RIFORMA MERCATO DEL LAVORO – D.LGS 276/2003 – DISCIPLINA DELLE COLLABORAZIONI A PROGETTO – PRIME ISTRUZIONI DEL MINISTERO DEL LAVORO E DELL’INPS – MINISTERO LAVORO CIRCOLARE N. 1/2004 – INPS CIRCOLARE N. 9/2004
RIFORMA MERCATO DEL LAVORO – D RIFORMA MERCATO DEL LAVORO – D.LGS 276/2003 – DISCIPLINA DELLE COLLABORAZIONI A PROGETTO – PRIME ISTRUZIONI DEL MINISTERO DEL LAVORO E DELL’INPS – MINISTERO LAVORO CIRCOLARE N. 1/2004 – INPS CIRCOLARE N. 9/2004
Con circolare n.1 dell’8 gennaio 2004 il Ministero del Lavoro ha fornito prime istruzioni in ordine alla disciplina delle collaborazioni coordinate e continuative nella modalità cosidetta a progetto.
In data 22 gennaio 2004, tenuto conto dei chiarimenti dati dal Ministero del Lavoro, anche l’Inps ha diramato la circolare n. 9 sul medesimo argomento.
Entrambe le circolari presentano numerosi e significativi chiarimenti su punti essenziali della normativa, e pertanto di seguito se ne pubblica il testo.
Il Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali
Oggetto: Disciplina delle collaborazioni coordinate e continuative nella modalità c.d. a progetto. Decreto legislativo n. 276/03.
Roma. 08.01.2004
Circolare n. 1/2004
I. Il contratto di collaborazione coordinata e continuativa nella modalità c.d. a progetto: definizione e campo di applicazione
La definizione di lavoro a progetto e la relativa disciplina è contenuta negli articoli da 61 a 69 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276
Ai sensi dell’art. 61, comma 1, i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa di cui all’art. 409, n. 3, c.p.c. devono essere riconducibili a uno o più progetti specifici o programmi di lavoro o fasi di esso determinati dal committente e gestiti autonomamente dal collaboratore in funzione del risultato, nel rispetto del coordinamento con la organizzazione del committente e indipendentemente dal tempo impiegato per l’esecuzione della attività lavorativa.
L’art. 61 non sostituisce e/o modifica l’art. 409, n. 3, c.p.c. bensì individua, per l’ambito di applicazione del decreto e – nello specifico – della medesima disposizione, le modalità di svolgimento della prestazione di lavoro del collaboratore, utili ai fini della qualificazione della fattispecie nel senso della autonomia o della subordinazione.
Sul piano generale, peraltro, il lavoro a progetto non tende, allo stato, ad assorbire tutti i modelli contrattuali riconducibili in senso lato all’area della c.d. para-subordinazione. L’articolo 61, oltre a definire positivamente le modalità di svolgimento delle collaborazioni coordinate e continuative c.d. a progetto, esclude infatti dalla riconducibilità a tale tipo contrattuale:
– le prestazioni occasionali, intendendosi per tali i rapporti di durata complessiva non superiore a trenta giorni nel corso dell’anno solare con lo stesso committente, salvo che il compenso complessivamente percepito nel medesimo anno solare, sempre con il medesimo committente, sia superiore a 5 mila Euro. Si tratta di collaborazioni coordinate e continuative per le quali, data la loro limitata portata, si è ritenuto non fosse necessario il riferimento al progetto e, dunque, di sottrarle dall’ambito di applicazione della nuova disciplina; tali rapporti di collaborazione coordinata e continuativa si distinguono sia dalle prestazioni occasionali di tipo accessorio rese da particolari soggetti di cui agli articoli 70 e seguenti del decreto legislativo, sia dalle attività di lavoro autonomo occasionale vero e proprio, ossia dove non si riscontra un coordinamento ed una continuità nelle prestazioni e che proprio per questa loro natura non sono soggette agli obblighi contributivi previsti per le collaborazioni coordinate e continuative bensì a quelli di cui all’articolo 44, comma 2, del decreto-legge n. 269 del 30 settembre 2003, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326;
– gli agenti ed i rappresentanti di commercio continuano ad essere regolati dalle discipline speciali;
– le professioni intellettuali, per le quali è necessaria l’iscrizione in appositi albi professionali, esistenti alla data del 24 ottobre 2003;
– le collaborazioni rese nei confronti delle associazioni e società sportive dilettantistiche affiliate alle federazioni sportive nazionali, alle discipline sportive associate ed agli Enti di promozione sportiva riconosciuti dal CONI (art.90 legge n. 289/02);
– componenti di organi di amministrazione e controllo di società;
– partecipanti a collegi e commissioni;
– collaboratori che percepiscano pensione di vecchiaia.
