LIMITI AL SUBAPPALTO IN APPALTO SOTTO SOGLIA – ILLEGITTIMA LA DISAPPLICAZIONE – LE OBIEZIONI DI BRUXELLES VALGONO OLTRE LA SOGLIA UE, MENTRE SOTTO RESTA IL TETTO ITALIANO AL 30% (40% FINO AL 30 GIUGNO 2021)
(T.A.R. Lazio, III-ter, 08 febbraio 2021, n. 1575)
Per il Tar Lazio non si può disapplicare il Codice dei contratti pubblici consentendo subappalti al 100% sotto la soglia comunitaria dei 5,3 milioni di euro. Giusto disapplicare il tetto al subappalto stabilito dalle norme italiane, dopo l’avvio della procedura di infrazione Ue e le ripetute bocciature della Corte di Giustizia europea, ma attenzione al fatto che le regole europee valgono solo per i lavori pubblici di valore superiore alle soglie Ue (5,35 milioni). Al di sotto di quell’importo restano valide le norme italiane che impongono un tetto percentuale del 30% (ora elevato al 40% fino al 30 giugno 2021 dal Dl Milleproroghe).
Questo nuovo intervento del Tar si inserisce nella complicata matassa di regole e sentenze sui subappalti. Dopo varie pronunce dei giudici amministrativi, che hanno dichiarato l’illegittimità dei vincoli italiani invisi a Bruxelles, il Tar del Lazio (con la sentenza n. 1575/2021, depositata l’8 febbraio) fissa il suo paletto: l’obbligo di disapplicare i tetti italiani al subappalto, «in virtù del principio di primazia del diritto comunitario», non vale per gli appalti sotto la soglia di interesse europeo.
“10.1. L’art. 105 del d.lgs. 50/2016 prevede:
– al comma 2: “…. Fatto salvo quanto previsto dal comma 5, l’eventuale subappalto non può superare la quota del 30 per cento dell’importo complessivo del contratto di lavori, servizi o forniture;
– al comma 5: “Per le opere di cui all’articolo 89, comma 11, e fermi restando i limiti previsti dal medesimo comma, l’eventuale subappalto non può superare il trenta per cento dell’importo delle opere e non può essere, senza ragioni obiettive, suddiviso”.
10.2. L’art. 89 comma 11 dello stesso decreto, richiamato dall’art. 105 comma 5, ha ad oggetto le “opere per le quali sono necessari lavori o componenti di notevole contenuto tecnologico o di rilevante complessità tecnica, quali strutture, impianti e opere speciali. E’ considerato rilevante, ai fini della sussistenza dei presupposti di cui al primo periodo, che il valore dell’opera superi il dieci per cento dell’importo totale dei lavori”.
10.3. L’art. 2 lett d) del DM 10 novembre 2016 n. 248 individua la categoria “OS4 – Impianti elettromeccanici trasportatori” tra quelle oggetto della disciplina dei citati art. 89 comma 11 e 105 comma 5 d.lgs. 50/2016.
10.4. L’art. 105 commi 2 e 5 del Codice dei Contratti è stato, in primo luogo, oggetto della procedura di infrazione 2018/2273, avviata dalla Commissione Europea nei confronti dell’Italia con atto di costituzione in mora del 24 gennaio 2019; quest’ultimo, al punto 1.3, ha evidenziato il contrasto delle citate disposizioni con le direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE (“la Commissione conclude che l’articolo 105, comma 2, terza frase, e l’articolo 105, comma 5, del decreto legislativo 50/2016 violano l’articolo 63, paragrafo 1, secondo comma, l’articolo 63, paragrafo 2, e l’articolo 71 della direttiva 2014/24/UE”).
