CONSORZIO STABILE – NOTA ILLUSTRATIVA DELL’ ANCE
CONSORZIO STABILE – CONSORZIO STABILE – NOTA ILLUSTRATIVA DELL’ANCE
1. Considerazioni generali introduttive
Va preliminarmente chiarito che il consorzio stabile previsto all’art. 12 della legge n. 109/94 come modificato dalla legge n. 166/2002 è nella forma un comune consorzio con attività esterna la cui disciplina è contenuta agli artt. 2602 e seguenti del c.c..
Peraltro, rispetto alla disciplina civilistica, la legislazione speciale disciplinante i consorzi stabili contiene significative disposizioni cogenti integrative e disposizioni derogatorie della stessa disciplina civilistica.
Disposizione integrativa cogente è quella secondo cui, affinchè un consorzio stabile possa legittimamente costituirsi e divenire operativo, sono necessarie le seguenti condizioni:
a. che il consorzio sia formato da almeno tre consorziati;
b. che questi nell’atto costitutivo si siano impegnati ad operare congiuntamente nel settore dei lavori pubblici per almeno cinque anni;
c. che per il perseguimento dei loro fini abbiano istituito una comune struttura di impresa.
Ove manchi, anche parzialmente, una o più di tali condizioni il consorzio non può legittimamente operare nell’esecuzione dei lavori pubblici e la SOA, investita del compito di attribuirle una determinata qualificazione, deve necessariamente rigettare la domanda.
A parte tali disposizioni inderogabili, il consorzio stabile segue la comune disciplina civilistica e perciò ha facoltà di inserire nel proprio statuto le clausole che ritenga più opportune, purchè non si pongano in contrasto, appunto, con la normativa speciale sui lavori pubblici e con i principi generali che necessariamente devono essere rispettati in qualsiasi accordo contrattuale pena la nullità di questo.
Così, per esempio, vi è ampia libertà nella previsione di clausole statutarie circa le modalità di funzionamento del consorzio, purchè sia garantita la partecipazione alla vita dello stesso a tutti i consorziati.
Per il resto la comune disciplina civilistica comporta che il consorzio debba essere costituito con atto redatto in forma scritta, da depositare entro 30 giorni per l’iscrizione presso l’Ufficio del registro delle imprese del luogo nel quale la comune struttura di impresa dovrà operare; che le delibere possano essere impugnate davanti all’Autorità giudiziaria entro 30 giorni dalla loro assunzione; che tutti i contributi dei consorziati vadano a costituire il fondo consortile.
A quest’ultimo proposito è da ritenere che la comune struttura di impresa vada necessariamente a costituire parte integrante del fondo consortile in aggiunta ai contributi dei consorziati.
Circa il tempo minimo di operatività del consorzio (5 anni) si può ritenere che la sua mancata previsione nell’atto costitutivo non determini l’illegittima costituzione del consorzio, trovando in tal caso applicazione l’art. 2604 cod. civ. secondo cui in mancanza di tale determinazione la durata del consorzio si intende ipso iure per il periodo di dieci anni.
2. Vantaggi connessi alla costituzione di consorzi stabili
Fatte le premesse generali di cui al precedente paragrafo è lecito chiedersi quali vantaggi sul piano pratico offre il ricorso a tale figura giuridica considerando che, come è noto, gli appaltatori possono ricorrere in occasione di ogni gara alla forma della associazione temporanea che li vincola, con formalità del tutto semplici e poco costose, esclusivamente per la singola gara cui essa concorre.
Va subito premesso che i vantaggi più evidenti risiedono:
a. nel fatto che il consorzio stabile ottiene la qualificazione SOA sulla base della somma delle qualificazioni possedute dalle singole imprese consorziate;
b. nel fatto che nonostante il presupposto di cui al punto a), il consorzio ha facoltà di fare eseguire i lavori assunti in appalto ad una delle imprese consorziate indicandone il nominativo in sede di offerta (art. 12, comma 2, I parte, e 13, comma 4, II parte L. n. 109/94; art. 97, comma 1, D.P.R. n. 554/99);
c. nel fatto che l’impresa consorziata mantiene comunque la sua autonomia rispetto al consorzio stabile (arg. da art. 97, comma 3, D.P.R. n. 554/99) e che i lavori assunti in appalto ed eseguiti dal consorzio vengono attribuiti ai fini dell’acquisizione di qualificazioni più elevate sia ai consorziati in quanto imprese singole sia al consorzio nelle percentuali stabilite per appaltatore e subappaltatore ai sensi dell’art. 25 comma 6 e 24, comma 1^, lett. b) del D.P.R. n. 34/2000.
