RATING DI LEGALITÀ, NON BASTA LA CONDANNA IN PRIMO GRADO PER NEGARE IL RILASCIO ALL’IMPRESA
(Tar Lazio, Sezione prima, sentenza n. 9417 del 17 settembre 2018)
Il Tar Lazio ha censurato l’Autorità per la concorrenza e l’Anac per aver negato il rating a causa di un decreto penale il cui ricorso dell’impresa era stato accolto dal giudice Per negare il rilascio del rating di legalità, non è sufficiente che sia stato emesso un decreto penale di condanna, non revocato, nei confronti del legale rappresentante dell’impresa. Occorre anche che il decreto sia definitivo. Con questa motivazione il Tar Lazio ha accolto il ricorso di un’impresa che si era vista negare il rilascio del rating di legalità da parte dell’Autorità per la concorrenza.
Il Tar Lazio ha ritenuto fondato il ricorso dell’impresa, alla luce della «incontestabile giurisprudenza maggioritaria e autorevole della Cassazione», in base alla quale «la revoca del decreto penale di condanna, ex art.464, comma 3, c.p.p., è un “antecedente immancabile del giudizio di opposizione che si verifica per il solo fatto della sua celebrazione, ope legis e non ope iudicis”».
In altre parole – dice la Cassazione (penale) – il fatto che il giudice abbia accolto il ricorso dell’interessato contro il decreto di condanna, “cancella”, per così dire, il decreto fino al successivo grado di giudizio, ripristinando, sotto il profilo del rating di legalità, le condizioni per il suo rilascio.
Del tutto opposto, invece, l’orientamento dell’Autorità per la concorrenza, ma anche dell’Anac, del ministero dell’Interno e del ministero della Giustizia che si sono costituiti in giudizio con l’Agcm. I “resistenti” hanno infatti sostenuto che «un decreto penale di condanna ostativo al rilascio del “rating”, non formalmente revocato (è) di per sé rilevante già per la sua emissione, in virtù della “natura premiale” della suddetta misura».
Il principio sostenuto da Anac e Agcm si infrange però contro la giurisprudenza della Cassazione Penale “garantista”, richiamata dal Tar. Pertanto, il rilascio del rating non può essere negato se il decreto di condanna, anche se non formalmente revocato, è «in costanza di giudizio di opposizione instaurato dall’interessato avanti l’A.G. competente nel frattempo pendente».
Più esattamente, secondo la motivazione – accolta – del ricorrente, «il decreto penale menzionato dall’Agcm non poteva rilevare, dato che risultava revocato “ope legis” a fronte della relativa opposizione ex art. 461 c.p.p., evidentemente ritenuta rituale e ammissibile dal giudice del dibattimento che ha iniziato e proseguito il relativo giudizio senza procedere ai sensi del comma 5 dell’art. cit., e secondo giurisprudenza inequivoca sul punto, che era richiamata e illustrata».
ANCE Brescia - Riproduzione e utilizzazione riservata ai sensi dell’art. 65 della Legge n. 633/1941