SCHEMA DI DECRETO LEGISLATIVO RECANTE DISPOSIZIONI INTEGRATIVE E CORRETTIVE AL CODICE DEI CONTRATTI PUBBLICI– AGGIORNAMENTO DEI PARERI ACQUISITI E DELLE AUDIZIONI PRESSO IL PARLAMENTO
Si fa seguito a quanto già comunicato nel corso delle scorse settimane sul tema, per ricordare che lo scorso 21 ottobre è stato approvato nel Consiglio dei Ministri lo schema in bozza di decreto “Correttivo” al Codice, che è stato bollinato, con modifiche, dalla Ragioneria Generale dello Stato come Atto di Governo n. 226 lo scorso 7 novembre e conseguentemente trasmesso alle Commissioni parlamentari in data 11 novembre scorso. Il termine del rilascio del parere del Parlamento è fissato al prossimo 11 dicembre 2024.
Il testo del Correttivo introduce, in dettaglio, alcune correzioni su dieci macro-temi principali, tra cui revisione prezzi, tutele lavoristiche, digitalizzazione, e illecito professionale.
Da un punto di vista procedurale, si è quindi avviato l’iter per l’approvazione definitiva che prevede anche l’acquisizione dei pareri favorevoli della Conferenza unificata e del Consiglio di Stato, unitamente a quello delle commissioni parlamentari.
Consiglio di Stato e Conferenza Unificata si sono altrettanto pronunciate nei giorni scorsi. Il Consiglio di Stato ha, di fatto, bocciato il modus operandi utilizzato dal Governo per l’approvazione del Decreto Legislativo di modifica del Codice dei contratti, oltre che molti dei suoi contenuti. La Conferenza Unificata ha, altrettanto, criticato pesantemente molti contenuti del Correttivo che a suo avviso andrebbero modificati, anche sulla base delle osservazioni fornite da Anci e Upi, soprattutto sui temi della contrattazione collettiva, della soglia di introduzione del BIM nel 2025, dei micro-affidamenti e dell’equo compenso.
Per quanto riguarda il punto di vista di Ance, la Presidente Brancaccio ha già rilevato in varie interviste e uscite stampa che il correttivo al Codice non contiene alcuni interventi molto attesi dalla nostra categoria, in riferimento alla revisione prezzi, alle soglie delle procedure di affidamento, alla necessità di maggiore concorrenza e trasparenza nelle gare, alle tutele lavoristiche.
Stante la condivisione, da parte di ANCE, della scelta del Governo di adottare un decreto correttivo, che possa garantire continuità e certezza agli operatori del settore, evitando rallentamenti, il decreto reca alcune innovazioni positive, quali l’introduzione di una più compiuta disciplina delle varianti in corso d’opera e il chiarimento in merito alle modalità di erogazione dell’anticipazione del prezzo nei contratti pluriennali di lavori. Condivisibile è la spinta a un maggior allineamento ai settori ordinari della disciplina di quelli speciali, che possa garantire agli operatori regole certe e maggiore trasparenza.
Al contempo lo schema di decreto suscita forti perplessità:
- Alcune modifiche alla revisione dei prezzi (la misura dell’importo revisionale e il momento di riferimento del calcolo della stessa), che rischiano di sterilizzarne l’efficacia;
- L’obbligo di prevedere la clausola revisionale in termini analoghi a quelli previsti per l’appaltatore anche per il subappaltatore e/o fornitore;
- Le modifiche della contrattazione collettiva. Introdurre il principio delle analoghe tutele contenute nei ccnl non stipulati dalle parti più rappresentative costituisce un vulnus per la tutela della regolarità e della sicurezza del lavoro;
- La modifica che consente ai soli subappaltatori di utilizzare i CEL relativi alle prestazioni eseguite, consentendo agli appaltatori di utilizzare i lavori dati in subappalto, in sede di qualificazione, ai soli fini della dimostrazione della cifra d’affari complessiva. Tale modifica non appare in linea con le prescrizioni UE sul subappalto. Inoltre, non tiene conto del ruolo che l’appaltatore svolge, ossia della responsabilità della totalità dei lavori.
- La modifica che interviene in tema di illecito professionale. Tale punto amplia ulteriormente il novero delle condotte che le stazioni appaltanti, “gara per gara”, possono ritenere rilevanti ai fini dell’esclusione estendendola ad un tipo di provvedimento ad alto tasso discrezionale.