La disciplina che emerge dall’art. 61 è, come detto, finalizzata a impedire l’utilizzo improprio o fraudolento delle collaborazioni coordinate e continuative. Al di fuori del campo di applicazione dell’art. 61 si collocano, con tutta evidenza, fattispecie che non presentano significativi rischi di elusione della normativa inderogabile del diritto del lavoro. Occorre, peraltro, ribadire che sia l’introduzione nel nostro ordinamento della fattispecie dei rapporti di collaborazione coordinata e continuativa nella modalità a progetto sia la previsione di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa a carattere occasionale ex art. 61, comma 2, del d.lgs. n. 276/03, non hanno certamente comportato l’abrogazione delle disposizioni del contratto d’opera di cui all’art. 2222 e ss. del codice civile. Ne consegue che, ad esempio, nel caso di un prestatore d’opera che superi, nei rapporti con uno stesso committente, uno dei due limiti previsti dall’art. 61, comma 2, del d. lgs. n. 276/03, non necessariamente dovrà veder qualificato il proprio rapporto come collaborazione a progetto o a programma, ben potendosi verificare il caso che quel prestatore abbia reso una o più prestazioni d’opera ai sensi dell’art. 2222 e seguenti del codice civile. L’articolo 3 della legge n. 91 del 23 marzo 1981 ha previsto, al secondo comma, talune ipotesi in cui la prestazione sportiva dell’atleta è resa nella forma del contratto di lavoro autonomo; lavoro autonomo che può anche svolgersi, qualora ne ricorrano i presupposti, in forma di collaborazione coordinata e continuativa. Deve ritenersi che in quest’ultimo caso, trattandosi di attività tipiche contemplate espressamente dal legislatore, non si applichi la disposizione che prevede la necessità dell’indicazione di un progetto.
Va precisato, altresì, che nell’espressione collegi e commissioni delle società, sopra richiamati, sono inclusi anche quegli organismi aventi natura tecnica.
Nella esclusione dei percettori di pensione di anzianità, è evidente che debbano essere compresi quei soggetti, titolari di pensione di anzianità o di invalidità che, ai sensi della normativa vigente, al raggiungimento del 65° anno di età, vedono automaticamente trasformato il loro trattamento in pensione di vecchiaia.
Va peraltro rilevato che, ai sensi dell’art. 1 del decreto legislativo n. 276/03, la pubblica amministrazione può continuare a stipulare contratti di collaborazione senza tener conto dei limiti introdotti dalla novella mantenendo il riferimento all’art. 409 n. 3 c.p.c. la cui previsione, per i rapporti che vedano una parte pubblica, non ha subito modificazioni in attesa delle eventuali future determinazioni da adottarsi, ai sensi del comma 8 dell’art. 86 del decreto legislativo n. 276/03, da parte del Ministro per la Funzione pubblica e delle organizzazioni sindacali, in sede di armonizzazione dei profili conseguenti all’entrata in vigore del decreto legislativo in argomento. Si deve evidenziare, infine, che nell’ambito di applicazione della disciplina in esame dal 24 ottobre 2003 non è più possibile porre in essere rapporti ascrivibili alla collaborazione coordinata e continuativa che non siano riconducibili alla modalità del lavoro a progetto, fatte salve le ipotesi di cui all’articolo 61, sopra richiamate, per le quali continua a trovare applicazione la previgente disciplina.
II. I requisiti qualificanti della fattispecie
Le collaborazioni coordinate e continuative secondo il modello approntato dal legislatore, oltre al requisito del progetto, programma di lavoro o fase di esso, che costituisce mera modalità organizzativa della prestazione lavorativa, restano caratterizzate dall’elemento qualificatorio essenziale, rappresentato dall’autonomia del collaboratore (nello svolgimento della attività lavorativa dedotta nel contratto e funzionalizzata alla realizzazione del progetto, programma di lavoro o fase di esso), dalla necessaria coordinazione con il committente, e dall’irrilevanza del tempo impiegato per l’esecuzione della prestazione.
Quanto a quest’ultimo requisito, va comunque ricordato che l’art. 62, comma 1, lett. d), del decreto legislativo, prevede che tra le forme di coordinamento dell’esecuzione della prestazione del collaboratore a progetto all’organizzazione del committente sono comprese anche forme di coor-dinamento temporale. Ond’è che l’autonomia del collaboratore a progetto si esplicherà pienamente, quanto al tempo impiegato per l’esecuzione della prestazione, all’interno delle pattuizioni intervenute tra le parti su dette forme di coordinamento.
