LA SANATORIA AMBIENTALE
LA SANATORIA AMBIENTALE LA SANATORIA AMBIENTALE
(legge delega 27 dicembre 2004, n. 308)
(a cura del geom. Antonio Gnecchi)
La legge 27 dicembre 2004, n. 308, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 302 del 27 dicembre 2004 n. 187, è entrata in vigore lo scorso 11 gennaio 2005.
La nuova disciplina della sanatoria ambientale contiene due regimi con contenuti e limitazioni diverse.
Abusi conclusi entro il 30 settembre 2004.
La depenalizzazione scatta senza limiti di volume o di superficie e nemmeno di destinazione d’uso per chi ha eseguito interventi senza autorizzazione paesaggistica o in difformità dalla stessa, fino al 30 settembre 2004.
Gli interventi eseguiti devono però ottenere la compatibilità paesistica che viene accertata dall’ente preposto alla tutela del vincolo, previo parere della soprintendenza, non vincolante.
Una condizione per il rilascio della sanatoria ambientale è che le tipologie edilizie e i materiali devono essere compatibili con il contesto paesaggistico.
Altra condizione è quella di pagare una sanzione. Una parte di questa sanzione riguarda la somma indicata dall’articolo 167 del decreto legislativo n. 42/04 che è pari al maggior importo tra il danno arrecato e il profitto conseguito mediante la trasgressione, tenuto conto che quest’ultimo deriva comunque a fronte delle spese sostenute per la realizzazione delle opere. Tale importo, deriva da una perizia di stima dell’ufficio tecnico, viene poi incrementata di una cifra variabile fra un terzo e la metà.
A questo importo poi va aggiunta una sanzione ulteriore fissata da chi rilascia la certificazione di compatibilità paesaggistica tra i 3 mila e i 50 mila euro.
Una annotazione è doverosa sulle sanzioni pecuniarie di cui sopra che devono essere versate anticipatamente. È vero che la legge dice che i trasgressori abbiano previamente pagato le sanzioni, ma è anche vero che le somme devono essere versate anticipatamente rispetto al conseguimento della compatibilità paesaggistica.
La norma non prevede inoltre che il pagamento preventivo costituisca causa di decadenza della domanda.
L’articolo 1, comma 37, della legge delega prevede che l’accertamento postumo di compatibilità paesaggistica dei lavori abusivamente eseguiti determini l’estinzione del reato di cui all’articolo 181 del codice Urbani e di ogni altro reato in materia paesaggistica.alle condizioni sopra esposte.
Le domande vanno presentate entro il 31 gennaio 2005.
La nuova norma non specifica esattamente quali siano le categorie dei beni paesaggistici ammessi alla sanatoria ambientale, mentre il codice Urbani da, nel decreto legislativo n, 42/04, una definizione molto ampia, comprendendo anche le coste, i parchi e le riserve naturali.
Occorre tuttavia evidenziare che l’accertamento in questione si limita a disporre la sanatoria sotto il profilo paesaggistico, senza nulla disporre in merito al titolo edilizio abilitativo (permesso di costruire o dia).
Resta quindi la necessità di ottenere il rilascio del titolo abilitativo edilizio secondo le procedure di cui agli articoli 36 e 37 del T.U. Edilizia.
Abusi compiuti dopo il 1 ottobre 2004.
Il secondo regime introdotto dalla legge delega è quello ordinario, senza limiti temporali.
In questi casi il reato per l’abuso edilizio eseguito sui beni paesaggistici può essere estinto a condizioni più severe rispetto alla sanatoria, a termine .
Anche in questo caso si deve presentare la domanda di accertamento di compatibilità paesistica degli interventi medesimi.
Gli interventi edilizi, in assenza o in difformità dell’autorizzazione paesaggistica, non devono aver dato luogo ad un aumento di volume o di superficie, i materiali impiegati devono essere conformi all’autorizzazione paesaggistica e gli interventi ammissibili sono solo quelli di manutenzione, ordinaria e straordinaria. In questi casi però il parere della soprintendenza è vincolante per l’ente sub delegato alla tutela del vincolo.
