ipotesi introdotta dal Decreto sblocca cantieri attraverso l’inserimento della lettera b – bis) al comma 3 dell’articolo 95).

Per completezza del quadro va ricordato che resta ferma la previsione contenuta al comma 4, lettera b) dell’articolo 95, secondo cui è possibile – ma non obbligatorio – ricorrere al criterio del prezzo più basso per l’affidamento di servizi e forniture con caratteristiche standardizzate o le cui condizioni sono definite dal mercato, qualunque sia il loro importo.
Vi è, infine, una fondamentale novità per ciò che concerne le modalità di utilizzo di tale criterio dell’oepv. Il Decreto “Sblocca-Cantieri” abroga la previsione contenuta al comma 10 – bis dell’articolo 95, che stabiliva un tetto massimo del 30% da attribuire al punteggio economico. Ciò significa che nell’ambito del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa il peso ponderale dell’elemento prezzo è astrattamente senza limiti. Si deve tuttavia ritenere che un limite sia comunque connaturato alle caratteristiche del criterio in questione, nel senso che il prezzo non può avere un peso preponderante rispetto agli elementi di natura qualitativa. La modifica introdotta consente tuttavia di fissare il peso ponderale deI prezzi almeno fino al 50% del peso complessivo di tutti gli elementi.
Le modifiche introdotte in tema di criteri di aggiudicazione vanno valutate anche alla luce delle previsioni contenute nelle Direttive comunitarie. In particolare queste ultime consentono agli Stati membri di prevedere un divieto per gli enti appaltanti di utilizzare il criterio del prezzo più basso o comunque di limitarne l’uso a determinati tipi di appalto. La logica che guida il legislatore comunitario è quindi quella di privilegiare il ricorso all’offerta economicamente più vantaggiosa, ritenendo legittima una previsione della legislazione nazionale che vieti o limiti l’utilizzo del criterio del prezzo più basso.
Le innovazioni introdotte dal Decreto sblocca cantieri vanno invece in una direzione diametralmente opposta. Certamente l’obbligo di utilizzare il criterio del prezzo più basso riguarda essenzialmente i contratti di importo inferiore alle soglie comunitarie, come tali fuori dall’ambito di applicazione delle Direttive Ue. Resta tuttavia il dubbio che la disciplina sui criteri di aggiudicazione possa considerarsi espressione dei principi generali dell’ordinamento comunitario, come tale applicabile anche ai contratti sotto soglia.

– Procedure di aggiudicazione sotto soglia comunitaria
Nessuna variazione viene introdotta per i contratti di importo più contenuto, cioè quelli fino a 40.000 euro, per i quali è mantenuta la possibilità di affidamento diretto.
Oltre tale soglia le fasce di importo vengono ridotte da tre a due. La prima ricomprende i contratti tra 40.000 e inferiori a 200.000, euro per il cui affidamento è previsto il ricorso alla procedura negoziata previa consultazione, ove esistenti, di almeno tre operatori economici per i lavori, mentre per le forniture e i servizi il numero minimo di operatori da invitare resta fissato a cinque.
La seconda fascia ricomprende i contratti di importo pari o superiore a 200.000 euro e fino alle soglie comunitarie. Per questi contratti l’affidamento deve avvenire con procedura aperta e con possibilità di prevedere l’applicazione del meccanismo di esclusione automatica delle offerte anomale, purché il numero delle offerte sia pari o superiore a dieci.
In sostanza si ha un innalzamento da 150.000 a 200.000 euro dell’importo entro il quale è possibile ricorrere a una procedura negoziata invitando tre soli operatori, in luogo dei dieci precedentemente previsti. Di contro, la procedura negoziata non è più ammessa per i contratti fino a 1 milione di euro, per i quali è previsto il ricorso alla procedura aperta.
Sono contestualmente abrogate le deroghe che la Legge di bilancio 2019 (Legge n. 145/2019) aveva introdotto in via transitoria, fino al 31 dicembre 2019, consistenti nella previsione di una fascia di importo intermedia tra 150 mila e 350 mila euro, in cui rivolgere l’invito ad almeno 10 operatori, e nella riduzione a 3 soggetti, in luogo di 10, del numero minimo di invitati nella fascia tra 40 mila e 150 mila euro (comma 2).

In sintesi:
– gli affidamenti di importo inferiore a 40.000 euro sono effettuati mediante affidamento diretto, anche senza previa consultazione di due o più operatori economici;
– gli affidamenti di importo pari o superiore a 40.000 euro e inferiore a 200.000 euro per i lavori, o alle soglie comunitarie per le forniture e i servizi, mediante procedura negoziata previa consultazione, ove esistenti, di almeno tre operatori economici per i lavori, e, per i servizi e le forniture di almeno cinque operatori economici individuati sulla base di indagini di mercato o tramite elenchi di operatori economici, nel rispetto di un criterio di rotazione degli inviti;
– per i lavori di importo pari o superiore a 200.000 euro e fino alle soglie comunitarie mediante procedura aperta così come definita all’articolo 60 del Codice dei contratti pubblici.