Tali requisiti costituiscono il fulcro della differenziazione tra la tipologia contrattuale in esame e quelle riconducibili, da un lato, al lavoro subordinato e, dall’altro, al lavoro autonomo (art. 2222 c.c.).
Con particolare riguardo al lavoro a tempo determinato, ove la prestazione è resa con vincolo di subordinazione ed il termine delimita pertanto esclusivamente il periodo in cui il lavoratore è a disposizione del datore di lavoro per lo svolgimento delle mansioni contrattualmente individuate, il lavoro a progetto si differenzia per ciò che la durata del rapporto è funzionale alla realizzazione del progetto, programma di lavoro o fase di esso, in regime di totale autonomia.
In tal senso, infatti, è significativo che ai sensi dell’art. 61, comma 1, il collaboratore deve gestire il progetto in funzione del risultato, che assume rilevanza giuridica indipendentemente dal tempo impiegato per l’esecuzione dell’attività lavorativa.
Del tutto coerentemente, del resto, ai sensi dell’art. 67, comma 1, il contratto si risolve al momento della realizzazione del progetto o del programma di lavoro o della fase di esso.
Il Progetto
Il progetto consiste in un’attività produttiva ben identificabile e funzionalmente collegata ad un determinato risultato finale cui il collaboratore partecipa direttamente con la sua prestazione.
Il progetto può essere connesso all’attività principale od accessoria dell’impresa.
L’individuazione del progetto da dedurre nel contratto compete al committente.
Le valutazioni e scelte tecniche, organizzative e produttive sottese al progetto sono insindacabili.
Il programma o la fase di esso
Il programma di lavoro consiste in un tipo di attività cui non è direttamente riconducibile un risultato finale.
Il programma di lavoro o la fase di esso si caratterizzano, infatti, per la produzione di un risultato solo parziale destinato ad essere integrato, in vista di un risultato finale, da altre lavorazioni e risultati parziali.
L’autonoma gestione del progetto o del programma
Nell’ambito del progetto o del programma la definizione dei tempi di lavoro e delle relative modalità deve essere rimessa al collaboratore.
Ciò perché l’interesse del creditore è relativo al perfezionamento del risultato convenuto e non, come avviene nel lavoro subordinato, alla disponibilità di una prestazione di lavoro eterodiretta.
Le collaborazioni coordinate e continuative nella modalità a progetto hanno una durata determinata o determinabile, in funzione della durata e delle caratteristiche del progetto, del programma di lavoro o della fase di esso. Nel caso di programma di lavoro la determinabilità della durata può dipendere dalla persistenza dell’interesse del committente alla esecuzione del progetto, programma di lavoro o fase di esso. La determinabilità del termine è dunque funzionale ad un avvenimento futuro, certo nell’an ma non anche necessariamente nel quando.
Il coordinamento
Indipendentemente da ciò, pur tuttavia, il collaboratore a progetto può operare all’interno del ciclo produttivo del committente e, per questo, deve necessariamente coordinare la propria prestazione con le esigenze dell’organizzazione del committente.
Il coordinamento può essere riferito sia ai tempi di lavoro che alle modalità di esecuzione del progetto o del programma di lavoro, ferma restando, ovviamente, l’impossibilità del committente di richiedere una prestazione o un’attività esulante dal progetto o programma di lavoro originariamente convenuto.
III. La Forma
Il contratto è stipulato in forma scritta.
È una forma richiesta ad probationem e non ad substantiam. Contenuto necessario, ai fini della prova del rapporto posto in essere, sono i seguenti elementi:
– indicazione della durata, determinata o determinabile, della prestazione di lavoro;
– indicazione del progetto o programma di lavoro, o fasi di esso, individuato nel suo contenuto caratterizzante, che viene dedotto in contratto;
– il corrispettivo e i criteri per la sua determinazione, nonché i tempi e le modalità di pagamento e la disciplina dei rimborsi spese;
– le forme di coordinamento del lavoratore a progetto al committente sulla esecuzione, anche temporale, della prestazione lavorativa, che in ogni caso non possono essere tali da pregiudicarne l’autonomia nella esecuzione dell’obbligazione lavorativa;
– le eventuali misure per la tutela della salute e sicurezza del collaboratore a progetto, (oltre quelle previste ex art. 66, comma 4, del d. lgs. n. 276/03).