Anche per questo tipo di sanatoria ambientale è prevista l’applicazione della sanzione di cui all’articolo 167 del decreto legislativo n. 42/04.
Il soggetto interessato presenta istanza all’autorità preposta alla tutela del vincolo perché questa si pronunci in merito alla compatibilità paesaggistica degli interventi. L’Amministrazione dovrà pronunciarsi entro il termine perentorio di 180 giorni, previo parere vincolante della soprintendenza, che dovrà a sua volta esprimersi entro il termine perentorio di 90 giorni.
Una modifica di rilievo riguarda l’articolo 181 del codice Urbani. Il comma 1 ter dispone ora che, fermo restando l’applicazione delle sanzioni amministrative, le sanzioni penali non si applicano alle tipologie di lavori che abbiano ottenuto l’accertamento di compatibilità paesaggistica, come sopra precisato.
Un’altra modifica dell’articolo 181 riguarda tutte le ipotesi di opere eseguite senza autorizzazione o in difformità da essa, per le quali non si possa procedere ad accertare la compatibilità paesaggistica; il comma 1-quinquies prevede che la spontanea rimessione in pristino delle aree o degli immobili vincolati, intervenuta prima dell’esecuzione d’ufficio e prima della condanna, determini l’estinzione del reato di cui al primo comma dello stesso articolo 181.
La legge non indica quali effetti si producono nel caso decorrano i termini sopra ricordati senza un pronunciamento dell’autorità. Ritengo però che il soggetto che ha inoltrato la domanda, quale titolare di un interesse legittimo possa pretendere l’adozione del provvedimento finale sollecitando l’amministrazione preposta mediante diffida, con la conseguenza che, pur ricorrendo gli estremi di un silenzio rifiuto, tale comportamento sia sindacabile in sede giurisprudenziale davanti al giudice amministrativo.
Qualora l’autorità accerti la compatibilità paesaggistica non possono essere adottate le sanzioni penali, mentre continuano ad applicarsi quelle amministrative: rimessione in pristino, ovvero, applicazione delle sanzioni pecuniarie (articolo 167 D. Lgs n. 42 del 2004).
Nel caso di opere eseguite su aree soggette a vincolo paesaggistico che comporta inedificabilità assoluta, l’amministrazione deve necessariamente far demolire (articolo 27 del T.U. Edilizia).
La legge delega introduce un accertamento di compatibilità postuma (articolo 1, comma 36), successivo cioè i lavori realizzati che si contrappone al divieto di rilascio dell’autorizzazione paesaggistica in sanatoria di cui all’articolo 146, comma 10, lettera c), del decreto Urbani.
A mio giudizio, in questo regime, in applicazione sia di quanto già stabilisce l’articolo 167 del decreto legislativo 42/04 sia per quanto la sanatoria ambientale limitata di cui all’articolo 1, comma 36, della legge 308/04, si deve parlare di certificazione in ordine alla disciplina di cui all’articolo 167 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42/04.
La legge delega non ha espressamente abrogato l’articolo 146, comma 10, lettera c), del decreto legislativo 42/04 e quindi, a mio avviso rimane in vigore.
A seguito dell’entrata in vigore del codice Urbani, le amministrazioni, nei casi di violazioni paesaggistiche e/o ambientali dovevano applicare le sanzioni stabilite dall’articolo 167 stesso decreto che, come già detto, prevedeva nell’ordine:
1- la remissione in pristino;
2- il versamento di una somma di denaro.
La scelta tra ripristino e pagamento è discrezionale in quanto l’amministrazione competente legittimamente può scegliere di chiedere il pagamento in sostituzione della demolizione secondo il principio di proporzionalità e di minimo sacrificio per il privato, laddove l’intervento sia compatibile con l’interesse paesaggistico, imponendo, in taluni casi, prescrizioni tecniche dirette ad attutire l’impatto con i luoghi circostanti.
