SVALUTAZIONE DELLE RIMANENZE VALUTATE A COSTO – RICONOSCIMENTO SOLO AI FINI CIVILISTICI
SVALUTAZIONE DELLE RIMANENZE VALUTATE A COSTO – RICONOSCIMENTO SOLO AI FINI CIVILISTICI
(R.M. 78/E/2013)
La svalutazione degli immobili iscritti in bilancio, come rimanenze valutate a costi specifici, non assume rilevanza fiscale e, quindi, non è deducibile ai fini IRES.
Così si è espressa l’Agenzia delle Entrate nella Risoluzione 12 novembre 2013, n.78/E, in risposta ad un’istanza d’interpello relativa alla deducibilità ai fini IRES della svalutazione di un immobile acquistato ad un costo superiore al valore di mercato.
Nel caso di specie, infatti, l’impresa istante aveva acquistato nel 2011 ad un’asta giudiziaria un’unità immobiliare a destinazione residenziale, da destinare alla successiva vendita.
Su tale immobile, il Tribunale aveva disposto una perizia, nella quale il consulente tecnico d’ufficio aveva attestato la conformità dell’abitazione alle previsioni del titolo edilizio a suo tempo rilasciato dal Comune, valutazione che, come rilevato da un ulteriore perizia a carico dell’impresa, è risultata non corrispondente alle reali condizioni del fabbricato.
Pertanto, il valore di mercato dell’immobile è risultato essere significativamente inferiore al prezzo d’acquisto corrisposto dall’impresa in sede d’asta.
Di conseguenza, l’impresa che, nel 2011, aveva iscritto l’unità immobiliare in bilancio in base al costo d’acquisto[1], ha operato, nell’esercizio 2013, la relativa svalutazione, indicando il minor valore del bene.
Al riguardo, è stato chiesto se la svalutazione operata ai fini civilistici potesse avere anche rilevanza fiscale[2], e fosse, così, deducibile dall’IRES.
L’Agenzia delle Entrate, con la R.M. 78/E/2013 chiarisce che la svalutazione contabile delle rimanenze, iscritte al costo di acquisto, non rileva a livello fiscale, e non è, quindi, deducibile dal reddito d’impresa.
In sostanza, l’ammontare della svalutazione[3] deve essere ripreso a tassazione, ai fini IRES, nella dichiarazione dei redditi riferita al periodo d’imposta 2013 (Modello UNICO SC 2014), operando «una variazione in aumento del reddito imponibile, in misura corrispondente alla svalutazione contabile effettuata».
L’Agenzia delle Entrate giunge a tali conclusioni sul mancato richiamo, nell’art.92, co.5, del D.P.R. 917/1986 – TUIR, alla possibilità di effettuare la svalutazione per le rimanenze valutate “a costi specifici” (ai sensi del co.1 della medesima disposizione).
Tale disposizione, infatti, ammette la svalutazione unicamente per le rimanenze di beni “fungibili”[4], valutate fiscalmente in base a criteri forfettari di tipo convenzionale (individuati nei co.2-3-4 del medesimo art.92), mentre per quelle relative a beni “infungibili”[5] (quali gli immobili) resta comunque ferma la valutazione a “costi specifici”.
La pronuncia dell’Agenzia delle Entrate suscita perplessità, perché non tiene conto del generale principio di derivazione del reddito d’impresa dal bilancio civilistico, previsto dell’art.83 del D.P.R. 917/1986 – TUIR.
Specie nell’attuale fase di congiuntura economica negativa, si richiamano, pertanto, le imprese associate a porre particolare attenzione nella valutazione delle conseguenze fiscali delle operazioni di svalutazione contabile dei beni destinati alla vendita e classificati tra le “rimanenze”.
Note:
[1] Ai sensi dell’art.2426 n.9 del codice civile.
[2] Ai sensi dell’art.92 del D.P.R. 917/1986 – TUIR.
[3] Ossia la differenza fra il costo d’acquisto, aumentato degli oneri accessori e l’effettivo valore di mercato dell’immobile.
[4] Si tratta dei beni non dotati di una propria individualità, per i quali è possibile la “gestione in massa” e il raggruppamento in categorie omogenee.
[5] Ossia dei beni che, per la loro specificità, sono unici e non sostituibili con beni aventi identiche caratteristiche.
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