E’ opportuno sottolineare che, seppure la forma scritta sia richiesta solo ai fini della prova, quest’ultima sembra assumere valore decisivo rispetto alla individuazione del progetto, del programma o della fase di esso in quanto in assenza di forma scritta non sarà agevole per le parti contrattuali dimostrare la riconducibilità della prestazione lavorativa appunto a un progetto, programma di lavoro o fase di esso.
IV. Possibilità di rinnovo
Analogo progetto o programma di lavoro può essere oggetto di successivi contratti di lavoro con lo stesso collaboratore.
Quest’ultimo può essere a maggior ragione impiegato successivamente anche per diversi progetti o programmi aventi contenuto del tutto diverso.
Tuttavia i rinnovi, così come i nuovi progetti in cui sia impiegato lo stesso collaboratore, non devono costituire strumenti elusivi dell’attuale disciplina. Ciascun contratto di lavoro a progetto deve pertanto presentare, autonomamente considerato, i requisiti di legge.
V. Il corrispettivo
Il corrispettivo deve essere proporzionato alla quantità e qualità del lavoro eseguito.
Il parametro individuato dal legislatore è costituito dai compensi normalmente corrisposti per analoghe prestazioni di lavoro autonomo nel luogo di esecuzione del rapporto. Pertanto, stante la lettera della legge (art. 63) non potranno essere in alcun modo utilizzate le disposizioni in materia di retribuzione stabilite nella contrattazione collettiva per i lavoratori subordinati. La quantificazione del compenso deve avvenire in considerazione della natura e durata del progetto o del programma di lavoro, e, cioè, in funzione del risultato che il collaboratore deve produrre. Le parti del rapporto potranno, quindi, disciplinare nel contratto anche i criteri attraverso i quali sia possibile escludere o ridurre il compenso pattuito nel caso in cui il risultato non sia stato perseguito o la qualità del medesimo sia tale da comprometterne l’utilità.
VI. Le tutele
Tra gli scopi dichiarati dal Legislatore era espressamente individuato l’incremento delle tutele per i collaboratori.
L’art. 66, infatti, appronta un sistema di tutele minimo con particolare riferimento alla gravidanza, alla malattia ed all’infortunio stabilendo in primo luogo che essi non comportano l’estinzione del rapporto contrattuale, che rimane sospeso, senza erogazione del corrispettivo.
Malattia e infortunio: fermo restando l’invio, ai fini della prova, di idonea certifica-zione scritta, la sospensione del rapporto non comporta una proroga della durata del contratto, che si estingue alla scadenza (la previsione è derogabile dalle parti), ma il committente può recedere dal contratto se la sospensione si protrae per un periodo superiore a un sesto della durata stabilita nel contratto, quando essa sia determinata, ovvero superiore a trenta giorni per i contratti di durata determi-nabile.
Gravidanza: fermo restando l’invio, ai fini della prova, di idonea certificazione scritta, la durata del rapporto è prorogata per un periodo di 180 giorni, salva più favorevole disposizione del contratto individuale.
Si applicano inoltre al collaboratore:
– le disposizioni di cui alla legge n. 533 del 1973 sul processo del lavoro;
– l’articolo 64 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, che prevede per le lavoratrici iscritte alla gestione separata di cui alla legge n. 335/95, art.2, comma 26, non iscritte ad altre forme obbligatorie l’applicazione dell’art. 59 della legge n. 449/97;
– il decreto legislativo n. 626 del 1994 e successive modifiche e integrazioni (ovviamente quando la prestazione lavorativa si svolga nei luoghi di lavoro del committente, nonché le norme di tutela contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, le norme di cui all’art.51, comma 1, della legge 23 dicembre 1999, n. 488, e del decreto del Ministero del lavoro e della previdenza sociale 12 gennaio 2001).
Riguardo in particolare alla protezione contro i rischi lavorativi, occorrerà naturalmente considerare che, stante la ratio del d.lgs. n. 626 – principalmente orientata alla tutela della salute e sicurezza dei lavoratori subordinati, ed alla corrispondente responsabilizzazione dei datori di lavoro – non poche prescrizioni di tale provvedimento (per lo più sanzionate penalmente) risultano di problematica applicazione nei confronti di figure, come quelle dei collaboratori, fortemente connotate da una componente di autonomia nello svolgimento della prestazione (in funzione del risultato, ancorchè nel rispetto del coordinamento con la organizzazione del committente). Non a caso, per i lavoratori autonomi (figure, sotto questo profilo, assai prossime ai collaboratori) lo stesso d.lgs. 626 ha previsto uno specifico regime di tutela (art. 7).
