AVVALIMENTO PREMIALE E CERTIFICAZIONE DELLA PARITA’ DI GENERE – INDICAZIONI GIURISPRUDENZIALI
(Consiglio di Stato, Sezione Sesta del 11/04/2025, n.3117)
Con la sentenza in esame il Consiglio di Stato che fornisce delle indicazioni operative alle stazioni appaltanti e agli operatori economici relativamente all’avvalimento premiale ad oggetto la Certificazione di parità di genere di cui all’art. 46-bis del codice di pari opportunità tra uomo e donna, di cui al d.lgs. n. 198/2006.
La controversia nasce da una procedura di gara, il cui bando prevedeva un criterio premiale di 2 punti per il possesso della certificazione di parità di genere ai sensi dell’art. 46-bis del d.lgs. n. 198/2006. La gara è stata aggiudicata ad una costituenda RTI in cui solo la mandataria possedeva tale certificazione. Per ovviare a questa mancanza, le parti avevano stipulato un contratto di avvalimento premiale.
La seconda classificata ha impugnato l’aggiudicazione e il TAR ha accolto il ricorso, annullando l’aggiudicazione. Da qui, l’appello della mandataria al Consiglio di Stato.
Il punto centrale del giudizio verte sulla possibilità di ricorrere all’avvalimento premiale per il requisito relativo alla parità di genere. Secondo l’appellante, il nuovo Codice dei contratti (d.lgs. n. 36/2023) consentirebbe un uso più ampio dell’avvalimento, anche per requisiti non strettamente “qualificanti” ma legati al miglioramento dell’offerta, come appunto il punteggio premiale derivante dalla certificazione in questione. In questa prospettiva, qualunque requisito di accesso (anch’esso attinente a qualità soggettive dell’azienda, come ad esempio il fatturato specifico o l’esperienza in attività analoga) o qualunque elemento premiale può essere oggetto di avvalimento.
Nel caso di specie, il contratto di avvalimento stipulato indicava puntualmente le risorse e le procedure che la mandataria avrebbe messo a disposizione della mandante per conformarsi agli standard della parità di genere. Tuttavia, secondo il Consiglio di Stato, tale ricostruzione non tiene conto della lex specialis.
La motivazione del collegio, infatti, si fonda su un principio ben noto ma spesso trascurato: il primato delle disposizioni contenute nella legge speciale di gara.
Il Disciplinare, infatti, era chiaro:
- ammetteva l’avvalimento solo per alcuni requisiti, escludendolo espressamente per altri (tra cui quelli generali);
- prevedeva il divieto di partecipazione simultanea dell’ausiliaria e dell’ausiliata in caso di avvalimento premiale;
- soprattutto, disponeva che tutti i membri del RTI dovessero essere in possesso della certificazione di parità di genere per ottenere i 2 punti.
A nulla valgono, dunque, le argomentazioni più generali dell’appellante, secondo cui il nuovo Codice consentirebbe una visione più flessibile dell’avvalimento, dal momento che il mancato riconoscimento dei due punti premiali deriva dalla piana applicazione della legge speciale di gara.
Secondo il Consiglio di Stato, le argomentazioni “generali” dell’appellante, per quanto possano apparire logiche o coerenti con una visione evolutiva dell’avvalimento (cioè quella fondata sul trasferimento di risorse, anche per criteri premiali), non possono avere effetto nel caso concreto.
Il motivo discende proprio dal Disciplinare di gara che, prevedendo regole ben precise, vietava l’avvalimento per il criterio della parità di genere (richiedendo la certificazione da tutti i membri del RTI). Inoltre, il Consiglio di Stato ha rilevato che tali regole non sono mai state impugnate dall’appellante.
Di conseguenza:
- da una parte, la Stazione Appaltante era obbligata ad applicare il Disciplinare, così com’è;
- dall’altra, il Giudice non può discostarsene, perché in assenza di impugnazione delle regole di gara, anche lui deve attenersi a quanto previsto nel bando.
Concludendo, anche se si può discutere in astratto sulla natura del requisito e sull’evoluzione dell’istituto dell’avvalimento, quando le regole di gara sono chiare e non vengono contestate, esse vincolano tutti: i concorrenti, la stazione appaltante e lo stesso giudice,
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ALLEGATO: Consiglio di Stato, Sezione Sesta del 11042025, n.3117
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