È necessario sollevare una criticità, legata alla Linea Guida n. 4 dell’11 marzo 2018 recanti “Procedure per l’affidamento dei contratti pubblici di importo inferiore alle soglie di rilevanza comunitaria, indagini di mercato e formazione e gestione degli elenchi di operatori economici”. Infatti nel nuovo comma 7 dell’articolo 36 del Codice dei contratti pubblici le linee guida ANAC n. 4 vengono sostituite da un nuovo regolamento di cui all’articolo 216, comma 27-octies, introdotto dal decreto-legge Sblocca-Cantieri, con cui sono stabilite le modalità relative alle procedure di cui all’articolo 36, alle indagini di mercato, nonché per la formazione e gestione degli elenchi degli operatori economici. Nel citato articolo è precisato che nelle more dell’adozione, entro 180 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge n. 32/2019 di un regolamento unico recante disposizioni di esecuzione, attuazione e integrazione del Codice, le linee guida adottate in attuazione delle previgenti disposizioni di cui all’articolo 36, comma 7, rimangono in vigore o restano efficaci fino alla data di entrata in vigore del nuovo regolamento. A questo punto è lecito chiedersi come possono restare in vigore le linee guida ANAC n. 4 relative agli importi superiori a 40.000 euro per i quali sono cambiate le regole, per esempio l’obbligo di motivazione nel caso di utilizzo del criterio del minor prezzo quando con l’attuale decreto Sblocca Cantieri l’obbligo di motivazione ricade quando il criterio è quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa e il minor prezzo è stato riconosciuto come criterio ordinario principale. Sarà evidentemente opportuno che Anac operi una attualizzazione delle citate linee guida al decreto-legge 18 aprile 2019, n. 32.

