APPALTI PUBBLICI – ILLEGITTIMA LA NORMA DEL BANDO CHE NEGA L’ANTICIPAZIONE AL VINCITORE
È illegittima la norma del bando che prevede di non assegnare all’impresa aggiudicataria l’anticipazione finalizzata all’avvio del cantiere. Lo afferma senza mezzi termini l’Anac in un parere di precontenzioso – approvato con la delibera n.1050 del 14 novembre 2018 – promosso congiuntamente dall’impresa e dalla stazione appaltante.
La vertenza riguardava un appalto da poco più di un milione di euro a base d’asta mandato in gara dalla provincia di Cuneo e aggiudicato al termine di una procedura ristretta e con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa.
Secondo la stazione appaltante è indubbio che l’anticipazione sia dovuta all’impresa per gli appalti di importo superiore alla soglia comunitaria. Per gli appalti sotto soglia e affidamento con procedura ristretta, l’amministrazione propende per l’interpretazione opposta, e cioè che «non è dovuta l’anticipazione del prezzo e non trova applicazione l’art. 35 co. 18 del Codice dei Contratti». A sostegno di questa tesi si afferma che «il divieto di anticipazione del prezzo inserito nel capitolato speciale d’appalto relativo alla gara in oggetto sarebbe pienamente valido alla luce di un’interpretazione sistematica del testo di legge. Infatti, l’art. 35 che prevede, al comma 18, l’obbligo di corresponsione dell’anticipazione da parte della stazione appaltante all’appaltatore riguarda le procedure sopra soglia comunitaria e sembrerebbe non applicarsi alla procedura di cui all’oggetto che invece è di importo inferiore a tale soglia e quindi disciplinata dal successivo art. 36 in cui dell’anticipazione del prezzo non si fa menzione».
Tocca invece all’Anac ricordare che è invece obbligatorio «in tutte le procedure di gara», l’accreditamento dell’anticipazione «all’impresa, indipendentemente dalla sua richiesta, entro sei mesi dalla data dell’offerta». L’anticipazione del 20%, ricorda l’Anac, «è subordinata alla costituzione di garanzia fideiussoria bancaria o assicurativa di importo pari all’anticipazione maggiorato del tasso di interesse legale applicato al periodo necessario al recupero dell’anticipazione stessa secondo il cronoprogramma dei lavori».
Le norme contrarie a questa conclusione, rintracciabili nel decreto legge n.79/1997, sono da considerarsi, secondo l’Anac, tacitamente abrogate «per incompatibilità con la nuova disciplina, peraltro di grado gerarchicamente superiore». Di più: «La collocazione della norma nell’ambito dell’art. 35 rubricato “Soglie di rilevanza comunitaria e metodi di calcolo del valore stimato degli appalti” è stata giudicata “infelice e inconferente” dalla dottrina, mostrandosi come una scelta erronea e non sorretta da adeguata motivazione».
Prevale insomma la portata generale dell’obbligo di corrispondere l’anticipatore all’appaltatore individuato con procedura competitiva. Obbligo in linea con «la ratio che sorregge il principio di anticipazione delle somme erogate dall’amministrazione al fine di dare impulso all’iniziativa imprenditoriale, assicurando la disponibilità delle stesse nella delicata fase di avvio dei lavori e di perseguire il pubblico interesse alla corretta e tempestiva esecuzione del contratto». «Non avrebbe quindi senso – prosegue l’Anac – precludere tale facoltà di accesso all’anticipazione per affidamenti di importo inferiore che spesso vedono protagoniste imprese di dimensioni medio piccole e maggiormente tutelate dal legislatore».
L’art. 35 del D.lgs. 50/2016 va considerato dunque una norma di carattere generale che detta disposizioni in ordine alle modalità di calcolo del valore dell’appalto e non una norma specifica relativa ai contratti sopra soglia in contrapposizione alla successiva di cui all’art. 36 e la disposizione del Capitolato che prevede il diniego all’erogazione dell’anticipazione del prezzo deve ritenersi illegittima in quanto contraria alla normativa di settore.
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