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18.06.2014 - urbanistica

CONVERSIONE IN LEGGE DEL C.D. DECRETO CASA (D.L. 47/2014) – EDILIZIA SOCIALE E RIQUALIFICAZIONE DEL PATRIMONIO EDILIZIO

(Legge 23 maggio 2014, n.80)

È stata pubblicata sulla G.U. n.121 del 27 maggio 2014 la Legge 23 maggio 2014, n.80, di conversione, con modificazioni, del Decreto Legge 28 marzo 2014, n. 47 recante «Misure urgenti per l’emergenza abitativa per il mercato delle costruzioni e per EXPO 2015».
L’articolo 10 è senz’altro la norma di maggiore interesse del provvedimento in quanto crea le condizioni, anche culturali, per affrontare in maniera unitaria e programmatica il tema della riqualificazione del patrimonio edilizio e della necessità di non consumare ulteriore suolo urbano con quello dell’emergenza abitativa che, nonostante la crisi del mercato immobiliare si mantiene a livelli elevati essendosi allargata l’area del disagio sociale.
La norma incentiva gli interventi di ristrutturazione edilizia, manutenzione straordinaria, sostituzione edilizia e i mutamenti di destinazione d’uso che, nell’ottica di aumentare l’offerta di alloggi sociali, potranno, in alcuni casi, anche essere realizzati in deroga agli strumenti urbanistici e potranno usufruire dei premi volumetrici già riconosciuti da disposizioni legislative o regolamentari di livello regionale/comunale.
Con obiettivi raggiungibili soprattutto nel medio-lungo periodo l’articolo 10 pone tra le sue finalità quella di ridurre il disagio sociale attraverso l’aumento dell’offerta di alloggi sociali in locazione, senza consumo di nuovo suolo, favorendo il risparmio energetico e la promozione, da parte dei Comuni, di politiche urbane mirate ad un processo integrato di rigenerazione delle aree urbanizzate e dei tessuti edilizi esistenti.
Per il raggiungimento di tali obiettivi i diversi commi dell’articolo 10 prevedono tempi e modalità di adozione di procedure idonee a garantire, anche attraverso l’utilizzo di nuove risorse pubbliche (nel limite di 100 milioni di euro e solo per alcune tipologie di intervento) e l’accelerazione dell’utilizzo delle risorse di cui all’articolo 11, comma 3 del DL 112/2008 l’incremento di alloggi sociali.
Gli interventi potranno essere localizzati solo nei Comuni “ad alta tensione abitativa” presenti nell’elenco Cipe n.87/03 del 13/11/2003.
Il comma 3 fornisce una definizione di alloggio sociale parzialmente diversa da quella di cui al DM 22 aprile 2008 (richiamato invece espressamente in altre parti del DL).
E’ considerato, infatti “alloggio sociale” l’unità immobiliare adibita ad uso residenziale quando sia realizzata o recuperata da soggetti pubblici e privati, nonché dall’ente gestore comunque denominato da concedere in locazione per ridurre il disagio abitativo di individui e nuclei familiari svantaggiati che non sono in grado di accedere alla locazione di alloggi alle condizioni di mercato.
Nella legge di conversione è stato specificato che gli alloggi sociali sono altresì destinati alle donne ospiti dei centri antiviolenza e delle case rifugio di cui all’art.5-bis del D.L.93/2013.
Ai soli fini dell’articolo 10, viene altresì considerato alloggio sociale l’unità abitativa:
– destinata alla locazione, con vincolo di destinazione d’uso, comunque non inferiore a 15 anni, all’edilizia universitaria convenzionata;
– destinata alla locazione/ assegnazione con patto di futura vendita, per un periodo non inferiore ad 8 anni (che comunque lo sarebbe anche ai sensi del DM 22 aprile 2008).
Gli interventi dovranno interessare il patrimonio edilizio esistente compresi gli immobili non ultimati e gli interventi non ancora avviati alla data di entrata in vigore del DL (29 marzo 2014) o regolati da convenzioni urbanistiche stipulate entro la stessa data.
Grazie all’intervento dell’Ance il termine di riferimento previsto inizialmente al 31 dicembre è stato spostato al 29 marzo 2014 dando così l’opportunità di includere ulteriori casi di interventi in corso.
Ferme restando le anzidette limitazioni il comma 5 (come modificato dalla legge di conversione) ammette interventi di:
• ristrutturazione edilizia, restauro o risanamento conservativo, manutenzione straordinaria miglioramento/adeguamento sismico;
• sostituzione edilizia, compresa la modifica della sagoma e dell’area di sedime nel lotto di riferimento in cui viene ricollocato assicurando che lo stesso sia comunque dotato di infrastrutture e servizi;
• variante di destinazione d’uso anche senza opere;
• creazione di servizi complementari alla residenza e al commercio (con esclusione delle grandi strutture commerciali);
• edilizia abitativa con gestione collettiva dei servizi di pertinenza (co-housing) ed edilizia abitativa, e relativi servizi finalizzati ad utenti di età maggiore di 65 anni (introdotta durante l’esame al Senato grazie alle indicazione dell’Ance);
• recupero di immobili fatiscenti o da dismettere esistenti nei centri storici e nelle periferie.
Anche questa tipologia è stata introdotta durante l’esame al Senato.
Possono essere, altresì, realizzati interventi destinati alla creazione di quote di alloggi da destinare alla locazione temporanea: dei residenti di immobili di edilizia residenziale pubblica (ERP) in corso di ristrutturazione o a soggetti sottoposti a procedure di sfratto.
