DAL 1° LUGLIO 2018 SCATTA IL DIVIETO DEL PAGAMENTO DELLE RETRIBUZIONI IN CONTANTE
Come si ricorderà, la Legge di Bilancio 2018 ha fissato, in capo al datore, il divieto di pagamento mediante denaro contante della retribuzione, nonché di ogni anticipo di essa, al lavoratore, qualsiasi sia la tipologia di rapporto di lavoro instaurato.
La norma, contenuta nei commi da 910 a 914 dell’art. 1 della Legge 27 dicembre 2017, n. 205, ha previsto che il suddetto divieto scatti a decorrere dal 1° luglio 2018.
Pertanto, dalla data da ultimo indicata, la retribuzione spettante al lavoratore, ivi inclusi gli acconti o gli anticipi della stessa, non potranno essere corrisposti se non tramite una banca o un ufficio postale e con uno dei mezzi, identificati dalla norma stessa, di seguito ritrascritti:
bonifico bancario postale sul conto identificato dal codice IBAN indicato dal lavoratore;
strumenti di pagamento elettronico;
pagamento in contanti presso lo sportello bancario o postale presso cui il datore ha aperto un conto corrente di tesoreria con mandato di pagamento;
emissione di un assegno consegnato direttamente al lavoratore o, in caso di suo comprovato impedimento, a un suo delegato. La norma considera “comprovato” l’impedimento quando il delegato a ricevere sia il coniuge, il convivente oppure un familiare, in linea retta o collaterale, del lavoratore, purché di età non inferiore a 16 anni.
Come detto, per espressa previsione normativa, il divieto di uso del contante si applica verso ogni tipologia di lavoro.
Al riguardo, la norma precisa che per “rapporto di lavoro” si deve intendere ogni rapporto di lavoro subordinato, indipendentemente dalla sua durata e dalle modalità di svolgimento della prestazione, ivi inclusi i contratti di collaborazione coordinata e continuativa e i contratti di lavoro instaurati in qualsiasi forma dalle cooperative con i propri soci.
Lo scopo della norma risiede nel tentativo di innalzare il livello di trasparenza nella gestione del singolo rapporto di lavoro e di consentire, attraverso la piena tracciabilità dei movimenti retributivi, un più agevole controllo della trasparenza stessa da parte degli Enti a ciò preposti.
La violazione del divieto comporta, infatti, l’applicazione, da parte degli Organi di vigilanza, di una sanzione amministrativa pecuniaria consistente nel pagamento di una somma da 1.000 euro a 5.000 euro.
Sul punto si segnala, inoltre, la nota 22 maggio 2018, n. 4538, con la quale l’Ispettorato Nazionale del Lavoro ha fornito un parere alla Guardia di Finanza in merito alle procedure di contestazione della violazione all’erogazione di retribuzione mediante mezzi tracciabili.
In particolare, l’INL ha chiarito che la violazione risulta integrata sia nel caso in cui la corresponsione delle somme sia avvenuta con modalità diverse da quelle suddette sia nelle ipotesi in cui, nonostante l’utilizzo dei predetti sistemi di pagamento, il versamento delle somme non sia stato realmente effettuato, ad esempio, nel caso in cui il bonifico bancario in favore del lavoratore sia stato revocato ovvero l’assegno emesso venga annullato prima dell’incasso.
Ai fini della contestazione è, pertanto, necessario verificare non soltanto che il datore di lavoro abbia disposto il pagamento con le modalità previste dalla norma, ma anche che lo stesso sia andato a buon fine.
L’Ispettorato, inoltre, ha ricordato che avverso il verbale di contestazione e notificazione della violazione è possibile presentare ricorso amministrativo al Direttore della sede territoriale dell’Ispettorato nazionale del lavoro (art. 16 del D.Lgs. n. 124/2004) e presentare scritti difensivi (art. 18 della L. n. 689/1981), entro 30 giorni dalla sua notifica.
Ispettorato Nazionale del Lavoro – Nota 22 maggio 2018, n. 4538
Oggetto: procedure di contestazione della violazione di cui all’art. 1, commi 910 – 913, della Legge 27 dicembre 2017 n. 205 – richiesta di parere.
In relazione all’oggetto, d’intesa con l’Ufficio legislativo del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, si rappresenta quanto segue.
