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22.12.2014 - tributi

NUOVA DEFINIZIONE DI MANUTENZIONE STRAORDINARIA – FRAZIONAMENTO E ACCORPAMENTO DELLE UNITÀ IMMOBILIARI – RIFLESSI AI FINI DELL’IVA

(D.L. n.133/2014 – Legge n.164/2014 – Art.17)

La nuova definizione di “manutenzione straordinaria” prevista dal “decreto Sblocca-Italia” comporta importanti novità sia sotto il profilo urbanistico che fiscale, in particolare, per quanto attiene all’applicazione dell’IVA.
Pubblichiamo di seguito un interessante approfondimento dell’ANCE realizzato sulla questione, all’indomani della pubblicazione in GU della legge di conversione del decreto 133/2014.

Profili urbanistici
Il decreto legge del 12 settembre 2014, n. 133 convertito nella legge 11 novembre 2014, n. 164 (cd. Sblocca cantieri), con l’art. 17, ha apportato delle modifiche e integrazioni alla categoria edilizia della manutenzione straordinaria includendo nell’ambito della stessa anche gli interventi di frazionamento e accorpamento delle unità immobiliari.
Prima del Decreto Legge 133/2014 la normativa nazionale non disciplinava gli interventi di frazionamento e accorpamento, ma gli stessi, come sottolineato anche dalla giurisprudenza, rientravano tra gli interventi di ristrutturazione edilizia definiti ai sensi dell’art. 10, comma 1 lett. c) del DPR 380/2001 in quanto implicanti un aumento delle unità immobiliari, modifiche del volume e delle superfici delle singole unità immobiliari (TAR Campania, Salerno, sez. I, 7/10/2003, n. 983; TAR Puglia, Bari, sez. III, 24/11/2005, n. 5030; TAR Toscana, sez. III, 22/1/2007, n. 62; TAR Emilia-Romagna, Parma, 15/7/2008, n. 352).
In alcune Regioni, invece, tale tipologia di interventi era già classificata come manutenzione straordinaria (Lombardia Lr 12/2005; Veneto Lr 61/85 e smi) assoggettata, in alcuni casi, a titolo abilitativo gratuito (Lr Veneto 61/85 come recentemente modificata dalla Lr 34/12) o esente dal contributo al ricorrere di determinate condizioni (es. Emilia Romagna Lr 15/2013).
Tale diversità di disciplina creava inevitabilmente un’evidente disomogeneità di trattamento da regione a regione sia sotto un profilo procedurale che economico.
Con le modifiche apportate dal decreto si è, quindi, non solo semplificato l’iter autorizzativo, ma si è uniformata su tutto il territorio la relativa disciplina.
L’inclusione degli interventi di frazionamento e accorpamento delle unità immobiliari nell’ambito della manutenzione straordinaria ha determinato una modifica sia nella stessa definizione contenuta nell’art.3, comma 1, lettera b) del DPR 380/2001 sia in quella relativa alla ristrutturazione edilizia ai sensi dell’art. 10, comma 1, lettera c) del DPR 380/2001 .
Pertanto, sono ora classificati, dal DPR 380/2001 come manutenzione straordinaria e ristrutturazione edilizia le seguenti tipologie:
■ manutenzione straordinaria: le opere e le modifiche necessarie per rinnovare e sostituire parti anche strutturali degli edifici, nonché per realizzare ed integrare i servizi igienico-sanitari e tecnologici, sempre che non alterino la volumetria complessiva degli edifici e non comportino modifiche delle destinazioni d’ uso. Nell’ambito degli interventi di manutenzione straordinaria sono ricompresi anche quelli consistenti nel frazionamento o accorpamento delle unità immobiliari con esecuzione di opere anche se comportanti la variazione delle superfici delle singole unità immobiliari nonché del carico urbanistico purché non sia modificata la volumetria complessiva degli edifici e si mantenga l’originaria destinazione di uso (art. 3, comma 1, lettera b)
■ ristrutturazione edilizia: gli interventi rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente. Tali interventi comprendono il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell’edificio, l’eliminazione, la modifica e l’inserimento di nuovi elementi ed impianti. Nell’ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia sono ricompresi anche quelli consistenti nella demolizione e ricostruzione con la stessa volumetria di quello preesistente, fatte salve le sole innovazioni necessarie per l’adeguamento alla normativa antisismica nonché quelli volti al ripristino di edifici, o parti di essi, eventualmente crollati o demoliti, attraverso la loro ricostruzione, purché sia possibile accertarne la preesistente consistenza.
Rimane fermo che, con riferimento agli immobili sottoposti a vincoli ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 e successive modificazioni, gli interventi di demolizione e ricostruzione e gli interventi di ripristino di edifici crollati o demoliti costituiscono interventi di ristrutturazione edilizia soltanto ove sia rispettata la medesima sagoma dell’edificio preesistente (…) sono subordinati a permesso di costruire gli interventi di ristrutturazione edilizia che portino ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente e che comportino modifiche della volumetria complessiva degli edifici o dei prospetti, ovvero che, limitatamente agli immobili compresi nelle zone omogenee A, comportino mutamenti della destinazione d’uso, nonché gli interventi che comportino modificazioni della sagoma di immobili sottoposti a vincoli ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 e successive modificazioni (art. 3, comma 1 lettera b) e art. 10, comma 1, lettera c).
Nell’ambito della manutenzione straordinaria si possono ora modificare i volumi e le superfici delle singole unità immobiliari a condizione che non si alteri la volumetria complessiva dell’ edificio e la destinazione d’uso.
Gli interventi sono soggetti a comunicazione di inizio lavori asseverata anche se comportanti aumento del numero delle unità immobiliari e incremento dei parametri urbanistici purché non interessino le parti strutturali dell’edificio (in quest’ultimo caso l’intervento sarà soggetto a SCIA).
Se le modifiche incidono sulla volumetria complessiva dell’ edificio o sui prospetti o comportano modifiche della destinazione d’uso l’intervento ricadrà nella ristrutturazione edilizia.
Qualora ai fini dell’accorpamento o del frazionamento sia necessario eseguire opere diverse dalla manutenzione straordinaria l’intervento potrà essere qualificato come rientrante nella ristrutturazione edilizia.
A titolo esemplificativo si ritiene che potranno ricadere in tale categoria edilizia le seguenti opere:
■ modifiche che incidono sulle parti comuni degli edifici;
■ modifiche ai prospetti che innovano le caratteristiche strutturali dell’edificio (realizzazione di balconi e logge, riordino complessivo delle aperture di nuove finestre non finalizzate a garantire i requisiti aero/illuminazione richiesti ma a modificare la precedente scansione architettonica);
■ sostituzione dell’intera copertura del tetto o comunque di sue parti con eventuale modifica della pendenza delle falde e del volume;
■ interventi di miglioramento e adeguamento sismico;
■ mutamento di destinazione d’uso (secondo quanto disciplinato da eventuali leggi regionali).
Si ricorda che, ai sensi dell’art. 3, comma 2, del DPR 380/2001, le definizioni relative agli interventi edilizi prevalgono sulle disposizioni degli strumenti urbanistici generali e dei regolamenti edilizi. Ne consegue che nelle zone in cui sarà consentito eseguire gli interventi di manutenzione straordinaria si potranno realizzare anche gli interventi di frazionamento/accorpamento delle unità immobiliari salvo il caso in cui a livello locale ciò sia espressamente escluso (dalla tipologia della manutenzione straordinaria) o vi siano delle limitazioni che di fatto impediscono il frazionamento (es. superficie minima degli alloggi indicata nel regolamento edilizio o in altra normativa locale).