Dall’entrata n vigore del codice Urbani quindi si è parlato, nei casi di accertamento di conformità paesaggistica, non più di autorizzazione in sanatoria, ma piuttosto di una certificazione in ordine alla disciplina di cui all’articolo 167 D. Lgs n.42/04 .
Non mi pare che la legge delega, che introduce un parere, o meglio, un accertamento di compatibilità paesaggistica postuma, scavalchi il divieto di rilasciare l’autorizzazione in sanatoria successivamente ai lavori realizzati stabilito dall’articolo 146 del codice Urbani, né tanto meno che il legislatore abbia di fatto reso possibile il rilascio della autorizzazione paesistica in sanatoria postuma (o in deroga, pur nei limiti dei nuovi commi 1-ter e 1-quater dell’articolo 181), che costituisca titolo di legittimazione utilizzabile ai fini dell’accertamento di conformità di cui agli articoli 36 e 37 del Testo Unico dell’Edilizia.
A questo proposito ricordo che il rilascio di un eventuale certificazione in ordine alla disciplina di cui articolo 167del D.Lgs n. 42/04 ai sensi dell’art. 1, comma 35, legge n. 308/04, non implica l’automatica sanatoria edilizia per la quale si rende necessario l’accertamento di conformità ai fini del rilascio del titolo abilitativo edilizio.
Nei casi in cui la verifica di compatibilità paesaggistica sia favorevole, il rilascio della certificazione può costituire il titolo ai fini della favorevole definizione del separato procedimento edilizio.
Abusi oggetto del condono edilizio 2003.
Nel testo di legge non c’è alcun riferimento alla disciplina sul condono edilizio 2003 (articolo 32, legge 326 del 2003) e quindi non è risultato subito chiaro se la sanatoria sulla compatibilità paesaggistica fosse applicabile agli abusi edilizi oggetto del condono edilizio.
Lo stesso sfalsamento dei termini ha giocato un ruolo negativo su coloro che avrebbero potuto o voluto aderire a questa sanatoria, che, senza una riapertura dei termini, ritengo essere poco utile.
A complicare le cose è poi intervenuta la sentenza della Corte di Cassazione (sezione III penale), 21 dicembre 2004, numero 48958, secondo la quale il condono edilizio (decreto legge 269/03) non si applica per due tipi di interventi in zone soggette a vincolo paesaggistico.
Non sono sanabili le nuove costruzioni in assenza di titolo abilitativo edilizio, quindi solo gli interventi edilizi minori (restauro, risanamento conservativo, manutenzione ordinaria e straordinaria) previo parere favorevole dell’autorità preposta alla tutela del vincolo (articolo 32, comma 26, lettera a), decreto legge 269/03).
Inoltre non sono sanabili gli interventi non conformi al Prg e alle norme urbanistiche, se realizzati su immobili soggetti a vincoli imposti sulla base di leggi statali e regionali a tutela dei beni ambientali e paesaggistici, se istituiti prima dell’esecuzione delle opere (articolo 32, comma 27, d), decreto legge 269/03).
Quindi, secondo la sentenza sopra richiamata, nelle aree sottoposte a vincoli, le opere abusive possono essere sanate solo se conformi al P.R.G., previo nulla osta dell’autorità (articolo 32, comma 43, decreto legge 269/03).
C’è da precisare, a tale proposito, che la sentenza della Corte di Cassazione penale si riferisce all’applicazione dell’articolo 32, comma 26, letterato a), della legge 326 del 2003 prima che entrasse in vigore la legge delega n. 308/04 che, pur senza alcun riferimento specifico al dettato sul condono edilizio 2003, ha offerto nuovi margini di intervento con il condono ambientale.
