MINISTERO DEL LAVORO – DISCIPLINA DEL CONTRATTO DI LAVORO A TERMINE – CIRCOLARE 9 OTTOBRE 2023, N. 9
Il Decreto-legge 4 maggio 2023, n. 48, recante “Misure urgenti per l’inclusione sociale e l’accesso al mondo del lavoro” è intervenuto a modificare la disciplina del contratto di lavoro subordinato a termine, di cui al Capo III del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81. Il Decreto è poi stato convertito, con modificazioni, dalla legge 3 luglio 2023, n. 85.
Con circolare 9 ottobre 2023, n. 8, il Ministero del Lavoro, anche in considerazione delle richieste di chiarimento pervenutegli, per garantire l’uniforme applicazione delle nuove disposizioni in materia di contratto a termine, ha fornito le prime indicazioni sulle innovazioni più significative introdotte dal decreto-legge n. 48 del 4 maggio 2023, come modificato in sede di conversione.
Di seguito riportiamo il commento di ANCE alla suddetta circolare.
Si segnala, in primo luogo, che, come già indicato dall’Ance, il Dicastero ha precisato che le condizioni individuate dai contratti collettivi di cui all’art. 51, d.lgs. n. 81/2015, in attuazione del regime di cui al previgente articolo 19, comma 1, lettera b-bis), possono continuare a essere utilizzate per il periodo di vigenza del contratto collettivo. Pertanto, le causali individuate dal CCNL edile, in occasione del rinnovo del 3 marzo 2022, restano ferme e possono essere utilizzate.
Al riguardo, si ricorda che, nell’ambito delle misure emergenziali introdotte per fronteggiare l’emergenza sanitaria da SARS-CoV-2, per i suddetti contratti collettivi era stata prevista la possibilità di individuare specifiche esigenze per apporre ai contratti di lavoro subordinato un termine di durata superiore ai dodici mesi, ma comunque non eccedente ventiquattro mesi, solo fino al 30 settembre 2022. Tale possibilità è stata ora riportata nella nuova lettera a) del citato articolo 19, come illustrato nel prosieguo.
Limite massimo di durata del contratto a tempo determinato
Il Dicastero ha evidenziato che il citato decreto Lavoro non è intervenuto sul limite massimo di durata dei rapporti di lavoro a tempo determinato che possono intercorrere tra lo stesso datore di lavoro e lo stesso lavoratore. Tale limite resta, dunque, fissato in 24 mesi, fatte salve le diverse previsioni dei contratti collettivi, ai sensi dell’articolo 19, comma 2, del d.lgs. n. 81 del 2015, e la possibilità di un’ulteriore stipula di un contratto a tempo determinato, della durata massima di 12 mesi, presso la sede territoriale dell’INL, ai sensi del comma 3 del medesimo articolo 19.
Condizioni del contratto a tempo determinato
Il decreto Lavoro ha modificato in modo significativo la disciplina delle condizioni che possono legittimare l’apposizione del termine al contratto di lavoro.
Sul tema, il Dicastero ha precisato che la nuova lettera a), introdotta al comma 1 dell’articolo 19 del d.lgs. n. 81 del 2015, si limita a riaffermare la prerogativa, già in precedenza riconosciuta alla contrattazione collettiva, di individuare tali condizioni, purché ciò avvenga ad opera dei contratti collettivi nazionali, territoriali o aziendali stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e dai contratti collettivi aziendali stipulati dalle rappresentanze sindacali aziendali delle suddette associazioni, ovvero dalla rappresentanza sindacale unitaria.
La nuova lettera b) del medesimo comma 1 dispone che, in assenza delle previsioni della suddetta lettera a), le condizioni possano essere individuate dai contratti collettivi applicati in azienda, fermo restando il rispetto delle previsioni di cui all’articolo 51 del decreto legislativo n. 81/2015 in ordine alla qualificazione dei soggetti stipulanti, in un’ottica di valorizzazione della contrattazione di prossimità.