Profili fiscali: Applicazione dell’IVA
La nuova definizione di manutenzione straordinaria, modificata dal decreto legge 133/2014, incide anche sulla disciplina IVA applicabile agli interventi di frazionamento ed accorpamento, nonché alla successiva cessione o locazionedi unità immobiliari sulle quali questi sono eseguiti.
È, difatti, opportuno ricordare che, in generale, la qualificazione urbanistica di un intervento edilizio, in conformità con le disposizioni contenute nell’art.3 del DPR 380/2001, condiziona il regime tributario applicabile alla fattispecie ai fini della corretta applicazione della disciplina IVA.

1. Effetti su appalti, cessioni e locazioni di fabbricati residenziali
In primo luogo, si evidenzia che la riconducibilità degli interventi di frazionamento ed accorpamento di unità immobiliari alla manutenzione straordinaria, anziché alla ristrutturazione edilizia, non incide sull’applicabilità dell’aliquota IVA al 10% nell’ipotesi di contratti d’appalto relativi alla loro realizzazione, qualora questi siano effettuati su immobili a destinazione residenziale, ai sensi dell’art.1, comma 17 della legge 244/2007, come modificato dall’art.2, comma 11 della legge 191/2009.
Con riferimento a tali fabbricati, infatti, l’applicazione dell’aliquota IVA ridotta al 10% non trova alcuna limitazione ed è estesa a qualsiasi categoria di intervento edilizio, ivi comprese le manutenzioni ordinaria e straordinaria.
Riflessi, invece, si hanno relativamente al regime IVA applicabile alle operazioni di cessione o locazione di fabbricati residenziali, laddove questi siano stati oggetto di preventivo frazionamento od accorpamento.
Per questi infatti, l’applicazione dell’IVA è consentita solo alle imprese cedenti o locatrici che possono qualificarsi come “imprese ristrutturatrici”.
Invero, è lo stesso art.10, comma 1, del DPR 633/1972, sia al n.8 che al n. 8bis, che così definisce le imprese che, su fabbricati residenziali, “hanno eseguito, anche tramite imprese appaltatrici, gli interventi di cui all’articolo 3, comma 1, lettere c), d) ed f), del Testo Unico dell’edilizia di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380”.
Solo per queste, in sostanza, è ammessa l’imponibilità ad IVA per le cessioni (“d’obbligo” entro i cinque anni dall’ultimazione dei lavori o “su opzione” oltre tale termine) e per le locazioni (sempre “su opzione”) di fabbricati residenziali.
Pertanto, la riconducibilità degli interventi di frazionamento ed accorpamento di unità immobiliari (a destinazione residenziale) alla manutenzione straordinaria (art.3, comma 1, lett. b del DPR 380/2001) comporta il venir meno della qualifica di “imprese ristrutturatrici” per le imprese cedenti o locatrici ed il conseguente regime di esenzione IVA per le operazioni da queste effettuate.
In altri termini, ciò significa che:
■ in caso di cessione, si applicherà l’imposta di Registro (invece dell’IVA) in misura proporzionale, al 2% o al 9%, a seconda se ricorrano o meno i requisiti “prima casa” (ai sensi dell’art.1 della Tariffa, Parte I, allegata al DPR 131/1986);
■ in caso di locazione, si applicherà l’imposta di Registro(invece dell’IVA) con aliquota del 2% (ai sensi dell’art.5 della Tariffa, Parte I, annessa al DPR 131/1986).

