LA GARA INDETTA SENZA LA DISPONIBILITA’ DI FONDI FA SORGERE LA RESPONSABILITÀ PRECONTRATTUALE DELL’ENTE APPALTANTE
(Consiglio di Stato, Sez. III, 31 gennaio 2014, n. 467)
Con la sentenza n. 467 del 31 gennaio u.s., il Consiglio di Stato ha affrontato la questione relativa alla possibilità di configurare a carico della PA una responsabilità precontrattuale anche in caso di legittimo esercizio del potere di autotutela.
Più precisamente, la questione sottoposta all’attenzione dei giudici concerne, in primo luogo, la legittimità della revoca in autotutela dell’aggiudicazione provvisoria di una gara di appalto – per l’affidamento di un servizio – per la insostenibilità “ ab origine” dell’impegno economico ; in secondo luogo, la configurabilità della responsabilità precontrattuale della PA per aver violato, in tal ipotesi, i canoni di correttezza e buona fede di cui all’art. 1337 c.c..
Con riferimento alla prima questione sollevata, il Consiglio, in linea con la precedente giurisprudenza, ha ribadito il carattere discrezionale della scelta della P.A. di addivenire all’aggiudicazione definitiva, e, conseguentemente, l’assenza d qualunque obbligo della stazione appaltante o diritto dell’aggiudicatario provvisorio di pervenire all’aggiudicazione definitiva.
L’aggiudicatario provvisorio, come riferito nel testo, matura esclusivamente una aspettativa tutelata a che l’aggiudicazione divenga definitiva, ciò comportando che l’aggiudicazione definitiva possa essere legittimamente negata laddove deliberata nelle forme e nella sostanza previste dalla legge.
Nel caso in esame, i giudici hanno ritenuto il diniego di aggiudicazione definitiva pienamente legittimo poiché ampiamente motivato con riferimento alla insostenibilità dell’impegno economico che ne sarebbe derivato per l’ente committente; nella sostanza, poi, hanno ritenuto irrilevante il problema se il diniego fosse intervenuto prima o dopo la l’approvazione tacita dell’aggiudicazione provvisoria ai sensi dell’art. 12, comma1, del D.lgs. 163/2006, poiché invariata rimane la natura discrezionale dell’atto di autotutela.
Con riferimento, invece, al secondo dei profili evidenziati, il Consiglio ha ritenuto non dirimente la asserita legittimità dell’atto di autotutela della PA, poiché la responsabilità precontrattuale non ha la sua fonte negli obblighi del contratto, ma deriva dalla violazione del dovere di buona fede nelle trattative e prescinde, dunque, completamente dalla sussistenza dell’obbligo di concludere il contratto stesso.
La valutazione, pertanto, attiene esclusivamente al comportamento della stazione appaltante nella fase di formazione della volontà contrattuale. Nel caso in esame, il Consiglio ha ravvisato la mancanza di buona fede e, dunque, la responsabilità precontrattuale, nel fatto che le condizioni di criticità economica che hanno reso legittimo il recesso dalla gara, in realtà preesistevano ed erano conosciute o quanto meno conoscibili impiegando la dovuta diligenza; sicché una gestione più accorta avrebbe risparmiato all’Azienda l’indizione della gara e la pubblicazione del bando, e ai concorrenti i costi inerenti alla presentazione delle offerte.
Non si può dire infatti, afferma il Collegio, che la Regione sia stata colpita da eventi calamitosi imprevisti che abbiano provocato un repentino dissesto.
Tale pronuncia si colloca all’interno di un filone giurisprudenziale ormai maggioritario che configura la responsabilità precontrattuale della P.A. come una responsabilità da “comportamento” , e non da “provvedimento”. In tal senso si era già espresso il giudice amministrativo, avendo ritenuto contrario alla buona fede il comportamento della stazione appaltante che aveva attivato una procedura di gara senza verificare la sussistenza della copertura finanziaria, e senza, poi, attivarsi adeguatamente per porvi rimedio ( Tar Campania sentenza n. 1233/2013, Tar Lazio 5986/2009 e Consiglio di Stato sentenza n. 4309/2008) .
Tali affermazioni, inoltre, sembrano in sintonia con quanto affermato dalla stessa giurisprudenza con specifico riferimento alla materia dei lavori pubblici. In generale, infatti, la giurisprudenza più recente è ormai concorde nell’affermare, anche con riferimento a tale settore, che, ai fini della configurabilità di tale responsabilità, si deve tener in conto esclusivamente della correttezza del comportamento complessivamente tenuto dalla stazione appaltante durante la fase delle trattative e della formazione del contratto ( ex plurimis : Consiglio di Stato sentenze n. 142/ 2014 e n. 3831/2013).
Peraltro, il Consiglio di Stato, nella sentenza 633 del 2013, ha ritenuto sussistere la responsabilità precontrattuale della stazione appaltante che, dopo aver bandito ed aggiudicato una gara, ha revocato tali atti a causa di una sopravvenuta carenza di risorse finanziarie, in quanto tale carenza non era imputabile a circostanze eccezionali o estranee alla sfera di controllo della stessa, ma ad una scelta consapevolmente e volontariamente effettuata di rinunciare ad un finanziamento già ottenuto, senza cercare prima ragionevoli alternative a tutela del maturato affidamento del suo contraente.
Nella sentenza in commento, il giudice amministrativo affronta, inoltre, il tema della quantificazione del danno risarcibile : condividendo pienamente il ragionamento del giudice di prime cure, ha ritenuto che l’illecito non si sia verificato al momento dell’esercizio del potere di autotutela, bensì nel momento in cui la procedura di gara è stata indetta, essendo già allora esistenti e conoscibili le condizioni di difficoltà economica che avrebbero poi imposto il recesso. Di conseguenza, considerato che la natura precontrattuale della responsabilità limita la risarcibilità al c.d. interesse negativo, ossia alle spese sostenute ed alle perdite sofferte per non aver usufruito di ulteriori occasioni contrattuali, il danno risarcibile, nel caso di specie, non consiste nell’aver perduto le utilità e le chances inerenti al contratto non stipulato, “ ma solo nell’inutile dispendio delle attività inerenti alla partecipazione alla gara ed alla presentazione dell’offerta.
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