In proposito, l’attuazione della delega (di cui all’articolo 3 della legge di semplificazione 2001, n. 229 del 2003) per il riassetto normativo in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro costituisce l’occasione per un adattamento dei principi generali di tutela prevenzionistica alle oggettive peculiarità del lavoro a progetto.
VII. Svolgimento del rapporto ed obblighi del collaboratore
Il collaboratore può svolgere la sua attività a favore di più committenti, tuttavia il contratto individuale può limitare in tutto od in parte tale facoltà.
Il collaboratore non deve svolgere attività in concorrenza con i committenti né, in ogni caso, diffondere notizie e apprezzamenti attinenti ai programmi e alla organizzazione di essi, né compiere, in qualsiasi modo, atti in pregiudizio della attività dei committenti medesimi.
VIII. Risoluzione del rapporto
In tema di risoluzione del contratto l’art. 66 prevede che esso si risolva al momento della realizzazione del progetto o del programma o della fase di esso che ne costituisce l’oggetto.
Inoltre le parti possono recedere prima della scadenza del termine per giusta causa ed altre cause e modalità (incluso il preavviso) stabilite dalle parti nel contratto di lavoro individuale.
Si deve ritenere pertanto che indipendentemente dal termine apposto al contratto qualora il progetto sia ultimato prima della scadenza il contratto debba intendersi risolto. Tuttavia se, come ha inteso il legislatore, è il progetto l’elemento caratterizzante della collaborazione il corrispettivo determinato nel contratto sarà dovuto comunque per l’intero.
IX. Rinunzie e transazioni
I diritti derivanti dalle disposizioni contenute nelle predette disposizioni possono essere oggetto di rinunzie o transazioni tra le parti in sede di certificazione del rapporto di lavoro secondo lo schema dell’art. 2113 c.c.
X. Sanzioni
I rapporti di collaborazione coordinata e continuativa instaurati senza l’individua-zione di uno specifico progetto, programma di lavoro o fase di esso sono considerati rapporti di lavoro subordinato a tempo indeterminato sin dalla data di costituzione del rapporto. Si tratta di una presunzione che può essere superata qualora il committente fornisca in giudizio prova della esistenza di un rapporto di lavoro effettivamente autonomo.
Qualora invece, in corso di rapporto, venga accertato dal giudice che il rapporto instaurato sia venuto a configurare un contratto di lavoro subordinato per difetto del requisito dell’autonomia, esso si trasforma in un rapporto di lavoro subordinato corrispondente alla tipologia negoziale di fatto realizzatasi tra le parti.
Il controllo giudiziale è limitato esclusivamente, in conformità ai principi generali dell’ordinamento, all’accertamento della esistenza del progetto, programma di lavoro o fase di esso e non può essere esteso fino al punto di sindacare nel merito valutazioni e scelte tecniche, organizzative o produttive che spettano al committente.
Detto controllo, inoltre, concerne in entrambi i casi l’esistenza nei fatti di un progetto e non la sua mera deduzione nel contratto. La mancata deduzione del progetto nel contratto, infatti, preclude solo la possibilità di dimostrarne l’esistenza e la consistenza con prova testimoniale.
XI. Regime transitorio
L’art. 86, comma 1, prevede che le collaborazioni coordinate e continuative stipulate ai sensi della disciplina vigente al momento di entrata in vigore del decreto e che non possono essere ricondotte ad un progetto o a una fase di esso, mantengono efficacia fino alla scadenza e, in ogni caso, non oltre un anno dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo medesimo, ossia non oltre il 24 ottobre 2004.
Sempre per le collaborazioni in atto che non possono essere ricondotte ad un progetto o a una fase di esso è prevista la facoltà di stabilire termini più lunghi di efficacia transitoria, purché ciò sia stabilito nell’ambito di un accordo aziendale con il quale il datore di lavoro contratta con i sindacati interni la transizione di questi collaboratori o verso il lavoro a progetto, così come disciplinato dal decreto legislativo n. 276/03, o verso una forma di rapporto di lavoro subordinato che può essere individuata fra quelle disciplinate dal nuovo regime dei rapporti di lavoro previsti dal medesimo d. lgs. (job on call, job sharing, distacco, somministrazione, appalto), ma anche già disciplinate (contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, a termine, a tempo parziale, ecc.).
