INPS – MALATTIA DEL LAVORATORE – RIPRESA ANTICIPATA CON RIDUZIONE DEL PERIODO DI PROGNOSI RIPORTATO NEL CERTIFICATO – CIRCOLARE N. 79/17
Si informa che l’Inps ha precisato che il dipendente assente per malattia il quale, considerandosi guarito, intenda riprendere il lavoro anticipatamente rispetto alla prognosi formulata dal proprio medico curante, può essere riammesso in servizio soltanto in presenza di un certificato medico di rettifica della prognosi originariamente indicata.
Questo é quanto indicato dall’Istituto con la circolare n. 79 del 2 maggio 2017 con cui in via preliminare, l’Inps ribadisce che l’inosservanza degli obblighi della trasmissione telematica dei certificati di malattia costituisce non solo una violazione della vigente normativa, ma anche una fattispecie di illecito disciplinare (salvo i casi di impedimenti tecnici di trasmissione) per i medici dipendenti da strutture pubbliche o per i medici convenzionati, ed invita quindi le proprie Sedi territoriali a segnalare le eventuali situazioni di inadempienza alle Aziende Sanitarie Locali.
Ciò premesso, la circolare in esame osserva che la data di fine prognosi contenuta nel certificato telematico di malattia (in assenza di ulteriore certificazione) si configura quale termine ultimo ai fini della erogazione dell’indennità economica di malattia, suscettibile peraltro di possibili variazioni sia in termini di prolungamento sia di riduzione, in base ad un decorso rispettivamente più lento o più rapido dell’evento morboso.
Nel caso di prolungamento dello stato di malattia, il lavoratore deve farsi rilasciare dal medico uno o più certificati di continuazione, solo a fronte dei quali è possibile, sul piano previdenziale, il riconoscimento, per l’ulteriore periodo di incapacità temporanea al lavoro, della tutela per malattia.
Nell’ipotesi di guarigione anticipata, il lavoratore deve richiedere una rettifica del certificato con prognosi ancora in corso, al fine di documentare correttamente il periodo di incapacità temporanea al lavoro.
A quest’ultimo riguardo, l’Inps rimarca che la rettifica della data di fine prognosi rappresenta un adempimento obbligatorio da parte del lavoratore, sia nei confronti del datore di lavoro, ai fini della ripresa anticipata dell’attività lavorativa, sia nei confronti dell’Istituto, atteso che, mediante la trasmissione telematica del certificato di malattia, viene avviata l’istruttoria per il riconoscimento della prestazione previdenziale senza necessità di inoltrare alcuna specifica domanda (ad eccezione di quanto previsto dal Decreto Ministeriale 12 gennaio 2001 per i lavoratori iscritti alla Gestione separata).
Sotto il primo aspetto, l’Istituto ritiene che, in presenza di un certificato con prognosi ancora corso, il datore di lavoro non possa consentire al lavoratore di riprendere l’attività lavorativa, tenuto conto delle norme sulla salute e sicurezza sul posto di lavoro. In proposito, l’INPS ricorda che l’art. 2087 del Codice civile impegna il datore di lavoro ad adottare tutte le misure necessarie per la tutela dell’integrità fisica dei prestatori di lavoro e l’art. 20 del Decreto Legislativo 9 aprile 2008, n. 81, obbliga il lavoratore a prendersi cura della propria salute e di quella delle altre persone presenti sul luogo di lavoro.
Di conseguenza, il dipendente assente per malattia che, considerandosi guarito, intenda riprendere anticipatamente il lavoro rispetto alla prognosi formulata dal proprio medico curante, può essere riammesso in servizio solo in presenza di un certificato medico di rettifica della prognosi originariamente indicata.
Per quanto concerne l’obbligo del lavoratore nei confronti dell’Inps, la circolare in discorso evidenzia che la rettifica del certificato telematico viene considerata tempestiva solo laddove intervenga prima della ripresa anticipata dell’attività lavorativa e deve essere richiesta allo stesso medico che ha redatto il certificato riportante una prognosi più lunga.
Nei casi residuali di certificati redatti per causa di forza maggiore in modalità cartacea, il lavoratore dovrà farsi rilasciare apposito certificato di fine prognosi, che dovrà essere inviato immediatamente all’INPS e al datore di lavoro.
Sulla base delle considerazioni sopra richiamate, l’Inps fa presente che qualora emerga, a seguito di assenza ad esito di visita di controllo domiciliare e/o ambulatoriale, la mancata o tardiva comunicazione della ripresa anticipata dell’attività lavorativa, verranno applicate, nei confronti del lavoratore, le sanzioni già previste per i casi di assenza ingiustificata a visita di controllo.
Con circolare n. 166 del 26 luglio 1988, l’Inps ha reso noto che l’assenza ingiustificata alla visita medica di controllo comporta, nell’ambito di una stessa malattia:
• nel caso di prima infrazione, la perdita totale dell’indennità per un massimo di dieci giorni;
• nel caso di seconda infrazione, il dimezzamento dell’indennità per il residuo periodo morboso;
• nel caso di terza infrazione, il mancato riconoscimento dello stato morboso ai fini della corresponsione dell’indennità, a far tempo dalla data di tale infrazione.
La sanzione sarà comminata dall’Istituto al massimo fino al giorno precedente la ripresa della attività lavorativa, considerando tale ripresa come una dichiarazione “di fatto” della fine prognosi (avvenuta nella giornata immediatamente precedente) dell’evento certificato.
Il lavoratore che si trovi nelle ipotesi suindicate e che, risultato assente dal domicilio di reperibilità, venga invitato a visita ambulatoriale, dovrà, comunque, produrre una dichiarazione attestante la ripresa dell’attività lavorativa.
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