Per quanto riguarda il regime a termine la sanatoria ambientale relativa alle domande di condono di opere abusive realizzate prima del 31 marzo 2003, interessa solo coloro che hanno presentato la domanda entro il 10 dicembre 2004. Questo perché la legge consente l’accertamento della compatibilità paesaggistica per le opere compiute entro il 30 settembre 2004, eseguite in assenza o in difformità dell’autorizzazione paesistica, senza individuare limiti quanto alla tipologia edilizia, né al volume o alla superficie.
Le condizioni di ammissibilità sono le stesse illustrate per la sanatoria ambientale a termine.
In particolare nelle aree soggette a vincolo paesaggistico, la possibilità di ottenere il condono edilizio opererà secondo queste regole:
– nelle aree soggette a vincolo riconducibili alle ipotesi di cui all’articolo 32 della legge n. 47 del 1985, il condono edilizio è ammesso previa espressione del parere favorevole dell’autorità preposta la tutela del vincolo;
– nelle aree soggette a vincolo paesaggistico comportante inedificabilità, imposto prima dell’esecuzione delle opere stesse, riconducibili all’ipotesi di cui l’articolo 33 della legge n. 47 del 1985, il condono non è ammesso;
– per le opere realizzate su immobili soggetti a vincoli paesaggistici, imposti prima dell’esecuzione delle opere stesse, e in assenza di titolo edilizio e non conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici, il condono non è ammesso (se invece conformi alla strumentazione urbanistica, le opere sarebbero meritevoli di condono).
Naturalmente la stessa legge prevede il pagamento delle due sanzioni come sopra specificato.
C’è però da precisare che la norma sul condono edilizio prevede che il rilascio del titolo abilitativo in sanatoria per opere eseguite su immobili sottoposti a vincolo è subordinato al parere favorevole dell’amministrazione preposta alla tutela del vincolo.
In realtà si intende che, eseguita l’istruttoria e l’esame della richiesta relativa al vincolo paesaggistico si emette un provvedimento ai sensi dell’articolo 167 del decreto legislativo n. 42 con il quale si applica la sanzione amministrativa pecuniaria.
A seguito quindi del pagamento di questa sanzione si estingue il reato penale.
Il condono ambientale mitiga i vincoli posti dal legislatore in ordine al condono edilizio 2003, ammettendo la sanatoria postuma se gli abusi abbiano adottato tipologie costruttive e utilizzato materiali compatibili con il contesto paesaggistico, oltre a pagare le sanzioni pecuniarie.
Il condono si affianca alla sanatoria edilizia che poteva essere chiesta ai comuni fino al 10 dicembre 2004.
Gli abusi edilizi in zone protette hanno necessità di due condoni, sia quello edilizio che paesaggistico.
Sono due infatti le tipologie di reati in cui incorre che attua interventi edilizi in zone a vincolo paesaggistico: uno edilizio e uno ambientale.
Per condonare il reato ambientale si è resa necessaria una legge specifica, appunto la n. 308 del 2004, la legge cioè rimedia a due incongruenze dell’ordinamento:
– la prima: il reato ambientale previsto anche dopo il rilascio del provvedimento di sanatoria edilizia;
– la seconda: l’esclusione di cause di prescrizone o non punibilità per tutti i reati di tipo paesaggistico.
Infatti, mentre i reati per l’esecuzione di interventi edilizi si prescrivono al massimo entro quattro anni e mezzo (a partire dalla data di ultimazione dell’opera), i reati ambientali durano finché rimane l’opera e generano una condanna anche se l’immobile è sanato sotto l’aspetto edilizio giurisprudenza prevalente).
Ricordo, a questo proposito, che i termini di prescrizione per pagare le somme dovute per il condono edilizio, hanno un proprio regime:
– oblazione: si prescrive in tre anni dalla domanda di condono (articolo 35, comma 17, della legge n. 47 /85),
– oneri concessori: si prescrivono in dieci anni;
– sanzioni ambientali: si prescrivono in dieci anni (art. 2, comma 46, della legge n. 662/96).
