COSTRUZIONE DI EDIFICI “TUPINI” – CONFERMATA L’ALIQUOTA IVA AL 10%
Confermata l’applicazione dell’aliquota IVA ridotta al 10% ai contratti di appalto per la costruzione di edifici cosiddetti “Tupini” anche se destinati all’attività di agriturismo.
Questo è quanto precisato dall’Agenzia delle Entrate con la risposta n.4 ad un interpello del 18 settembre 2018, resa a un imprenditore agricolo proprietario di un terreno e in possesso della concessione edilizia per la costruzione di tre appartamenti, di cui due da destinare all’attività agrituristica e uno da utilizzare come “prima casa”, e di un garage da destinare all’attività agricola.
La fattispecie presenta le seguenti caratteristiche: l’intero fabbricato, costruito in zona agricola, avrà destinazione agrituristica vincolante per almeno 10 anni, gli appartamenti saranno classificati catastalmente in A/2 (abitazioni), mentre il deposito agricolo sarà classificato come immobile strumentale nella categoria catastale D/10. I costi di costruzione saranno sostenuti interamente dal contribuente istante.
I quesiti posti all’Amministrazione riguardano:
► la possibilità di applicare l’aliquota IVA del 10 % alle spese di costruzione delle singole unità, ai sensi del D.P.R. 633/72, Tabella A, parte III, numeri 127-quaterdecies) e 127-undecies);
► la necessità di ripartire le spese edilizie complessive tra l’attività agrituristica e agricola, e la sfera privata, ai fini della corretta applicazione dell’IVA, in particolare per la corretta detrazione dell’IVA derivante dall’attività imprenditoriale;
► quale criterio utilizzare per imputare le spese edilizie all’attività agrituristica, a quella agricola nonché alla sfera privata.
Con riferimento al primo quesito l’Agenzia delle Entrate accoglie l’istanza del contribuente considerando applicabile al caso di specie, ovvero ai fabbricati che si configurano come “Tupini”, l’aliquota IVA ridotta del 10% ai sensi del n. 127-quaterdecies della Tabella A, parte III del DPR 633/72 che assoggetta a tale minor aliquota le prestazioni di servizi dipendenti da contratti di appalto relativi alla costruzione di case di abitazione di cui al 127-undecies [1].
I fabbricati “Tupini”, come noto, sono quei fabbricati non di lusso, che comprendono oltre alle abitazioni anche negozi e uffici, e che soddisfano i requisiti fissati dalla legge 408/1949 (“legge Tupini”): almeno il 51% della superficie totale dei piani sopra terra deve essere destinato ad abitazioni e non più del 25% della stessa superficie deve essere destinato a negozi o uffici.
Sull’applicabilità, anche a tali edifici, dell’aliquota agevolata al 10%, l’Agenzia richiama:
► la C. M. n. 1/E del 2 marzo 1994, con la quale èstato già chiarito che, sebbene la norma di legge non faccia espresso riferimento alle prestazioni di appalto aventi ad oggetto la realizzazione di interi “edifici Tupini” rese nei confronti di committenti che non li realizzano per la successiva vendita, l’aliquota ridotta debba comunque ritenersi applicabile anche alla realizzazione di tali edifici. Una soluzione diversa sarebbe contraria alla “ratio agevolativa” che caratterizza, ad avviso dell’Agenzia delle Entrate, l’insieme delle disposizioni che disciplinano le aliquote IVA applicabili al settore edilizio per quanto riguarda operazioni di edilizia abitativa economica;
► la R.M. n. 8/E del 14 gennaio 2014 nella quale è stata ammessa l’applicazione dell’aliquota al 10% (sempre ai sensi del citato n. 127- quaterdecies) all’appalto per la costruzione di complessi destinati a residenze turistico-alberghiere i cui edifici erano composti di unità accatastate in A/2 e di locali in aree condominiali accatastati nella categoria D/2. Questo sempre nel rispetto delle proporzioni richieste per la configurabilità degli edifici “Tupini”.
Al riguardo, infatti, l’Agenzia delle Entrate conferma che per “case di abitazione non di lusso” devono intendersi quelle classificate nel gruppo catastale A (diverse da A/1, A/8 e A/9 e A/10) a prescindere dall’utilizzo effettivo e quindi anche se utilizzate per l’attività turistico-alberghiera.
Sul punto l’Agenzia si esprime, quindi, in senso difforme dalla Corte di Cassazione che pronunciandosi riguardo un contratto di appalto avente ad oggetto la costruzione di una struttura destinata a residence turistico-ricettivi, aveva precisato[2] che i locali destinati all’esercizio dell’attività imprenditoriale (scopi “alberghieri”) ancorché classificati nella categoria catastale A/2, avrebbero dovuto essere ricondotti alla categoria del “negozio”.
Ai fini dell’esercizio del diritto della detrazione IVA e in riferimento al secondo e terzo quesito posto all’Agenzia, viene inoltre specificato che le spese di costruzione devono essere ripartite in relazione all’effettiva destinazione di ogni singola unità immobiliare. Quindi quelle riconducibili ai due appartamenti da destinare all’attività agrituristica verranno contabilizzate nell’ambito di tale specifica attività d’impresa, e distinte da quelle relative al locale seminterrato, che verrà, invece, destinato all’attività agricola, nonché da quelle necessarie alla costruzione dell’appartamento da attribuire alla sfera privata dell’istante.
A tal scopo, viene accolta l’istanza del contribuente in merito alla possibilità di utilizzare un criterio di ripartizione basato sulle quote millesimali.
Note:
[1] Cfr.: “127-undecies) case di abitazione non di lusso secondo i criteri di cui al decreto del Ministro dei lavori pubblici 2 agosto 1969, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 218 del 27 agosto 1969, anche se assegnate in proprietà o in godimento a soci da cooperative edilizie e loro consorzi, ancorché non ultimate, purché permanga l’originaria destinazione, qualora non ricorrano le condizioni richiamate nel n. 21) della parte seconda della presente tabella; fabbricati o porzioni di fabbricato, diversi dalle predette case di abitazione, di cui all’art. 13 della legge 2 luglio 1949, n. 408 e successive modificazioni ed integrazioni, ancorché non ultimati, purché permanga l’originaria destinazione, ceduti da imprese costruttrici”.
[2] Cfr. Sentenza n.19197 del 2 agosto 2017.
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