- Inoltre, resta il “vuoto normativo” consistente nella mancata riproposizione di un tetto massimo al punteggio economico (max 10 per cento), per gli affidamenti di lavori.
Il Correttivo rappresenta per Ance un passo importante per la digitalizzazione dei processi edilizi, introducendo chiarimenti essenziali su ruoli, strumenti e concetti chiave, promuovendo così una più efficace gestione delle informazioni nelle diverse fasi progettuali e realizzative. Tuttavia, permangono criticità che rischiano di generare oneri significativi per le imprese e incertezze nella ripartizione delle responsabilità. È necessario, pertanto, un ulteriore approfondimento.
Queste criticità sono state rappresentate dall’associazione alle commissioni di Camera e Senato nel corso di due audizioni che si sono svolte il 26 e 27 novembre. È stato consegnato contestualmente il documento contenente il dettaglio delle valutazioni e la posizione associativa di Ance sui vari temi.
Ai seguenti link è possibile seguire gli aggiornamenti rispetto ai pareri e alle audizioni di Camera e Senato
https://www.camera.it/leg19/682?atto=226&tipoAtto=atto&idLegislatura=19&tab=
https://www.senato.it/leg/19/BGT/Schede/docnonleg/50177.htm
Tra le osservazioni del Consiglio di Stato (cui si rimanda al testo integrale del documento riportato in allegato), che si ritiene debbano essere qui riportate, vi è quella legata al modus operandi utilizzato dal Governo per l’approvazione del Decreto Legislativo di modifica del Codice dei contratti. Tali modalità avrebbero dovuto essere in linea con quanto stabilito dalla Legge delega n. 78/2022 ma in realtà se ne discostano parecchio, oltre a palesare alcuni difetti di forma. L’art. 1, comma 4, della Legge n. 78/2022 ha scandito puntualmente i passi da rispettare sia per la redazione del Codice dei contratti che per l’approvazione di eventuali correttivi entro 2 anni dalla sua entrata in vigore. Sul correttivo, il penultimo periodo del citato comma 4, art. 1, Legge n. 78/2022 dispone: “Entro due anni dalla data di entrata in vigore di ciascuno dei decreti legislativi di cui al comma 1, il Governo può apportarvi le correzioni e integrazioni che l’applicazione pratica renda necessarie od opportune, con la stessa procedura e nel rispetto dei medesimi princìpi e criteri direttivi di cui al presente articolo”. Il Consiglio di Stato si è concentrato sull’inciso “la stessa procedura” rilevando un “obiettivo margine di ambiguità”. L’art. 1, comma 4, della delega dispone che per la redazione del Codice il Governo possa intervenire:
- direttamente, predisponendo lo schema di decreto legislativo;
- indirettamente, avvalendosi dell’apporto consultivo e redazionale del Consiglio di Stato.
Il problema, legittimo, posto dal Consiglio di Stato è se questa alternativa possa valere anche per la redazione del correttivo o se lo stesso debba utilizzare la stessa procedura scelta per la redazione del Codice. Un dubbio rilevante sul quale il Consiglio di Stato conclude “si ritiene non inopportuno segnalare il rischio, potenzialmente rilevante ai fini di un eventuale sindacato di legittimità formale, in ordine al rispetto della legge di delegazione, e relativo alla circostanza che la redazione del Codice, e la sua integrazione e correzione, siano state, in concreto, operate, in parte, seguendo procedure sostanzialmente diverse”.
Altro aspetto di natura procedurale riguarda la mancata acquisizione del parere della Conferenza Unificata prima dell’invio del testo del correttivo al Consiglio di Stato. Secondo la Commissione speciale del Consiglio di Stato, il parere della Conferenza Unificata “integra adempimento procedimentale necessario e, per giunta, logicamente e positivamente preventivo rispetto al parere del Consiglio di Stato, che deve essere reso su un testo normativo definito e non in fieri”. Ad ogni modo, sul punto il Consiglio di Stato ha solo confermato che per l’approvazione definitiva del testo serva la relativa acquisizione dei pareri previsti dalla delega. Il parer della Conferenza Unificata è stato reso lo scorso 3 dicembre (cui si rimanda al testo integrale del documento riportato in allegato).
Si sono svolte nei giorni scorsi presso le competenti commissioni parlamentari anche le audizioni di Anac, Anci e Oice solo per citarne alcuni.