Si realizza così un innegabile vantaggio sul piano concreto, assai simile a quello attribuito dalla disciplina vigente (legge n. 422/1909) ai consorzi di cooperative di produzione e lavoro: l’impresa consorziata viene messa in condizione di eseguire lavori di importo più elevato rispetto alla sua qualificazione ed inoltre ai fini dei suoi successivi incrementi di qualificazione può utilizzare il lavoro eseguito.
3. Possibili modalità di operatività del consorzio
L’esposizione dei vantaggi conseguenti la costituzione di un consorzio stabile postula, ai fini di una esauriente trattazione del problema, un chiarimento circa le modalità attraverso cui il consorzio può operare e la verifica sul piano concreto di quale di dette modalità risulti più conveniente.
Dalla disciplina legislativa può argomentarsi che il consorzio può agire in due modi:
a. tramite le singole imprese consorziate e cioè dichiarando in occasione di ogni gara quale sarà l’impresa esecutrice dei lavori;
b. tramite la istituita comune struttura di impresa.
Sul piano pratico i vantaggi maggiori si hanno indubbiamente operando nel modo sub a), perchè in tal caso, come precedentemente detto, l’impresa singola, attraverso lo strumento del consorzio stabile, esegue lavori di importo più elevato rispetto alla sua qualificazione ed inoltre ai fini dell’incremento della qualificazione come impresa singola può avvalersi dell’intero importo dei lavori eseguiti.
È perciò prevedibile e consigliabile che i consorzi stabili decidano di operare, quanto meno prevalentemente, attraverso le imprese singole.
Sarà consigliabile l’esecuzione dei lavori attraverso la comune struttura di impresa soltanto in quei casi in cui vi sia la volontà di stabilizzare nel tempo il consorzio, rendendolo permanentemente soggetto imprenditoriale autonomo, attraverso il progressivo incremento della comune struttura di impresa.
4. La società consortile
A quanto ora detto si ricollega la facoltà, sancita dall’art. 10, comma 1, lett. c) della legge n. 109/94, di costituire il consorzio stabile in forma di società consortile e cioè di società che assuma come oggetto sociale le finalità tipiche del consorzio stabile di cui al precedente paragrafo 1.
Viene da chiedersi quale possa essere sul piano pratico il vantaggio di costituire un consorzio stabile in forma di società consortile.
L’interrogativo non ha risposta agevole ove si consideri che il consorzio è strumento più agile e che comporta minori adempimenti sul piano amministrativo e civilistico di quanto non avvenga per le società.
Pertanto, in linea di principio, è prevedibile che la regola sarà costituita dal ricorso al consorzio stabile in senso stretto, mentre il ricorso alla società consortile costituirà l’eccezione; quest’ultima presumibilmente verrà adottata nei casi in cui, come detto in chiusura del precedente paragrafo, l’intendimento delle imprese consorziate sia quello, non tanto di costituire uno strumento di crescita imprenditoriale ed assunzione congiunta per un determinato periodo degli appalti, ma di avviare la costituzione di un nuovo soggetto giuridico al quale nel tempo attribuire totale, stabile e definitiva autonomia.
Vi è però la necessità di far luce su un possibile equivoco: la società consortile, ove costituita come prima detto per dare luogo ad un soggetto autonomo operante come tale stabilmente nel tempo, non può, in un secondo momento, proficuamente trasformarsi in una società comune (non consortile). In tal caso infatti la situazione identificherebbe uno scioglimento della società consortile con attribuzione pro-quota ai consorziati dei requisiti eventualmente maturati a favore del consorzio stesso ai sensi dell’art. 24, comma 1, del D.P.R. n. 34/2000 e art. 97, comma 5, del D.P.R. n. 554/99. In buona sostanza, con la trasformazione da società consortile a società comune verrebbero ad annullarsi (anche sul piano delle responsabilità) le individualità costituite dalle singole imprese consorziate, con la conseguenza che necessariamente dovrebbe ricadersi nello schema del venir meno del fenomeno consortile. In tal caso, dunque, tutti i requisiti maturati dovrebbero essere attribuiti alle singole imprese consorziate, ma non alla società di nuova costituzione; ciò naturalmente salva l’ipotesi che la società di nuova costituzione incorpori le società consorziate ovvero acquisti il loro ramo d’azienda inerente i lavori pubblici.