– Subappalto
Ad opera del decreto “Sblocca-Cantieri” è’ stato soppresso l’obbligo di indicazione della terna dei subappaltatori in gara ed il divieto di affidare il subappalto ad altro soggetto concorrente alla medesima gara.
Inoltre, l’articolo 105, nella sua ultima versione dopo il Correttivo del Codice degli appalti, stabiliva nel 30% dell’importo complessivo del contratto la quota massima delle prestazioni subappaltabili.
Il Decreto “Sblocca-cantieri”, attraverso una modifica al comma 2 dell’articolo 105, da un lato rimette ai singoli enti appaltanti la scelta in ordine alla percentuale di prestazioni subappaltabili, dall’altro stabilisce che in ogni caso tale percentuale non può essere superiore al 50% dell’importo complessivo del contratto.
In sostanza la misura delle prestazioni oggetto di possibile subappalto va da zero al 50% dell’importo totale, secondo la scelta che di volta in volta deve essere effettuata dall’ente appaltante dandone evidenza nei documenti di gara. Vi è quindi un vero e proprio obbligo dell’ente appaltante di effettuare tale scelta e di renderla pubblica, non essendo legittimo un bando che non contenga alcuna indicazione sul punto.
Conformemente a quanto già previsto nella versione vigente dell’articolo 105 viene fatto salvo quanto previsto dal comma 5. Quest’ultimo comma stabilisce che per le opere “superspecializzate” l’eventuale subappalto non può superare il 30% dell’importo delle stesse.  Secondo l’interpretazione prevalente e che è stata confermata anche dal Dm 48/2016 la quota dei lavori relativi alle opere “superspecializzate” non si computa ai fini del raggiungimento della quota complessiva dei lavori subappaltabili. Ciò significa da un lato che, nel caso in cui l’appalto ricomprenda anche opere “superspecializzate”, la quota totale del subappalto può essere anche superiore al 50% dell’importo complessivo del contratto; dall’altro, che la quota subappaltabile riferita alle opere “superspecializzate” è sottratta alla scelta discrezionale dell’ente appaltante, nel senso che sussiste anche nell’ipotesi in cui l’ente appaltante non ammetta, in termini generali, alcuna percentuale di lavori subappaltabili.
Tra le condizioni per il ricorso al subappalto il Decreto “Sblocca-cantieri” elimina quella secondo cui l’affidatario del subappalto non doveva aver partecipato alla procedura di gara per l’affidamento dei lavori (comma 4, lettera a), che viene soppresso).
La norma rispondeva all’esigenza di evitare ogni commistione tra la fase di affidamento dei lavori e quella di esecuzione degli stessi lavori in subappalto, sul presupposto che un collegamento tra le due fasi poteva falsare il libero gioco della concorrenza, favorendo accordi collusivi in fase di gara garantendo l’affidamento in subappalto di determinate prestazioni.  Questa esigenza è stata evidentemente ritenuta recessiva rispetto quella della semplificazione, posto che un vincolo di questo tipo rendeva oggettivamente più complicato il ricorso al subappalto. Da qui l’eliminazione di tale vincolo e, di conseguenza, la possibilità di affidare prestazioni in subappalto anche a soggetti che hanno precedentemente partecipato alla gara.
Sotto questo profilo viene eliminata la lettera d) del comma 4, che imponeva al concorrente che richiedeva il subappalto di dimostrare l’assenza di cause di esclusione in capo al subappaltatore. Tuttavia viene aggiunto un periodo alla lettera b) che impone che il subappaltatore, oltre a essere qualificato nella categoria di prestazioni oggetto di subappalto, sia in possesso dei requisiti generali di cui all’articolo 80 (il che equivale all’assenza di cause di esclusione).
Le modifiche introdotte appaiono più di carattere formale che sostanziale. Viene infatti mantenuto l’obbligo secondo cui il subappaltatore non deve essere soggetto a cause di esclusione, eliminando tuttavia l’onere della relativa dimostrazione in capo al concorrente che intende ricorrere al subappalto. Ciò dovrebbe significare che tale dimostrazione non deve essere fornita al momento della richiesta di subappalto, bensì al momento del deposito del contratto di subappalto, attraverso la dichiarazione del subappaltatore, come previsto dal comma 7.
Inoltre, è prevista la possibilità di pagamento diretto al subappaltatore, sulla base della mera richiesta di quest’ultimo.
Due sono le modifiche apportate in tema di pagamento diretto dei subappaltatori, che risultano strettamente correlate tra loro. La prima consiste nella soppressione della lettera a) del comma 13, che prevedeva l’obbligo del pagamento diretto qualora il subappaltatore fosse una micro impresa o una piccola impresa.
La seconda elimina alla lettera c) l’inciso secondo cui il pagamento diretto su richiesta del subappaltatore poteva essere effettuato solo se la natura del contratto lo consentiva. Quest’ultima precisazione – che peraltro riprendeva un’analoga previsione contenuta nella normativa comunitaria – aveva dato luogo a molti dubbi interpretativi, non essendo chiaro quando la natura del contratto era tale da consentire il pagamento diretto.
A seguito delle modifiche introdotte, il pagamento diretto è ammesso – oltre che in caso di inadempimento dell’appaltatore – ogni qualvolta sia richiesto dal subappaltatore, anche diverso dalla micro impresa o piccola impresa. Quando tale richiesta sia avanzata, la stazione appaltante ha l’obbligo di procedere al pagamento diretto, non essendovi alcuno spazio per una diversa scelta discrezionale.

– Inversione apertura offerte e verifica requisiti in gara
Viene prevista la possibilità per le stazioni appaltanti, negli appalti sotto-soglia comunitaria, di esaminare le offerte prima della verifica dell’idoneità dei concorrenti.
Tale facoltà è tuttavia esercitabile solo se prevista nel bando di gara o nell’avviso e sempre che venga attuata una verifica a campione sui partecipanti, oltre che sull’aggiudicatario, che sembrerebbe doversi effettuare dopo la determinazione della soglia di anomalia, con eventuale ricalcolo della stessa.

– Motivi di esclusione
Viene prevista, in risposta ai rilievi formulati dalla Commissione Europea nella procedura di infrazione sul Codice Appalti, la possibilità per la stazione appaltante di escludere un concorrente in caso di violazioni in materia di tasse, imposte e contributi previdenziali non definitivamente accertate. Un intervento paradossale, che rischia di avere un effetto devastante su imprese già stremate. A tal proposito, sia per ciò che concerne i profili fiscali che per quelli contributivi, Ance sta già agendo per circoscrivere il più possibile la portata applicativa delle nuove disposizioni, alla luce delle evidenti criticità che le stesse genereranno se non adeguatamente arginate.
Inoltre, è stato riformulato il comma 10 dell’art. 80 del Codice (comma 1, lett. n, n. 6), che disciplina il periodo di interdizione dalle gare, introducendo due fondamentali innovazioni:

  1. l’allineamento della disciplina sulle cause di esclusione alle novità introdotte dal decreto “Spazza-corrotti” in tema di pena accessoria dell’incapacità a contrattare con la PA;
  2. la previsione che, nei casi di cui al comma 5 dell’art. 80 – tra cui l’illecito professionale e la risoluzione del contratto in danno – il periodo di esclusione pari a 3 anni decorre dalla data di accertamento del fatto in via amministrativa ovvero, in caso di contestazione in giudizio, dalla data della sentenza non più soggetta ad impugnazione. Nel tempo occorrente alla definizione del giudizio, la stazione appaltante deve tener conto di tale fatto ai fini della valutazione della sussistenza del presupposto per l’esclusione.