Sebbene il giudizio non sia tranciante come quello del Consiglio di Stato, ANAC ha comunque consegnato un documento di ben 60 pagine di osservazioni e criticità sul correttivo al Codice Appalti 2023, suddiviso in tre distinte sezioni:
- criticità non adeguatamente (o solo parzialmente) risolte dallo schema di decreto correttivo;
- criticità non affrontate dallo schema di correttivo;
- ulteriori criticità che potrebbero essere determinate da talune previsioni dello schema di decreto medesimo.
Per ciascuna delle problematiche rappresentate sono stati presentati dei suggerimenti specifici e proposte emendative.
In via generale, ANAC ha ribadito l’esigenza primaria di assicurare che, nella modifica al Codice, non si arretri nell’attuazione delle due novità più rilevanti del nuovo sistema normativo, ovvero la digitalizzazione dell’intero ciclo di vita del contratto ed il processo di qualificazione, tanto delle stazioni appaltanti e delle centrali di committenza quanto degli operatori economici.
L’auspicio è anzi di un eventuale potenziamento di tali due elementi, “che costituiscono i fattori abilitanti l’intero sistema, contribuirebbe a risolvere in concreto molte delle problematiche emerse e di quelle che dovessero insorgere”.
Tra le criticità segnalate da Busìa, l’equo compenso: sebbene per ANAC sia stato trovato un compromesso ragionevole, secondo l’Autorità la formula utilizzata nel correttivo determina un appiattimento verso il basso e, soprattutto, riguarda soltanto i servizi di ingegneria e architettura, senza trovare una soluzione per le altre prestazioni intellettuali, come ad esempio consulenze e servizi legali alle consulenze.
Altro punto fondamentale, la qualificazione delle stazioni appaltanti e la loro specializzazione: come ha sottolineato Busia, il tavolo dei soggetti aggregatori e delle centrali di committenza presso Anac, va manentuto, in modo da garantire una più efficiente attività di acquisto delle amministrazioni. Un orientamento diverso, come quello prospettato dal correttivo, rischia di confondere questa funzione con quella di competenza del MEF, il cui confronto con i soggetti aggregatori è finalizzato al coordinamento della finanza pubblica.
Ma, per il presidente dell’ANAC, l’aspetto più macroscopico del correttivo approvato è l’assenza di interventi a favore di una maggiore concorrenza, che il Codice ha complessivamente ridotto: sono rimaste infatti soglie molto alte per gli affidamenti diretti di servizi e forniture, come pure per l’affidamento di lavori fino ad oltre cinque milioni senza avvisi pubblici. Da questo punto di vista, per ANAC, il correttivo avrebbe dovuto rappresentare l’occasione per accrescere la trasparenza, con forme di pubblicità facilmente realizzabili grazie al digitale.
Si tratta di una criticità che non sarebbe ancora emersa del tutto soltanto perché negli ultimi mesi le grandi disponibilità legate anche al Pnrr hanno comunque soddisfatto l’offerta delle imprese, mentre mano a mano che si avvicinerà il 2026, anche tenendo conto dei nuovi vincoli di finanza pubblica, il problema emergerà del tutto.
Grave, infine, la soppressione del rating reputazionale: secondo Busìa, “Se ritenuto di difficile applicazione, lo si può semplificare, però l’istituto va preservato”, in quanto presupposto indispensabile per premiare le imprese migliori ed il loro investimento nella qualificazione. Un punto che ad ANAC sta a cuore, sottolineando come alla richiesta di qualificazione e competenza alle stazioni appaltanti, corrisponda una premialità verso gli operatori economici che si comportano al meglio.
Anche l’Associazione Nazionale Comuni Italiani (ANCI) è stata tra i soggetti auditi. Se nel corso dell’audizione l’associazione ha espresso apprezzamento per il lavoro dell’esecutivo nel voler garantire continuità alle Stazioni Appaltanti e agli operatori, introducendo alcune modifiche specifiche quali il chiarimento sulla revisione dei prezzi, sulla misura dell’importo revisionale e sul dies a quo per il calcolo, tuttavia per ANCI alcune disposizioni correttive destano perplessità e necessitano di alcuni aggiustamenti, come dimostrano le proposte di emendamenti presentate in sede di Conferenza Unificata, solo in parte accolte dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti.
