04.12.2003 - urbanistica

DEMOLIZIONE E RICOSTRUZIONE – CIRCOLARE MINISTERIALE N. 4174 DEL 2003

DEMOLIZIONE E RICOSTRUZIONE – CIRCOLARE MINISTERIALE N DEMOLIZIONE E RICOSTRUZIONE – CIRCOLARE MINISTERIALE N. 4174 DEL 2003

Sulla Gazzetta Ufficiale n. 274 del 25/11/2003 è stata pubblicata la Circolare n. 4174 del 2003 con la quale vengono forniti chiarimenti sulla demolizione e ricostruzione nell’ambito della nuova definizione di ristrutturazione edilizia contenuta nel Testo Unico sull’edilizia (D.P.R. 380/2001).   
I contenuti principali della circolare possono essere così riassunti.   

Disciplina edilizia applicabile    
Ai fini della ricostruzione si deve far riferimento alla disciplina vigente all’epoca della realizzazione della costruzione originaria per quanto riguarda i parametri edificatori (ossia indice di edificabilità , altezze, distanze distacchi, inclinate,ecc.) anche se difformi da quelli ora vigenti.  
Ciò in quanto non si è in presenza di una nuova edificazione, bensì di un intervento di ristrutturazione edilizia (ad esempio, ai fini delle distanze, se oggi vige il limite di 10 metri ed in passato era invece previsto un limite di 3 metri, si applica quest’ultimo senza che ciò  configuri lesione dei diritti dei terzi nel caso in cui venga  rispettata l’originaria area di sedime).   
Si deve comunque sottolineare che, a seguito delle modifiche introdotte dalla l. n. 443/2001, devono  ora  essere rispettati il volume e la sagoma originari (e quindi non anche i prospetti), mentre non assumono più rilevanza le caratteristiche dei materiali e l’area di sedime.   
In proposito, la circolare, al fine  di individuare le possibilità di spostamento dell’area di sedime nell’ambito dell’area di pertinenza, introduce un criterio interpretativo che si riferisce alle disposizioni regionali sulle varianti essenziali alla concessione edilizia (oggi permesso di costruire).    
Ciò vuol dire che mediamente è ammesso uno spostamento del dieci per cento rispetto all’area di sedime originaria. Tale scelta viene motivata con la considerazione per cui in questi casi si ricade  comunque nell’ambito di interventi di recupero, per cui gli spostamenti sono finalizzati principalmente ad una migliore funzionalità insediativa.   

Aumenti di superficie, destinazione d’uso e piani attuativi   
Devono considerarsi di norma ammissibili aumenti di superficie nel rispetto della volumetria preesistente, in quanto ordinariamente ricompresi negli interventi di ristrutturazione edilizia.
Una  tale possibilità potrebbe essere esclusa solo in presenza di un esplicito divieto contenuto nelle regolamentazioni locali in via generale e comunque con riferimento alla specifica ipotesi di demolizione e ricostruzione.   
Nel contempo, è ammissibile mantenere la destinazione d’uso originaria, ovvero mutare la stessa nell’ambito di quelle consentite dal piano per la zona nella quale è ricompreso l’immobile ristrutturato.   
Qualora l’intervento ricada in zone sottoposte a piano attuativo, la demolizione e ricostruzione è da ritenere ammissibile in base all’art. 9, secondo comma,  del Testo Unico Edilizia, che consente la ristrutturazione edilizia in attesa dell’approvazione del piano esecutivo.   

Parcheggi pertinenziali   
L’obbligo della realizzazione dei parcheggi pertinenziali è applicabile, in base alla normativa vigente,  solo alle nuove costruzioni, per cui non trova applicazione alla demolizione e ricostruzione che rientra nella ristrutturazione edilizia.   
La circolare si limita, quindi, a rivolgere un invito affinchè in tali operazioni, che comportano la integrale sostituzione edilizia, siano comunque garantite le dotazioni di parcheggi al fine di soddisfare un deficit pregresso.   
Ciò è possibile in quanto la realizzazione dei posti macchina non rappresenta un aumento volumetrico.   