INPS – Direzione Centrale delle Entrate Contributive
Roma, 22 Gennaio 2004
Circolare n. 9
OGGETTO: D.L.vo 10 settembre 2003, n. 276. Artt. 61 e seguenti. Lavoro a progetto. Legge 24 novembre 2003, n.326. Art.44. Esercenti attività di lavoro autonomo occasionale e incaricati delle vendite a domicilio
SOMMARIO: Riflessi in materia previden-ziale della nuova disciplina delle collaborazioni coordinate e continuative. Il lavoro autonomo occasionale e le vendite a domicilio.
A) IL LAVORO A PROGETTO.
1) La nuova disciplina.
Il capo primo del titolo settimo del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, di attuazione della legge delega n. 30/2003, sotto il titolo lavoro a progetto, detta una nuova disciplina delle collaborazioni coordinate e continuative.
In particolare il primo comma dell’art. 61 stabilisce che: Ferma restando la disciplina per gli agenti e i rappresentanti di commercio, i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, prevalentemente personale e senza vincolo di subor-dinazione, di cui all’articolo 409, n.3, del codice di procedura civile devono essere riconducibili ad uno o più progetti specifici o programmi di lavoro o fasi di esso determinati dal committente e gestiti autonomamente dal collaboratore in funzione del risultato, nel rispetto del coordinamento con la organizzazione del committente e indipendentemente dal tempo impiegato per l’esecuzione dell’attività lavorativa. Sebbene sul versante previden-ziale le collaborazioni coordinate e continuative sono individuate dall’art. 50, comma 1, lettera c-bis) del TUIR, (gia 47, comma1, lettera c-bis) la nuova configurazione di dette collaborazioni introdotta dall’art. 61 del decreto legislativo n.276/2003 esplica la sua efficacia anche ai fini previdenziali. Pertanto, a decorrere dal 24 ottobre 2003, data di entrata in vigore della norma, anche ai fini dell’iscrizione nella Gestione separata di cui alla legge n. 335/1995 e del pagamento dei relativi contributi, i rapporti in argomento devono essere connotati dai requisiti di cui all’art. 61 citato. Le finalità antielusive che la norma persegue sono realizzate tramite il necessario inquadramento dell’attività del lavoratore in un progetto, programma o fasi di esso, in mancanza dei quali non è giuridicamente configurabile il rapporto di collaborazione quale delineato dal decreto legislativo n. 276/2003.
La definizione del progetto, del programma o della fase di esso nonché i requisiti qualificanti della fattispecie sono detta-gliatamente illustrati nella circolare n.1 dell’8 gennaio 2004 del Ministero del lavoro e delle politiche sociali alla quale, pertanto, si fa integrale rinvio.
2) Le esclusioni.
In considerazione delle finalità della nuova disciplina, la stessa esclude dalla sua applicazione una serie di fattispecie nelle quali il rischio di comportamenti irregolari o elusivi deve intendersi insussistente e per le quali, quindi, non è necessario ricorrere al progetto o al programma di lavoro o alle fasi di esso. In particolare, ai sensi del secondo comma dell’articolo 61 in esame, le disposizioni di cui al comma uno che precede non si applicano alle prestazioni occasionali, intendendosi per tali quelle di durata inferiore a trenta giorni nel corso dell’anno solare con lo stesso committente, a meno che il compenso complessivamente percepito sia superiore a 5000 euro. Superati detti limiti, tornano a trovare applicazione le disposizioni contenute nell’intero capo.
A tal riguardo si precisa che i limiti dei trenta giorni e dei cinquemila euro annui devono essere entrambi riferiti a ciascun singolo committente. Conseguentemente il superamento di detti limiti annui per effetto del susseguirsi, in capo allo stesso collaboratore, di una pluralità di rapporti, non rende necessaria l’esistenza del progetto o del programma di lavoro.
Ai sensi del comma 3 dell’articolo in esame, come per le collaborazioni occasionali e per gli stessi motivi, sono esclusi dal nuovo regime i professionisti iscritti negli albi di categoria esistenti alla data del 24 ottobre 2003, i pensionati di vecchiaia e le collaborazioni rese in favore delle associazioni e società sportive dilettantistiche affiliate alle federazioni sportive nazionali, alle discipline sportive associate ed agli enti di promozione sportiva riconosciute dal CONI, nonché i componenti degli organi di amministrazione e di controllo delle società ed i partecipanti a collegi e commissioni.
Alla luce delle precisazioni contenute nella citata circolare ministeriale tutte le predette fattispecie, sebbene escluse dal nuovo regime, continuano ad essere disciplinate, nell’ambito dell’ordinamento previdenziale, come per il passato.