– Gestione delle gare da parte dei piccoli comuni
Con la modifica dell’art. 37 al comma 4 i Comuni non capoluogo potranno gestire da soli le procedure di gara di maggior rilievo, senza ricorrere a centrali uniche di committenza o stazioni uniche appaltanti.  Il decreto elimina l’obbligo per le amministrazioni comunali non capoluogo di ricorrere a formule di aggregazione per l’acquisizione di lavori, beni e servizi oltre certe soglie.  I Comuni non capoluogo, pertanto, possono scegliere se gestire in proprio le procedure di gara per appalti di valori superiori alle soglie dell’articolo 35 del Codice per beni e servizi o superiori alle soglie interne stabilite dallo stesso articolo 37 per i lavori, oppure continuare a fare ricorso alle centrali uniche di committenza o alle stazioni uniche appaltanti.
L’art. 37 comma 4, del Codice contratti del 2016, in attuazione del principio di delega, prevedeva che – fatto salvo quanto stabilito al precedente comma 1 e al primo periodo del comma 2, i comuni non capoluogo di provincia dovessero procedere necessariamente per i propri affidamenti:
a) ricorrendo a una centrale di committenza o a soggetti aggregatori qualificati;
b) mediante unioni di comuni costituite e qualificate come centrali di committenza, ovvero associandosi o consorziandosi in centrali di committenza nelle forme previste dall’ordinamento.
c) ricorrendo alla stazione unica appaltante costituita presso le province, le città metropolitane ovvero gli enti di area vasta.
Le tre modalità di acquisto aggregato descritte dalla norma e sopra richiamate non vengono eliminate, ma divengono semplici alternative rispetto alla possibilità, comunque riconosciuta ai comuni non capoluogo di provincia, di procedere «direttamente e autonomamente» ai propri affidamenti.
Il comma 4 continua, comunque, a fare riferimento all’applicazione del comma primo del medesimo art. 37 nonché al primo periodo del comma secondo. Pertanto, nel momento in cui sarà operativo il sistema di qualificazione delle stazioni appaltanti di cui all’art. 38 del D. Lgs. 50/2016 anche i comuni non capoluogo dovranno necessariamente qualificarsi per poter procedere agli affidamenti di importo superiore a 40.000 euro per le forniture e i servizi e a 150.000 euro per i lavori. Si rammenta che, nel periodo transitorio, la qualificazione viene provvisoriamente fatta coincidere con l’iscrizione all’Ausa (ovvero all’Anagrafe Unica delle Stazione Appaltanti).
Restano, altresì, invariati gli obblighi di utilizzo di strumenti di acquisto e di negoziazione, anche telematici, previsti dalle vigenti disposizioni in materia di contenimento della spesa, quindi in sostanza gli obblighi di acquisto aggregato previsti dalle varie leggi finanziarie per determinate tipologie di affidamenti, come ad esempio gli acquisti informatici.
La modifica apportata dal Decreto 2Sblocca-Cantieri” è certamente sostanziale, in quanto consente ai Comuni non capoluogo di cimentarsi in via diretta e autonoma anche nelle procedure di gara per gli acquisti di maggior rilievo, sottraendosi all’obbligo di aggregazione.
È interessante comunque notare come una recente sentenza del Tar Brescia (sent. n. 266 del 2019) abbia affermato – con riferimento ad una procedura per l’affidamento in concessione trentennale di una farmacia comunale bandita da un Comune non capoluogo di provincia – che la violazione del principio di aggregazione e centralizzazione delle committenze, anche nei casi previsti dall’art. 37 comma 4 del D.Lgs. n. 50 del 2016 – ovviamente nella formulazione precedente allo Sblocca-cantieri – non sarebbe stata comunque sanzionabile con l’annullamento dell’intera procedura di gara in mancanza di parametri precostituiti che consentissero di misurare la sproporzione tra la complessità della procedura e le competenze tecniche della stazione appaltante.
Questi parametri, ad avviso del TAR Brescia, avrebbero potuto essere forniti solo dal Dpcm deputato ad individuare i requisiti tecnico-organizzativi per la qualificazione delle stazioni appaltanti, come detto non ancora emanato. Prima di quel momento, dunque, secondo l’interpretazione contenuta nella sentenza richiamata, a prescindere dallo “Sblocca-Cantieri”, la violazione dell’obbligo di procedere con l’acquisto aggregato e centralizzato non avrebbe avuto conseguenze sulla legittimità della procedura.

 

 

 


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