Immobili condonati     
Sono consentiti gli interventi di demolizione e ricostruzione su immobili condonati ma nel rispetto, oltre che della sagoma e del volume, della superficie utile, in quanto l’oblazione è stata corrisposta in relazione alle quantità denunciate, che sono quindi state cristallizzate nella loro entità. 
Tale principio non si applica in caso di difformità edilizia oggetto di sanzione pecuniaria ai sensi del regime repressivo ordinario.   

Prevalenza sulle disposizioni degli strumenti urbanistici. 
 Per espressa disposizione di legge, la nuova nozione di ristrutturazione edilizia prevale automaticamente sulle definizioni contenute nelle disposizioni degli strumenti urbanistici generali e dei regolamenti edilizi.   
Ciò vuol dire che, ove le disposizioni di piano facciano riferimento alla nozione indeterminata  di ristrutturazione edilizia, la stessa deve intendersi integrata dalla fattispecie della demolizione e ricostruzione.        
 MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI

   CIRCOLARE 7 agosto 2003, n.4174
 Decreto  del  Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, come  modificato  ed integrato dal decreto legislativo 27 dicembre 2002, n.  301.   Chiarimenti   interpretativi   in   ordine   alla   inclusione  dell’intervento  di demolizione e ricostruzione nella categoria della  ristrutturazione edilizia. 
                                 
1. Premessa.    
Con la presente circolare questo Ministero intende far conoscere il  proprio  avviso  sulla  disposizione  di  cui  all’art.  1,  comma 6,  lettera b),  della legge 21 dicembre 2001, n. 443, recepita dall’art.  3,  comma  1, lettera d), del decreto del Presidente della Repubblica  6 giugno  2001,  n.  380 (in seguito Testo unico), come modificato ed  integrato   dall’art.   1,   lettera a),   del   decreto  legislativo  27 dicembre  2002, n. 301 (in seguito Testo unico coordinato), che ha  compreso   nella   ristrutturazione   edilizia   gli   interventi  di  «demolizione  e  ricostruzione  con  la  stessa volumetria e sagoma»,  assoggettandoli  a  denuncia  di  inizio  attività.  Ciò al fine di  fornire  indirizzi per una interpretazione uniforme ed omogenea della  norma  e  per  una sua conseguente corretta applicazione, considerata  anche  la  notevole  incidenza  della  stessa sul patrimonio edilizio  esistente:  è  noto,  infatti,  che  gli  interventi  di  recupero e  riqualificazione  hanno  assunto,  negli  ultimi  anni,  rilevanza  e  diffusione  crescente e costituiscono componente non secondaria della  politica  urbanistico-edilizia  di  molti  enti  territoriali  e che,  inoltre, la formazione degli strumenti urbanistici si attiene, sempre  più  di  frequente, a criteri del massimo possibile recupero e riuso  del territorio urbanizzato e delle aree edificate esistenti, anche al  fine  di  contenere  il  ricorso  all’edificazione  di  nuovi  ambiti  territoriali.   
Ulteriori motivi sulla necessità di orientare l’applicazione della  norma  si individuano nell’importanza, da un lato, di fornire criteri  guida  in modo da agevolare i comportamenti amministrativi dei comuni  evitando   possibili  assunzioni  di  atti  illegittimi;  dall’altro,  nell’esigenza  di  assicurare,  mediante una certezza interpretativa,  tutela   ai   professionisti   in   considerazione   delle   notevoli  responsabilità   affidate  agli  stessi  su  compiti  in  precedenza  assegnati  agli  uffici  pubblici.  I  professionisti,  infatti, sono  tenuti ad asseverare la conformità dell’intervento oggetto della Dia  agli  strumenti  urbanistici  adottati  o approvati ed ai regolamenti  edilizi  vigenti,  nonchè  il rispetto delle norme di sicurezza e di  quelle  igienico-sanitarie,  ed  assumono,  inoltre,  la  qualità di  persone  esercenti  un servizio di pubblica necessità ai sensi degli  articoli 359    e    481    del   codice   penale.   Conseguentemente  l’amministrazione,  in  caso  di  dichiarazioni non veritiere, ne dà  comunicazione  al  competente  ordine professionale per l’irrogazione  delle sanzioni disciplinari.   
È  in  ogni  caso  da  evidenziare  che  l’attestazione  circa  la  consistenza   delle   volumetrie  esistenti  avviene,  da  parte  del  professionista  incaricato, tramite adeguata documentazione grafica e  fotografica, con le modalità eventualmente stabilite dal regolamento  edilizio comunale.    
La  verifica  della  legittimità  delle  preesistenze, nel caso di  richiesta di permesso di costruzione, spetta all’amministrazione che,  una  volta  ricevuta  la  richiesta,  provvederà  a  controllare  la  sussistenza  dei  titoli  abilitativi originari con relative varianti  (permessi   di   costruzione,  concessioni  edilizie,  autorizzazioni  edilizie,  denunce  di inizio attività, concessioni o autorizzazioni  in sanatoria) e dei provvedimenti di disciplina edilizia adottati per  eventuali  abusi  presenti nell’edificio. Qualora si proceda con Dia,  utilizzando   la   facoltà  di  cui  all’art.  22  del  Testo  unico  coordinato,  la  situazione delle preesistenze, in quanto presupposto  legittimante  l’operazione di ristrutturazione mediante demolizione e  ricostruzione,  deve  essere  oggetto di ricognizione nella relazione  asseverata  di  cui all’art. 23, comma 1, del Testo unico, sulla base  degli   elementi  forniti  dal  proprietario  ovvero  delle  ricerche  condotte   dal   professionista.   Peraltro,  considerata  la  natura  ricognitiva  di  tale  attività, il professionista non assume alcuna  responsabilità  circa  l’effettiva  situazione della costruzione con  riferimento  alla  disciplina urbanistico-edilizia pregressa, essendo  il  contenuto della relazione circoscritto ai risultati della ricerca  condotta  ed ai dati forniti dal proprietario. Tale incombente potrà  in  ogni  caso  assolversi anche mediante richiesta di ogni opportuna  informazione  e documentazione allo sportello unico per l’edilizia di  cui all’art. 5, comma 1, del Testo unico.  
Si precisa, infine, che i pareri e gli atti di assenso, nel caso di  denuncia  di  inizio  attività, devono essere acquisiti direttamente  dall’interessato  ed  allegati alla richiesta. È, comunque, facoltà  del  richiedente  produrre  pareri  ed  atti  di assenso anche per il  rilascio  del  permesso di costruire, in quanto lo sportello unico è  demandato a provvedere solo qualora tale documentazione non sia stata  acquisita dal richiedente.     