Conseguentemente, in presenza dei requisiti già previsti dalla disciplina fiscale e previdenziale, il versamento dei contributi previdenziali continua ad essere obbligatorio in riferimento alle collaborazioni dei professionisti iscritti agli albi, dei pensionati di vecchiaia, dei componenti degli organi di amministrazione e controllo delle società, dei membri dei comitati e commissioni nonché in riferimento alle collaborazioni con le società ed associazioni sportive dilettantistiche.
Parimenti sono soggette a contribuzione previdenziale le prestazioni occasionali, di durata inferiore a trenta giorni e per un compenso non superiore a 5000 euro, in riferimento al medesimo committente, sempre che sia configurabile un rapporto di collaborazione coordinata di cui all’art.50, comma1, lettera c-bis) del TUIR e non ci si trovi in presenza di un rapporto di lavoro autonomo di cui all’art. 2222 del Codice civile.
In ordine alle associazioni e società sportive dilettantistiche preme evidenziare che la nuova previsione normativa in nulla modifica l’attuale disciplina previdenziale e che, conseguentemente, nelle fattispe-cie nelle quali gli emolumenti ed i compensi conseguiti siano fiscalmente inquadrabili nei redditi diversi di cui all’art.67, comma 1, lettera m, del TUIR, (già art.81, comma1, lettera m) non è configurabile l’obbligo contributivo nei confronti della Gestione separata di cui alla legge n.335/1995.
Sempre in materia di esclusioni si sottolinea che, ai sensi dell’art.1, comma 2, del Decreto legislativo n. 276/2003 in argomento, le disposizioni nello stesso contenute non trovano applicazione per le pubbliche amministrazioni e per il loro personale. E ciò in attesa dei provvedimenti che saranno adottati, in sede di determinazione dei profili di armonizza-zione conseguenti dall’entrata in vigore del decreto legislativo più volte citato, dal Ministro per la funzione pubblica.
Allo stato, pertanto, i rapporti di collaborazione instaurati o che saranno instaurati da tutte le Amministrazioni pubbliche continueranno ad essere disciplinati, in ogni loro aspetto, come per il passato.
3) La forma
L’articolo 62 del decreto prescrive i requisiti di forma del contratto di collaborazione a progetto.
Il contratto deve essere stipulato in forma scritta (ai fini della prova) e deve necessariamente indicare:
– la durata della prestazione, determinata o determinabile;
– il progetto o programma di lavoro o le fasi dello stesso individuati nel loro contenuto caratterizzante;
– il corrispettivo ed i criteri per la sua determinazione, i tempi e le modalità di pagamento e la disciplina dei rimborsi delle spese;
– le modalità nelle quali si esplica il coordinamento del lavoratore con il committente che, in ogni caso non possono pregiudicarne l’autonomia nell’esecuzione dell’obbligazione;
– le eventuali misure per la tutela della salute e sicurezza del collaboratore a progetto.
4) Le sanzioni.
L’articolo 69 dispone, in linea con le finalità della nuova disciplina, il divieto di stipulare rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, ferme restando le eccezioni previste dall’articolo 61 che precede, senza l’individuazione di uno specifico progetto o programma di lavoro o fasi di esso. L’inosservanza di tale divieto comporta che i rapporti in questione sono considerati, sin dalla loro costituzione, quali rapporti di lavoro a tempo indeterminato. La norma va intesa, sempre ad avviso del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, nel senso di una presunzione iuris tantum dell’esistenza di un rapporto di lavoro dipendente, salvo la facoltà del committente di dimostrare, con inversione dell’onere della prova, che si tratti di rapporto di diversa natura.
Inoltre, qualora in sede giudiziaria venga accertato che un rapporto, ancorché instaurato nel rispetto formale delle condizioni previste dall’articolo 61, venga a configurarsi quale rapporto di lavoro subordinato, lo stesso si trasforma nella tipologia contrattuale di fatto realizzatasi tra le parti.
5) Il periodo transitorio.
Le disposizioni transitorie e finali contenute nell’art. 86 del decreto prevedono che le collaborazioni coordinate e continuative stipulate ai sensi della previgente disciplina, qualora non siano riconducibili ad un progetto, ad un programma di lavoro o a fasi di esso, continuano ad esplicare i loro effetti sino alla loro scadenza e, comunque, non oltre il 24 ottobre 2004.
Periodi di vigenza ulteriori dei rapporti in questione potranno essere stabiliti esclusivamente nell’ambito di accordi sindacali stipulati in sede aziendale con le istanze aziendali dei sindacati comparativamente più rappresentativi sul piano nazionale, secondo i criteri enunciati nell’allegata circolare ministeriale.