5. La responsabilità nei confronti dell’amministrazione
La responsabilità dei consorzi stabili è delineata dall’art. 12, comma 2 della legge n. 109/94 e dall’art. 97, comma 1 del D.P.R. n. 554/99. Entrambe tali disposizioni stabiliscono la possibilità di eseguire i lavori tramite il singolo consorziato, ma fanno salva la responsabilità solidale dei consorziati nei confronti della stazione appaltante.
Sul piano lessicale le due disposizioni non sono particolarmente precise, perchè potrebbero far pensare alla responsabilità solidale col consorzio esclusivamente delle imprese indicate come esecutrici dei lavori; senonchè una conclusione di tal genere finirebbe per svuotare di ogni serio contenuto la figura del consorzio stabile, non soltanto con riguardo al vincolo del consorzio nei confronti dell’amministrazione, ma anche con riguardo al vincolo di tutti i consorziati tra di loro.
Infatti, ciò che giustifica la disciplina del consorzio stabile è proprio la solidarietà di tutti i consorziati; questa fa si che vi sia l’interesse comune a che l’opera venga realizzata correttamente perchè, in caso contrario, vi è responsabilità sul piano patrimoniale di tutti i consorziati. Ne consegue che il vincolo di solidarietà determina l’effetto indiretto di impegnare le imprese non esecutrici ad andare in soccorso di quelle esecutrici nel caso in cui queste ultime si trovino in difficoltà e possano perciò risultare inadempienti nei confronti dell’amministrazione. In definitiva è da ritenere sicuramente preferibile la tesi che coinvolge in ogni caso la responsabilità solidale di tutti i consorziati.
Pertanto, nei casi di inadempimento, col fondo consortile rispondono solidalmente col proprio patrimonio non soltanto le imprese esecutrici, ma anche ugualmente le altre imprese consorziate.
Resta da chiarire se l’art. 97, comma 1, che parla di responsabilità sussidiaria e solidale, in qualche modo comporti affinamenti all’art. 12, comma 2, della legge n. 109 che invece parla tout-court di responsabilità solidale. Ove si desse la prevalenza al concetto di sussidiarietà dovrebbe ritenersi che l’amministrazione creditrice, per agire nei confronti dei singoli consorziati, debba prima agire nei confronti del fondo consortile.
La questione sul piano pratico appare di scarsa rilevanza perchè è del tutto evidente che in sede processuale l’amministrazione ha pieno titolo per chiamare in giudizio il consorzio e tutte le consorziate. Sicchè il limite della sussidiarietà esplicherebbe i suoi effetti soltanto in sede di processo di esecuzione allorchè, prima di procedere al pignoramento sui beni dei singoli consorziati, il creditore dovrebbe promuovere gli atti esecutivi nei confronti del consorzio.
Al di là di tale considerazione, che comunque rivela come il problema abbia portata del tutto limitata, è da ritenere che la solidarietà sia piena, perchè tale è delineata dalla norma di legge che non potrebbe pertanto subire limitazioni ad opera della successiva norma regolamentare.
6. La responsabilità nei confronti dei terzi
La responsabilità del consorzio stabile nei confronti dei terzi non appare disciplinata dalla legislazione speciale nè risulta ad essa estensibile analogicamente il regime della responsabilità nei confronti dell’amministrazione; ciò perchè la ratio di quest’ultima va individuata nell’esigenza di garantire più sensibilmente il pubblico interesse e nell’esigenza di consolidare il rapporto tra i consorziati. Tale ratio non ricorre nel caso dei rapporti con i terzi (subappaltatori, banche, maestranze, fornitori, ecc.), sicchè, relativamente a questi, si ritiene debba operare il regime civilistico generale di cui all’art. 2615 del cod. civ..
Secondo quest’ultimo vi è una disciplina differenziata a seconda che l’obbligazione sia stata assunta dal consorzio in nome proprio ovvero in nome dei singoli consorziati.
Nel primo caso i terzi possono fare valere i loro diritti esclusivamente sul fondo consortile.
Nel secondo col fondo consortile risponde il consorziato in nome del quale il consorzio ha agito, ed in caso di insolvenza di quest’ultimo, tutti gli altri consorziati in proporzione alle rispettive quote di partecipazione.
Va da sè che, qualora l’obbligazione nei confronti del terzo sia assunta non dal consorzio ma direttamente dall’impresa consorziata indicata come esecutrice, la responsabilità nei confronti del terzo sarà soltanto di quest’ultima.