2. Gli   orientamenti   giurisprudenziali   sull’equiparazione  della           demolizione e ricostruzione alla ristrutturazione.   
Antecedentemente  all’entrata  in  vigore  della  legge 21 dicembre  2001,  n.  443, la giurisprudenza amministrativa si era occupata più  volte  della  questione  relativa alla possibilità di far rientrare,  nell’ambito della ristrutturazione edilizia di cui all’art. 31, comma  1,   lettera d),  della  legge  del  5 agosto  1978,  n.  457,  anche  l’intervento di demolizione e fedele ricostruzione del fabbricato.   
Si   è  venuto,  pertanto,  a  formare  un  consolidato  indirizzo  giurisprudenziale  secondo  cui  «nel  concetto  di  ristrutturazione  edilizia  devono  annoverarsi  anche gli interventi consistenti nella  demolizione e successiva fedele ricostruzione di un fabbricato» (cfr.  Cons.  Stato,  sez.  V, 5 marzo 2001, n. 1246; id., 28 marzo 1998, n.  369;  id.,  14 novembre  1996, n. 1359; id., 9 febbraio 1996, n. 144;  id.,  23  luglio  1994, n. 807; id., 6 dicembre 1993, n. 1259; id., 3  febbraio  1992, n. 86; id., 3 gennaio 1992, n. 4; id., 4 aprile 1991,  n.  430;  id.,  20 novembre 1990, n. 786; id., 9 luglio 1990, n. 594;  id.,  30 settembre  1988,  n.  946; id., 28 giugno 1988, n. 416; id.,  17 ottobre 1987, n. 637; id., 21 dicembre 1984, n. 958).  
 L’equiparazione    della    demolizione    e   ricostruzione   alla  ristrutturazione  veniva dalla giurisprudenza essenzialmente motivata  con  la  considerazione  che  «il  concetto  di  ristrutturazione  è  necessariamente  legato  concettualmente  ad  una  modifica  e  a una  salvezza  finale  (quantomeno nelle sue caratteristiche fondamentali)  dell’esistente  (modifica  che  può essere generale o particolare e,  quindi,  dar  luogo alla realizzazione di un fabbricato in tutto o in  parte «nuovo»), ma non anche alla indispensabile conservazione, nella  loro  individualità  fisica  e  specifica  (tal quali essi sono e si  trovano), dei medesimi elementi costitutivi dell’edificio o di alcuni  tra essi (i principali)» (così Cons. Stato, sez. V, n. 946/1988).     

