PERMESSO DI COSTRUIRE SENZA PREVENTIVA STIPULA DI CONVENZIONE: ILLEGITTIMO L’ANNULLAMENTO
Illegittimo, per il Consiglio di Stato (sez. VI, sentenza n. 3997 del 27/9/2016) l’annullamento, in autotutela, del permesso di costruire rilasciato sette anni prima, motivato dal fatto che, secondo le NTA, per la realizzazione degli interventi sarebbe stata necessaria la stipula di una convenzione e l’approvazione di un piano particolareggiato di esecuzione di iniziativa comunale.
La vicenda può essere così sintetizzata: una società costruttrice ha realizzato un intervento di nuova edificazione con destinazione uffici, in perfetta conformità con la destinazione urbanistica della zona e sulla base di un regolare permesso di costruire rilasciato dal Comune nel 2006.
A distanza di oltre sette anni dal rilascio del titolo abilitativo, quando i lavori di costruzione erano stati ultimati da tempo e molti degli immobili realizzati venduti a terzi, il Comune nel 2013 disponeva l’annullamento del permesso di costruire in regime di autotutela.
A sostegno dell’annullamento il Comune rilevava, in sostanza, che la realizzazione in quella zona era subordinata all’approvazione di un piano esecutivo, di iniziativa comunale, esteso all’intera zona.
Perciò pur considerando il tempo trascorso dal rilascio del permesso di costruire il provvedimento di annullamento era ritenuto necessario per perseguire l’assetto urbanistico della zona nell’interessa dell’intera collettività.
Di contro, la società ricorrente manifestava che, in realtà, i fabbricati assentiti erano stati realizzati entro un comparto territoriale caratterizzato da un livello sufficiente di urbanizzazione primaria e secondaria.
La previa e necessaria approvazione di piani particolareggiati doveva, secondo l’appellante, essere ricondotta alla situazione concreta.
Prima di dichiarare la necessità dello strumento attuativo il Comune avrebbe, quindi, dovuto verificare lo stato di urbanizzazione effettiva della zona oggetto dell’intervento e valutare l’impatto del nuovo insediamento in relazione agli insediamenti già presenti nell’area.
Il Comune, invece, non ha specificato in concreto in quale misura le opere di urbanizzazione esistenti in zona difetterebbero.
Se poi il Comune avesse fin dall’inizio informato la società realizzatrice in ordine alla necessità della previa approvazione del piano particolareggiato, l’appellante, prima di procedere alla edificazione, avrebbe richiesto al Comune l’approvazione dello strumento urbanistico attuativo evitando così l’adozione degli atti contestati in giudizio.
Il Consiglio di Stato, nell’accogliere l’istanza della società appellante ha ricordato, in via preliminare che la giurisprudenza amministrativa ha individuato situazioni in presenza delle quali il permesso di costruire può essere legittimamente rilasciato anche in assenza del piano attuativo richiesto dallo strumento urbanistico sovra ordinato, in particolare quando l’area del richiedente sia l’unica a non essere stata ancora edificata pur trovandosi in una zona che, oltre che integralmente interessata da costruzioni, è anche integralmente dotata delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria; qualora, cioè, nel comprensorio interessato, sussista una situazione di fatto corrispondente a quella derivante dall’attuazione del piano esecutivo richiesto dallo strumento urbanistico generale, ovvero siano presenti opere di urbanizzazione primaria e secondaria pari agli standards urbanistici minimi prescritti, sì da rendere superflui gli strumenti attuativi (sulla derogabilità, a determinate, rigorose condizioni, dell’obbligo della preventiva approvazione del piano esecutivo, anche il giudice di primo grado sembra convenire).
In questo senso, e con queste precisazioni, il piano attuativo ammette equipollenti, per dir così, in via di fatto.
La sentenza ha poi rimarcato che spetta unicamente al Comune l’apprezzamento sulla congruità del grado di urbanizzazione dell’area.
Prima di considerare indispensabile la previa adozione del piano attuativo andava verificato in modo puntuale e approfondito da parte dell’amministrazione e con riferimento alla data di adozione del provvedimento lesivo lo stato reale di urbanizzazione dell’intera zona.
In questo senso il provvedimento di autotutela risulta carente di sostegno motivazionale e istruttorio oltre al fatto che sono trascorsi oltre sette anni tra il rilascio del permesso di costruire e detto provvedimento.
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