La medesima lettera b) prevede altresì la possibilità che le parti del contratto individuale di lavoro, in assenza di specifiche previsioni contenute nei contratti collettivi, possano individuare esigenze di natura tecnica, organizzativa o produttiva che giustificano l’apposizione di un termine al contratto di lavoro di durata superiore ai dodici mesi. Resta, comunque, fermo il limite di ventiquattro mesi.
Al riguardo, il Ministero del Lavoro ha evidenziato che le parti individuali possono avvalersi solo temporaneamente di tale possibilità, entro la data del 30 aprile 2024, consentendo in tal modo alle Parti sociali di adeguare alla nuova disciplina i contratti collettivi sopra richiamati, le cui previsioni costituiscono fonte privilegiata in questa materia. Tale data è da intendersi come riferita alla stipula del contratto di lavoro, la cui durata, pertanto, potrà anche andare oltre il 30 aprile 2024.
Con riferimento alle condizioni già previste dalla contrattazione collettiva in attuazione del regime di cui al previgente articolo 19, comma 1, lettera b-bis), si ribadisce che restano ferme le causali già individuate dai contratti collettivi di cui all’art. 51, d.lgs. n. 81/2015, in attuazione del regime di cui al previgente articolo 19, comma 1, lettera b-bis), come illustrato in premessa.
Infatti, considerata la sostanziale identità della citata previsione previgente con le specifiche esigenze previste dai contratti collettivi di cui all’articolo 51 di cui al nuovo articolo 19, comma 1, lett. a), le suddette condizioni potranno continuare a essere utilizzate per il periodo di vigenza del contratto collettivo.
Allo stesso modo, restano utilizzabili le causali introdotte da qualsiasi livello della contrattazione collettiva, come definita dal già citato articolo 51 del d.lgs. n. 81/2015, che individuino concrete condizioni per il ricorso al contratto a termine, purché non si limitino ad un mero rinvio alle fattispecie legali di cui alla previgente disciplina.
Diversamente, nell’ipotesi in cui nei contratti collettivi sia presente un mero rinvio alle fattispecie legali di cui al decreto-legge n. 87/2018, le stesse potranno ritenersi implicitamente superate dalla nuova disciplina introdotta dal decreto Lavoro. In tali casi, sarà, dunque, possibile fare ricorso ai contratti collettivi applicati in azienda o, esclusivamente fino al 30 aprile 2024, all’esercizio dell’autonomia delle parti del contratto individuale di lavoro, come previsto dalla nuova lettera b).
Con riferimento, infine, alla lettera b-bis), il Dicastero ha precisato che, sebbene la formulazione letterale utilizzata dal decreto Lavoro risulti in parte diversa rispetto alla espressione previgente, è stata riaffermata la possibilità per il datore di lavoro di far ricorso al contratto di lavoro a termine quando abbia la necessità di sostituire altri lavoratori. Pertanto, il Dicastero ha chiarito che resta fermo l’onere per il datore di lavoro di precisare nel contratto le ragioni concrete ed effettive della sostituzione, restando la stessa comunque vietata per i lavoratori che esercitano il diritto di sciopero.
Proroghe e rinnovi
Il decreto Lavoro ha modificato l’articolo 21 del decreto legislativo n. 81/2015, al fine di uniformare uniformità il regime delle proroghe e dei rinnovi.
In particolare, il comma 01 dell’articolo 21 prevede che il contratto può essere liberamente prorogato e rinnovato nei primi dodici mesi, mentre viene confermato l’obbligo delle condizioni previste dall’articolo 19, comma 1, per eventuali periodi successivi ai dodici mesi. Resta fermo anche l’effetto della trasformazione del contratto di lavoro a tempo indeterminato nei casi di violazione di quanto previsto al nuovo primo periodo dello stesso comma.
In ordine alla distinzione fra le proroghe e i rinnovi, il Ministero del Lavoro ha precisato che continua a trovare applicazione quanto illustrato nella circolare n. 17 del 31 ottobre 2018, al paragrafo 1.1.