7. Divieti
L’art. 12, comma 5, pone il divieto di partecipare alla medesima gara per il consorzio e per i singoli consorziati; la ratio risiede nell’esigenza di evitare potenziali collusioni in ragione della sostanziale identificazione tra consorzio e consorziati.
La norma, per argomento a contrario, lascia intendere che è invece ammessa la possibilità per i consorziati di concorrere a gare cui il consorzio stabile non partecipi, venendo così lasciato ai consorziati stessi un largo margine di autonomia operativa.
Nel caso di partecipazione contemporanea alla medesima gara è da ritenere che debbano essere escluse sia l’offerta del consorzio sia quella del consorziato, essendo interdetta all’amministrazione la possibilità di verificare a quale dei due soggetti attribuire la responsabilità della violazione del divieto. Naturalmente, per quanto attiene ai rapporti interni tra i consorziati, nella sede giurisdizionale civile occorrerà stabilire se il comportamento scorretto che ha dato luogo alla doppia esclusione sia stato del consorzio ovvero del singolo consorziato, tenuto conto dei patti e delle delibere consortili.
Le conclusioni cui ora si è pervenuti non si ricavano in modo del tutto pacifico dalla lettura della norma. Infatti, mentre l’art. 12, comma 5, vieta la contemporanea partecipazione alla gara del consorzio e di tutti i consorziati, l’art. 13, comma 4, parte II, sembra circoscrivere il divieto soltanto ai consorziati indicati dal consorzio quali esecutori dei lavori.
Nel contrasto tra le due norme si ritiene, quanto meno cautelativamente, doversi dare prevalenza alla prima e cioè a quella contenente il divieto più generale, non fosse altro perchè immediatamente di seguito contiene la disposizione penale che sanziona automaticamente il divieto stesso con l’applicazione della fattispecie di cui all’art. 353 codice penale (turbativa d’asta).
Quest’ultima disposizione lascia del tutto perplessi proprio perchè sembra sancire l’automatica condanna per una fattispecie penale stabilita esclusivamente a titolo di dolo, che presuppone cioè l’accertamento della volontà di turbare una gara per trarne indebito profitto. E poichè le disposizioni vanno interpretate nel senso più conforme ai principi costituzionali ed a quelli generali del nostro ordinamento giuridico è sostenibile certamente la tesi secondo cui, nonostante la cattiva formulazione dell’art. 12, comma 5, la condanna per il reato ivi previsto possa avvenire soltanto a seguito della accertata volontà di trarre indebito profitto da una gara, con esclusione perciò di eventuali ipotesi colpose.
È poi da notare che la legge n. 166/2002 ha abrogato la seconda parte del comma 5 dell’art. 12, nella quale era posto divieto ai partecipanti al consorzio stabile di costituire tra loro o con terzi altri consorzi o associazioni temporanee. Deve perciò ritenersi consentito ai soggetti consorziati di costituire associazioni temporanee tra loro o con terzi; resta il problema se possano partecipare alla medesima gara un consorzio stabile ed una associazione temporanea ovvero un consorzio non stabile di cui faccia parte la stessa impresa costituente il consorzio stabile stesso. Anche in tal caso la norma non offre una sicura risposta sicchè deve necessariamente verificarsi se il principio posto a base del divieto sia estensibile a questa particolare fattispecie. La risposta sembra dover essere affermativa perchè se vige il divieto di partecipazione contemporanea alla stessa gara del consorzio stabile e dei singoli consorziati, situazione analoga, anche se più sfumata, va considerata la contemporanea partecipazione del consorzio stabile e di una associazione contenente al suo interno una impresa consorziata. Si ritiene pertanto, quantomeno in una prima fase di applicazione della legge, di consigliare di evitare tali situazioni di doppia partecipazione anche in ragione dell’indirizzo giurisprudenziale che vieta la contemporanea partecipazione ad una gara dello stesso soggetto in più vesti, quali che esse siano.
8. La qualificazione
Per quanto concerne la qualificazione, occorre distinguere quella del consorzio stabile inerente i primi cinque anni dalla sua costituzione dalle qualificazioni successive.
Per quanto concerne la prima, dall’art. 12, comma 8 ter, della legge n. 109/94 come modificato dalla legge n. 166/02 si ricava che la prima qualificazione successiva alla costituzione debba necessariamente avvenire da parte della SOA sulla base della somma delle qualificazioni possedute dalle singole imprese consorziate.
