CESSIONE MULTIPLA, ATTO UNICO – A OGNI “NEGOZIO” IL SUO REGISTRO
(Fiscooggi del 18 Luglio 2019)
Nonostante l’apparenza, infatti, si tratta di un documento composto da differenti contratti del tutto autonomi che non determina alcun effetto unitario nella composizione della compagine sociale.
Le cessioni di più quote sociali disposte registrato per via telematica in un unico atto, a favore di soggetti diversi, in assenza di un necessario e inequivocabile rapporto di connessione causale, scontano l’imposta di registro singolarmente, in misura fissa. L’operazione non può essere considerata come un negozio complesso sottoposto a tassazione unica (Cassazione, sentenza n. 16707/2019).
La vicenda processuale
L’interessante tematica sottoposta al vaglio dei giudici di legittimità attiene l’autoliquidazione, da parte del notaio rogante, dell’imposta di registro su un atto di cessione multipla di quote sociali registrato in via telematica. Nel caso in esame, il professionista versava la suddetta imposta in misura fissa unitaria (ritenendo che l’atto sottostante fosse da intendersi quale negozio giuridico indivisibile) anziché in tassa fissa plurima in relazione a ogni singola cessione ivi disciplinata.
Impostazione, quest’ultima, fatta propria dall’Agenzia delle entrate che, con proprio avviso di liquidazione e irrogazione sanzioni, provvedeva a rettificare l’operato del notaio interessato.
Il professionista impugnava l’atto con ricorso, che veniva accolto in primo grado e la cui sentenza, a seguito di appello dell’ufficio, veniva confermata dalla Ctr della Campania.
In particolare, i giudici di seconde cure, ritenendo che l’autoliquidazione unitaria, così come effettuata dal notaio, fosse corretta puntualizzavano, altresì, che:
- nella fattispecie de qua, la tassazione in argomento non interessava il generale concetto di capacità contributiva bensì rappresentava una sorta di corrispettivo del servizio di registrazione, fornito dall’Amministrazione finanziaria, riferito a un unico documento pur contenente plurime cessioni
- l’atto in questione, causando un mutamento dell’originario atto costitutivo, doveva essere inteso quale documento “a causa unitaria”
- era condivisibile l’applicazione, sempre nel caso in esame, dell’articolo11 della Tariffa, parte prima, allegata al Dpr n. 131/1986 (atti pubblici e scritture private autenticate aventi per oggetto la negoziazione di quote di partecipazione in società) non rilevando il richiamo, effettuato dall’ufficio, dell’articolo 21 del Dpr richiamato (atti che contengono più disposizioni).
L’Agenzia delle entrate ricorre per Cassazione avverso la pronuncia della Ctr, con un unico motivo, lamentando la violazione e falsa applicazione del combinato disposto degli articoli 20 e 21 del Dpr n. 131/1986 (Tur) e per omessa valutazione circa la reale natura giuridica dell’atto in questione: sì unico, ma composto da multiple indicazioni negoziali del tutto autonome e non legate da alcun nesso di causalità.
I giudici di piazza Cavour, con la sentenza in commento, hanno ritenuto fondata l’eccezione sollevata dall’ufficio, cassando la pronuncia impugnata e, decidendo nel merito, hanno rigettato il ricorso introduttivo del contribuente.
La Cassazione, esaminando nel dettaglio le disposizioni dell’atto de quo ha rilevato che lo stesso era caratterizzato da una serie di cessioni di quote sociali, a favore di differenti soggetti, in assenza di un necessario e inequivocabile rapporto di connessione causale.
Di conseguenza, a differenza di quanto sostenuto dalla Ctr, i giudici, sposando la tesi dell’Agenzia delle entrate, hanno ritenuto correttamente applicabile, al caso in esame, il disposto di cui all’articolo 21, comma 1, del Tur; di contro, il richiamo, operato ancora dai giudici di secondo grado, all’articolo 11 del citato Dpr doveva essere inteso in chiave meramente indicativa della “misura” (fissa) dell’imposta singolarmente applicabile a ciascuna disposizione negoziale.
Costante giurisprudenza di legittimità (cfr Cassazione, sentenze nn.22899/2014, 19245/2014, 14866/2016 e 25341/2018) ha ripetutamente affermato che: “In tema di imposta di registro, nel caso di contestuali cessioni di quote di società di persone, ciascuna di esse è soggetta ad imposta ai sensi dell’art. 21, primo comma, del DPR 26 aprile 1986, n. 131, poiché non viene in rilievo un negozio complesso, soggetto, ai sensi del secondo comma dei citato art. 21, ad un’unica tassazione, ma dei negozi collegati, ognuno dei quali adeguatamente giustificato sotto il profilo causale ed estraneo all’effetto modificativo del contratto sociale, che, ai sensi dell’art. 2252 c.c., sorge in forza del successivo consenso di tutti i soci”.
I principi di diritto, così enunciati, sono stati recepiti anche dall’Amministrazione finanziaria. con propria circolare n.35/2015 evidenziando, tra l’altro, che in ipotesi di trasferimento plurimo di quote sociali si configura il caso di disposizioni negoziali aventi origine autonoma e non di un atto, pur complesso, ma delineato su un’unica causa.
A nulla rilevando quanto controdedotto dal notaio rogante, in sede di legittimità, secondo cui l’atto plurimo determinerebbe un effetto unitario nella composizione della compagine sociale; tale ultima modificazione non rappresenta il contenuto della volontà negoziale ma costituisce una mera conseguenza delle autonome cessioni che, fra l’altro, per spiegare la loro piena efficacia non necessitano dell’intervento e dell’accordo di tutti i soci.
Pertanto, la Cassazione giudica non condivisibile il richiamo, pure operato dal controricorrente, all’articolo 4, lettera c), Tariffa allegata al Dpr 131/1986, il quale si limita a prevedere che le modifiche statutarie, differenti da quelle indicate nelle lettere precedenti, scontano l’imposta in misura fissa.
Si è di fronte, viene ribadito, a una norma di natura meramente tariffaria e di stretta quantificazione della relativa imposta mentre l’antefatto dell’imposizione va ricercato nel disposto dell’articolo 21 del Tur. Tale ultima norma, nel prevedere la plurima tassazione di autonome volontà negoziali esclude che tale effetto rappresenti un mero “corrispettivo” del servizio di registrazione fornito dalle Entrate.
Considerazioni conclusive
La pronuncia in argomento offre lo spunto per evidenziare che il collegamento presente tra varie disposizioni, contenute all’interno di un unico atto, trova la sua fonte unitaria nel documento negoziale stesso, tale da renderlo una sorta di strumento attuativo della volontà delle parti ma di non poterlo considerare quale vincolo causale.
Del resto, in linea generale, quando il legislatore ha inteso prevedere la regola della tassazione unitaria di atto plurimo lo ha espressamente specificato, ad esempio, come con l’articolo 66, comma 6-bis, del Dl 331/1993 in tema di operazioni agevolate delle società cooperative edilizie di abitazione).
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