Tra le modifiche richieste, l’entrata in vigore progressiva a partire dai prossimi 6 mesi, e non dal 1° gennaio, degli istituti che richiedono un necessario adeguamento operativo da parte delle Stazioni Appaltanti. Per ANCI è necessario considerare le difficoltà riscontrate nella fase attuativa della qualificazione per servizi e forniture e per i lavori, per cui sarebbe necessario prevedere che, in prima applicazione, la fase di qualificazione per l’esecuzione segua un approccio graduale, con avvio al 1° luglio 2025 ed entrata in pieno regime al 1° gennaio 2026, in modo che tutte le SA possano proseguire i propri affidamenti senza bloccare le procedure e garantendo il rispetto delle tempistiche di affidamento.
Inoltre sarebbe necessario eliminare la procedura che prevede il piano di rientro rispetto ai tempi di pagamento (uno dei criteri utilizzati per valutare la qualificazione per l’esecuzione), in quanto ciò è condizionato da molteplici fattori e reca nuove ed ulteriori procedure in capo alle stazioni appaltanti, foriere di gravi ripercussioni.
ANCI sottolinea che si tratta di adempimenti già previsti da specifiche norme vigenti sui tempi di pagamento e risultano avulsi dalla qualificazione per l’esecuzione, e che la modifica non appare in contrasto con le norme europee in quanto la qualificazione per l’esecuzione resta unitamente al parametro, ma si eliminerebbe un onere eccessivo in capo alle SA. In alternativa, anche in questo caso si dovrebbe prevedere l’applicazione della nuova procedura a decorrere dal 1° luglio 2025, garantendo la necessaria progressività per le Stazioni Appaltanti.
Altra nota dolente, l’indicazione di diversi CCNL per lavori costituiti da più categorie nonché per forniture e servizi costituiti da più prestazioni: ANCI sottolinea che, pur condividendo la necessità di presidiare con norme più stringenti la tutela dei lavoratori impiegati negli appalti pubblici, è però necessario evitare che queste norme possano costituire il presupposto per nuovi contenziosi andando oltre lo spirito e le finalità per cui sono introdotte. In questo senso, l’indicazione di un unico contratto di lavoro rischia di diventare fuorviante nel caso di contratti di lavori costituiti da categoria prevalente e categoria scorporabile diverse (ad esempio categorie edili ed impiantistiche) o nel caso di contratti di forniture e servizi caratterizzati da prestazioni principale e secondaria diverse (ad esempio servizi di mensa e di lavanderia).
Si reputa più opportuno che in tali casi il CCNL sia individuato con riferimento alla singola categoria o alla singola prestazione. Rispetto poi alla verifica delle equivalenze, si ritine necessario offrire un supporto qualificato alle stazioni appaltanti ed agli enti concedenti nella complessa fase di individuazione del contratto collettivo anche ai sensi del nuovo allegato – che reca gli specifici criteri ai quali attenersi – l’ausilio dell’Ispettorato Nazionale del lavoro.
In relazione all’acquisizione dei CIG per micro-affidamenti, ANCI evidenzia la segnalazione da parte di molti Comuni, soprattutto di minore dimensione demografica, della necessità di prevedere, in via continuativa (stante la scadenza del 31.12.2024), la possibilità di avvalersi, per l’acquisizione del CIG, per gli affidamenti diretti di importo inferiore a € 5.000, oltre che attraverso la piattaforma di approvvigionamento digitale certificata utilizzata per la gestione dell’affidamento, anche tramite l’interfaccia web messa a disposizione direttamente da ANAC attraverso la piattaforma contratti pubblici – PCP.
Infatti, l’obbligo, a regime (ad oggi a partire dal 1° gennaio 2025), di acquisire i CIG solo tramite piattaforma di approvvigionamento digitale imporrebbe di ricorrere sempre e solo alle piattaforme di e-procurement anche per i micro-affidamenti di cui al succitato importo (es. acquisito di un libro, etc.), con rilevanti difficoltà operative e rischio di blocco di tali affidamenti. Si sottolinea come tale principio sia già stato accolto dal MIT in sede tecnica di CU e se ne chiede pertanto l’accoglimento da parte del Parlamento.
