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19.09.2014 - lavori pubblici

NELL’OFFERTA NON SI DEVONO INDICARE I NOMINATIVI DEI SUBAPPALTATORI

(Consiglio di Stato, n. 3449 del 7/7/2014)

La quinta sezione del Consiglio di Stato boccia il principio del c.d. “subappalto necessario”, come presupposto della necessaria indicazione del nome del subappaltatore, ai fini dell’ammissione alla gara del concorrente, privo di specifica qualificazione nella categoria scorporabile.
E’ quanto stabilito nella Sentenza n. 3449 del 7 luglio u.s. dal Consiglio di Stato, il quale non ha trovato riscontro nel Regolamento sui contratti pubblici dell’obbligo di imporre al concorrente, che dichiari di voler avvalersi del subappalto per alcune specifiche lavorazioni, l’onere di indicare già in sede di presentazione dell’offerta il nominativo dell’impresa subappaltatrice (cfr. il combinato disposto degli artt. 37, comma 11, e 118, comma 2, del D. Lgs. 12 aprile 2006, n. 163, e 92 del D.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207).
L’affidamento in subappalto (o in cottimo), come espressamente stabilito dal ricordato articolo 118, è infatti sottoposto alle seguenti condizioni:
a) Indicazione dei lavori o le parti di opere che intendono subappaltare (o concedere in cottimo),
b) deposito del contratto di subappalto presso la stazione appaltante, almeno 20 giorni prima della data di effettivo inizio dell’esecuzione delle relative prestazioni,
c) contemporanea trasmissione della certificazione attestante il possesso dei requisiti di qualificazione da parte del subappaltatore e le relative dichiarazioni dello stesso, attestanti il possesso dei requisiti generali di cui all’articolo 38,
d) insussistenza, nei confronti dell’affidatario del subappaltato (o del cottimo), alcuno dei divieti previsti dall’articolo 10 della legge 31 maggio 1965, n. 575, e successive modificazioni.
Né in senso diverso può invocarsi, secondo lo stesso Consiglio di Stato, l’applicazione del citato principio del c.d. subappalto necessario.
In base a tale principio, elaborato da parte della giurisprudenza, è stato ritenuta necessaria l’indicazione dell’impresa subappaltatrice, già all’atto della presentazione dell’offerta; ciò in analogia con quanto previsto per l’avvalimento, nelle ipotesi in cui il richiamo al subappalto sarebbe necessario in ragione del mancato autonomo possesso, da parte del concorrente, dei requisiti di qualificazione nella categoria scorporabile.
La quinta sezione ritiene, infatti, che a tale principio osti l’articolato del Regolamento sui contratti pubblici, laddove concede un’alternativa al concorrente singolo non specificatamente qualificato. Il concorrente può, infatti, essere ammesso alla gara, laddove i requisiti relativi alle categorie scorporabili siano da questo posseduti con riferimento alla categoria prevalente (art. 92, comma 1, del D.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207).
Ne consegue, secondo il Consiglio di Stato, l’insussistenza dell’obbligo da parte dell’Impresa concorrente di indicare, già in sede di partecipazione, il nominativo del soggetto cui saranno affidati, in subappalto, i lavori nella categoria scorporabile, essendo a tale fine sufficiente soltanto la dichiarazione di voler subappaltare.
Tanto riportato, si ritiene doveroso ricordare, in proposito, che le considerazioni della quinta sezione citata rispecchiano le argomentazioni già contenute nella Determinazione dell’ex AVCP n.4/2012 (ora ANAC) e nel parere della stessa Autorità n. 187/2012 reso su un caso analogo.
La sentenza del Consiglio di Stato è stata altresì occasione per ulteriori spunti di interesse per l’interpretazione della disciplina a sugli appalti pubblici.
In particolare, con riferimento all’utilizzo dei modelli e formulari predisposti dall’amministrazione, il Consiglio di Stato ha rilevato che lo schema di domanda allegato al bando non costituisce affatto parte integrante della lex specialis della gara.
Pertanto, l’eventuale errore in cui si può incorrere il suo utilizzo, non dovrebbe comportare l’esclusione dalla gara del concorrente stesso, qualora la produzione di dichiarazioni carenti o incomplete sia di natura esclusivamente formale, non avendo in realtà alcun effetto diretto sull’offerta prodotta.
Tali eventuali omissioni del concorrente, impongono piuttosto all’amministrazione di esercitare il c.d. dovere di soccorso, quale corollario del principio di buon andamento e di imparzialità, applicabile dall’amministrazione nei confronti dell’impresa (art. 46 del Codice dei contratti, D. Lgs. 12 aprile 2006, n. 163).
A tale proposito, si ricorda che se da una parte l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato ha ritenuto di applicare il principio del soccorso istruttorio, anche alle procedure ad evidenza pubblica, diverse dalle gare soggette al codice (cfr. decisione n. 9 del 25 febbraio 2014); dall’altro l’intervenuto D.L. n. 90/2014 ha modificato l’art. 39, comma 1 del decreto-legge n. 90 del 2014, introducendo la possibilità di sanare eventuali irregolarità essenziali nella documentazione di gara, dietro il pagamento di una sanzione, senza però chiarire quali sono le irregolarità, non essenziali, sanabili con il semplice soccorso istruttorio.
Ultimo punto di interesse della sentenza riguarda la tempestività del ricorso, il Consiglio di Stato conferma la giurisprudenza prevalente, chiarendo che l’aggiudicazione provvisoria è un mero atto endoprocedimentale, e come tale inidoneo a produrre la definitiva lesione del concorrente non risultato aggiudicatario.
Ne consegue che la lesione dell’interesse del ricorrente, da cui far decorrere i relativi termini, si verifica solo con l’aggiudicazione definitiva, atto non meramente confermativo dell’aggiudicazione provvisoria, e in riferimento alla quale deve essere verificata la tempestività del ricorso.

 


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