Nel caso in cui tale somma ricada in un importo intermedio tra una classifica e l’altra la qualificazione è ottenuta per la classifica inferiore o in quella superiore a seconda che la somma si collochi al di sotto ovvero alla pari o al di sopra della metà dell’intervallo tra le due classifiche.
Per la qualificazione alla classifica di importo illimitato è necessario che almeno una delle consorziate possieda tale qualificazione ovvero che tra le consorziate ve ne sia almeno una con qualifica alla classifica VII e due alla classifica V ovvero ve ne siano almeno tre con classifica VI.
Per quanto concerne le qualificazioni successive alla prima il sistema legislativo non è chiaro.
Dalla lettura delle varie disposizioni ed in particolare degli articoli 12, comma 8 ter della legge n. 109/94, degli artt. 25 e 18 del D.P.R. n. 34/2000 sembra potersi ricavare che ai fini delle qualificazioni successive ai primi cinque anni il consorzio stabile abbia facoltà di scegliere tra due sistemi: o proseguire nella qualificazione fondata sulla somma delle qualificazioni delle singole imprese ovvero optare per una qualificazione del consorzio in sì considerato sulla base dei requisiti dallo stesso acquisiti ai sensi dell’art. 25, comma 6 e 18 commi 3, 9 e 13, D.P.R. n. 34/2000.
L’opzione tra l’uno o l’altro sistema di qualificazione di fatto verrà a dipendere dalle modalità con cui il consorzio ha operato; infatti, se il consorzio ha totalmente o prevalentemente operato facendo eseguire ai singoli consorziati, essendo maturati i requisiti essenzialmente in capo a questi ultimi, avrà tutto l’interesse ad optare per il sistema fondato sulla somma delle singole qualificazioni; se invece avrà totalmente o prevalentemente operato con la propria struttura di impresa potrà avere interesse ad optare per la qualificazione del consorzio in quanto tale, essendo medio tempore maturati i requisiti, appunto, in favore di questo.
Disposizione di particolare favore per i consorzi stabili è quella contenuta al comma 8 bis dell’art. 12, della legge n. 109/94, introdotto dalla legge n. 166/2002, secondo cui, ai fini della partecipazione alle gare, la somma delle cifre di affari realizzata da ciascuna impresa nel quinquennio antecedente alla pubblicazione del bando è incrementata di una percentuale pari al 20% nel primo anno, al 15% nel secondo e al 10% negli anni successivi fino al compimento del quinquennio.
La disposizione va riferita all’art. 3, comma 6, del D.P.R. n. 34/2000, secondo cui per gli appalti di importo superiore ad Euro 20.658.276, l’impresa, oltre alla qualificazione nella classifica VIII, deve aver realizzato nel quinquennio antecedente alla pubblicazione del bando una cifra d’affari in lavori non inferiore a tre volte l’importo a base di asta.
Per i consorzi stabili la possibilità di incrementare nelle misure sopra dette la somma delle cifre di affari delle imprese consorziate costituisce una evidente facilitazione ai fini della partecipazione a tali gare.
9. Scioglimento
Nel caso di scioglimento del consorzio i requisiti maturati a favore di questo sono attribuiti pro quota ai singoli consorziati in proporzione all’apporto dato dagli stessi nell’esecuzione dei lavori (art. 97, comma 5, D.P.R. n. 554/99).
Peraltro, l’art. 12, comma 2, II parte, della legge, stabilisce che tali requisiti possano essere attribuiti ai singoli consorziati purchè lo scioglimento avvenga prima dei sei anni dalla data di costituzione del consorzio. Quest’ultima disposizione non è pienamente comprensibile sul piano logico perchè di fatto costituisce un incoraggiamento allo scioglimento prima dello scadere dei sei anni, considerato che se lo scioglimento avviene successivamente i singoli consorziati non possono avvalersi dei requisiti maturati a favore del consorzio. È perciò sul punto auspicabile un chiarimento legislativo.
10. Modifiche nella composizione del consorzio
Va innanzitutto precisato che lo statuto del consorzio deve escludere la possibilità di recesso per i singoli consorziati per i primi cinque anni, ciò perchè elemento caratterizzante di tale figura è appunto la volontà di operare stabilmente per un periodo non inferiore a cinque anni.
