TARI – ESCLUSIONE DEI MAGAZZINI E DELLE AREE “COLLEGATE” ALLA PRODUZIONE DI RIFIUTI SPECIALI
Esclusi dalla TARI sia i magazzini e le aree in cui si producono rifiuti speciali non assimilabili, che le superfici funzionalmente collegate, in modo continuativo e prevalente, all’esercizio di dette attività produttive.
Questo il principale chiarimento contenuto nella risposta del Dipartimento delle Finanze del M.E.F., con un’istanza in materia di TARI e TARSU, che dovrebbe prossimamente essere trasformata in un atto ufficiale del medesimo Ufficio.
Come noto, la legge di Stabilità 2014 ha introdotto la nuova disciplina sull’imposta relativa alla gestione dei rifiuti urbani ed assimilati che, dal 2014, ha sostituito la già previgente TARES.
In particolare, con riferimento alla determinazione della superficie assoggettabile alla TARI, l’art. 1, comma 649, della legge n.147/2013 stabilisce che non si deve tener conto della parte di questa dove si formano rifiuti speciali[1].
In sostanza, sono escluse dall’ambito applicativo della TARI le aree ed i magazzini in cui si producono, in via continuativa e prevalente, rifiuti speciali.
Tuttavia, nella medesima disposizione, viene riconosciuta ai Comuni la possibilità di:
• “assimilare” alcuni rifiuti speciali a quelli urbani, facendoli rientrare, quindi, nel campo di applicazione della TARI;
• individuare le aree ed i magazzini (di materie prime e di merci) che, pur non essendo siti in cui si producono direttamente rifiuti speciali non assimilabili, sono funzionalmente collegati all’esercizio di dette attività produttive e, dunque, non sono tassabili ai fini TARI.
A tal riguardo, la corretta interpretazione di tale possibilità in capo ai Comuni ha scatenato continui contenziosi tra imprese ed amministrazioni locali e proprio al fine di risolvere in modo definitivo tale contrasto, è intervenuto il Dipartimento delle Finanze
con la presente risposta.
Sul punto, il Ministero precisa che sono escluse dalla TARI tutte le superfici (aree scoperte e magazzini, sia quelli intermedi di produzione che quelli utilizzati per lo stoccaggio di prodotti finiti) che sono “asservite” e funzionali al ciclo produttivo di rifiuti speciali, in modo continuativo e prevalente.
Ciò premesso, i Comuni, nell’ambito del loro potere regolamentare, possono solo prevedere ulteriori ipotesi di esclusione dalla TARI per le aree destinate alla produzione di rifiuti speciali non assimilabili.
Viceversa, i medesimi Comuni, non possono estendere l’applicabilità della TARI a superfici non tassabili alla luce della normativa nazionale.
Questo, ad avviso del Dipartimento delle Finanze, è l’unico modo per evitare un’ingiustificata duplicazione di costi a carico delle imprese che, infatti, devono già provvedere alle spese necessarie per lo smaltimento di rifiuti speciali, senza in alcun modo utilizzare il servizio comunale[2].
Alla luce di tale pronuncia, è da valutare la possibilità che, nelle ipotesi di indebito pagamento della TARI, il contribuente possa avviare le procedure amministrative volte ad ottenere il relativo rimborso dell’imposta.
Note:
[1] Lo smaltimento di tali rifiuti viene, infatti, eseguito dai relativi produttori. In tal caso, l’esclusione dalla TARI della corrispondente porzione della superficie dell’immobile è riconosciuta a condizione che questi dimostrino l’avvenuto trattamento dei rifiuti speciali in conformità alla normativa vigente.
[2] Il Dipartimento perviene alle medesime conclusioni anche con riferimento alla TARSU dovuta per le annualità precedenti (ai sensi degli artt. 62 e 68 del D.Lgs. 507/1993). In merito, richiamando la giurisprudenza della Corte di Cassazione, il Ministero ribadisce l’intassabilità, ai fini TARSU, delle superfici destinate a magazzino, indipendentemente dall’esistenza di un collegamento funzionale con le aree di lavorazione industriale. Per ciò, basta infatti dimostrare che nei suddetti siti non si producano rifiuti ordinari.
ANCE Brescia - Riproduzione e utilizzazione riservata ai sensi dell’art. 65 della Legge n. 633/1941