L’art. 1, comma 910 della L. n. 205/2017 (legge di bilancio per il 2018) ha stabilito che a far data dal 1° luglio 2018 i datori di lavoro o committenti debbano corrispondere ai lavoratori la retribuzione, nonché ogni anticipo di essa, attraverso gli strumenti di pagamento individuati dalla stessa norma, non essendo più consentito, da tale data, effettuare pagamenti in contanti della retribuzione e di suoi acconti, pena l’applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria da 1.000 euro a 5.000 euro.
Ai sensi del successivo comma 912, tale obbligo ai applica ai rapporti di lavoro subordinato di cui all’art. 2094 c.c., indipendentemente dalla durata e dalle modalità di svolgimento della prestazione lavorativa, ai contratti di collaborazione coordinata e continuativa ed infine ai contratti di lavoro stipulati in qualsiasi forma dalle cooperative con i propri soci.
Restano espressamente esclusi dal predetto obbligo i rapporti di lavoro instaurati con le pubbliche amministrazioni di cui al comma 2 dell’art. 1 del D.Lgs. n. 165/2001, nonché i rapporti di lavoro domestico.
Devono altresì ritenersi esclusi, in quanto non richiamati espressamente dal comma 912, i compensi derivanti da borse di studio, tirocini, rapporti autonomi di natura occasionale.
Le modalità elencate attraverso le quali effettuare la corresponsione della retribuzione sono costituite dai seguenti strumenti:
– bonifico sul conto identificato dal codice IBAN indicato dal lavoratore;
– strumenti di pagamento elettronico; – pagamento in contanti presso lo sportello bancario o postale dove il datore di lavoro abbia aperto un conto corrente di tesoreria con mandato di pagamento;
– emissione di assegno consegnato direttamente al lavoratore o, in caso di suo comprovato impedimento, a un suo delegato.
In considerazione del tenore letterale e della ratio della norma si deve ritenere che la violazione in oggetto risulti integrata:
a) quando la corresponsione delle somme avvenga con modalità diverse da quelle indicate dal legislatore;
b) nel caso in cui, nonostante l’utilizzo dei predetti sistemi di pagamento, il versamento delle somme dovute non sia realmente effettuato, ad esempio, nel caso in cui il bonifico bancario in favore del lavoratore venga successivamente revocato ovvero l’assegno emesso venga annullato prima dell’incasso; circostanze che evidenziano uno scopo elusivo del datore di lavoro che mina la stessa ratio della disposizione.
Del resto, la finalità antielusiva della norma risulta avvalorata anche dalla previsione dell’ultimo periodo del comma 912 a mente del quale la firma apposta dal lavoratore sulla busta paga non costituisce prova dell’avvenuto pagamento della retribuzione.
Ne consegue che, ai fini della contestazione si ritiene sia necessario verificare non soltanto che il datore di lavoro abbia disposto il pagamento utilizzando gli strumenti previsti ex lege ma che lo stesso sia andato a buon fine.
Ciò premesso, con riferimento alla contestazione dell’illecito al trasgressore, trovano applicazione, le disposizioni di cui alla L. n. 689/1981 e al D.Lgs. n. 124/2004 ad eccezione del potere di diffida di cui al comma 2 dell’art. 13 del D.Lgs. n. 124/2004 trattandosi di illecito non materialmente sanabile. Ne consegue che la sanzione sarà determinata nella misura ridotta di cui all’art. 16 della L. n. 689/1981 e, in caso di mancato versamento delle somme sul cod. tributo 741T, l’autorità competente a ricevere il rapporto, ai sensi dell’art. 17 della L. n. 689/1981, è da individuare nell’Ispettorato territoriale del lavoro.
Va, infine, ricordato che avverso il verbale di contestazione e notificazione adottato dagli organi di vigilanza di cui all’art. 13, comma 7, del D.Lgs. n. 124/2004 è possibile presentare ricorso amministrativo al direttore della sede territoriale dell’Ispettorato nazionale del lavoro ai sensi dell’art. 16 del D.Lgs. n. 124/2004 entro trenta giorni dalla sua notifica. Entro il medesimo termine è altresì possibile presentare scritti difensivi all’Autorità che riceve il rapporto ai sensi dell’art. 18 della L. n. 689/1981.
In proposito, si rinvia alla circolare n. 4 del 29 dicembre 2016 nel cui contesto sono state riportate le avvertenze da inserire in calce ai verbali di accertamento adottati dal personale di codesti Comandi.
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