2. Conseguenze del regime di esenzione da IVA
In tal ambito, è opportuno ricordare che l’esenzione da IVA di tali operazioni implica per le imprese del settore effetti anche in sede di detrazione dell’imposta assolta sugli acquisti di beni e servizi utilizzati per l’intervento di frazionamento od accorpamento.
È noto, infatti, come una cessione di immobili, come del resto una locazione, in esenzione da IVA fa scattare la rettifica della detrazione operata sulle spese d’acquisto, costruzione e, come nella fattispecie in esame, di ristrutturazione del bene ceduto, ex art. 19bis2, del DPR 633/72.
Allo stesso modo, è evidente che l’effettuazione di operazioni esenti incide anche, attraverso il meccanismo del pro-rata di detrazione (artt.19, comma 5 e 19bis del DPR 633/1972), sulla percentuale di detraibilità dell’IVA assolta sul complesso degli acquisti di beni e servizi, dipendendo quest’ultima dal peso delle operazioni esenti rispetto al complesso delle operazioni eseguite (imponibili ed esenti).
In merito, è, quindi, utile richiamare l’attenzione sul fatto che, qualora gli interventi di accorpamento o frazionamento siano uniti ad opere che ne permettano la qualificazione urbanistica come ristrutturazione edilizia (cfr. la prima parte del documento), le imprese esecutrici dei lavori, che cedano o lochino l’immobile residenziale, mantengono la qualifica di “imprese ristrutturatrici”, consentendo così l’applicazione del regime d’imponibilità ad IVA proprio dell’operazione effettuata e contestualmente evitando le problematiche relative all’indetraibilità dell’IVA.

3. Effetti su appalti, cessioni e locazioni di fabbricati non residenziali
Ad opposte conclusioni si giunge, invece, relativamente agli immobili a destinazione non residenziale.
Se, infatti, i suddetti interventi di frazionamento ed accorpamento sono realizzati su immobili a destinazione non residenziale, le prestazioni di servizi dipendenti da contratti d’appalto relativi alla loro realizzazione (ipotizzando che urbanisticamente siano qualificabili come manutenzione straordinaria) sconteranno l’applicazione dell’aliquota IVA ordinaria al 22%.
A differenza di quanto affermato per i fabbricati residenziali, infatti, per gli immobili non residenziali è ammessa l’applicazione dell’aliquota ridotta al 10% solo per gli interventi di recupero più incisivi (art. 3, comma 1, lett.c, d, ed f del DPR 380/2001), ai sensi del n.127-quaterdecies della Tabella A, Parte III allegata al DPR 633/1972.
È evidente che, se l’esecuzione dell’intervento di accorpamento o frazionamento è accompagnata da opere diverse, che nel loro complesso permettano la qualificazione dei lavori come ristrutturazione edilizia (come, ad esempio, nel caso di modifiche che incidono sulle parti comuni o sul prospetto dell’edificio, ovvero nell’ipotesi di cambio di destinazione d’uso dell’immobile), l’aliquota IVA applicabile alle suddette opere rimarrà quella del 10% anche per gli immobili a destinazione non residenziale.
A nulla rileva, invece, la qualificazione urbanistica dell’intervento ai fini dell’individuazione del corretto regime IVA applicabile alle operazioni di cessione o locazione degli immobili su cui tali opere sono realizzate.
Per gli immobili a destinazione non residenziale, infatti, l’applicazione dell’IVA per cessioni o locazioni è sempre ammessa, attraverso l’esercizio dell’opzione da parte del cedente o del locatore nell’atto di acquisto o locazione.

 


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