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22.01.2019 - lavori pubblici

APPALTI PUBBLICI – ANNULLAMENTO DELLA GARA IN PRESENZA DI OFFERTA NON CONVENIENTE

(Consiglio di Stato, Sezione V, Sentenza n. 6725 del 27 novembre 2018)

La facoltà di non procedere all’aggiudicazione nel caso in cui l’offerta aggiudicataria sia ritenuta non conveniente o non idonea appartiene direttamente all’ente appaltante e non alla commissione giudicatrice. L’esercizio di tale facoltà rientra nella piena discrezionalità dell’ente appaltante e attiene a un apprezzamento di merito sindacabile davanti al giudice amministrativo solo in caso di manifesta illogicità o palese travisamento dei fatti.
In questo senso si è espresso, che affronta anche il tema dell’individuazione del momento da cui decorre il termine per l’impugnazione della mancata aggiudicazione, in relazione ai diversi atti di cui si compone la relativa procedura.

Un ente appaltante aveva indetto una procedura ristretta per l’affidamento di un servizio di trasferimento di materiali, da aggiudicare sulla base del criterio del prezzo più basso.
Nell’ambito della sequenza procedimentale finalizzata all’aggiudicazione si è collocata in prima battuta una comunicazione della commissione giudicatrice che proponeva l’aggiudicazione a favore dell’unico concorrente che aveva partecipato alla procedura.
Tuttavia nella proposta si subordinava l’aggiudicazione alla preventiva valutazione della congruità dell’offerta, che doveva essere effettuata da parte di una commissione appositamente nominata.
Tale commissione concludeva la sua attività istruttoria ritenendo non congrua l’offerta aggiudicataria in quanto i prezzi praticati risultavano di molto superiori a quelle rinvenibili sul mercato, e tenuto conto altresì che i costi indicati nell’offerta erano triplicati e in alcuni casi quadruplicati rispetto a quelli praticati in virtù del precedente contratto.
A valle di questa attività istruttoria della commissione veniva emanata da parte dell’ente appaltante una prima nota a firma del responsabile del procedimento con cui veniva comunicato al concorrente che la sua offerta non era stata ritenuta congrua avuto riguardo ai prezzi di mercato per prestazioni analoghe e che, essendo la sola offerta presentata, la gara sarebbe stata annullata.
A fronte di questa comunicazione il concorrente presentava istanza per l’annullamento in autotutela della nota e contestualmente formulava richiesta di accesso agli atti.
Con successiva lettera l’ente appaltante respingeva l’istanza di annullamento in autotutela e dava comunicazione formale che la gara era da intendersi annullata.
Infine, con avviso pubblicato sul sito istituzionale dell’ente appaltante veniva pubblicizzata la decisione di non dar luogo all’aggiudicazione in ragione della ritenuta non convenienza dell’offerta.
Solo a questo punto il concorrente proponeva ricorso davanti al giudice ammnistrativo, ritenendo che il termine di trenta giorni previsto dal Codice del processo amministrativo decorresse dalla pubblicazione sul sito dell’ultimo avviso, non assumendo rilievo a tali fini le precedenti comunicazioni inviate dall’ente appaltante.
L’esame del ricorso si è quindi svolto su due piani. Il primo, di natura sostanziale, volto a definire le caratteristiche della facoltà di non aggiudicazione per mancanza di congruità dell’offerta. Il secondo, di natura procedurale, diretto a individuare, nell’ambito dei vari atti emanati dall’ente appaltante, quello idoneo far decorrere il termine per l’impugnazione.
Come visto l’ente appaltante ha fatto ricorso alla facoltà di non aggiudicazione del contratto per la ritenuta non convenienza economica dell’offerta aggiudicataria.
Il ricorrente ha contestato le modalità di utilizzo di tale facoltà, rilevando in primo luogo che l’ente appaltante avrebbe dovuto ricorrere ai moduli procedurali volti a contestare la congruità dell’offerta e a quelli tipici dell’autotutela amministrativa. In particolare il ricorrente ha contestato la mancata attivazione del contraddittorio, che non lo avrebbe messo nelle condizioni di far valere le proprie ragioni nei confronti dell’ente appaltante.
Sotto un diverso profilo ha rilevato che l’iter procedurale adottato dall’ente appaltante sarebbe stato viziato in relazione al fatto che la decisione di non aggiudicare è stata adottata dall’ente appaltante senza che vi fosse a monte una proposta di non aggiudicazione da parte della commissione giudicatrice, e quindi con una carenza di istruttoria che avrebbe inciso sulla legittimità del relativo provvedimento.
Le censure indicate sono state respinte dal giudice amministrativo. Quest’ultimo ha infatti evidenziato che la facoltà di non aggiudicazione trova la sua autonoma e compiuta disciplina nell’articolo 95, comma 12, secondo cui la stessa può essere esercitata in presenza di un’offerta che l’ente appaltante ritenga non conveniente o non idonea in relazione all’oggetto del contratto. L’unico vincolo che la norma pone è che tale facoltà deve essere stata espressamente prevista nel bando di gara o nella lettera di invito.
Al di là di tale ultima limitazione non vi sono altri vincoli procedurali che l’ente appaltante deve osservare per il corretto esercizio di tale facoltà. Non è quindi ammissibile richiamare principi e criteri di comportamento che sono tipici di altri procedimenti, come quello di verifica dell’anomalia o di autotutela amministrativa. Emblematico in questo senso è proprio il principio del contraddittorio, che l’ente appaltante non è tenuto in alcun modo a garantire in sede di esercizio della facoltà di non aggiudicazione.