6) Conferma delle procedure in atto.
Discende da tutto quanto precede che la nuova disciplina civilistica delle collaborazioni coordinate e continuative non comporta modifiche in ordine alle modalità e termini di versamento dei contributi, alla individuazione della base imponibile, all’accredito della contribuzione ed alle prestazioni previdenziali dei collaboratori iscritti alla Gestione separata di cui all’art.2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n.335.
Non sussistono, pertanto, motivi per intervenire sulle procedure in atto.
B) IL LAVORO AUTONOMO OCCASIONALE ED I VENDITORI A DOMICILIO.
L’art. 44 del D.L. 30 settembre 2003, n. 269, convertito con modificazioni dalla legge 24 novembre 2003, n.326, dispone che a decorrere dal 1° gennaio 2004 i soggetti esercenti attività lavoro autonomo occasionale e gli incaricati alle vendite a domicilio sono iscritti alla Gestione separata istituita presso l’INPS solo qualora il reddito annuo derivante da dette attività sia superiore ad euro 5000 e che, per il versamento dei contributi da parte dei soggetti esercenti attività di lavoro autonomo occasionale, si applicano le modalità ed i termini previsti per i collaboratori coordinati e continuativi.
Trattasi di disposizione, di contenuto prettamente previdenziale e contributivo, con la quale il legislatore interviene direttamente sull’assetto della Gestione separata di cui alla legge n.335/1995.
E’ noto, a tal riguardo, che i soggetti che esercitano attività di lavoro autonomo di cui all’art. 53, comma 1, del TUIR (già art. 49, comma 1)* ed i venditori a domicilio di cui all’art.19 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n.114 sono già tenuti all’iscrizione alla Gestione separata di cui alla legge n.335/1995. Peraltro la legge istitutiva non pone alcun limite di reddito per gli incaricati alle vendite a domicilio e non prende in considerazione il lavoro autonomo occasionale. Conseguentemente, in riferimento ai redditi da lavoro autonomo, dal primo gennaio del corrente anno saranno assoggettati all’obbligo assicurativo e contributivo presso la Gestione separata, non solo i percettori di redditi derivanti dall’esercizio, per professione abituale, di attività di lavoro autonomo diverse da quelle d’impresa (i c.d. professionisti privi di cassa), come per il passato, ma anche i lavoratori autonomi occasionali, percettori di redditi di lavoro autonomo non esercitato abitualmente, fiscalmente classificati tra i redditi diversi di cui all’art.67, comma 1, lettera l, del TUIR (già art. 81, comma 1, lettera l).
Si rammenta, al riguardo, che lavoratore autonomo occasionale può essere definito, alla luce dell’art. 2222 del Codice civile, chi si obbliga a compiere un’opera o un servizio, con lavoro prevalentemente proprio, senza vincolo di subordinazione e senza alcun coordinamento con il com-mittente; l’esercizio della attività, peraltro, deve essere del tutto occasionale, senza i requisiti dell’abitualità e della professionalità.
Per tali soggetti, come per i venditori a domicilio (ma a differenza di quanto previsto per i collaboratori occasionali di cui al punto 2 che precede), l’obbligo di iscrizione alla Gestione separata e del pagamento dei relativi contributi, nella misura fissata per le diverse tipologie di assicurati, è subordinato al raggiungimento di un reddito annuo, derivante da dette attività, superiore a 5000 euro, a prescindere dal numero dei committenti delle prestazioni occasionali.
Considerato che il verificarsi di tale condizione è accertabile soltanto a consuntivo, a chiusura dell’esercizio finanziario, suscita talune perplessità il riferimento operato dalla disposizione in esame alle modalità ed ai termini di versamento previsti, non per i lavoratori autonomi iscritti alla Gestione separata (responsabili dell’intero pagamento del contributo dovuto, nei termini e con le modalità di cui all’art.1, comma 212, della legge 23 dicembre 1996, n.662), ma a quelli vigenti per i collaboratori coordinati e continuativi (responsabilità del pagamento a carico dei singoli committenti, entro il giorno 16 del mese successivo a quello di correspon-sione degli emolumenti).Sulla questione si fa riserva di fornire le necessarie indicazioni dopo aver acquisito il parere del Ministero del lavoro e delle politiche sociali.
In attesa della predisposizione della nuova modulistica le Sedi metteranno in evidenza le domande di iscrizione eventualmente presentate dagli interessati.
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