Dalla speciale configurazione dell’illecito ambientale, che genera responsabilità penale che dura fin tanto che permane l’opera, deriva l’istituzione del condono paesaggistico, che può essere ottenuto solo se l’abuso ha caratteristiche di compatibilità ambientale.
C’è da aggiungere, come sopra detto, che se il condono edilizio opera secondo le regole sopra ricordate, si potrebbero configurare alcune situazioni particolari.
In caso di parere sfavorevole dell’ente preposto alla tutela del vincolo, l’abuso non può essere condonato, ma il comune, a fronte di una domanda di sanatoria ambientale ai sensi dell’articolo 1, comma 37, della legge n. 308/04, non dovrà provvedere ad inviare all’autorità giudiziaria la denuncia per l’applicazione delle sanzioni penali.
Gli interventi che non erano sanabili sotto l’aspetto edilizio fino al 10 dicembre 2004 con le norme al tempo vigenti, potrebbero diventare sanabili se la domanda di compatibilità ambientale fosse accolta; ma è evidente che l’accoglimento del condono paesaggistico non potrebbe giovare al responsabile dell’abuso perché alla predetta data era scaduto il termine del condono edilizio (vedi i casi di immobili non conformi al PRG o le nuove costruzioni in aree vincolate).
Sanzioni.
Per quanto riguarda le sanzioni amministrative, anche dopo l’entrata in vigore della legge n. 308/04, continuano ad applicarsi quelle di cui all’articolo 167 che consistono, come già detto:
– nella remissione in pristino;
– nell’applicazione, in alternativa e a determinate condizioni, di una sanzione pecuniaria.
La legge 15 dicembre 2004, n. 308, ha modificato sostanzialmente le norme sull’applicazione delle sanzioni in tema di beni paesaggistici:
– Articolo 167 D.Lgs. n. 42/04, ordine di rimessione in pristino o di versamento di indennità pecuniaria.
L’articolo 167 ha inasprito i casi di inottemperanza alla demolizione, ha stabilito che le somme riscosse dall’applicazione delle sanzioni pecuniarie sono utilizzate, oltre che per l’esecuzione delle rimessione in pristino, per interventi di recupero di valori paesaggistici.
– Articolo 181 del D.Lgs n .42/04, opere eseguite in assenza o in difformità da essa.
L’articolo 181 ha aggiunto un ulteriore inasprimento delle sanzioni penali, ha introdotto una limitata sanatoria ambientale, a regime, come sopra illustrata e l’estinzione del reato penale (articolo 44 dPR 380/01) nel caso di rimessione in pristino degli immobili soggetti a vincolo da parte del trasgressore, prima che lo faccia l’autorità preposta o che sia intervenuta la condanna. Sono tre le tipologie di abuso che la legge n. 308 del 2004 ora depenalizzata in modo permanente. Non sono cioè più punibili:
– i lavori realizzati con i materiali diversi da quelli elencati nell’autorizzazione paesistica;
– i lavori che non hanno causato aumento di volumetrie o di superficie;
– le sanzioni ordinarie e straordinarie.
Costi del condono ambientale.
Un’ultima annotazione riguarda i costi di questo condono.
E’ chiaro che, anche se gli effetti della sanatoria paesaggistica possono essere favorevoli, in particolar modo sotto il profilo penale, i costi sono notevoli perché:
– la prima sanzione è stimata in base al danno arrecato e al profitto conseguito mediante la trasgressione; si paga l’importo maggiore dei due, ulteriormente aumentato da un terzo alla metà. L’importo del profitto conseguito viene calcolato dal comune (come per il condono precedente) utilizzando il sistema del D.M. 26 settembre 1997, che fissa il profitto nella misura del 3% del valore d’estimo dell’unità immobiliare;
– la seconda varia da 3.000 a 50.000 euro a seconda della gravità dell’abuso, determinata dall’autorità preposta alla tutela del vincolo, tenuto conto dell’alterazione del paesaggio o dell’alterazione e/o distruzione del bene protetto.
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