IMMOBILI LOCATI ALLA P.A. – NUOVA STANGATA SUI CANONI
Nella legge di Bilancio per il 2020 (Legge 27 dicembre 2019, n. 160) è stata inserita (art. 1 commi 616-620) una misura che colpisce pesantemente i proprietari di immobili dati in locazione alla pubblica amministrazione (es. sedi di uffici comunali, provinciali o regionali, caserme o in genere uffici utilizzati dalle forze dell’ordine, ASL, istituti scolastici ecc.).
Nella finalità di conseguire ulteriori risparmi di spesa, si prevede la possibilità per le pubbliche amministrazioni, che sono parti locatarie in un contratto di locazione relativo ad un immobile di proprietà di privati utilizzato per finalità istituzionali, di chiederne la rinegoziazione, previa verifica della convenienza dell’operazione con l’Agenzia del Demanio. Se le amministrazioni non dovessero attuare il piano di razionalizzazione, subiranno una riduzione degli stanziamenti sui capitoli relativi alle spese correnti (comma 620).
Come avviene la rinegoziazione
Le amministrazioni “locatrici” entro 150 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di Bilancio (ossia 1° gennaio 2020) presentano alla proprietà la proposta di rinegoziazione del contratto validata dall’Agenzia del Demanio.
Il proprietario dell’immobile deve comunicare entro 30 giorni dal ricevimento della proposta la volontà di accettare o meno la rinegoziazione alle condizioni imposte.
Si distinguono al riguardo due ipotesi:
- Contratti in corso
Per i contratti in corso alla data di entrata in vigore della legge di Bilancio (ossia 1° gennaio 2020) la proposta prevede:
■ la stipula di un nuovo contratto di locazione della durata di nove anni;
■ un canone commisurato ai valori minimi fissati dall’Osservatorio del mercato immobiliare (OMI) ridotti del 15% (in assenza di valori disponibili per una determinata località si fa riferimento a quelli del Comune più vicino territorialmente della medesima Regione).
Se il proprietario non accetta la proposta il contratto prosegue fino alla prevista scadenza con la conseguenza di dover poi procedere, con tempi non stimabili e procedure probabilmente anche onerose, alla liberazione dell’immobile. Si evidenzia a tal proposito che, nel caso in cui la pubblica amministrazione utilizzi, per finalità istituzionali, un immobile ricorrendo allo strumento privatistico del contratto di locazione, la natura del rapporto così instaurato non rimane alterata dall’eventuale destinazione dell’immobile medesimo a sede di pubblico ufficio o all’esercizio di pubblico servizio.
- Contratti cessati per scadenza del termine di durata
Per i contratti di locazione venuti a scadenza alla data di entrata in vigore della legge di Bilancio (ossia 1° gennaio 2020):
■ le amministrazioni possono proseguire nell’utilizzo con la stipula di un nuovo contratto nei termini (durata di nove anni) e alle condizioni economiche (canone ai valori minimi OMI decurtati del 15%) già richiamate sopra.
Anche per questa fattispecie, in caso di mancata accettazione da parte della proprietà del rinnovo contrattuale, l’amministrazione procederà con la ricerca di una nuova soluzione allocativa. Nulla è, tra l’altro, previsto dal punto di vista economico per l’utilizzo dell’immobile in assenza di titolo ossia come quantificare l’ammontare dell’indennità di occupazione qualora la liberazione dell’immobile non sia immediata.
Valutazione
L’ANCE ha sollevato la questione di legittimità della norma in sede di audizione parlamentare al disegno di legge di Bilancio ritendendo tale misura penalizzante per i proprietari degli immobili dati in locazione alle pubbliche amministrazioni che sono stati spesso realizzati proprio in funzione delle esigenze pubbliche e, per questo, difficilmente destinabili ad altri usi se non attraverso idonei interventi di ristrutturazione.
Già in passato era stato avviato un incisivo piano di razionalizzazione della spesa pubblica che ha portato a ridurre la spesa delle locazioni passive (dalla sospensione dell’adeguamento Istat, alla già operata riduzione forzosa del 15% dei canoni di locazione, alla riconosciuta possibilità, sempre a favore della p.a. di esercitare il recesso anche in presenza di clausole contrattuali difformi) con la conseguenza di creare un clima di tensione e di sfiducia degli investitori. Occorre, altresì, considerare che, pur riconoscendo le norme in commento, la facoltà per il locatore di non accettare la rinegoziazione del canone, il relativo contratto continuerà fino alla scadenza senza evidentemente possibilità di alcun rinnovo anche in presenza di clausole che ne consentano la tacita prosecuzione. In tal modo, risultano compromesse le aspettative di redditività e i relativi piani di investimento.
Il blocco dell’adeguamento Istat
Il consueto provvedimento cd. “decreto Milleproroghe” (D.L. 162/2019, in corso di esame al Parlamento per la conversione in legge) ha poi previsto (art. 4 comma 2) di estendere anche all’anno 2020 (e quindi per il nono anno consecutivo) il divieto di adeguare alla variazione degli indici Istat i canoni di locazione passiva.
Valutazione
Con l’obiettivo di razionalizzare la spesa pubblica il Governo ha reso ormai permanente un provvedimento che inizialmente doveva essere temporaneo e relativo solo al triennio 2012-2014. Tale previsione, già di per sé penalizzante, lo è ancora di più se valutata congiuntamente con la misura inserita nella legge di Bilancio sulla rinegoziazione “forzosa” dei canoni di locazione appare vessatoria considerando che si tratta di un rapporto contrattuale che dovrebbe avere natura privatistica e rispondere alle ordinarie regole della locazione e non subire imposizioni normative di fatto derogatorie rispetto al regime pattuito nonché rispetto alle norme civilistiche.
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