INL – INTERDIZIONE AL LAVORO DELLE LAVORATRICI MADRI – NOTA 2 APRILE 2021, N. 553
L’Ispettorato Nazionale del Lavoro, con nota 2 aprile 2021, n.553, si è espresso in merito all’emanazione dei provvedimenti di interdizione al lavoro delle lavoratrici madri nel periodo successivo al parto, finalizzati, ai sensi degli artt. artt. 6, 7 e 17, del D. Lgs. n. 151/2001, a tutelare la salute della lavoratrice madre e della prole attraverso l’adozione di misure di protezione in relazione alle condizioni di lavoro e alle mansioni svolte o attraverso l’astensione dal lavoro.
L’Ispettorato, in via preliminare, ricorda che è fatto divieto di adibire la lavoratrice, durante il periodo di gravidanza e fino a 7 mesi di età del figlio, al trasporto e al sollevamento di pesi, nonché a lavori pericolosi faticosi ed insalubri. A tal fine, gli organi di vigilanza possono autorizzare l’interdizione dal lavoro laddove non sia possibile adibire la lavoratrice ad altre mansioni, quando le condizioni di lavoro o ambientali siano ritenute pregiudizievoli alla salute della donna e del bambino.
A tale riguardo, l’INL ritiene che, ai fini dell’adozione dei provvedimenti di tutela sopra richiamati, sia sufficiente la mera constatazione della adibizione della lavoratrice madre a mansioni di trasporto e al sollevamento di pesi, a prescindere dalla valutazione del rischio inerente all’interno del DVR, e prescindendo, inoltre, da ampi margini di valutazione in termini di discrezionalità tecnica in ordine alla verifica delle effettive condizioni di lavoro della lavoratrice.
Ne consegue che, anche qualora il rischio attinente al sollevamento dei pesi non sia stato espressamente valutato nel DVR, l’adibizione a tali mansioni costituirebbe comunque condizione sufficiente per il riconoscimento della tutela della lavoratrice, con la conseguente emanazione del provvedimento di interdizione da parte dell’amministrazione competente, ferma restando una valutazione circa l’impossibilità di adibizione ad altre mansioni.
In merito alla durata dell’interdizione, l’INL ricorda, inoltre, che il citato decreto n. 151/2001 prevede che, qualora il parto avvenga in data anticipata rispetto a quella presunta, i giorni antecedenti al parto non goduti a titolo di astensione obbligatoria si aggiungano al periodo di congedo obbligatorio di maternità da fruire dopo il parto. Analogo principio, precisa l’INL, trova applicazione nelle ipotesi di interdizione fino al settimo mese dopo il parto: i giorni di congedo obbligatorio ante partum non fruiti si aggiungono al termine della fruizione dei sette mesi decorrenti dalla data effettiva del parto. Il provvedimento di interdizione adottato dall’ITL dovrà, quindi, indicare la data effettiva del parto dalla quale decorrono i sette mesi di interdizione post partum, aggiungendo i giorni non goduti a causa del parto prematuro.
Infine, l’Ispettorato chiarisce che, pur in presenza di pronuncia giurisdizionale dichiarativa del diritto all’astensione, è in ogni caso necessaria l’emanazione da parte dell’ITL del relativo provvedimento amministrativo di interdizione e che, ai fini dell’indennità sostitutiva, occorre che la lavoratrice inoltri sempre apposita istanza all’Inps, presupposto necessario per la relativa erogazione.
Allegato: Nota-prot-n-553-del-2-aprile-2021
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