Per quanto riguarda l’aumento soglia utilizzo del BIM, Anci propone di elevare da 2 milioni a 4 milioni la soglia di applicabilità dell’obbligo di appalti BIM, in quanto un’introduzione generalizzata per gli appalti superiore a 2 milioni costringerebbe, comunque, un grande numero di stazioni appaltanti a ricorrere ad incarichi esterni per dotarsi di personale formato. Elevando la soglia di applicabilità, l’obbligo di appalti BIM andrebbe ad incidere soggettivamente su meno stazioni appaltanti, ed oggettivamente sugli appalti più complessi, in cui l’obbligo appare più ragionevole, ferma restando la possibilità, già prevista all’art. 43, comma 2, di far ricorso al BIM anche per importi inferiori.
ANCI sottolinea come il nuovo Codice dei contratti non riporti più la distinzione tra categorie a qualificazione obbligatorie e non obbligatoria, né l’elencazione delle 6 categorie cd. SIOS (strutture, impianti e opere speciali). Si è quindi creata incertezza in relazione alla vigenza dell’art. 12 del D.L. n. 47/2014, convertito dalla l. n. 80/2014 – che prevedeva la distinzione fra categorie a qualificazione obbligatoria e non obbligatoria – e del D.M. 248/2016 (che da ultimo elencava le cd. SIOS). Al fine quindi di effettuare un necessario ed opportuno chiarimento si propone di operare un inserimento, nell’Allegato II.12, che indichi quali siano le categorie a qualificazione obbligatoria e non obbligatoria, nonché quali siano le SIOS (strutture, impianti e opere speciali).
Infine, ANCI segnala una criticità rispetto all’equo compenso in caso di affidamento diretto, in quanto per i contratti dei servizi di ingegneria e di architettura di importo inferiore a 140mila euro, i corrispettivi possono essere ridotti in percentuale non superiore al 20% della stima dell’ente; decremento assolutamente minimo anche rispetto alla percentuale di ribasso prevista in caso di gara. Da questo punto di vista, per l’Associazione è plausibile che tutti i preventivi proporranno tale ribasso, pertanto la scelta diventerebbe difficile. In questi casi il ribasso va lasciato libero, oppure la percentuale massima andrebbe elevata significativamente rispetto a quella attualmente prevista.
Infine, anche OICE è stata audita presso la Commissione VIII Ambiente della Camera sullo schema di decreto correttivo al Codice dei contratti pubblici. I principali punti di criticità dello schema di decreto legislativo per loro sono:
- la necessità di rendere nuovamente applicabile agli appalti di servizi di ingegneria e architettura l’istituto dell’anticipazione del prezzo;
- in tema di verifica dei progetti, l’opportunità di aumentare a 50/100 milioni la soglia oltre la quale l’affidamento della predetta attività è riservato ad organismi di controllo accreditati ai sensi della norma europea UNI CEI EN ISO/IEC 17020;
- l’esigenza di apportare alcune modifiche alla disciplina del calcolo dei compensi per servizi di ingegneria e architettura, in particolare riequilibrando le prestazioni rientranti nei diversi livelli progettuali attribuendo un peso inferiore al PFTE e un peso maggiore al progetto esecutivo;
- l’opportunità legare gli incentivi per funzioni tecniche alle le fasi di gestione dei processi, riconoscendo incentivi maggiori al RUP e al suo staff che riescano a far rispettare i tempi e i costi dell’intervento;
- la necessità di recepire negli allegati al Codice le regole specifiche per gli affidamenti di servizi di ingegneria già dettate dalla disciplina previgente (Codice e linee guida Anac);
- l’opportunità di intervenire in materia di contratti-tipo e regole eque (ad esempio al fine di inserire un termine massimo per il pagamento del corrispettivo dovuto ai prestatori di servizi di ingegneria e architettura).
Nonostante il parere del Consiglio di Stato (non certamente positivo), la 4ª Commissione permanente (Politiche dell’Unione Europea) del Senato ha fornito il primo via libera allo schema di decreto correttivo.
Gli uffici di Ance Brescia forniranno i necessari aggiornamenti sul tema e rimangono a disposizione per eventuali chiarimenti.
ALLEGATO:
- Parere Consiglio di Stato al Correttivo – Parte 1
- Parere Consiglio di Stato al Correttivo – Parte 2
- Parere Consiglio di Stato al Correttivo – Parte 3
ANCE Brescia - Riproduzione e utilizzazione riservata ai sensi dell’art. 65 della Legge n. 633/1941