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19.06.2020 - lavori pubblici

APPALTI PUBBLICI – IL PRINCIPIO DI EQUIVALENZA TROVA APPLICAZIONE NELLE OFFERTE AGGIUDICATE CON IL CRITERIO DELL’OEPV

(Consiglio di Stato, sez.VI, 15 Giugno 2020, n. 3808)

Il principio di equivalenza, immanente alla disciplina degli appalti pubblici, impone di valutare i prodotti offerti nell’ambito di una procedura di gara secondo un criterio di conformità sostanziale alle caratteristiche tecniche descritte dalla stazione appaltante. In particolare, la verifica di equivalenza presuppone che il prodotto concretamente offerto dal concorrente, sebbene non rispettoso formalmente dello standard tecnico-normativo richiamato dalla documentazione di gara, sia comunque idoneo a soddisfare sostanzialmente l’esigenza posta a base della relativa specifica. Il principio di equivalenza, pertanto, tende ad assicurare la massima concorrenza e la parità di trattamento tra gli operatori economici, trovando una generale applicazione nella materia dell’evidenza pubblica: ogniqualvolta occorra verificare la conformità del prodotto offerto in gara rispetto ad uno standard tecnico normativo richiamato dalla stazione appaltante, si impone un approccio sostanziale, che consenta al concorrente di dimostrare che la propria proposta ottemperi in maniera equivalente allo standard prestazionale richiesto. Ne deriva che la clausola di equivalenza, sebbene -di regola- posta a presidio del favor partecipationis, impedendo l’esclusione di offerte idonee a soddisfare in maniera equivalente l’esigenza sottesa al requisito tecnico inderogabile prescritto dalla stazione appaltante, può, comunque, essere invocata anche per evitare irragionevoli disparità di trattamento nella valorizzazione delle offerte tecniche e, in particolare, nell’applicazione dei criteri per la selezione dell’offerta economicamente più vantaggiosa. Al riguardo, questo Consiglio ha, infatti, precisato che “l’effetto di “escludere” un’offerta, che la norma consente di neutralizzare facendo valere l’equivalenza funzionale del prodotto offerto a quello richiesto, è testualmente riferibile sia all’offerta nel suo complesso sia al punteggio ad essa spettante per taluni aspetti (come nel caso delle caratteristiche migliorative) e la ratio della valutazione di equivalenza è la medesima quali che siano gli effetti che conseguono alla difformità. Il giudizio di equivalenza, tuttavia, può essere svolto ove le caratteristiche del prodotto o del servizio in affidamento siano espresse rinviando ad un dato standard tecnico-normativo, mentre risulta inconferente qualora si faccia questione di caratteristiche descritte attraverso grandezze comuni, suscettibili di definire la tipologia di prodotto richiesto inderogabilmente dalla stazione appaltante (requisito minimo) o comunque proponibile dall’offerente per il miglioramento qualitativo della propria offerta (requisito premiale, valorizzabile nell’assegnazione del punteggio tecnico in caso di aggiudicazione con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa): infatti, proprio alla luce della ratio sottesa al principio di equivalenza, presupposto essenziale perché detto principio possa essere richiamato e trovare applicazione è che, sul piano qualitativo, si sia in presenza di una specifica in senso propriamente tecnico, e cioè di uno standard – espresso in termini di certificazione, omologazione, attestazione, o in altro modo – capace di individuare e sintetizzare alcune caratteristiche proprie del bene o del servizio, caratteristiche che possono tuttavia essere possedute anche da altro bene o servizio pur formalmente privo della specifica indicata.
Conferma TRGA Sezione Autonoma di Bolzano, n. 205/2019.

 

Allegato:
Consiglio di Stato, sez.VI, 15 Giugno 2020, n. 3808

 

 

 


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