3. Il  recepimento  normativo, con parziali innovazioni, dei principi affermati dalla giurisprudenza.  
Il Testo unico, recependo il c.d. diritto vivente, costituito dagli  orientamenti  giurisprudenziali  innanzi  riportati, all’art. 3 aveva  stabilito testualmente:   
«Nell’ambito  degli  interventi  di  ristrutturazione edilizia sono  ricompresi  anche  quelli  consistenti nella demolizione e successiva  fedele  ricostruzione  di  un  fabbricato  identico, quanto a sagoma,  volumi,  area  di  sedime  e  caratteristiche dei materiali, a quello  preesistente,   fatte   salve  le  sole  innovazioni  necessarie  per  l’adeguamento alla normativa antisismica».   
Tale  formulazione  è  stata in seguito oggetto di una modifica ad  opera  dell’art.  1,  comma 1, lettera a), del Testo unico coordinato  che  ha  inteso  conformarsi  alla  sopravvenuta norma della legge n.  443/2001.  Conseguentemente,  il  testo definitivo vede sostituito il  riferimento  alla  «fedele  ricostruzione  di un fabbricato identico,  quanto  a  sagoma,  volumi,  area  di  sedime  e  caratteristiche dei  materiali  a  quello  preesistente»  con «ricostruzione con la stessa  volumetria e sagoma di quella esistente».

