PARERE MIT SULLA “DISLOCAZIONE TERRITORIALE DEGLI INVITI” NEL SOTTO-SOGLIA PREVISTA NEL DECRETO SEMPLIFICAZIONI – NON CREARE RISERVE PER LE IMPRESE LOCALI MA POSSIBILE TEMPERARE IL CRITERIO IN MODO TRASPARENTE VALUTANDO L’IMPORTO DELL’AFFIDAMENTO, IL LUOGO DI ESECUZIONE E L’OGGETTO DELL’APPALTO
Il criterio dell’adeguata dislocazione territoriale degli inviti, nuova prescrizione per le procedure negoziate disciplinate nell’articolo 1, comma 2, lettera b) della legge 12/2020, non può essere violato ma, al limite, contemperato con adeguata motivazione in base alle esigenze specifiche dell’appalto. In questo senso si è espresso il servizio di supporto giuridico del Mit con il parere n. 790/2020.
Il criterio vale per gli appalti sottosoglia, in particolare per i contratti di lavori di importo compreso tra 150mila e 5,35 milioni, da affidare a procedura negoziata a inviti (5, 10, 15 imprese in base alle fasce di importo) senza bando. Sul punto il Dl 76 (articolo 1) stabilisce che la selezione degli operatori da invitare alle procedure negoziate deve avvenire nel rispetto di un criterio di rotazione degli inviti, che tenga conto anche di una «diversa dislocazione territoriale delle imprese invitate».
Al servizio di supporto giuridico del Ministero viene posta una problematica pratica in tema di appalti di lavori. Nel caso di specie, il Rup attivando la procedura negoziata per appalto di importo inferiore al milione di euro evidenzia, nella scelta senza avviso pubblico di n. 10 operatori economici, che il criterio dell’adeguata dislocazione territoriale , «per i lavori, a differenza di una mera fornitura di materiali che potrebbe provenire da tutta Italia senza alcuna criticità, potrebbe essere causa di blocco e/o rallentamenti e/o varie problematiche gestionali dipendenti dall’eccessiva distanza tra il cantiere e la sede dell’azienda».
L’istanza, quindi, pone la questione della possibile (o meno) “derogabilità” del criterio predetto in funzione di esigenze oggettive dell’appalto. Più in particolare, se gli inviti possono essere limitati, per una parte, a operatori «di stanza nella regione di svolgimento del cantiere ed una parte sorteggiata nelle regioni limitrofe».
Il servizio di consulenza rammenta l’approccio istruttorio del Rup in relazione agli inviti da formulare nelle procedure negoziate “emergenziali”: gli operatori economici da invitare devono essere individuati tramite indagine di mercato o attingendo, se predisposto, dall’albo della stazione appaltante. In questa operazione, il Rup ha due indicazioni istruttorie formulate dal legislatore, la prima è la necessità di effettuare la rotazione, la seconda – innovativa e introdotta con il Dl 76/2020 e confermata in fase di conversione dalla legge 120/2020 – impone che negli inviti, la stazione appaltante tenga conto adeguatamente di una diversa dislocazione territoriale degli operatori da far competere.
Il ministero ricorda innanzitutto che anche il criterio della «dislocazione territoriale» delle imprese è una deroga alle norme del codice appalti valida fino al 31 dicembre 2021 che ha il duplice obiettivo di «attenuare la discrezionalità della stazione appaltante nella scelta degli operatori economici da invitare ed, al contempo, al fine di favorire una ripresa economica del mercato». Per questo, segnalano i tecnici del Mit, non è possibile fare leva «strumentalmente» su questo criterio «per favorire le imprese del territorio».
Evidente l’obiettivo del legislatore, quindi, di impedire la concentrazione territoriale e/o di favorire le sole imprese locali.
Ciò premesso, nel riscontro, si annota che «tenuto conto delle predette finalità se, da un lato, soprattutto nei lavori, nell’utilizzo di tale criterio può venire in rilievo anche la distanza dalla sede legale o operativa dell’impresa rispetto al luogo di esecuzione, nonché l’esigenza di limitare gli spostamenti nel periodo emergenziale, dall’altro lato, occorre ricordare che il d.l. semplificazioni è finalizzato a rilanciare l’economia e ad accelerare gli investimenti, nell’attuale periodo congiunturale».
In senso pratico, pur vero che per i lavori la dislocazione territoriale può avere un effetto penalizzate sulla fase esecutiva, è altrettanto vero, però, che il criterio della dislocazione territoriale non può subire, per ciò stesso, una interpretazione strumentale «al solo fine di favorire le imprese del territorio». La conclusione, pertanto, tende a valorizzare il buon senso nell’agire del Rup che se motiva adeguatamente – e sempre nel rispetto della trasparenza – «potrà delimitare l’ambito territoriale degli operatori da invitare in base alla sede legale e/o operativa dell’impresa, da valutarsi in maniera proporzionale al valore dell’affidamento, tenuto conto del luogo di esecuzione e dell’oggetto dell’appalto». Motivazione, pertanto, che dovrà essere esplicitata fin dall’avviso pubblico e/o nella determina a contrarre che approva la lettera di invito.
Come dire: non si può limitare a un ambito strettamente territoriale un appalto di potenziale interesse nazionale. Bisogna invece sempre «evitare la concentrazione territoriale degli inviti, che potrebbe dar luogo ad una chiusura del mercato, in contrasto con i principi comunitari di parità di trattamento e di non discriminazione richiamati dallo stesso disposto di cui all’art. 1 del D.L. 76/2020, i quali vietano ogni discriminazione dei concorrenti in base all’elemento territoriale».
Conclusione? No a riserve esclusivamente locali. In ogni caso, prosegue il parere, «la stazione appaltante dovrà evitare la concentrazione territoriale degli inviti, che potrebbe dar luogo ad una chiusura del mercato, in contrasto con i principi comunitari di parità di trattamento e di non discriminazione» anche richiamati nell’articolo 1 del Dl 76/2020.
Il Rup, in ogni caso, conclude il parere, deve invitare anche operatori economici che si trovino al di fuori del territorio di competenza tenendo conto «sia delle dimensioni che della rilevanza del mercato di riferimenti del medesimo territorio» e dello stesso oggetto dell’appalto.
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