Sotto altro profilo, risulta corretto anche riportare compiutamente tale facoltà in capo all’ente appaltante, senza che si possa configurare alcun passaggio procedurale precedente consistente in una apposita proposta della commissione giudicatrice. In sostanza la valutazione dell’ente appaltante relativamente all’esercizio della facoltà di non aggiudicazione è del tutto autonoma dai passaggi procedurali precedenti, nel senso che si colloca in una fase della procedura in cui la commissione di gara ha esaurito i suoi compiti, rispetto ai quali resta del tutto estranea ogni valutazione relativa alla suddetta facoltà. Detto altrimenti non è la commissione di gara che deve farsi carico, neanche a livello di proposta, della decisione di non aggiudicare per ragioni attinente alla non convenienza economica dell’offerta.
Resta da valutare quali siano i criteri che l’ente appaltante deve rispettare al fine del corretto esercizio della facoltà di non aggiudicazione.
In primo luogo va considerato che la valutazione dell’ente appaltante passa per una preliminare considerazione dell’interesse pubblico, che deve portare alla constatazione di un conflitto tra tale interesse e l’aggiudicazione all’offerta risultata migliore all’esito della gara.
Posto questo principio di base, le valutazioni dell’ente appaltante si muovono nell’ambito della discrezionalità pura, in quanto involgono un giudizio sulla convenienza o meno del futuro contratto. Tale convenienza si riferisce alla non opportunità di dar luogo all’affidamento per ragioni prettamente economiche, che quindi prescindono dalle valutazioni tecniche operate dalla commissione di gara. È evidente che la facoltà di non aggiudicazione, nei termini indicati, è caratterizzata da un’ampia discrezionalità, che attiene essenzialmente a valutazioni di merito. Tuttavia, proprio l’ampiezza dei poteri valutativi che vengono riconosciuti dall’ente appaltante impone che delle decisioni assunte sia data adeguata motivazione, così da consentire la ricostruzione dell’iter logico e l’eventuale sindacato da parte del giudice ammnistrativo, sotto il profilo dell’eccesso di potere.
Il Consiglio di Stato si è occupato anche dell’individuazione dell’atto della procedura i cui contenuti devono ritenersi idonei a far decorrere il termine per impugnare l’esercizio della facoltà di non aggiudicazione.
Come detto in precedenza, l’ente appaltante aveva comunicato l’esercizio della facoltà di non aggiudicazione attraverso tre atti: una nota del Rup, una comunicazione a firma congiunta del Rup e del rappresentate dell’ente appaltante e l’Avviso pubblicato sul sito istituzionale dell’ente.
Quanto alla nota del Rup il giudice amministrativo ha evidenziato come la stessa non potesse considerarsi come atto conclusivo del procedimento, essendo piuttosto un atto endoprocedimentale come tale non suscettibile di autonoma impugnazione.
Ciò in quanto, nonostante la nota del Rup contenesse l’affermazione secondo cui la gara doveva intendersi annullata, lo stesso Rup aveva provveduto subito dopo a convocare nuovamente la commissione di gara, la quale a sua volta aveva proceduto a formulare una proposta di non aggiudicazione. Di conseguenza la nota del Rup veniva a porsi come un atto intermedio, che tuttavia non esauriva il procedimento amministrativo finalizzato all’esercizio della facoltà di non aggiudicazione.
Diversa la valutazione operata nei confronti della successiva comunicazione a firma congiunta del rappresentante dell’ente appaltante e del Rup. In detta comunicazione veniva manifestata chiaramente la volontà di non aggiudicare l’appalto richiamando espressamente l’articolo 95, comma 12. La stessa si pone quindi a tutti gli effetti come un atto conclusivo del procedimento.
Peraltro la comunicazione in questione rappresenta anche l’atto previsto dall’articolo 76, comma 5, lettera c) con cui l’ente appaltante deve comunicare ai concorrenti la decisione di non procedere all’aggiudicazione.
Anche sotto questo profilo essa va quindi considerata idonea a far decorrere il termine per l’impugnazione, che quindi va proposta entro trenta giorni dalla sua avvenuta conoscenza.
Non assume alcun rilievo la circostanza che successivamente sia avvenuta la pubblicazione sul profilo del committente dell’avviso degli esiti della gara ai sensi dell’articolo 29. Questo è infatti un adempimento previsto dal legislatore ai soli fini di trasparenza, cioè per dare pubblicità alle decisioni dell’ente appaltante, ma non vale a spostare in avanti la decorrenza del termine per l’impugnazione.
Lo stesso articolo 29 prevede che la pubblicazione dell’avviso sul profilo del committente faccia decorrere il termine per l’impugnazione solo relativamente ai provvedimenti che determinano le ammissioni o le esclusioni dei concorrenti, mentre negli altri casi – e quindi anche nell’ipotesi di non aggiudicazione della gara per non convenienza economica dell’offerta – la decorrenza del termine è collegata alla conoscenza del provvedimento che conclude l’iter procedurale, nel caso specifico quello relativo all’esercizio della facoltà di non aggiudicare.

 

Allegato:
Sentenza_CDS_offerta conveniente

 

 


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