Limite massimo dei contratti stipulati prima dell’entrata in vigore del decreto Lavoro
In sede di conversione del decreto Lavoro è stato introdotto il comma 1 ter all’articolo 24, secondo cui, ai fini del raggiungimento del limite massimo di dodici mesi (previsto sia dall’articolo 19, comma 1, sia dall’articolo 21, comma 01 del d.lgs. n. 81/2015), si tiene conto unicamente dei contratti di lavoro stipulati a decorrere dal 5 maggio 2023 (data di entrata in vigore del decreto Lavoro).
Al riguardo, il Dicastero ha chiarito che, per effetto di tale previsione, a decorrere dal 5 maggio 2023 i datori di lavoro potranno liberamente fare ricorso al contratto di lavoro a termine per un ulteriore periodo massimo di dodici mesi, senza necessità di ricorrere alle specifiche condizioni dell’articolo 19, comma 1, indipendentemente da eventuali rapporti già intercorsi tra lo stesso datore di lavoro e lo stesso lavoratore in forza di contratti stipulati prima del 5 maggio 2023, ferma restando la durata massima dei contratti a tempo determinato prevista dalla legge o dalla contrattazione collettiva.
A titolo esemplificativo, il Dicastero ha precisato che, se successivamente al 5 maggio 2023 sia venuto a scadenza un contratto di lavoro a termine instaurato prima di tale data, lo stesso contratto, in virtù della disposizione entrata in vigore il 4 luglio 2023, potrà essere rinnovato o prorogato “liberamente” per ulteriori dodici mesi. Diversamente, sempre a titolo di esempio, se nel periodo intercorrente tra il 5 maggio 2023 e il 4 luglio 2023 le parti abbiano già rinnovato o prorogato un rapporto di lavoro a termine per sei mesi, le stesse avranno la possibilità di fare ricorso al contratto a termine per un ulteriore periodo non superiore a sei mesi “senza condizioni”.
È dunque al momento in cui è stato stipulato il contratto di lavoro (se anteriormente al 5 maggio 2023 o a decorrere da tale data) che deve farsi riferimento per l’applicazione di questa previsione.
Il Ministero del Lavoro ha altresì chiarito che l’espressione “contratti stipulati”, utilizzata al comma 1-ter dell’articolo 24, è riferita sia ai rinnovi di precedenti contratti di lavoro a termine sia alle proroghe di contratti già in essere.
Limiti percentuali di lavoratori somministrati
In sede di conversione del decreto Lavoro è stato altresì aggiunto il comma 1 quater all’articolo 24, che modifica l’articolo 31, comma 1, del decreto legislativo n. 81/2015, sulla somministrazione di lavoro a tempo indeterminato, con l’obiettivo di superare alcune limitazioni per particolari categorie di lavoratori.
Con tale disposizione viene previsto che, ai fini del rispetto del limite del 20 per cento, previsto dal primo periodo del comma 1, non rilevano i lavoratori somministrati assunti dall’agenzia di somministrazione con contratto di apprendistato.
Al medesimo comma 1 viene prevista l’esclusione dell’applicabilità di limiti quantitativi per la somministrazione a tempo indeterminato di alcune categorie di lavoratori, tassativamente individuate, tra cui i soggetti disoccupati che fruiscono da almeno sei mesi di trattamenti di disoccupazione non agricola o di ammortizzatori sociali, i lavoratori svantaggiati o molto svantaggiati ai sensi dell’articolo 2, numeri 4 e 99, del Regolamento (UE) n. 651/2014, come individuati dal decreto ministeriale del 17 ottobre 2017.
Infine, il Ministero ha precisato che la circolare n. 17 del 31 ottobre 2018, adottata a seguito dell’entrata in vigore del decreto-legge n. 87/2018, continua a trovare applicazione per le parti non incompatibili con le nuove disposizioni introdotte dal decreto Lavoro e con gli orientamenti illustrati nella circolare in commento.
Allegato: MLcir9-2023_TD
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