10.5. Prima della definizione di tale procedura, peraltro, la Corte di Giustizia, sez. V, con la sentenza del 26 settembre 2019 nella causa C-63/18, avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta ai sensi dell’articolo 267 TFUE dal TAR per la Lombardia con ordinanza del 13 dicembre 2017 (inerente un appalto di lavori) ha affermato che:
– (40) “la normativa nazionale di cui al procedimento principale vieta in modo generale e astratto il ricorso al subappalto che superi una percentuale fissa dell’appalto pubblico in parola, cosicché tale divieto si applica indipendentemente dal settore economico interessato dall’appalto di cui trattasi, dalla natura dei lavori o dall’identità dei subappaltatori. Inoltre, un siffatto divieto generale non lascia alcuno spazio a una valutazione caso per caso da parte dell’ente aggiudicatore”;
– (45) “… occorre rispondere alla questione pregiudiziale dichiarando che la direttiva 2014/24 dev’essere interpretata nel senso che osta a una normativa nazionale, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, che limita al 30% la parte dell’appalto che l’offerente è autorizzato a subappaltare a terzi.”.
10.5.1. La sentenza in argomento, come risulta dal par. 22, ha valutato la questione di compatibilità dell’art. 105 d.lgs. 50/2016 con il diritto dell’Unione esclusivamente in relazione alla direttiva 2014/24 – nonostante il TAR Lombardia, nell’ordinanza ex art. 267 TFUE, avesse sollevato la questione anche con riferimento alla ipotizzata violazione delle disposizioni generali di cui agli art. 49 e 56 TFUE e del principio di proporzionalità – rilevando che “poiché il valore dell’appalto di cui al procedimento principale, al netto dell’IVA, è superiore alla soglia di EUR 5 225 000 prevista all’articolo 4, lettera a), della direttiva 2014/24, è con riferimento a quest’ultima che occorre rispondere alla presente domanda di pronuncia pregiudiziale”.
10.6. La Corte UE si è, inoltre, espressa in termini analoghi con la successiva sentenza della sez. V 27 novembre 2019, nella causa C-402/18, con riferimento ad un appalto pubblico di servizi bandito nel vigore della previgente direttiva 2004/18, affermando la contrarietà all’art. 25 di quest’ultima dell’art. 118, commi 2 e 4, del decreto legislativo n. 163/2006 (abrogato dal d.lgs. 50/2016).
10.7. La giurisprudenza interna ha recepito le indicazioni della Corte comunitaria affermando che:
– la norma del codice dei contratti pubblici che pone limiti al subappalto deve essere disapplicata in quanto incompatibile con l’ordinamento euro-unitario, come affermato dalla Corte di Giustizia (Corte di Giustizia U.E., Sezione Quinta, 26 settembre 2019, C-63/18; Id., 27 novembre 2019, C-402/18; in termini Cons. St., V, 16 gennaio 2020, n. 389, che ha puntualmente rilevato come «i limiti ad esso relativi (30% per cento “dell’importo complessivo del contratto di lavori, servizi o forniture”, secondo la formulazione del comma 2 della disposizione richiamata applicabile ratione temporis, […] deve ritenersi superato per effetto delle sentenze della Corte di giustizia dell’Unione europea»)”(Cons. di Stato, sez. V, 17 dicembre 2020 n. 8101);
– è considerata contraria al diritto comunitario la previsione di un limite generale all’utilizzo di questo istituto che prescinda dal settore economico interessato, dalla natura delle prestazioni e dall’identità dei subappaltatori. L’affermazione di tale principio però non esclude che in casi specifici, con riferimento a determinate tipologie di appalto come quelle riguardanti le opere superspecialistiche, non possa essere giustificato un limite percentuale all’esperibilità del subappalto in relazione alla natura particolare delle prestazioni da svolgere, come prevede l’art. 63, paragrafo 2, della direttiva UE n. 2014/24. Quest’ultimo stabilisce infatti che (anche) nel caso di appalti di lavori le amministrazioni aggiudicatrici possono esigere che alcuni compiti essenziali siano direttamente svolti dall’offerente. (TAR Toscana, 9 luglio 2020 n. 898).
10.8. Dal riferito quadro giurisprudenziale deve inferirsi l’illegittimità, per contrasto con l’art. 71 della direttiva 2014/24, delle sopra riportate disposizioni dell’art. 105 del d.lgs. 50/2016 e, in generale, delle ulteriori norme nazionali che prevedano dei limiti generalizzati al subappalto delle prestazioni contrattuali, fermo restando il potere della stazione appaltante di valutare e adeguatamente motivare, in relazione alla specificità del caso, la previsione di eventuali limiti proporzionati allo specifico obiettivo da raggiungere.