4. Conseguenze    giuridiche   derivanti   dall’equiparazione   della           demolizione e ricostruzione alla ristrutturazione.  
4.1. Con riferimento alla disciplina edilizia.   
In   forza   del   ricordato  disposto,  la  nuova  definizione  di  ristrutturazione   edilizia,  comprendente  anche  la  demolizione  e  ricostruzione  di  edifici  con il rispetto della volumetria e sagoma  preesistenti,  prevale sulle disposizioni degli strumenti urbanistici  generali e dei regolamenti edilizi, come già stabilito dall’art. 31,  ultimo comma, della legge n. 457/1978 e confermato all’art. 3, ultimo  comma, del Testo unico.   
Va  osservato,  in proposito, che il mancato richiamo – nella nuova  definizione  voluta  dal legislatore della n. 443/2001 – al parametro  «dei  materiali edilizi» non pone alcun particolare problema, mentre,  per   quanto   riguarda  «l’area  di  sedime»,  non  si  ritiene  che  l’esclusione  di  tale  riferimento possa consentire la ricostruzione  dell’edificio  in  altro  sito, ovvero posizionarlo all’interno dello  stesso  lotto in maniera del tutto discrezionale. La prima ipotesi è  esclusa  dal  fatto che, comunque, si tratta di un intervento incluso  nelle  categorie  del  recupero,  per cui una localizzazione in altro  ambito  risulterebbe  palesemente  in  contrasto  con tale obiettivo;  quanto  alla  seconda  ipotesi  si  ritiene  che debbono considerarsi  ammissibili,  in sede di ristrutturazione edilizia, solo modifiche di  collocazione  rispetto  alla  precedente  area  di sedime, semprechè  rientrino  nelle  varianti  non  essenziali,  ed  a  questo  fine  il  riferimento  è  nelle definizioni stabilite dalle leggi regionali in  attuazione   dell’art.  32  del  Testo  unico.  Resta  in  ogni  caso  possibile,  nel  diverso posizionamento dell’edificio, adeguarsi alle  disposizioni  contenute  nella strumentazione urbanistica vigente per  quanto attiene allineamenti, distanze e distacchi.   
In  ragione  delle  considerazioni  espresse, per gli interventi di  demolizione  e  ricostruzione inclusi nella ristrutturazione non può  trovare  applicazione  quella parte della normativa vigente che detta  prescrizioni per quanto riguarda gli indici di edificabilità ed ogni  ulteriore  parametro  di  carattere  quantitativo (altezze, distanze,  distacchi,  inclinate,  ecc.) riferibile alle nuove costruzioni. Ciò  in  quanto il relativo rispetto potrebbe risultare inconciliabile con  la  demolizione e ricostruzione intesa come operazione da effettuarsi  con  la  sola osservanza della sagoma e della volumetria preesistenti  (ed  in  tale prospettiva, qualora non venga utilizzata per intero la  sagoma  e  la  volumetria  esistenti,  l’intervento  non  può essere  incluso nella categoria della ristrutturazione edilizia).   
Va  però  soggiunto che la demolizione e ricostruzione, rientrando  per   espressa   declaratoria   legislativa   nella  ristrutturazione  edilizia,  dovrà  rispettare  le  prescrizioni  ed  i  limiti  dello  strumento  urbanistico  vigente  per quanto compatibili con la natura  dell’intervento  e  quindi  non  in  contrasto  con  la possibilità,  esplicitamente   prevista   dal  legislatore,  di  poter  operare  la  ricostruzione  attenendosi  al solo rispetto di sagoma e volume. Più  specificatamente  la  demolizione  e  ricostruzione  può  comportare  aumenti  della  superficie utile nei limiti consentiti o non preclusi  per la ristrutturazione edilizia: in proposito, deve ritenersi insita  nella  natura  di  tale  intervento  la possibilità di aumento della  superficie   utile   con   il   conseguente   incremento  del  carico  urbanistico,  stante la fondamentale ratio legislativa di favorire il  rinnovo    del   patrimonio   edilizio   anche   sotto   un   profilo  tecnico-qualitativo  che  comporta il più delle volte, per la stessa  praticabilità  dell’intervento,  un  diverso  dimensionamento  della  superficie utile.   
In relazione a tale indirizzo, nella revisione delle norme tecniche  di  attuazione  dei  piani  urbanistici,  dovrà  essere attentamente  ponderata  la  possibilità  di  estendere (o mantenere) anche per la  demolizione  e  ricostruzione  i  limiti  di aumento della superficie  utile  fissati  in  via generale per l’intervento di ristrutturazione  edilizia,  proprio  per non vanificare la finalità di incentivare il  ricorso  alla demolizione e ricostruzione. A tal fine, si precisa che  qualora  gli strumenti urbanistici generali ed i regolamenti edilizi,  nelle  more  del  recepimento delle definizioni di cui all’art. 3 del  Testo   unico,   non  considerino  esplicitamente  la  demolizione  e  ricostruzione  all’interno  della  categoria  della  ristrutturazione  edilizia e quindi non disciplinino le modalità di attuazione di tali  interventi,  si  ritiene  ammissibile  variare  le  superfici utili –  potendo  anche prevedere la modifica delle quote di imposta dei solai  – nel solo rispetto di sagoma e volume.   
In  ogni caso, sono da considerare sempre consentiti gli aumenti di  superficie  dovuti  all’adeguamento,  in  base  a specifiche norme di  legge,  della  dotazione  di servizi (in relazione all’inserimento di  impianti speciali per portatori di handicap, di impianti di sicurezza  e simili).   
Per  quanto  concerne  lo  standard  relativo al dimensionamento di  posti  auto  pertinenziali,  è auspicabile che gli interventi di che  trattasi   prevedano   l’adeguamento  al  rapporto  minimo  stabilito  all’art.  2 della legge 24 marzo 1989, n. 122, a meno che documentate  motivazioni  di  carattere tecnico (dovute, ad esempio, a problemi di  accessibilità  o  di  collegamento  con la viabilità ordinaria o di  inidonea   struttura   e   consistenza   del   terreno)   ne  rendano  impraticabile  la  realizzazione.  Peraltro,  tale  adeguamento  deve  considerarsi obbligatorio in caso di aumenti di superfici utili e nei  limiti di tale incremento.   
Restano  comunque  salve  e  vanno  dunque  rispettate le eventuali  prescrizioni di piano regolatore o dei regolamenti edilizi vigenti di  portata generale, valevoli cioè nell’intero territorio comunale o in  singole  zone  urbanistiche, di carattere estetico-architettonico (ad  esempio  l’uso  di alcuni materiali, le indicazioni sul colore per le  superfici  esterne,  ecc.).  Ciò  all’evidente  fine  di un armonico  inserimento della nuova costruzione nell’ambiente urbano circostante.        

