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24.03.2017 - tributi

SPLIT PAYMENT – CHIESTA LA PROROGA FINO AL 2020

Con lettera alla Commissione Europea dello scorso 7 febbraio, il Ministro dell’economia e delle finanze, Pier Carlo Padoan, ha ufficializzato la richiesta italiana di proroga triennale dello “split payment” (fino al 31 dicembre 2020), con contestuale ampliamento della platea di soggetti pubblici coinvolti.
Con l’avvio della procedura autorizzativa, laddove la richiesta trovasse accoglimento, verrebbero di fatto superati i limiti temporali posti con la Decisione del Consiglio dell’Unione europea n.2015/1401 del 14 luglio 2015, che ha autorizzato l’applicazione, in Italia, del meccanismo della scissione dei pagamenti (cd “split payment”), in base al quale, in caso di cessioni di beni e prestazioni di servizi rese a favore di determinate pubbliche amministrazioni [1], l’IVA deve essere da queste versata direttamente all’Erario.
Come noto, infatti, con la suddetta Decisione, l’UE aveva riconosciuto in deroga la possibilità di applicazione del meccanismo per una durata triennale (1° gennaio 2015 – 31 dicembre 2017) non rinnovabile.
La limitazione temporale era stata collegata all’introduzione, dal 6 giugno 2014, dell’obbligo di fatturazione elettronica per le prestazioni eseguite nei confronti della P.A. esteso, dal 31 marzo 2015, a tutte le Amministrazioni, ivi compresi gli Enti locali. Considerato che si prevedeva una piena operatività della fatturazione elettronica nell’arco di un triennio, il Governo italiano aveva ritenuto necessaria l’adozione dello “split payment”, da affiancare alla fatturazione elettronica, sempre in funzione antievasione.
L’istanza di proroga dell’utilizzo del meccanismo fino al 2020 interviene ora a seguito della richiesta, da parte dell’UE, di adottare strategie correttive dei conti pubblici, pena l’avvio di una procedura di infrazione nei confronti dell’Italia.
La scelta del Governo di continuare ad utilizzare il meccanismo come strumento di lotta all’evasione in campo IVA tiene conto dei dati sul recupero di gettito raggiunti dallo “split payment” (7,2 miliardi di euro nel 2015, primo anno di applicazione).
L’applicazione dello “split payment” comporta in capo ai fornitori della PA un ingente credito IVA, in considerazione del fatto che questi non incassano più l’imposta dalle PA cessionarie/committenti mentre la continuano a versare ai propri fornitori.
Proprio su tali aspetti, si è concentrata da subito l’azione dell’ANCE che, rappresentando le difficoltà delle imprese del settore (tra gli operatori più afflitti dall’introduzione del suddetto meccanismo contabile), ha sollecitato interventi di accelerazione del recupero del credito IVA.
In tal senso, oltre al diritto al rimborso prioritario per i soggetti che applicano lo split payment, vanno letti gli interventi di semplificazione delle procedure di rimborso dei crediti IVA, attuati dapprima con il D.Lgs. 175/2014 (cd. “decreto sulle semplificazioni fiscali”) e, da ultimo, con il D.L. 193/2016, convertito nella legge 225/2016 (cd. “decreto fiscale”), che ha raddoppiato, da 15.000 a 30.000 euro, la soglia dei rimborsi che possono essere richiesti senza visti di conformità o garanzie fideiussorie.
In ogni caso, si evidenzia che il credito IVA, oltre ad essere chiesto a rimborso, può essere compensato con altri tributi o contributi dovuti dal medesimo soggetto.
Per una disamina delle modalità di utilizzo del credito, aggiornata con le ultime novità normative e di prassi amministrativa, si rinvia alla recente Guida ANCE, pubblicata sul Portale lo scorso 18 gennaio 2017.

Note:
[1] Per completezza, si ricorda che, alla luce dei chiarimenti forniti dall’Amministrazione finanziaria (in particolare, il D.M. 23 gennaio 2015 e le C.M. 1/E e C.M. 15/E del 2015), attualmente i soggetti pubblici coinvolti nell’applicazione dello “split payment” sono:
• Stato, Organi dello Stato ancorché dotati di personalità giuridica (comprese Istituzioni scolastiche e Istituzioni per alta formazione artistica, musicale e coreutica – AFAM, Commissari delegati per la ricostruzione a seguito di eventi calamitosi),
• Enti pubblici territoriali e Consorzi tra essi costituiti (comprese Comunità montane, Comunità isolane e Unioni di Comuni, e Consorzi di bacino imbrifero montani),
• Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura (comprese Unioni regionali delle Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura),
• Istituti universitari (compresi Consorzi universitari costituiti ai sensi dell’art.91, DPR 382/1980),
• Aziende Sanitarie Locali (compresi eventuali Enti pubblici subentrati alle ASL ed agli Enti ospedalieri),
• Enti ospedalieri (esclusi enti ecclesiastici di assistenza ospedaliera),
• Enti pubblici di ricovero e cura aventi prevalente carattere scientifico,
• Enti pubblici di assistenza e beneficienza (Istituzioni pubbliche di assistenza e beneficienza-IPAB e aziende pubbliche di servizi alla persona-ASP),
• Enti pubblici di previdenza (INPS e Fondi pubblici di previdenza, ad eccezione degli Enti previdenziali privati o privatizzati).
Il meccanismo si applica sia se le PA acquistano beni e servizi nell’ambito dell’attività istituzionale (no soggetti IVA), sia se agiscono nell’ambito di un’eventuale attività commerciale (come soggetti IVA, fatta eccezione per operazioni soggette a «reverse charge»).
Di contro, sono attualmente esclusi dal meccanismo dello “split payment” i soggetti di seguito elencati:
• Ordini professionali,
• Enti e istituti di ricerca,
• Agenzie Fiscali,
• Autorità amministrative indipendenti (es. Autorità per le garanzie nelle comunicazioni-AGCOM),
• Agenzia regionali per la protezione dell’ambiente (ARPA),
• Automobile club provinciali,
• Agenzia per rappresentanza negoziale delle PA (ARAN),
• Agenzia per l’Italia digitale (AgID),
• INAIL,
• Istituto per lo studio e prevenzione oncologica (ISPO),
• Enti previdenziali non di natura pubblica,
• Banca d’Italia,
• CONI.
In linea più generale, sono esclusi dal meccanismo tutti gli Enti pubblici economici che operano con un’organizzazione imprenditoriale di tipo privatistico nel campo della produzione e scambio di beni o servizi, anche se di interesse della collettività. Devono, quindi ritenersi escluse dallo “split payment” tutte le società di diritto privato, anche se a partecipazione pubblica (es. ANAS, ENEL, ENI).

 


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