Ne consegue che ove uno statuto prevedesse la possibilità di recesso ad libitum in tale periodo la SOA dovrebbe ritenere ciò come elemento preclusivo alla qualificazione.
Naturalmente quanto ora detto riguarda il recesso ad libitum e non anche il recesso per giusta causa o le ipotesi di risoluzione per inadempimento dei consorziati. Eventuali clausole dello statuto che negassero tali possibilità sarebbero da considerare nulle trattandosi di istituti a carattere inderogabile.
Viene da chiedersi cosa avvenga qualora per un qualsivoglia motivo muti la composizione del consorzio o per effetto dell’ingresso di altre consorziate o per effetto del venir meno di una o più consorziate.
È da ritenere che in ogni caso il consorzio debba dare immediata notizia alla SOA. Nel caso di ingresso di altra consorziata perchè la SOA possa verificare la sussistenza in capo all’impresa subentrante dei requisiti di ordine generale di cui all’art. 17 del D.P.R. n. 34/2000 ed eventualmente dare luogo ad un incremento di qualificazione del consorzio. Identica considerazione va fatta nel caso di fuoriuscita da parte di uno o più consorziati, perchè in tal caso la SOA deve essere messa in condizione di ridimensionare eventualmente la qualificazione del consorzio.
11. Fallimento nel corso dell’esecuzione di un appalto
Problema particolarmente delicato è quello dell’eventualità che una delle imprese consorziate sia dichiarata fallita nel corso dell’esecuzione di un appalto.
In tal caso occorre in termini generali verificare se la ridotta qualificazione del consorzio copra l’importo dei lavori ancora da eseguire. In caso affermativo il consorzio può senz’altro proseguire nell’appalto eventualmente sostituendo l’impresa originariamente indicata come esecutrice con altra impresa consorziata.
Può verificarsi l’ipotesi in cui a seguito del fallimento della consorziata l’idoneità del consorzio si riduca al di sotto dei lavori ancora da eseguire. In tal caso è da ritenere che rientri nella discrezionalità dell’amministrazione l’apprezzamento circa la possibilità di proseguire nella esecuzione dell’appalto, tenuto conto di tutte le circostanze del caso.
Così, per esempio, se i lavori sono in fase di avanzata esecuzione e pur nella sua ridotta composizione il consorzio dia garanzie di buona esecuzione, l’amministrazione potrà ritenere vantaggioso per il pubblico interesse non interporre ostacoli alla prosecuzione e completamento dei lavori.
Ove invece si manifestino controindicazioni, l’amministrazione potrà subordinare la prosecuzione dei lavori alla reintegrazione dell’idoneità del consorzio con la sostituzione dell’impresa fallita con altra impresa subentrante.
Va infine precisato che nel caso del consorzio stabile che abbia indicato una consorziata dei lavori quale esecutrice, trova applicazione nel caso di fallimento di quest’ultima, l’art. 81 della legge fallimentare secondo cui il curatore può chiedere di proseguire nell’esecuzione e l’amministrazione può assentirvi se lo stesso offre garanzie per la corretta prosecuzione dell’appalto.
12. Inadempimento
Altro problema particolarmente delicato è quello dell’impresa indicata come esecutrice dei lavori che sia inadempiente ai suoi obblighi contrattuali nei confronti dell’ente appaltante.
In tal caso è da ritenere che l’amministrazione possa assentire a che su richiesta del consorzio la prosecuzione dell’appalto avvenga ad opera di altra impresa consorziata in luogo di quella inadempiente. Infatti, la solidarietà opera non soltanto sul piano risarcitorio ma anche su quello dell’adempimento nell’obbligazione principale.
13. Appalti di durata eccedente la vita del consorzio
Sembra doversi escludere la possibilità che un consorzio assuma legittimamente appalti di durata eccedente il suo periodo di operatività; ciò perchè al momento dell’aggiudicazione l’amministrazione non avrebbe certezza circa la volontà di tutti i consorziati di proseguire nell’attività consortile per il periodo necessario a coprire la durata dell’appalto.
In tal caso presumibilmente l’amministrazione considererebbe la circostanza come motivo di esclusione dalla gara e la giurisprudenza amministrativa potrebbe avallare tale impostazione.
La soluzione a un problema di tal genere è agevole e può essere indicata nel senso di stabilire nello statuto un determinato periodo (per esempio 5 anni), ma con l’accettazione da parte di tutti i consorziati di clausola di proroga automatica della durata del consorzio nel caso di aggiudicazione di appalti di durata maggiore.
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