4.2. Con riferimento alla disciplina urbanistica attuativa.   
Qualora l’intervento ricada in ambito nel quale il piano attuativo,  ritenuto  dallo strumento urbanistico presupposto per l’edificazione,  non  sia  ancora  approvato,  si  applica quanto disposto all’art. 9,  comma 2, secondo periodo, del Testo unico.   
Tuttavia, nei casi in cui le norme tecniche di attuazione del piano  regolatore  generale, in attesa della formazione del piano attuativo,  consentano  di avviare interventi manutentivi sul patrimonio edilizio  esistente  e  comprendano  espressamente,  in  tale  fattispecie,  la  ristrutturazione  edilizia, è possibile procedere alla demolizione e  ricostruzione senza gli impegni a favore del comune, di cui al citato  art. 9.       

 4.3. Con riferimento alle costruzioni oggetto di sanatoria.   
Per quanto attiene alle modalità di attuazione degli interventi di  demolizione  e  ricostruzione alle costruzioni oggetto di rilascio di  concessione in sanatoria (in forma espressa o a seguito di formazione  del  silenzio  assenso), occorre premettere che, ai sensi delle leggi  28 febbraio  1985, n. 47, e 23 dicembre 1994, n. 724, la procedura di  sanatoria comporta l’equiparazione delle costruzioni abusive a quelle  legittime,    con   conseguente   inapplicabilità   delle   sanzioni  amministrative,  estinzione del reato e libera commerciabilità. Ciò  stante,   i  parametri  da  rispettare,  in  caso  di  demolizione  e  ricostruzione,  sono  quelli  che  definiscono  l’oggetto  stesso del  condono  e  si  identificano  con  gli  elementi che hanno costituito  riferimento per il computo dell’oblazione: quindi, oltre a volumetria  e   sagoma,  anche  destinazione  d’uso  e  superficie,  quest’ultima  calcolata  secondo le modalità indicate dal decreto del Ministro dei  lavori pubblici del 10 maggio 1977, n. 801 (pubblicato nella Gazzetta  Ufficiale n. 146 del 31 maggio 1977).   
Nel  caso  di  demolizione  e  ricostruzione  di  opere eseguite in  parziale  difformità  –  per  le  quali,  non potendo procedere alla  demolizione per il pregiudizio alla parte eseguita in conformità, è  stata applicata una sanzione pari al doppio del costo di produzione –  partecipa   alla   volumetria  e  sagoma  preesistente,  in  fase  di  ricostruzione, anche la parte oggetto di applicazione della sanzione.    In presenza di abusi non sanati consistenti in aumenti volumetrici,  in  caso  di  sussistenza  dei presupposti per una sanatoria ai sensi  dell’art. 13 della legge n. 47/1985 (ora art. 36 del Testo unico), è  necessario   conseguire   prima  il  rilascio  della  concessione  in  sanatoria  ai  sensi  della richiamata norma, per poter poi procedere  alla  demolizione  e  ricostruzione  anche  dei precisati aumenti. In  difetto,  le  demolizione e ricostruzione dovrà essere limitata alla  sola parte legittima.   
Va soggiunto peraltro che, in sede di revisione o adeguamento dello  strumento   urbanistico,   possono   essere   fissati,  ove  ritenuto  necessario,  limiti  diversificati per le operazioni di demolizione e  ricostruzione  di  immobili  condonati,  anche per quanto concerne le  destinazioni  d’uso  e le variazioni di superfici utili consentibili,  in relazione al grado di contrasto della costruzione condonata con le  previsioni dello strumento urbanistico.    Quanto sopra vale sia per gli abusi sparsi che per i nuclei edilizi  abusivi.  Diversamente,  qualora  le opere condonate siano incluse in  varianti  agli strumenti urbanistici generali finalizzati al recupero  urbanistico  degli  insediamenti abusivi, ai sensi dell’art. 29 della  legge   n.   47/1985,   o  comunque  siano  state  oggetto  di  nuova  pianificazione  successivamente  all’entrata in vigore della legge n.  724/1992,  i  riferimenti  normativi  sono quelli contenuti nei piani  appositamente predisposti.        

Roma, 7 agosto 2003                                     


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