Gli interventi realizzati ai sensi dell’articolo 10 non generano standard ai si sensi del DM 1444/1968 (spazi pubblici, verde, parcheggi).
Nel comma 8 sono fissate le limitazioni di carattere urbanistico alla realizzazione degli interventi.
Innanzitutto, nessun intervento sarà ammesso su edifici abusivi o in aree ad inedificabilità assoluta né in violazione dei vincoli storici, artistici, paesaggistici e ambientali.
Nei centri storici non saranno consentiti gli interventi ritenuti di maggior impatto ossia: sostituzione edilizia con modifica della sagoma, mutamenti d’uso e la realizzazione di servizi complementari alla residenza.
Per il resto la norma prevede la possibilità di derogare agli strumenti urbanistici, ai regolamenti edilizi e alle destinazioni d’uso previste fatta eccezione per le sostituzioni edilizie e i servizi complementari alla residenza.
Resta fermo il rispetto delle norme igienico sanitarie, della destinazione agricola dei suoli e degli obiettivi di qualità dei suoli.
In ogni caso tutti gli interventi di trasformazione dovranno essere regolati da convenzioni sottoscritte dal Comune con gli operatori.
Per quanto riguarda gli aspetti procedurali l’articolo 10 attribuisce rispettivamente a Regioni e Comuni compiti e funzioni differenziate.
Le Regioni, qualora non lo abbiamo già fatto (e fatte comunque salve le convenzioni già stipulate), definiscono entro il termine di 90 giorni dall’entrata in vigore della legge di conversione i requisiti di accesso e di permanenza nell’alloggio sociale; i criteri di regolamentazione dei canoni di locazione e i prezzi di cessione per gli alloggi per i quali se ne prevede il riscatto finale.
Entro lo stesso termine le Regioni definiscono la durata del vincolo di destinazione d’uso, ferma restando la durata minima di 15 anni per gli alloggi concessi in locazione e di 8 anni per gli alloggi concessi in locazione con patto di futura vendita o con patto di riscatto.
Le Regioni possono inoltre disciplinare procedure semplificate per il rilascio del titolo abilitativo edilizio convenzionato e ridurre gli oneri di urbanizzazione.
Tale previsione appare meramente eventuale e, in ogni caso, non sottoposta a termini di adozione.
I Comuni, entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione, e comunque anteriormente al rilascio del primo titolo abilitativo edilizio, recepiscono le norme di semplificazione approvate a livello regionale e definiscono i criteri di valutazione della sostenibilità urbanistica, economica e funzionale dei progetti di recupero, riuso o sostituzione edilizia.
Nel corso dell’esame al Senato (grazie anche alle proposte emendative dell’Ance) è stato chiarito che tale approvazione deve avvenire come integrazione dei regolamenti edilizi e che deve anche tener conto degli incentivi volumetrici già ammessi da altre disposizioni normative regionali/ comunali.
Gli interventi, ad eccezione di quelli di mutamento d’uso senza opere, dovranno essere energeticamente sostenibili.
Ciò significa che sarà necessario garantire il fabbisogno energetico per l’acqua calda sanitaria e la climatizzazione da fonti rinnovabili.
Gli operatori che realizzano gli interventi, potranno, sulla base di quanto stabilito preventivamente dai Comuni in tal senso, cedere le superfici ad altri operatori ovvero trasferirle su altre aree di proprietà pubblica o privata, per le medesime finalità di intervento, con esclusione delle aree destinate all’agricoltura o non soggette a trasformazione urbanistica dagli strumenti urbanistici, nonché di quelle vincolate ai sensi del Codice dei beni culturali e del paesaggio (D.Lgs.42/2004).
Nella legge di conversione è stato precisato che tale attività deve comunque avvenire nel rispetto dei commi 1 e 4 dell’articolo in esame, che individuano le finalità e l’ambito di applicazione.
Dal punto di vista delle risorse, il comma 10 destina fino a 100 milioni di euro, delle risorse rese disponibili ai sensi dell’art.4, comma 2, del presente decreto, al finanziamento dei seguenti interventi:
• creazione di servizi e funzioni connesse e complementari alla residenza, al commercio con esclusione delle grandi strutture di vendita (comma 5, lettera d) dell’articolo in esame);
• realizzazione di spazi pubblici o riservati alle attività collettive, a verde pubblico o a parcheggi, previste dal D.M.n.1444/1968;
• creazione quote di alloggi da destinare alla locazione temporanea dei residenti di immobili ERP in corso di ristrutturazione o a soggetti sottoposti a procedure di sfratto.
Un decreto ministeriale attribuirà le risorse alle Regioni che rispettano il termine di 90 giorni per effettuare gli adempimenti richiesti dal comma 6 dell’articolo 10 (nonché, si deve presumere, a quelle che dimostrano di aver già una propria disciplina al riguardo) e stabilirà i criteri per il successivo riparto ai Comuni che però abbiano già siglato le convenzioni con gli operatori.
La firma della convenzione appare, quindi, condizione legittimante l’attribuzione delle risorse.
Non è stato fissato un termine pe l’emanazione del DM che dovrà necessariamente avere anche il via libera della Conferenza unificata.

 


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