10.9. Come noto, le norme nazionali contrastanti con le disposizioni europee devono essere disapplicate, in virtù del principio di primazia del diritto comunitario.
10.10. I riferiti principi non possono, tuttavia, trovare applicazione al caso di specie, poiché lo stesso riguarda un appalto di importo (€ 1.718.887,01) inferiore alla soglia comunitaria (fissata, per gli appalti di lavori, in € 5.225.000, ai sensi di quanto disposto, da ultimo, dai regolamenti n. 1828/2019 e 1827/2019 che modificano, rispettivamente, la direttiva 2014/24/UE e la direttiva 2014/23/UE, a decorrere dal 20 novembre 2019 e con effetto dal 1° gennaio 2020). Tale questione è stata sottoposta dal Collegio al contraddittorio delle parti presenti all’udienza del 3 febbraio 2021.
10.11. Le norme della direttiva 2014/24 – rispetto alle quali la Corte UE ha affermato il contrasto dell’art. 105 d.lgs. 50/2016 – trovano infatti applicazione, come stabilito dall’art. 4 della stessa, esclusivamente agli appalti che abbiano un importo, al netto dell’imposta sul valore aggiunto (IVA), pari o superiore alle soglie dallo stesso individuate, come periodicamente revisionate ai sensi dell’art. 6 della stessa direttiva.
10.12. Nel caso di specie Invitalia ha invece disposto (art. 18 comma II del disciplinare) che “Ai sensi ed in conformità dell’articolo 71 della Direttiva 2014/24/UE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 26 febbraio 2014 sugli appalti pubblici e che abroga la direttiva 2004/18/CE, non vi sono limitazioni al subappalto delle prestazioni oggetto del presente intervento”.
10.13. La norma comunitaria di cui la stazione appaltante ha disposto l’applicazione in luogo di quella interna (ad oggi non abrogata) non può tuttavia applicazione alla procedura di gara, poiché la prevalenza della prima sulla seconda ne presuppone l’applicabilità alla fattispecie concreta realizzandosi, in caso contrario, una violazione della legge nazionale vigente.
10.14. La stessa Corte di Giustizia ha peraltro precisato (sez. V, 5 aprile 2017, C‑298/15 (“Borta”) che, con riferimento all’aggiudicazione di un appalto che, in considerazione del suo valore, non rientra nell’ambito di applicazione delle direttive, la valutazione della compatibilità del diritto interno con quello comunitario può essere condotta con riferimento alle norme fondamentali ed ai principi generali del TFUE “in particolare, degli articoli 49 e 56 dello stesso e dei principi di parità di trattamento e di non discriminazione nonché dell’obbligo di trasparenza che ne derivano, purché l’appalto di cui trattasi presenti un interesse transfrontaliero certo. Infatti, sebbene non siano disciplinati dalla direttiva 2004/17, siffatti appalti restano soggetti al rispetto di tali regole e di detti principi (v., in tal senso, sentenze del 23 dicembre 2009, Serrantoni e Consorzio stabile edili, C-376/08, EU:C:2009:808, punti da 22 a 24; del 18 dicembre 2014, Generali-Providencia Biztosító, C-470/13, EU:C:2014:2469, punto 27, e del 6 ottobre 2016, Tecnoedi Costruzioni, C-318/15, EU:C:2016:747, punto 19)”.
10.15. Nel caso di specie, tuttavia, Invitalia non solo ha espressamente disposto la diretta applicazione della direttiva 2014/24, in luogo della norma nazionale, ad una procedura di gara sotto soglia ma neppure ha speso alcuna motivazione a sostegno della sussistenza, con riferimento all’appalto bandito, di un interesse transfrontaliero, così che, sotto tale dirimente profilo deve essere ritenuta fondata la censura di violazione dell’art. 105 comma 5 d.lgs. 50/2016, alla quale consegue l’accoglimento del ricorso, con riferimento alla domanda caducatoria, e così l’annullamento dei provvedimenti impugnati”.
In allegato
T.A.R. Lazio, III-ter, 08 febbraio 2021, n. 1575
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